Art. 10 – Codice di procedura penale – Competenza per reati commessi all’estero
1. Se il reato è stato commesso interamente all'estero [7 c.p. ss.], la competenza è determinata successivamente dal luogo della residenza, della dimora, del domicilio, dell'arresto o della consegna dell'imputato. Nel caso di pluralità di imputati, procede il giudice competente per il maggior numero di essi.
1-bis. Se il reato è stato commesso a danno del cittadino e non sussistono i casi previsti dagli articoli 12 e 371, comma 2, lettera b), la competenza è del tribunale o della corte di assise di Roma quando non è possibile determinarla nei modi indicati nel comma 1.
2. In tutti gli altri casi, se non è possibile determinare nei modi indicati nei commi 1 e 1-bis la competenza, questa appartiene al giudice del luogo in cui ha sede l'ufficio del pubblico ministero che ha provveduto per primo a iscrivere la notizia di reato nel registro previsto dall'articolo 335.
3. Se il reato è stato commesso in parte all'estero, la competenza è determinata a norma degli articoli 8 e 9.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 22067/2025
La competenza a decidere in prima istanza sulla richiesta di sospensione del pagamento dei canoni di locazione di un immobile destinato ad abitazione familiare sottoposto a sequestro preventivo da parte del giudice per le indagini preliminari in procedimenti relativi a delitti di cui all'art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen. è del giudice che procede, la cui decisione può essere opposta, ai sensi degli art. 666 e 667, comma 4, cod. proc. pen., dinanzi allo stesso giudice che lo ha emesso, il cui ulteriore provvedimento può essere impugnato con ricorso per cassazione.
Cass. civ. n. 20393/2025
In tema di impugnazioni cautelari reali, il terzo intestatario del bene sottoposto a sequestro preventivo, non estraneo al reato per il quale il vincolo risulta disposto, è legittimato a dedurre l'insussistenza del "fumus commissi delicti", sotto il profilo dell'assenza del proprio consapevole contributo alla realizzazione del reato. (Fattispecie relativa ad appello cautelare reale).
Cass. civ. n. 31179/2024
In tema di misure di sicurezza patrimoniali, la disciplina contenuta nell'art. 104-bis, comma 1-quater, disp. att. cod. proc. pen., richiamante il d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, relativa alle modalità di intervento dei terzi nel procedimento penale per la tutela dei propri diritti, in ordine al sequestro finalizzato alla confisca per sproporzione ed alla confisca medesima, non si applica ai terzi di buona fede che abbiano acquisito il bene in epoca antecedente all'inserimento del reato presupposto (nella specie, truffa ex art. 640, comma secondo, n. 1, cod. pen.) nel catalogo dell'art. 240-bis cod. pen., ancorché la sentenza che ha disposto l'ablazione sia intervenuta successivamente a detta integrazione normativa.
Cass. civ. n. 26849/2024
In tema di misure di prevenzione reali, spetta alla corte d'appello, pendente l'impugnazione avverso il provvedimento che ha disposto la confisca, la competenza a decidere sull'istanza di restituzione dei beni presentata dal terzo interessato che deduca di esserne il proprietario, non venendo in rilievo questioni - per le quali persiste, invece, la competenza del giudice che ha emesso il decreto di sequestro - attinenti alla gestione o all'amministrazione dei beni oggetto di ablazione.
Cass. civ. n. 4533/2024
In tema di archiviazione, è abnorme, in quanto adottato in carenza di potere e causativo di stasi processuale, il decreto con cui il giudice per le indagini preliminari dichiara inammissibile la richiesta di archiviazione di un procedimento relativo ad "ignoti seriali", depositata in formato analogico e non telematico, in forza dell'attestato malfunzionamento del sistema informatico "APP" da parte del Procuratore della Repubblica. (Fattispecie relativa a malfunzionamento limitato alla funzionalità di archiviazione cumulativa degli "ignoti seriali", non preclusivo della possibilità per il pubblico ministero di redigere e depositare singolarmente in forma telematica le richieste di archiviazione).
Cass. civ. n. 3824/2024
In tema di archiviazione, non è abnorme il decreto con cui il giudice dichiara inammissibile la richiesta riguardante procedimento relativo a "ignoti seriali", depositata in formato analogico e non telematico, in forza dell'attestato malfunzionamento del sistema informatico "APP" da parte del Procuratore della Repubblica, trattandosi di provvedimento non adottato in carenza di potere e non causativo di un'irrimediabile stasi processuale. (In motivazione, la Corte ha precisato che la restituzione degli atti non preclude al pubblico ministero di reiterare la richiesta di archiviazione, non determinandosi alcuna nullità nel caso in cui sia tardiva rispetto al termine previsto per la chiusura delle indagini preliminari).
Cass. civ. n. 1908/2024
In tema di misure di sicurezza, non deve essere estromesso dal giudizio, nel caso in cui l'imputato ne abbia chiesto la definizione con le forme del rito abbreviato, il terzo titolare di diritti reali o personali di godimento su beni in sequestro suscettibili di confisca, citato nel processo ai sensi dell'art. 104-bis, comma 1-quinquies, disp. att. cod. proc. pen., che non accetti il rito alternativo, dovendo essergli, tuttavia, assicurati il diritto di iniziativa probatoria e il diritto al contraddittorio sulla prova, quali componenti del diritto di difesa, rientrante nella garanzia del processo equo, riconosciuta dagli artt. 24 Cost. e 6, par. 1, CEDU.
Cass. pen. n. 31601 del 15 settembre 2020
Ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 2, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274 e 410-bis, comma 3, cod. proc. pen., anche avverso i provvedimenti di archiviazione adottati dal giudice di pace è esperibile reclamo al tribunale in composizione monocratica. (Qualifica opposizione il ricorso, GIUDICE DI PACE ROMA, 28/06/2019).
Cass. civ. n. 31362/2018
È legittimato a proporre appello il difensore della parte civile munito di procura speciale non contenente espresso riferimento al potere di interporre il detto gravame, posto che la presunzione di efficacia della procura "per un solo grado del processo", stabilita dall'art. 100 comma 3 cod. proc. pen, può essere vinta dalla manifestazione di volontà della parte - desumibile dalla interpretazione del mandato - di attribuire anche un siffatto potere. (Fattispecie in cui è stata ritenuta idonea la procura conferita al difensore con la quale gli si attribuiva "ogni facoltà prevista dalla legge", essendo tale nozione comprensiva anche del potere di interporre appello avverso la decisione di primo grado).
Cass. civ. n. 48862/2018
La designazione del sostituto da parte del difensore può essere effettuata con delega "orale" ai sensi dall'art. 96, comma 2, cod. proc. pen., come interpretato alla luce della tacita abrogazione dell'art. 9 del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, conv. dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, per effetto della legge 31 dicembre 2012, n. 247 di riforma dell'ordinamento della professione forense.
Cass. civ. n. 30196/2018
Il provvedimento con il quale venga differito il diritto dell'indagato sottoposto a custodia cautelare di conferire con il proprio difensore, in un procedimento riguardante una pluralità di indagati, può basarsi anche sull'esigenza di evitare la possibilità di comuni strategie difensive che potrebbero ostacolare le indagini in corso. (In motivazione la Corte ha affermato che, atteso il contenuto altamente discrezionale, tale provvedimento non può costituire oggetto di ricorso per cassazione, salvo che non sia manifestamente illogico o in contrasto con la relativa normativa).
Cass. civ. n. 39449/2018
L'incompatibilità che a norma dell'art. 106, comma 1, cod. proc. pen., vieta l'affidamento della difesa di più imputati a un unico difensore, è causa di nullità della decisione soltanto se il contrasto di interessi tra coimputati è effettivo, concreto ed attuale, nel senso, cioè, che sussiste un conflitto che rende impossibile la proposizione di tesi difensive tra loro logicamente conciliabili, implica una posizione processuale che rende concretamente inefficiente e improduttiva la comune difesa ed è riscontrabile in relazione a specifici atti del procedimento.
Cass. civ. n. 16958/2018
La rinuncia al mandato difensivo comporta l'obbligo per il giudice, a pena di nullità, di nominare all'imputato - che non abbia provveduto ad una nuova nomina fiduciaria - un difensore d'ufficio, in quanto l'eventuale designazione temporanea di un sostituto, ai sensi dell'art. 97, comma quarto, cod. proc. pen., avendo natura episodica, è consentita nei soli casi di impedimento temporaneo del difensore di fiducia o di quello di ufficio.
Cass. civ. n. 48020/2018
In materia di diritto di difesa, il termine previsto dall'art. 108 cod. proc. pen. è funzionale ad assicurare una difesa effettiva, e, tuttavia, non determina il diritto dell'imputato ad ottenere il rinvio dell'udienza in ogni caso di nomina tardiva rispetto all'udienza, dovendo lo stesso essere bilanciato con il principio della ragionevole durata del processo. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito di non concedere termine a difesa al difensore di fiducia nominato il giorno prima dell'udienza, risultando agli atti, già da alcuni mesi, una istanza per la definizione del processo con il rito del patteggiamento, ed avendo l'imputato, anche successivamente, sempre confermato l'intenzione di volere definire il procedimento in questa forma).
Cass. civ. n. 19730/2018
Le dichiarazioni della persona informata sui fatti ( ivi comprese quelle della persona offesa) in ordine alle caratteristiche somatiche del soggetto riconosciuto, successive alla positiva individuazione fotografica, devono essere valutate alla luce della peculiare natura della dichiarazione ed impediscono, se i contenuti non si pongono in linea con gli esiti della precedente individuazione fotografica, automatici effetti caducatori di quest'ultima.
Cass. civ. n. 12851/2018
In tema di appello cautelare proposto dal P.M., la riforma sfavorevole all'indagato della decisione emessa dal GIP relativamente all'insussistenza dei gravi indizi di reato, non impone, diversamente da quanto richiesto nel giudizio di merito, la dimostrazione, oltre ogni ragionevole dubbio, della insostenibilità della soluzione adottata dal primo giudice, essendo sufficiente, ai fini dell'applicazione della misura cautelare, la gravità indiziaria, cioè un livello di verosimiglianza della responsabilità penale dell'indagato inferiore alla soglia del ragionevole dubbio.
Cass. civ. n. 13119/2018
In tema di giudicato cautelare, la revoca di una misura cautelare personale non ha immediato effetto caducatorio su eventuali misure reali disposte nel medesimo procedimento, essendo differenti i diritti presi in considerazione nelle due cautele e le esigenze processuali che le stesse mirano a soddidsfare. (Nella specie la S.C. ha ritenuto immune da censure l'ordinanza che, in sede di riesame cautelare, con riferimento al delitto di cui all'art. 74 del d.P.R. 3 ottobre 1990, n. 309, nonostante la revoca della misura cautelare personale applicata all'indagato, aveva confermato il sequestro preventivo di una somma di denaro rinvenuta nella sua disponibilità).
Cass. civ. n. 43193/2018
In tema di revoca delle misure cautelari, non può costituire "elemento nuovo", idoneo a rimuovere l'effetto preclusivo provocato dal cd. giudicato cautelare, il mero sopravvenire di una sentenza della Corte di cassazione che ha espresso un indirizzo giurisprudenziale minoritario, diverso da quello seguito dal provvedimento che ha già deciso la questione controversa, né la successiva riunione nella fase delle indagini preliminari del procedimento in cui è stata adottata la misura con quello in cui è intervenuta la predetta decisione della Suprema Corte. (In motivazione, la Corte ha precisato che il provvedimento di riunione ha natura meramente organizzativa, essendo privo di qualsiasi stabilità e significatività ai fini del mutamento del quadro accusatorio).
Cass. civ. n. 18847/2018
Il provvedimento di archiviazione emesso all'esito dell'udienza camerale successivamente all'entrata in vigore della legge 23 giugno 2017, n. 103 non è ricorribile per cassazione, ma è reclamabile dinanzi al tribunale in composizione monocratica, ai sensi dell'art. 410-bis cod. proc. pen., nei soli casi di mancato rispetto delle regole poste a garanzia del contraddittorio formale. (Fattispecie in cui la Corte ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso per cassazione proposto dalla persona offesa contro l'ordinanza di archiviazione escludendo, altresì, la deducibilità in sede di reclamo del vizio denunciato dal ricorrente in quanto atteneva alla violazione del contraddittorio c.d. "sostanziale", in relazione al vizio di motivazione sulla configurabilità del reato prospettato ovvero di altro reato).
Cass. pen. n. 17535 del 18 aprile 2018
E inammissibile il ricorso per cassazione proposto nei confronti dell'ordinanza emessa ai sensi dell'art. 410-bis cod. proc. pen., senza aver dato avviso alle parti dell'udienza fissata per la decisione sul reclamo della persona offesa avverso il provvedimento di archiviazione, potendo, in tal caso, il reclamante presentare al tribunale richiesta di revoca della decisione assunta. (In motivazione la S.C. ha altresì escluso che l'espressa previsione di non impugnabilità di siffatta ordinanza si ponga in contrasto con l'art. 24 Cost. e con gli artt. 6 e 13 Conv. EDU).
Cass. civ. n. 49395/2018
Ai fini dell'individuazione del regime applicabile in materia di impugnazioni, allorché si succedano nel tempo diverse discipline e non sia espressamente regolato con disposizioni transitorie il passaggio dall'una all'altra, l'applicazione del principio "tempus regit actum" impone di far riferimento al momento di emissione del provvedimento impugnato e non già a quello della proposizione dell'impugnazione. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto ricorribile per cassazione, e non reclamabile innanzi al tribunale, ai sensi dell'art. 410-bis cod. proc. pen., introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, un decreto di archiviazione emesso in epoca antecedente a tale riforma, ma impugnato successivamente).
Cass. civ. n. 32508/2018
L'ordinanza di archiviazione emessa successivamente all'entrata in vigore della legge 23 giugno 2017, n. 103 non è ricorribile per cassazione, ma è reclamabile dinanzi al tribunale in composizione monocratica, ai sensi dell'art. 410-bis cod. proc. pen., nei soli casi di nullità previsti dall'art. 127, comma 5, cod. prod. pen. (Fattispecie in cui la Corte ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso per cassazione volto a censurare le valutazioni poste a fondamento dell'ordinanza di archiviazione escludendo, altresì, l'abnormità del provvedimento e ritenendo manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 410-bis cod. proc. pen., eccepita in relazione agli artt. 3, 24 e 111, commi sesto e settimo, Cost., nella parte in cui non prevede la possibilità di proporre ricorso per cassazione per i motivi di illegittimità patologica della motivazione dell'ordinanza).
Cass. civ. n. 48601/2017
Il soggetto costituitosi parte civile non può sottoscrivere personalmente l'atto di appello per i soli interessi civili, neppure qualora eserciti la professione di avvocato, in quanto l'art.100 cod. proc. pen. richiede che la parte civile stia in giudizio con l'assistenza di un difensore e l'esercizio della facoltà prevista dall'art.86 cod. proc. civ. non può essere ammessa al di fuori dell'ambito del processo civile.
Cass. civ. n. 19255/2017
In tema di garanzie di libertà del difensore, mentre per le perquisizioni e le ispezioni la garanzia di cui all'art. 103, comma primo, cod. proc. pen. è collegata all'esecuzione delle stesse presso gli uffici dei difensori, per i sequestri il divieto di acquisire documenti relativi all'oggetto della difesa, salvo che costituiscano corpo del reato, è collegato direttamente alle persone dei difensori, ai sensi del secondo comma del citato art. 103, in linea con quanto previsto anche dall'art. 4 della direttiva 2013/48/UE; ne deriva che il divieto opera anche quando l'attività diretta al sequestro si svolge in luogo diverso dagli uffici dei difensori.
Cass. civ. n. 10757/2017
Non è sufficiente a integrare l'incompatibilità del difensore la diversità di posizioni giuridiche o di linee di difesa tra più imputati, ma occorre che la versione difensiva di uno di essi sia assolutamente inconciliabile con la versione fornita dagli altri assistiti, così da determinare un contrasto radicale e insuperabile, tale da rendere impossibile, per il difensore, sostenere tesi logicamente inconciliabili tra loro.
Cass. civ. n. 5255/2017
La previsione di cui all'art. 108 cod. proc. pen.- che prevede la concessione di un termine a difesa nei casi di rinuncia, revoca, incompatibilità e abbandono della difesa - costituisce norma di stretta interpretazione, dettata a tutela dell'imputato che abbia un solo difensore; ne consegue che essa non trova applicazione nel caso in cui l'imputato nomini, nell'immediatezza dell'udienza, un secondo difensore di fiducia. (Fattispecie in cui la Suprema Corte ha ritenuto legittimo il rigetto da parte del giudice di merito, della richiesta di concessione del predetto termine avanzata dal difensore di fiducia nominato, in aggiunta al precedente, la sera prima della data di celebrazione del processo).
Cass. civ. n. 15588/2017
La concessione del termine a difesa di cui all'art. 108 cod. proc. pen. presuppone una specifica richiesta del difensore e qualora essa manchi non sussiste l'obbligo del giudice di disporla d'ufficio, considerato che, in tal caso, imprescindibili esigenze di buona organizzazione e di ragionevole durata del processo ne esigono la prosecuzione e che il termine a difesa non può essere imposto al difensore d'ufficio senza rendere il giudice del processo giudice della difesa tecnica.
Cass. civ. n. 13863/2017
Il giudice dell'appello cautelare non incorre nel vizio di ultrapetizione, conseguente alla violazione del principio di devoluzione parziale, ove prenda in esame il punto della sussistenza di esigenze cautelari nella sua interezza, al di là delle specifiche esigenze che nell'atto di appello siano state indicate come oggetto di erronea valutazione. (In applicazione del suddetto principio la S.C. ha ritenuto immune da vizi la decisione che ha accolto l'appello del P.M. avverso l'ordinanza di revoca della misura cautelare estendendo il "thema dicendum" ad una esigenza cautelare dedotta solo con una memoria presentata dopo la proposizione dell'appello).
Cass. civ. n. 17581/2017
In tema di appello cautelare, la riforma in senso sfavorevole all'indagato della decisione impugnata richiede al tribunale, in assenza di mutamenti del materiale probatorio acquisito, un rafforzato onere motivazionale, che deve confrontarsi con le ragioni del provvedimento riformato e con quelle della difesa, giustificando adeguatamente il diverso rilievo attribuito ai dati acquisiti; tuttavia, diversamente dalla sentenza di condanna che riforma quella assolutoria, non è indispensabile una piena confutazione delle ragioni del provvedimento riformato, in quanto il criterio di giudizio non è la piena prova della responsabilità, ma soltanto la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Cass. civ. n. 11550/2017
Qualora il tribunale della libertà accolga la domanda cautelare, riformando in sede di appello ex art. 310 cod. proc. pen. la decisione di rigetto del G.i.p., deve escludersi la sussistenza dell'onere della c.d. motivazione rafforzata, in quanto tale onere è configurabile solo in sede di giudizio, dove il canone valutativo è costituito non dalla gravità indiziaria, ma dalla certezza processuale della responsabilità dell'imputato oltre ogni ragionevole dubbio. (In motivazione, la S.C. ha peraltro precisato che il tribunale deve comunque procedere ad una verifica, sia pur implicita, degli argomenti a sostegno della decisione liberatoria impugnata, se interferenti con i presupposti della divergente valutazione adottata in appello, configurandosi altrimenti un vizio di motivazione che deve essere specificamente dedotto attraverso l'indicazione del profilo neppure implicitamente valutato).
Cass. civ. n. 6587/2017
Ai fini della ammissibilità dell'opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione, il giudice deve limitarsi a valutare i profili di pertinenza e di specificità degli atti di indagine richiesti; ne consegue che è illegittimo il provvedimento di archiviazione emesso "de plano" sulla base di una valutazione di merito degli atti stessi, anche apoditticamente enunciata (come attraverso la mera locuzione "investigazioni irrilevanti"), con la quale si anticipa una prognosi sulla incidenza probatoria delle investigazioni richieste che non può avere ingresso in sede di verifica del diritto della parte offesa al contraddittorio camerale.
Cass. civ. n. 12618/2017
In tema di esigenze cautelari, il requisito dell'attualità del pericolo di reiterazione del reato, introdotto all'art. 274, comma primo, lett. c), cod. proc. pen., dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, impone la previsione, in termini di alta probabilità, che all'imputato si presenti effettivamente un'occasione per compiere ulteriori delitti della stessa specie, e la relativa prognosi comporta la valutazione, attraverso la disamina della fattispecie concreta, della permanenza della situazione di fatto che ha reso possibile o, comunque, agevolato la commissione del delitto per il quale si procede, mentre, nelle ipotesi in cui tale preliminare valutazione sia preclusa, in ragione delle peculiarità del caso di specie, il giudizio sulla sussistenza dell'esigenza cautelare deve fondarsi su elementi concreti - e non congetturali - rivelatori di una continuità ed effettività del pericolo di reiterazione, attualizzata al momento della adozione della misura, e idonei a dar conto della continuità del "periculum libertatis" nella sua dimensione temporale, da apprezzarsi sulla base della vicinanza ai fatti in cui si è manifestata la potenzialità criminale dell'indagato, ovvero della presenza di elementi indicativi dell'effettività di un concreto ed attuale pericolo di reiterazione.
Cass. civ. n. 55253/2016
L'art. 103, comma quinto, cod. proc. pen., nel vietare le intercettazioni delle conversazioni o comunicazioni dei difensori, riguarda l'attività captativa in danno del difensore in quanto tale ed ha dunque ad oggetto le sole conversazioni o comunicazioni - individuabili, ai fini della loro inutilizzabilità, a seguito di una verifica postuma - inerenti all'esercizio delle funzioni del suo ufficio e non si estende ad ogni altra conversazione che si svolga nel suo ufficio o domicilio. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto imune da censure un'ordinanza cautelare contenente riferimenti non al contenuto di specifiche intercettazioni tra imputato e difensore, ma al mero fatto storico del contatto tra di essi intervenuto, al fine di individuare l'utilizzatore della utenza che aveva chiamato quella in uso al legale).
Cass. civ. n. 845/2016
In tema di appello cautelare, anche in seguito alle modifiche apportate dalla legge n. 47 del 2015, il giudice può integrare il provvedimento impugnato, rispetto a motivazioni mancanti o non contenenti una autonoma valutazione degli indizi e delle esigenze cautelari o degli elementi forniti dalla difesa, in quanto l'art. 310 cod. proc. pen., che disciplina tale forma di impugnazione, non richiama l'art. 309, comma nono, cod. proc. pen. (In motivazione, la Corte ha, altresì, precisato che quest'ultima norma ha carattere eccezionale, e quindi è insuscettibile di applicazione analogica, nella misura in cui deroga al principio generale secondo il quale la motivazione del provvedimento impugnato è, di regola, sostituita, nei limiti del devoluto, dalla pronuncia del giudice dell'impugnazione).
Cass. civ. n. 46277/2016
In tema di opposizione alla richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto, il giudice può disporre l'archiviazione senza fissare l'udienza in camera di consiglio a condizione che argomenti in ordine alla ritenuta inammissibilità dell'opposizione e, segnatamente, in merito all'omessa indicazione delle "ragioni del dissenso" della persona offesa rispetto alla sussumibilità del fatto nell'ipotesi di cui all'art. 131-bis cod. pen.
Cass. civ. n. 37834/2015
La competenza a concedere, durante la fase delle indagini preliminari, il permesso di colloquio all'indagato sottoposto alla misura cautelare in carcere, spetta al GIP, che provvede dopo aver acquisito il parere del pubblico ministero.
Cass. civ. n. 28097/2015
In tema di mandato di arresto europeo, il differimento del colloquio con i difensori, per un tempo non superiore a cinque giorni, disposto dal gip con ordinanza cautelare ai sensi dell'art. 104 cod. proc. pen., decorre dal momento in cui la persona attinta da misura cautelare viene consegnata all'autorità giudiziaria italiana, in quanto le fasi precedenti alla consegna seguono la procedura dello Stato richiesto (nel caso di specie la Francia).