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Art. 542 — Condanna del querelante alle spese e ai danni

Art. 542 — Condanna del querelante alle spese e ai danni

1. Nel caso di assoluzione perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non lo ha commesso, quando si tratta di reato perseguibile a querela, si applicano le disposizioni dell’articolo 427 per ciò che concerne la condanna del querelante al pagamento delle spese del procedimento anticipate dallo Stato nonché alla rifusione delle spese e al risarcimento del danno in favore dell’imputato e del responsabile civile.

2. L’avviso del deposito della sentenza è notificato al querelante [ 576 ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 11090/2015

La previsione di cui all’art. 542 cod. proc. pen. – che prevede la condanna del querelante al pagamento delle spese nel caso di assoluzione perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non lo ha commesso – non si applica nel caso in cui l’assoluzione abbia luogo per il riconoscimento della causa di non punibilità della provocazione, ex art. 599 cod. pen..

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Cass. pen. n. 25469/2014

La parte civile non può ottenere la rifusione delle spese processuali all’esito del giudizio di legittimità che si è concluso con l’annullamento con rinvio, ma può far valere le proprie pretese nel corso ulteriore del processo, in cui il giudice di merito dovrà accertare la sussistenza, a carico dell’imputato, dell’obbligo della rifusione delle spese giudiziali in base al principio della soccombenza, con riferimento all’esito del gravame.

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Cass. pen. n. 41476/2005

La parte civile ha sempre diritto di ricorrere per cassazione, ai sensi dell’art. 568, comma secondo, c.p.p., contro i capi delle sentenze che la condannano al pagamento delle spese processuali anticipate dallo Stato. [Nell’enunciare il principio, le Sezioni Unite hanno rilevato che per la parte civile, a differenza di quanto avviene per il querelante con gli artt. 542 e 427, comma quarto, c.p.p., non esiste una norma che le attribuisca altrimenti il potere di impugnare le disposizioni della sentenza che la condannino al pagamento delle spese anticipate dallo Stato].

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Cass. pen. n. 31728/2004

In tema di risarcimento del danno in favore dell’imputato e del responsabile civile, la colpa grave, rilevante a tal fine, quando si tratti di reato perseguibile a querela, si concreta in una trascuratezza del più alto grado e consiste nel non avvertire l’ingiustizia di una pretesa, ancorché essa appaia palese a chi valuti i fatti con ponderazione ed imparzialità
L’assoluzione perché il fatto non costituisce reato, quando si tratti di reato perseguibile a querela, non comporta a carico del querelante l’onere della rifusione delle spese sostenute dall’imputato; la possibile compensazione è rimessa al potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio è insindacabile in sede di legittimità, salvo che sia fondato su ragioni palesemente illogiche.

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Cass. pen. n. 31330/2004

La legittimazione all’impugnazione del responsabile civile è limitata alle disposizioni delle sentenze di condanna riguardanti la responsabilità dell’imputato concernente gli interessi civili e le sentenze di assoluzione nei limiti delle statuizioni sulle domande di risarcimento del danno e di rifusione delle spese processuali. Ne consegue che deve escludersi la legittimazione ad impugnare la sentenza di non luogo a procedere per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione, in ossequio al principio della tassatività delle impugnazioni.

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Cass. pen. n. 444/2004

In tema di spese processuali penali, è priva di fondamento normativo la richiesta, formulata dall’interessato in esito al procedimento di esecuzione conclusosi con l’accoglimento dell’opposizione, di veder condannato lo Stato alla rifusione in suo favore delle spese sostenute per l’assistenza del difensre, sebbene quest’ultima sia obbligatoria. La disciplina codicistica, nella parte in cui non regola secondo il principio di soccombenza i rapporti tra l’accusato e lo Stato nel caso di conclusione favorevole al primo del procedimento promosso in suo danno, manifestamente non contrasta con l’art. 24 Cost., posto che la norma espressamente delimita ai non abbienti la necessaria previsione di mezzi per agire e difendersi in giudizio, pur garantendo a tutti la difesa come diritto inviolabile.

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