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Art. 611 — Procedimento in camera di consiglio

Art. 611 — Procedimento in camera di consiglio

1. Oltre che nei casi particolarmente previsti dalla legge, la corte procede in camera di consiglio quando deve decidere su ogni ricorso contro provvedimenti non emessi nel dibattimento, fatta eccezione delle sentenze pronunciate a norma dell’articolo 442. Se non è diversamente stabilito e in deroga a quanto previsto dall’articolo 127, la corte giudica sui motivi, sulle richieste del procuratore generale e sulle memorie [ 121 ] delle altre parti senza intervento dei difensori . Fino a quindici giorni prima dell’udienza, tutte le parti possono presentare motivi nuovi e memorie e, fino a cinque giorni prima, possono presentare memorie di replica.

[2. Nello stesso modo la corte procede quando è stata richiesta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Se non dichiara l’inammissibilità, la corte fissa la data per la decisione del ricorso in udienza pubblica] .

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 14038/2018

L’art. 611 cod. proc. pen., che prevede, per il giudizio di cassazione, la presentazione di motivi nuovi e memorie fino a quindici giorni prima dell’udienza in camera di consiglio, si applica anche per il procedimento in udienza pubblica, in quanto disposizione finalizzata a garantire la pienezza e l’effettività del contraddittorio ed a consentire al giudice di conoscere tempestivamente le varie questioni prospettate.

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Cass. pen. n. 50437/2017

Il procedimento per la trattazione in sede di legittimità dei ricorsi in materia di misure di prevenzione deve svolgersi nella forma ordinaria dell’udienza camerale non partecipata, prevista dall’art. 611 cod. proc. pen., anche in caso di istanza di procedere nelle forme dell’udienza pubblica o del rito camerale partecipato, in quanto il principio di pubblicità dell’udienza, qualora l’interessato ne abbia fatto richiesta, affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 93 del 2010 e dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo con la sentenza del 13 novembre 2007, nella causa Bocellari e Rizza c. Italia, si riferisce esclusivamente alla fase di merito.

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Cass. pen. n. 1315/2017

Nel caso di annullamento senza rinvio, disposto nell’ambito di rito camerale “non partecipato”, di un’ordinanza della Corte di appello che erroneamente abbia dichiarato inammissibile l’impugnazione proposta avverso una sentenza di condanna alla sola pena dell’ammenda, la successiva fase del giudizio di legittimità, avente ad oggetto la decisione di primo grado – una volta qualificato l’appello come ricorso per cassazione -, richiede necessariamente la fissazione di udienza pubblica, poiché, in tal caso, il diritto al contraddittorio prevale sul principio di economia processuale, salvo che non sussistano i presupposti per procedere ex art. 610 cod. proc. pen.

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Cass. pen. n. 51207/2015

In tema di ricorso per cassazione deciso nelle forme del rito camerale non partecipato ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen., l’acquisizione della requisitoria scritta del procuratore generale non è presupposto necessario ai fini della fissazione della data dell’udienza e della trattazione del ricorso.

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Cass. pen. n. 1417/2013

Nel giudizio di legittimità, è inammissibile il deposito in udienza ad opera della parte civile di una comparsa conclusionale che non si limiti al riepilogo delle proprie conclusioni, ma abbia la consistenza di vera e propria memoria, in violazione dei termini stabiliti dall’art. 611 c.p.p., applicabili anche all’udienza pubblica.

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Cass. pen. n. 8960/2012

Non sono suscettibili di considerazione nel giudizio di legittimità, nella specie camerale, le memorie e le produzioni difensive intempestivamente presentate per inosservanza del termine dilatorio di cui all’art. 611 cod. proc. pen.

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Cass. pen. n. 23185/2011

È irrilevante, e non costituisce causa di nullità, la mancanza, nella requisitoria scritta presentata dal Procuratore Generale ai sensi dell’art. 611 c.p.p., dei motivi posti a fondamento della richiesta di dichiarare inammissibile il ricorso del’imputato, non essendo tale requisito imposto né richiesto dalla legge processuale.

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Cass. pen. n. 13569/2009

Il procedimento per la trattazione in sede di legittimità dei ricorsi in materia di misure di prevenzione [camera di consiglio non partecipata] non trova ostacolo nella sentenza 13 novembre 2007 della Corte europea per i diritti dell’uomo, in c. Bocellari c. Italia, in quanto tale pronuncia, nell’affermare la necessità che le persone sottoposte a un procedimento di prevenzione possano almeno sollecitare una trattazione in pubblica udienza, non si riferisce al giudizio innanzi alla Corte di cassazione.

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Cass. pen. n. 5466/2004

Nel procedimento che si svolge dinanzi alla Corte di cassazione in camera di consiglio nelle forme previste dagli artt. 610 e 611 c.p.p., quando il ricorso dell’imputato viene dichiarato, per qualsiasi causa, inammissibile, ne va disposta la condanna al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, anche se i motivi di ricorso da lui proposti riguardino esclusivamente la pena inflitta, purché la domanda di restituzione o risarcimento del danno sia stata accolta in sede di merito e, in sede di legittimità, la stessa parte civile abbia effettivamente esplicato, nei modi e nei limiti consentiti, un’attività diretta a contrastare la pretesa dell’imputato per la tutela dei propri interessi. [Nella specie, la Corte ha ritenuto configurabile l’interesse della parte civile a ottenere con sollecitudine la pronuncia definitiva del giudizio, idonea a realizzare la sua pretesa risarcitoria o restitutoria, anche nell’ipotesi di ricorso dell’imputato ictu oculi inammissibile perché proposto esclusivamente per lamentare l’entità della pena patteggiata in appello e, come tale, assegnato all’apposita sezione di cui all’art. 610, comma 1, c.p.p.].

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Cass. pen. n. 14451/2003

In tema di rimessione, l’istanza di sospensione del processo di merito presentata, ai sensi dell’art. 47, comma 1, c.p.p., alla Corte di cassazione va trattata e decisa con procedura de plano e non con quella camerale, in considerazione della natura cautelare del provvedimento richiesto, diretto a paralizzare con urgenza il pregiudizio, imminente e irreparabile, che potrebbe derivare dall’illegittima prosecuzione del processo principale in costanza del predetto procedimento incidentale.

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Cass. pen. n. 10156/2002

Nel giudizio di cassazione non comporta automatica nullità della sentenza di appello l’omessa motivazione in ordine ai motivi nuovi ritualmente depositati dall’appellante, dovendo il giudice di legittimità valutare se non si tratti di motivi manifestamente infondati o altrimenti inammissibili o comunque non concernenti un punto decisivo, oppure se la motivazione della sentenza impugnata non contenga argomentazioni e accertamenti che risultino incompatibili con tali motivi o siano tali da consentire alla Corte stessa di procedere ad una integrazione della motivazione sulla base degli argomenti posti a fondamento delle sentenze di primo e di secondo grado.

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Cass. pen. n. 3853/1999

Il ricorso per cassazione avverso il provvedimento che decide nel merito sulla ricusazione, va trattato, in difetto di diversa previsione, con il rito camerale non partecipato stabilito in via generale davanti alla Suprema Corte dall’art. 611 c.p.p.

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Cass. pen. n. 2559/1998

I motivi nuovi devono consistere in un’ulteriore illustrazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono l’originaria richiesta rivolta al giudice dell’impugnazione, nei limiti dei capi o punti della decisione oggetto del gravame, e pertanto non possono consistere in deduzioni riguardanti parti del provvedimento gravato che non sono state oggetto della primitiva impugnazione, frustrandosi altrimenti i termini prescritti dalla legge e la cui inosservanza è sanzionata con l’inammissibilità del gravame. [Fattispecie relativa a ricorso per cassazione].

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Cass. pen. n. 4683/1998

I «motivi nuovi» a sostegno dell’impugnazione, previsti tanto nella disposizione di ordine generale contenuta nell’art. 585, quarto comma, c.p.p., quanto nelle norme concernenti il ricorso per cassazione in materia cautelare [art. 311, quarto comma, c.p.p.] ed il procedimento in camera di consiglio nel giudizio di legittimità [art. 611, primo comma, c.p.p.], devono avere ad oggetto i capi o i punti della decisione impugnata che sono stati enunciati nell’originario atto di gravame ai sensi dell’art. 581, lett. a], c.p.p.

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Cass. pen. n. 3379/1995

Non è consentito al difensore l’intervento nella camera di consiglio fissata in cassazione per la trattazione di istanza di ricusazione, in quanto l’osservanza, nel giudizio di legittimità, delle forme di cui all’art. 127 c.p.p., è prevista, a norma dell’art. 611, comma 1, stesso codice, solo nei casi espressamente stabiliti, tra i quali non rientra la materia della ricusazione.

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Cass. pen. n. 1856/1994

L’avviso al difensore dell’udienza camerale, fissata nel giudizio di cassazione a seguito della richiesta del P.G. di declaratoria di inammissibilità del ricorso, qualora oltre all’indicazione di tale richiesta non contenga l’enunciazione della causa dedotta a sostegno della stessa non vulnera gli aspetti essenziali di garanzia cui è deputato l’atto che di per sè mira a tutelare la possibilità dell’attivarsi della difesa: quest’ultima infatti ha comunque la possibilità di esaminare gli atti giacenti in cancelleria a sua disposizione e di presentare quindi motivi nuovi e/o memorie avversanti le richieste del P.G.

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Cass. pen. n. 295/1994

Il ricorso per cassazione avverso sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti va deciso con il procedimento in camera di consiglio, giusto il disposto dell’art. 611 c.p.p., quando si tratti di sentenze non emesse nel dibattimento, ed invece in pubblica udienza nel caso di sentenze emesse dopo la chiusura del dibattimento di primo grado o nel giudizio di impugnazione, nelle ipotesi in cui il giudice abbia ritenuto ingiustificato il dissenso del P.M.

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Cass. pen. n. 14/1993

Il procedimento in camera di consiglio innanzi alla Cassazione relativamente ai ricorsi in materia di sequestri deve svolgersi nelle forme di cui all’art. 127 c.p.p. e non in quelle di cui all’art. 611 dello stesso codice. [A sostegno del principio di cui in massima la Cassazione ha, tra l’altro rilevato che a favore dell’applicazione della trattazione orale del ricorso secondo la generale previsione di cui al succitato art. 127, milita il rinvio operato dall’art. 325, comma terzo, c.p.p., al precedente art. 311, comma quarto in quanto tale ultima norma, prevedendo una discussione necessariamente orale e la possibilità di enunciare motivi nuovi prima del suo inizio, delinea un modulo procedimentale incompatibile con quello dell’art. 611 c.p.p. che è basato unicamente su atti scritti].

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Cass. pen. n. 7007/1991

Nei procedimenti che proseguono con il vecchio rito, trattati in appello o in sede di rinvio in Camera di consiglio a norma dell’art. 599 c.p.p. il ricorso per cassazione è regolato per quanto riguarda la forma, i termini e la trattazione dalle nuove norme processuali e deve svolgersi con il rito camerale e con l’osservanza delle disposizioni di cui agli artt. 610, quinto comma, e 611 c.p.p., e non con le forme dell’art. 127 dello stesso codice.

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Cass. pen. n. 6706/1991

Anche quando il giudizio abbreviato si è svolto nelle forme previste dall’art. 247 delle norme transitorie relative al nuovo codice di procedura penale, il ricorso per cassazione deve essere proposto nei termini e nelle forme rispettivamente previsti dagli artt. 585 e 581 ed il relativo procedimento deve essere trattato in udienza pubblica, secondo l’espressa previsione dell’art. 611, comma primo, c.p.p.

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