Art. 427 – Codice di procedura penale – Condanna del querelante alle spese e ai danni
1. Quando si tratta di reato per il quale si procede a querela [336-340] della persona offesa [90], con la sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso il giudice condanna il querelante al pagamento delle spese del procedimento anticipate dallo Stato [542, 691].
2. Nei casi previsti dal comma 1, il giudice, quando ne è fatta domanda, condanna inoltre il querelante alla rifusione delle spese sostenute dall'imputato e, se il querelante si è costituito parte civile, anche di quelle sostenute dal responsabile civile citato o intervenuto . Quando ricorrono giusti motivi, le spese possono essere compensate in tutto o in parte [541 2].
3. Se vi è colpa grave, il giudice può condannare il querelante a risarcire i danni all'imputato e al responsabile civile che ne abbiano fatto domanda [541 2].
4. Contro il capo della sentenza di non luogo a procedere che decide sulle spese e sui danni possono proporre impugnazione, a norma dell'articolo 428, il querelante, l'imputato e il responsabile civile [568 4].
5. Se il reato è estinto per remissione della querela [152 c.p.], si applica la disposizione dell'articolo 340 comma 4.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 7182/2011
È inammissibile l'impugnazione proposta con un mezzo di gravame diverso da quello prescritto, quando dall'esame dell'atto si tragga la conclusione che la parte impugnante abbia effettivamente voluto ed esattamente denominato il mezzo di impugnazione non consentito dalla legge. (Fattispecie relativa ad un appello proposto dal P.G. avverso una sentenza di non luogo a procedere, trasmesso dalla Corte d'appello per competenza alla Corte di cassazione, previa riqualificazione del gravame come ricorso per cassazione). (Dichiara inammissibile, Gip Trib. Bergamo, 1 aprile 2008).
Cass. civ. n. 46779/2011
L'erronea qualificazione giuridica dell'atto da parte del privato come querela anziché, più correttamente, come denuncia, in relazione a reato procedibile d'ufficio, non determina la condanna di quest'ultimo alle spese e ai danni in caso di sentenza di non luogo a procedere o di assoluzione dell'imputato con le formule previste dagli artt. 427 e 542 cod. proc. pen., in quanto tali disposizioni si riferiscono esclusivamente alla figura del querelante. (In motivazione la Corte ha precisato che non assume rilevanza la costituzione di parte civile del denunciante che, a differenza di quanto previsto per l'ipotesi del querelante, costituitosi parte civile, non è causa di condanna al pagamento delle spese processuali). (Annulla in parte senza rinvio, Trib. Salerno, 28/09/2010).
Cass. civ. n. 27494/2009
La condanna del querelante alle spese processuali, in caso di assoluzione dell'imputato per insussistenza del fatto o per non averlo egli commesso, deve essere preceduta da un motivato giudizio sull'esistenza dell'elemento della colpa nell'esercizio del diritto di querela. (Annulla in parte s.r., Trib. Treviso sez. dist. Conegliano, 22 marzo 2006).
Cass. civ. n. 6071/1991
In materia di spese processuali penali, a differenza del processo civile, nei rapporti tra Stato e imputato non vige il principio della soccombenza. La materia è regolata dalle norme del c.p.p. (artt. 479 e 488 c.p.p. abrogato; artt. 425 e 427 nuovo c.p.p.), le quali escludono che lo Stato possa essere chiamato a rifondere le spese sopportate dall'imputato prosciolto o assolto, benché l'assistenza tecnica sia obbligatoria e non gratuita (salva l'ipotesi dell'ammissione al gratuito patrocinio). È manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalità della mancata previsione del rimborso delle spese all'imputato prosciolto o assolto con riferimento all'art. 24 Cost. La predetta norma garantisce a tutti la difesa come diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento, ma assicura soltanto ai non abbienti — in coerenza con i principi di cui agli artt. 2 e 3 Cost. — i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. (Nella specie l'imputato — condannato in primo grado per contrabbando doganale relativo all'importazione di una autovettura, assolto in appello con formula piena, dopo la risoluzione da parte della corte di giusitizia della CEE di questioni attinenti all'art. 95 del trattato — aveva richiesto il rimborso delle spese processuali sostenute nel procedimento dinanzi alla Corte europea di giustizia, la quale aveva rimesso la statuizione sulle spese al giudice italiano, attesa la natura incidentale nel procedimento comunitario).