Art. 487 – Codice di procedura penale – Contumacia dell’imputato
[1. Se l'imputato, libero o detenuto, non compare all'udienza e non ricorrono le condizioni indicate negli articoli 485 e 486 commi 1 e 2, il giudice, sentite le parti, ne dichiara la contumacia, salvo che risulti la nullità dell'atto di citazione o della sua notificazione. In tal caso il giudice pronuncia ordinanza con la quale rinvia il dibattimento e dispone la rinnovazione degli atti nulli.
2. L'imputato, quando si procede in sua contumacia, è rappresentato nel dibattimento dal difensore.
3. Se l'imputato compare prima della decisione, il giudice revoca l'ordinanza che ha dichiarato la contumacia. In tal caso l'imputato può rendere le dichiarazioni previste dall'articolo 494 e, se la comparizione avviene prima dell'inizio della discussione finale, può chiedere di essere sottoposto all'esame a norma dell'articolo 503. In ogni caso il dibattimento non può essere sospeso o rinviato a causa della comparizione tardiva.
4. L'ordinanza dichiarativa della contumacia è nulla se al momento della pronuncia vi è la prova che l'assenza dell'imputato è dovuta a mancata conoscenza della citazione a norma dell'articolo 485 comma 1 ovvero ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento.
5. Se la prova indicata nel comma 4 perviene dopo la pronuncia dell'ordinanza prevista dal comma 1, ma prima della decisione, il giudice revoca l'ordinanza medesima e, se l'imputato non è comparso, sospende o rinvia anche di ufficio il dibattimento. Restano comunque validi gli atti compiuti in precedenza, ma se l'imputato ne fa richiesta e dimostra che la prova è pervenuta con ritardo senza sua colpa, il giudice dispone l'assunzione o la rinnovazione degli atti che ritiene rilevanti ai fini della decisione.
6. Quando si procede a carico di più imputati, si applicano le disposizioni dell'articolo 18 comma 1 lettere c) e d).]
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 32143/2023
L'esecuzione forzata immobiliare si conclude con il provvedimento con cui il giudice, preso atto dell'approvazione del progetto di distribuzione ai sensi dell'art. 598 c.p.c. (nel testo applicabile ratione temporis) ovvero risolvendo le contestazioni avanzate dai creditori concorrenti e/o dal debitore esecutato a norma dell'art. 512 c.p.c., dichiara l'esecutività del progetto, ordinando il pagamento delle singole quote in favore degli aventi diritto. Ne consegue che il provvedimento conclusivo del processo, che non sia stato opposto ex art. 617 c.p.c. dalla parte interessata, è suscettibile di revoca ai sensi dell'art. 487 c.p.c. (ove ne sussistano i presupposti, e sempre che ad esso non sia stata, frattanto, data esecuzione con l'emissione e l'incasso dei mandati di pagamento) solo laddove essa sia esercitata entro venti giorni dall'adozione del provvedimento, se emesso in udienza, o dalla sua comunicazione se proveniente da riserva, giacché, in caso contrario, l'esercizio del potere di revoca comporterebbe l'elusione della decadenza dal potere di proporre l'opposizione distributiva ex artt. 617 e 512 c.p.c., nella quale la parte interessata è, a quel punto, già incorsa.
Cass. civ. n. 28562/2023
Qualsiasi atto emesso dal giudice dell'esecuzione che si sostenga illegittimo - purché immediatamente lesivo e non meramente preparatorio - è suscettibile di opposizione agli atti esecutivi da parte di chi abbia interesse a ottenerne l'annullamento, a prescindere dalla gravità del vizio dedotto, ed anzi, di regola, deve essere impugnato entro il termine perentorio previsto dall'art 617 c.p.c., determinandosi, in mancanza, la sua sanatoria; anche laddove si tratti di nullità radicali, per le quali non sia configurabile la sanatoria a seguito di mancata opposizione nei termini di legge e tali da impedire all'atto illegittimo di produrre determinati effetti, non si verifica alcuna alterazione dell'ordinario regime dell'eventuale opposizione agli atti esecutivi in concreto proposta, fermo restando che, in tal caso, saranno sempre possibili sia ulteriori contestazioni di tali pretesi effetti nelle sedi opportune, sia la revoca di ufficio in ogni tempo dell'atto illegittimo da parte del giudice dell'esecuzione. (Nella specie la S.C. ha chiarito che, benchè il provvedimento del g.e., contenente un ordine di pagamento nei confronti di terzi estranei alla procedura, fosse "abnorme" l'opposizione agli atti esecutivi proposta nei confronti di tale atto era disciplinata dalle regole ordinarie).
Cass. civ. n. 1647/2023
Nell'esecuzione forzata su immobili, l'art. 586 c.p.c. non prescrive la comunicazione del decreto di trasferimento. (In applicazione del principio, la S.C. ha escluso che il decreto di trasferimento, emesso nei confronti dell'esecutato e comunicato agli eredi di questo, dovesse essere comunicato agli eredi del comproprietario dell'immobile pignorato).
Cass. pen. n. 2649/1998
In tema di contumacia dell'imputato, alla omissione formale di revoca dell'ordinanza dichiarativa della contumacia (che viene meno allorché l'imputato compaia nelle udienze successive prima della decisione), non conseguono effetti giuridici, tra cui quello di determinare l'obbligo della notifica della sentenza per estratto.
Cass. pen. n. 4096/1998
In materia di assenza dell'imputato non può trarsi dalla mera inerzia dell'imputato, più o meno prolungata, (qualora il difensore nei preliminari del dibattimento abbia dato comunicazione dello stato di detenzione per altro titolo dell'imputato medesimo) l'implicita volontà di quest'ultimo di consentire la celebrazione del dibattimento in sua assenza.
Cass. pen. n. 1324/1998
L'omissione della formale dichiarazione di contumacia non integra, di per sé sola, alcuna nullità della sentenza poiché una simile sanzione non è prevista dall'ordinamento processuale. Il sistema delle garanzie delineato dal codice di rito non si conforma infatti a criteri di mera formalità espressiva ma a quelli del rispetto delle forme funzionali alla tutela delle varie espressioni del diritto di difesa. Ciò che conta è che il giudice abbia concretamente valutato, offrendone adeguata motivazione, l'assenza di un impedimento idoneo a giustificare la mancata comparizione dell'imputato e che abbia manifestato la decisione di procedere oltre nel dibattimento. (Nella specie, il giudice del dibattimento, rilevato che non era configurabile, sulla base della documentazione medica prodotta, l'assoluta impossibilità a comparire dell'imputato, aveva disposto “procedersi oltre nel dibattimento”, senza formale dichiarazione della contumacia).
Cass. pen. n. 4226/1998
In tema di ricusazione, qualora la causa idonea a giustificare la dichiarazione di ricusazione divenga nota durante la udienza dibattimentale, la eventuale contumacia dell'imputato non rileva ai fini di impedire la decadenza dalla facoltà di proporre la dichiarazione di ricusazione, poiché la dichiarazione di contumacia comporta la impossibilità di eccepire la ignoranza dello svolgimento del processo e dei relativi atti e provvedimenti, tanto che l'art. 487 c.p.p. stabilisce che l'imputato è rappresentato nel dibattimento dal difensore.
Cass. pen. n. 8915/1997
Nel caso in cui il dibattimento sia rinviato a causa dell'adesione del difensore d'ufficio dell'imputato allo sciopero della categoria, tale attività di rinvio del dibattimento de plano deve assolutamente precedere la dichiarazione di contumacia dell'imputato, sulla quale il difensore deve poter interloquire, perché il contraddittorio sulla sussistenza dei relativi presupposti deve risultare integro a causa delle conseguenze processuali, negative per l'imputato, che la dichiarazione stessa può comportare. Pertanto l'illegittima dichiarazione di contumacia dell'imputato in assenza del difensore è nulla ai sensi dell'art. 178 lett. c) c.p.p. con la conseguente nullità di tutti gli atti consecutivi che dipendono da quello dichiarato nullo e, in primo luogo, l'ordinanza che dispone il rinvio del dibattimento ad udienza fissa, senza contestualmente disporre che l'ordinanza medesima sia notificata all'imputato non comparso, nonché gli atti successivi e la sentenza.
Cass. pen. n. 9721/1992
L'imputato, già citato a giudizio in stato di libertà e successivamente tratto in arresto e detenuto per altra causa, versa in stato di legittimo impedimento qualora non ne sia stata ordinata la traduzione, per cui non può procedersi in sua assenza, ove non vi sia espressa rinuncia a presenziare al dibattimento. Ne consegue che nel caso in cui l'imputato abbia notiziato prima dell'udienza il giudice del suo stato di detenzione dichiarando di voler presenziare all'udienza stessa, questi ne deve disporre la traduzione per l'udienza o, in mancanza, rinviare il dibattimento ad altra data per legittimo impedimento dell'imputato, di tal che il provvedimento con il quale egli, invece, rigetti la richiesta e disponga procedersi in assenza dell'imputato, si pone al di fuori degli schemi processuali, determinandosi la nullità prevista dall'art. 178, comma primo, lett. c), c.p.p. in quanto si impedisce l'esercizio del diritto dell'imputato di essere presente al dibattimento e di svolgervi le proprie difese (diritto garantito dall'art. 24 Cost. e dall'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali); nullità che investe anche gli atti successivi, ivi compresa la sentenza. (Fattispecie in cui la dichiarazione dell'imputato era pervenuta al giudice il giorno stesso dell'udienza, ma prima della sua celebrazione).