Art. 335 – Codice di procedura civile – Riunione delle impugnazioni separate
Tutte le impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza debbono essere riunite, anche d'ufficio, in un solo processo.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 511/2025
In tema di procedimento per la decisione accelerata ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., in caso di pluralità di ricorsi avverso la medesima sentenza, ove la proposta di decisione riguardi sia il ricorso principale che quello successivo e l'istanza di decisione sia depositata da una sola delle parti, l'impugnazione non coltivata - pur dovendo essere trattata in adunanza camerale unitamente all'altra, previa riunione ex art. 335 c.p.c. - va considerata rinunciata, con conseguente dichiarazione di estinzione del giudizio e inapplicabilità, alla parte non richiedente la decisione, dell'art. 96, commi 3 e 4, c.p.c. e del raddoppio del contributo unificato.
Cass. civ. n. 5909/2024
È abnorme il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari, richiesto della proroga del termine per il compimento delle indagini, restituisce gli atti al pubblico ministero in ragione della ritenuta mancata scadenza del termine di cui all'art. 405, comma 3, cod. proc. pen., posto che tale giudicante può accogliere o rigettare la richiesta, ma non omettere la decisione, determinandosi, in tal caso, una stasi nel procedimento. (Fattispecie in cui il giudice per le indagini preliminari aveva, peraltro, erroneamente ritenuto che fossero applicabili i termini di durata delle indagini introdotti dalla cd. riforma Cartabia, facendo riferimento, a tal proposito, alla data di iscrizione nel registro di cui all'art. 335 cod. proc. pen. del nome della persona indagata e non, invece, alla data di iscrizione della notizia di reato, come ritenuto corretto dalla Corte).
Cass. civ. n. 604/2024
È legittima l'applicazione di una misura cautelare nei confronti di soggetto non iscritto nel registro delle notizie di reato, posto che le disposizioni riguardanti tale iscrizione – ivi compresi gli artt. 335-ter e 335-quater cod. proc. pen., introdotti dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 – non condizionano l'efficacia delle misure cautelari, ma producono effetti solo sulla durata delle indagini.
Cass. civ. n. 35646/2023
Le modifiche apportate dagli artt. 405 e 408 cod. proc. pen. dall'art. 22 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, non si applicano ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del d.lgs. citato, nel caso in cui il pubblico ministero abbia già disposto l'iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all'art. 335 cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 33015/2023
La statuizione della sentenza che provvede sulle spese di giudizio costituisce un capo autonomo della decisione, ma tale autonomia non comporta l'inammissibilità dell'impugnazione incidentale tardiva volta a contestarlo.
Cass. civ. n. 24306/2023
In tema di illeciti disciplinari dei magistrati, integra la fattispecie prevista dall'art. 2, comma 1, lett. g) del d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109 la condotta del P.M. che non proceda all'iscrizione immediata nel registro delle notizie di reato, prescritta dall'art. 335 c.p.p., della persona a cui il reato è attribuito, trattandosi di adempimento per il quale non sussiste alcun margine di discrezionalità; costituisce, poi, apprezzamento di merito, insindacabile nel giudizio di cassazione se sorretto da motivazione congrua, stabilire se gli elementi raccolti in sede di indagine siano o meno sufficienti ad imporre l'iscrizione del nominativo della persona, destinataria dell'indagine, nel registro medesimo. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della sezione disciplinare del C.S.M. che, in sede di giudizio rescissorio, aveva assolto un PM incolpato di non avere immediatamente iscritto nel registro, oltre a persone già iscritte, alcuni soggetti nei cui confronti erano state rese, alla polizia giudiziaria, dichiarazioni accusatorie spontanee e nei cui confronti il medesimo PM aveva effettuato, in altri procedimenti penali, approfondimenti investigativi, rilevando, in particolare, che la sezione disciplinare aveva omesso di tenere nel dovuto conto - secondo il "mandato di revisione" ricevuto - le ulteriori dichiarazioni rese al Procuratore Generale in sede di istruttoria disciplinare, trattandosi di rilevanti specificazioni delle dichiarazioni accusatorie, già riferite alla polizia giudiziaria).
Cass. civ. n. 5313/2023
Non è abnorme il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari, richiesto dal pubblico ministero dell'archiviazione della notizia di reato a carico di ignoti, ordini l'espletamento di ulteriori indagini e assegni un termine per il loro svolgimento di durata inferiore a quella stabilita dalla legge processuale in via ordinaria, trattandosi di indagini prodromiche alle determinazioni del pubblico ministero in ordine ad eventuali nuove iscrizioni ex art. 335 cod. proc. pen. e non trovando applicazione, nel procedimento a carico di ignoti, la previsione della inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti oltre il termine di durata così determinato.
Cass. civ. n. 403/2023
la connessione che lega la pronuncia sul "quantum" a quella sull' "an" sussiste indipendentemente dal fatto che esse siano state emesse nello stesso procedimento e che quella sul "quantum" costituisca o meno sentenza definitiva rispetto a quella sull' "an".
Cass. civ. n. 12795/2019
Qualora taluna delle impugnazioni separatamente proposte da due o più parti soccombenti contro la medesima sentenza non risulti notificata a un litisconsorte necessario, il quale abbia però a sua volta impugnato la decisione, l'obbligatoria riunione delle distinte impugnazioni ai sensi dell'art. 335 c.p.c. esclude che debba ordinarsi l'integrazione del contraddittorio nei confronti del predetto litisconsorte, il quale, per effetto della disposta riunione, è già parte dell'ormai unitario giudizio, e dunque in condizione di contraddire sull'intera materia di lite. (La S.C., nel confermare la pronuncia di merito, ha ritenuto che nel caso di specie le altre parti avevano già impugnato la decisione ed erano perciò parte del giudizio scaturito dalla riunione).
Cass. civ. n. 23530/2017
Proposti appelli diversi relativamente a sentenze differenti, la decisione del giudice del gravame di non procedere alla riunione delle cause non è censurabile in cassazione, sia perché solo la riunione di più impugnazioni avverso la medesima decisione è obbligatoria, sia perché il provvedimento, negativo o positivo, sulla riunione ha natura ordinatoria e non decisoria.
Cass. civ. n. 9488/2014
Il frazionamento soggettivo delle azioni in giudizio, ravvisabile ove più soggetti promuovano contemporaneamente distinte cause di identico contenuto nei confronti dello stesso soggetto, con identico patrocinio legale, e quindi connesse per l'oggetto e il titolo, impone che le cause vengano riunite anche in sede di legittimità, configurandosi l'inutile moltiplicazione delle azioni come un abuso del processo - idoneo a gravare sia lo Stato che le parti dell'aumento degli oneri processuali, avuto riguardo all'allungamento dei tempi processuali derivanti dalla proliferazione non necessaria dei procedimenti e all'eventuale lievitazione dei costi a carico della parte soccombente - che, pur non essendo sanzionabile con l'inammissibilità dei ricorsi, essendo illegittimo non lo strumento adottato ma la modalità della sua utilizzazione, impone tuttavia l'eliminazione degli effetti distorsivi che ne derivano. (Nella specie, la S.C. ha provveduto alla riunione dei ricorsi proposti dai comproprietari di alcuni immobili espropriati, che, rappresentati dallo stesso difensore, avevano proposto distinte domande di analogo contenuto e volte ad ottenere la determinazione delle rispettive indennità espropriative).
Cass. civ. n. 7568/2014
I ricorsi per cassazione separatamente proposti contro la sentenza di merito resa in grado di appello e contro quella pronunciata dallo stesso giudice d'appello nel successivo giudizio di revocazione possono essere riuniti, in quanto le due sentenze, integrandosi reciprocamente, definiscono inscindibilmente un unico giudizio e, pertanto, in sede di legittimità, possono essere oggetto di esame contestuale e di un'unica decisione, dovendosi, in tale evenienza, esaminare prioritariamente il ricorso avverso la sentenza del giudizio di revocazione, le cui questioni assumono carattere pregiudiziale.
Cass. civ. n. 18050/2010
La riunione delle impugnazioni, obbligatoria ai sensi dell'art. 335 c.p.c., ove investano la stessa sentenza, può essere facoltativamente disposta, anche in sede di legittimità, ove esse siano proposte contro diverse sentenze pronunciate fra le medesime parti, in relazione a ragioni di unitarietà sostanziale e processuale della controversia; ed invero dalle disposizioni del codice di rito prescriventi l'obbligatorietà della riunione, in fase di impugnazione, di procedimenti formalmente distinti, in presenza di cause esplicitamente ritenute dal legislatore idonee a giustificare la trattazione congiunta (artt. 335 c.p.c. e 151 disp. att. c.p.c.), é desumibile un principio generale secondo cui il giudice può ordinare la riunione in un solo processo di impugnazioni diverse, oltre i casi espressamente previsti, ove ravvisi in concreto elementi di connessione tali da rendere opportuno, per ragioni di economia processuale, il loro esame congiunto. (Fattispecie relativa a regolamento preventivo di giurisdizione proposto in controversia relativa a differenze retribuive di ex dipendenti della Provincia).
Cass. civ. n. 7828/2010
Il giudice d'appello non deve fare espressa menzione nella sentenza della riunione di due o più atti d'impugnazione rivolti contro la stessa decisione di primo grado, mancando una norma che ciò imponga e potendo la riunione risultare anche implicitamente dalle dichiarazioni inserite nella sentenza stessa, dalle quali possa desumersi chiaramente la volontà dell'organo giudicante di decidere unitariamente. (Fattispecie in tema di processo tributario, in cui l'epigrafe della sentenza di appello indicava i distinti atti di impugnazione proposti da due uffici dell'Agenzia delle Entrate contro la stessa sentenza della commissione tributaria di primo grado).
Cass. civ. n. 4625/2007
La disposizione dell'articolo 335 c.p.c., secondo cui le impugnazioni separatamente proposte contro la stessa sentenza debbono essere riunite in un unico processo, non può trovare applicazione quando i provvedimenti impugnati siano o debbano considerarsi diversi, per essere stata proposta impugnazione contro la sentenza già impugnata, e, successivamente, sia impugnata l'ordinanza di rigetto dell'istanza di correzione materiale della medesima sentenza.
Cass. civ. n. 7645/2006
L'impugnazione di sentenze diverse con un unico atto (consentita a determinate condizioni) non incide sull'autonomia delle singole impugnazioni così proposte, che restano distinte benché espresse nella contestualità «spaziale» e temporale di un unico atto. Peraltro, l'opzione processuale consistente nel proporre nel medesimo atto le diverse impugnazioni non può certo attribuire alla parte il potere di disporre in tal modo la riunione dei procedimenti concernenti le impugnazioni proposte, sottraendo il relativo potere al giudice, ovvero imporre implicitamente al giudice l'esercizio di un potere (quello di riunione previsto dall'art. 274 c.p.c.), che ha natura discrezionale, laddove l'art. 335 c.p.c. impone la riunione soltanto delle impugnazioni proposte avverso la medesima sentenza. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso avente ad oggetto la mancata pronunzia in ordine all'impugnazione proposta avverso una sentenza diversa, pronunciata in un processo diverso e non riunito a quello nel quale è stata pronunciata la sentenza impugnata, pur essendo state le due sentenze impugnate con unico atto).
Cass. civ. n. 18447/2004
L'obbligo di disporre la riunione, ai sensi dell'art. 335 c.p.c., di appelli separatamente proposti dalla stessa parte avverso la medesima sentenza trova applicazione con esclusivo riguardo alle impugnazioni ritualmente proposte, e cioè idonee a investire il giudice di una pronunzia nel merito, perché solo in tale ipotesi è necessario scongiurare, attraverso la riunione, la possibilità di frammentazione del giudicato che la disposizione mira a prevenire. Una siffatta esigenza non sussiste, sicché legittimamente non si provvede alla riunione, quando uno degli appelli sia dichiarato inammissibile per inosservanza del termine.
Cass. civ. n. 13800/2003
In caso di mancata riunione di più impugnazioni ritualmente proposte contro la stessa sentenza, la decisione di una delle impugnazioni non può ritenersi invalida, dovendosi attribuire prevalenza, in difetto di previsioni sanzionatorie da parte dell'art. 335 c.p.c., alla necessità che l'aspirazione alla giustizia, esercitata e coltivata dalla parte che ha proposto l'impugnazione, riceva la tutela richiesta rispetto a quelle della economia processuale e della teorica armonia dei giudicati. Se, infatti, dalla regola dettata al giudice dall'art. 335 dovesse ricavarsi il principio che la mancata riunione di più gravami contro la medesima sentenza rende nulla la decisione del primo, si profilerebbe il problema del contrasto della norma con l'art. 24 Cost.
Cass. civ. n. 2357/2003
Il giudice può disporre la riunione di impugnazioni proposte separatamente – anche al di fuori delle ipotesi nelle quali la riunione è imposta espressamente dalla legge – tutte le volte in cui fra le stesse impugnazioni si ravvisino, in concreto, elementi di connessione tali da rendere conveniente, per ragioni di economia processuale, l'esame congiunto; è ben ammissibile, pertanto, la riunione di impugnazioni proposte avverso sentenza non definitiva sull'an e sentenza definitiva sul quantum, pronunciate nel medesimo giudizio.
Cass. civ. n. 6578/2001
L'inosservanza da parte del giudice di appello dell'obbligo di riunire in un unico procedimento tutti i gravami separatamente proposti contro la medesima sentenza non spiega effetti quando, nonostante la mancanza di un formale provvedimento di riunione, dette impugnazioni abbiano sostanzialmente avuto uno svolgimento unitario, in quanto chiamate alle stesse udienze, nonché contestualmente discusse e decise dallo stesso collegio con il medesimo relatore, sicché si resti nell'ambito della mera redazione separata di due pronunce per una decisione di tipo unitario (salva poi la facoltà di riunione dei ricorsi che siano stati proposti contro tali pronunce).
Cass. civ. n. 273/2001
Qualora più cause scindibili siano state definite in primo grado con unica sentenza ed i rispettivi soccombenti abbiano proposto separatamente appello, il fatto che il giudice di secondo grado pronunci soltanto su uno dei gravami, senza osservare l'obbligo di riunione di cui all'art. 335 c.p.c., non spiega effetti invalidanti sulla relativa decisione, in difetto di specifica comminatoria. (Nella specie una Commissione tributaria regionale non aveva né formalmente, né implicitamente provveduto alla riunione – in base agli artt. 49 del D.L.vo n. 546 del 1992 e 335 c.p.c. – dell'appello del contribuente, soccombente sul piano del rapporto Irpef, e di quello precedentemente proposto dall'Ufficio relativamente al capo della medesima pronuncia attinente all'Ilor; appello – quest'ultimo – il quale era rimasto l'unico deciso).
Cass. civ. n. 8501/1996
Il principio per cui, in caso di mancata riunione di distinte impugnazioni contro la stessa sentenza, la decisione sulla prima impugnazione rende improcedibile la seconda, trova applicazione con esclusivo riguardo alle impugnazioni pienamente rituali, per tali intendendosi – indipendentemente dalla formale statuizione che le riguarda – quelle idonee a fondare il potere-dovere del giudice di rendere una pronunzia sul merito delle medesime, in relazione alle quali è ravvisabile l'esigenza di evitare una frammentazione del giudizio, che il combinato disposto degli artt. 333 e 335 c.p.c. mira a prevenire. Il suddetto principio non è, pertanto, applicabile in presenza di un'impugnazione irrituale, perché formulata in violazione del criterio di competenza funzionale ed inderogabile stabilito dall'art. 25 c.p.c. (Nella specie, le due impugnazioni erano state proposte dinanzi ad uffici giudiziari diversi, sicché la riunione non era giuridicamente realizzabile, e l'irritualità dell'impugnazione oggetto della prima decisione non era stata rilevata in quella sede, ma tale decisione, non passata in giudicato, era stata annullata in sede di legittimità).
Cass. civ. n. 9164/1994
In caso di mancata riunione di più impugnazioni ritualmente proposte contro la stessa sentenza, la decisione di una delle impugnazioni non determina l'improcedibilità della altre, sempre che non si venga a formare il giudicato sulle questioni investite da queste ultime, dovendosi attribuire prevalenza – in difetto di previsioni sanzionatorie da parte dell'art. 335 c.p.c. – alle esigenze di tutela del soggetto che ha proposto l'impugnazione rispetto a quelle della economia processuale e della teorica armonia dei giudicati. (Nella specie: la Suprema Corte ha preso in esame un ricorso incidentale che, ritualmente proposto nelle forme specificamente previste dalla legge, non era stato riunito con il ricorso principale, su cui la Corte aveva già provveduto cassando con rinvio la sentenza impugnata; il ricorso incidentale è stato ritenuto inammissibile per difetto di interesse, dato che lo stesso avrebbe dovuto essere ritenuto assorbito a seguito dell'accoglimento del ricorso principale).
Cass. civ. n. 6412/1994
La parte cui sia stata notificata l'altrui impugnazione, qualora proponga la propria, avverso la medesima sentenza, separatamente, in via principale, anziché in via incidentale, deve porre il giudice in grado di conoscere la simultanea pendenza dei due procedimenti, affinché possa provvedere alla loro riunione, ai sensi dell'art. 335 c.p.c.; in difetto, la mancata riunione delle due impugnazioni, mentre non incide sulla validità della pronuncia relativa alla prima, rende improcedibile la seconda, atteso che, risultando ormai impossibile il simultaneus processus, si verifica un impedimento all'esame degli ulteriori gravami, in ragione della decadenza con la quale l'art. 333 sanziona la prescrizione dell'incidentalità delle impugnazioni successive alla prima.
Cass. civ. n. 5472/1994
L'impugnazione di una pluralità di sentenze con un unico atto è consentita solo quando queste siano tutte pronunciate fra le medesime parti e nell'ambito di un unico procedimento, ancorché in diverse fasi o gradi — come nel caso di sentenza non definitiva oggetto di riserva di impugnazione e di successiva sentenza definitiva; della sentenza revocanda e di quella conclusiva del giudizio di revocazione, allorché le due impugnazioni siano rivolte contro capi identici o almeno connessi delle due pronunzie; di sentenze di grado diverso pronunciate nella medesima causa, che investano l'una il merito e l'altra una questione pregiudiziale —, mentre è inammissibile sia il ricorso per cassazione proposto contestualmente e non un unico atto, contro sentenze diverse, pronunciate dal giudice di merito in procedimenti formalmente e sostanzialmente distinti, che concernano soggetti anch'essi parzialmente diversi, sia l'applicabilità in sede di legittimità, ai fini di una eventuale riunione, del disposto dell'art. 274 c.p.c., che comporta valutazioni di merito ed esercizio di poteri discrezionali propri ed esclusivi del giudice di merito stesso.