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Articolo 431 Codice di procedura civile — Esecutorietà della sentenza

Articolo 431 Codice di procedura civile — Esecutorietà della sentenza

Le sentenze che pronunciano condanna a favore del lavoratore per crediti derivanti dai rapporti di cui all’articolo 409 sono provvisoriamente esecutive.

All’esecuzione si può procedere con la sola copia del dispositivo, in pendenza del termine per il deposito della sentenza.

Il giudice di appello può disporre con ordinanza non impugnabile che l’esecuzione sia sospesa quando dalla stessa possa derivare all’altra parte gravissimo danno.

La sospensione disposta a norma del comma precedente può essere anche parziale e, in ogni caso, l’esecuzione provvisoria resta autorizzata fino alla somma di duecentocinquantotto euro e ventitre centesimi.

Le sentenze che pronunciano condanna a favore del datore di lavoro sono provvisoriamente esecutive e sono soggette alla disciplina degli articoli 282 e 283.

Il giudice di appello può disporre con ordinanza non impugnabile che l’esecuzione sia sospesa in tutto o in parte quando ricorrono gravi motivi.

Se l’istanza per la sospensione di cui al terzo ed al sesto comma è inammissibile o manifestamente infondata il giudice, con ordinanza non impugnabile, può condannare la parte che l’ha proposta ad una pena pecuniaria non inferiore ad euro 250 e non superiore ad euro 10.000. L’ordinanza è revocabile con la sentenza che definisce il giudizio.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 10164/2010

La disposizione di cui al secondo comma dell’art. 431 c.p.c. nel testo modificato dalla legge 11 agosto 1973, n. 533, la quale riconosce al lavoratore la facoltà di procedere ad esecuzione “con la sola copia del dispositivo in pendenza del termine per il deposito della sentenza”, conferisce al dispositivo piena efficacia di titolo esecutivo destinata a permanere, in relazione allo specifico fine perseguito dal legislatore di consentire al lavoratore una pronta e celere realizzazione dei suoi diritti, anche dopo il deposito della sentenza. Ove, peraltro, l’azione esecutiva non venga avviata, è legittimo il rilascio di copia esecutiva della sentenza di primo grado, su autorizzazione del capo dell’ufficio, con relativa attestazione nella copia del dispositivo già rilasciato in precedenza in forma esecutiva, dovendosi ritenere il titolo provvisorio annullato in forza del rilascio del titolo definitivo.

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Cass. civ. n. 9693/2009

La sentenza di condanna del datore di lavoro al pagamento di un determinato numero di mensilità di retribuzione costituisce valido titolo esecutivo per la realizzazione del credito anche quando, nonostante l’omessa indicazione del preciso ammontare complessivo della somma oggetto dell’obbligazione, la somma stessa sia quantificabile per mezzo di un mero calcolo matematico, sempreché, dovendo il titolo esecutivo essere determinato e delimitato, in relazione all’esigenza di certezza e liquidità del diritto di credito che ne costituisce l’oggetto, i dati per acquisire tale necessaria certezza possano essere tratti dal contenuto del titolo medesimo e non da elementi esterni, non desumibili da esso, ancorché presenti nel processo che ha condotto alla sentenza di condanna, in conformità con i principi che regolano il processo esecutivo. (Nella specie, relativa all’esecuzione di una sentenza di condanna del datore di lavoro al pagamento al lavoratore delle retribuzioni dovute dall’agosto 2001 all’aprile 2002 in esito alla declaratoria di illegittimità del licenziamento, la S.C., in applicazione del principio di cui alla massima, ha escluso che l’interpretazione del titolo giudiziale potesse estendersi all’esame delle buste paga esibite in giudizio, neppure menzionate dalla sentenza).

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Cass. civ. n. 17134/2005

Il credito azionato «in executivis» dal difensore del lavoratore munito di procura nella sua veste di distrattario delle spese di lite, ancorchè consacrato in un provvedimento del giudice del lavoro, non condivide la natura dell’eventuale credito fatto valere in giudizio, cui semplicemente accede, ma ha natura ordinaria, corrispondendo ad un diritto autonomo del difensore, che sorge direttamente in suo favore e nei confronti della parte dichiarata soccombente. Conseguentemente, tale diritto non può essere azionato sulla base del solo dispositivo della sentenza emessa dal giudice del lavoro e, se esercitato sulla scorta di questo solo provvedimento, si fonda, in effetti, su un titolo esecutivo inesistente, con la conseguente rilevabilità d’ufficio di tale circostanza, senza che si configuri violazione del principio stabilito dall’art. 112 c.p.c.

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Cass. civ. n. 15021/2000

Il terzo e il quarto comma dell’art. 431 c.p.c. contemplano un’ipotesi di sospensione dell’esecuzione provvisoria del dispositivo della sentenza favorevole al lavoratore, cosicché l’ordinanza di sospensione adottata sulla base delle richiamate disposizioni condiziona l’efficacia del titolo fatto valere al successo dell’impugnazione proposta contro la sentenza di primo grado e non pone nel nulla il pignoramento. Pertanto, l’esecuzione, una volta iniziata, non può essere dichiarata estinta per la contingente ragione che è stata sospesa una parte dell’esecutività del titolo, conseguendo tale evento solo a fatti inerenti il processo esecutivo e non già a vicende proprie del titolo fatto valere per l’esecuzione.

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Cass. civ. n. 11517/1995

La disposizione di cui al secondo comma dell’art. 431 c.p.c. nel testo modificato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533, la quale riconosce al lavoratore la facoltà di procedere ad esecuzione «con la sola copia del dispositivo in pendenza del termine per il deposito della sentenza» conferisce al dispositivo piena efficacia di titolo esecutivo destinata a permanere, in relazione allo specifico fine perseguito dal legislatore di consentire al lavoratore una pronta e celere realizzazione dei suoi diritti, anche dopo il decorso del termine di quindici giorni fissato dall’art. 430 c.p.c. e nonostante il già avvenuto deposito della sentenza. Pertanto la circostanza che la sentenza, nella sua sintesi di dispositivo e motivazione sia stata depositata, non essendo idonea a privare il dispositivo del suo valore di titolo esecutivo, non impedisce di iniziare l’esecuzione sulla sola base di esso, attesa anche per un verso l’irrilevanza della motivazione nella procedura esecutiva, dove non è consentito un controllo intrinseco del titolo esecutivo, e per altro verso la contraddittorietà tra il permettere l’esecuzione in presenza del solo dispositivo, e quindi di un atto incompleto, e l’impedirle quando, con il deposito della sentenza e la sua immediata comunicazione ex art. 430 c.p.c., l’atto è ormai integro in ogni suo elemento, e dovendo inoltre escludersi, in difetto di espressa previsione in tal senso, la nullità della notificazione del dispositivo dopo il deposito della sentenza, nullità che, ove ipotizzabile, sarebbe comunque esclusa dal raggiungimento dello scopo in virtù dell’avvenuta comunicazione della sentenza stessa.

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Cass. civ. n. 541/1989

La possibilità del lavoratore di procedere all’esecuzione sulla base della sola copia del dispositivo, ai sensi dell’art. 431, secondo comma, c.p.c., in pendenza del termine per il deposito della sentenza presuppone il riconoscimento, ad opera del dispositivo predetto, di un credito che, oltre ad essere certo ed esigibile, sia anche liquido, cioè di ammontare determinato, o determinabile mediante un mero calcolo matematico alla stregua di elementi contenuti nello stesso titolo, e, pertanto, va esclusa nel caso di dispositivo di condanna al pagamento di differenze retributive correlate al riconoscimento di una qualifica superiore, la determinazione delle quali esige l’acquisizione aliunde dei necessari elementi di calcolo e l’esperimento di una consulenza tecnica ai fini della determinazione del quantum.

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Cass. civ. n. 3738/1985

La provvisoria esecutività riconosciuta dal primo comma dell’art. 431 c.p.c. riguarda solo le sentenze contenenti una condanna al pagamento (in favore del lavoratore e per crediti derivanti dal rapporto di lavoro) di somme di denaro, come indirettamente chiarito dalla disposizione del quarto comma dello stesso articolo (che fa in ogni caso salva l’esecuzione provvisoria delle sentenze fino alla somma di lire 500.000), e non anche le sentenze che accertano il diritto del lavoratore ad una qualifica superiore e condannano il datore di lavoro all’attribuzione di detta qualifica, che ancorché in parte di accertamento e in parte di condanna, non sono comunque suscettibili di esecuzione forzata, non potendo l’attribuzione della qualifica ed il conferimento delle relative mansioni avvenire senza la necessaria cooperazione del debitore. Pertanto, l’ottemperanza da parte del datore di lavoro ad una di tali decisioni costituisce una sua libera determinazione, suscettibile di essere limitata negli effetti e subordinata risolutivamente al verificarsi di certi eventi (come la riforma in appello della decisione stessa), con l’ulteriore conseguenza dell’inapplicabilità, in una simile ipotesi, del secondo comma dell’art. 336 c.p.c., che conserva fino al passaggio in giudicato della sentenza di riforma gli effetti degli atti di esecuzione spontanea di una sentenza esecutiva.

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Cass. civ. n. 5603/1984

Avverso l’ordinanza, con la quale il giudice d’appello, nel rito del lavoro, sospende in tutto od in parte la provvisoria esecuzione della sentenza di primo grado (art. 431, terzo e quarto comma c.p.c.), non è esperibile il ricorso per cassazione, a norma dell’art. 111 della Costituzione, trattandosi di provvedimento cautelare, destinato ad operare per la durata del giudizio di secondo grado ed a restare assorbito dalla sentenza che lo conclude, come tale privo di contenuto decisorio.

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