Art. 548 – Codice di procedura penale – Deposito della sentenza
1. La sentenza è depositata in cancelleria immediatamente dopo la pubblicazione ovvero entro i termini previsti dall'articolo 544 commi 2 e 3 . Il pubblico ufficiale addetto vi appone la sottoscrizione e la data del deposito.
2. Quando la sentenza non è depositata entro il trentesimo giorno o entro il diverso termine indicato dal giudice a norma dell'articolo 544 comma 3, l'avviso di deposito è comunicato al pubblico ministero e notificato alle parti private cui spetta il diritto di impugnazione. È notificato altresì a chi risulta difensore dell'imputato al momento del deposito della sentenza.
3. L'avviso di deposito con l'estratto della sentenza è in ogni caso comunicato al procuratore generale presso la corte di appello.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 28046/2024
La mancata notifica dell'avviso di deposito della sentenza a uno dei difensori rende inoperante, nei suoi confronti, la decorrenza del termine per l'impugnazione, ma lo svolgimento, da parte del predetto, delle attività difensive nel corso del giudizio di impugnazione sana il vizio e preclude ogni censura. (Fattispecie in cui la Corte ha affermato che l'esercizio del diritto di difesa da parte del codifensore non notiziato che non aveva chiesto di essere restituito nel termine per proporre ricorso e aveva presentato una memoria con la quale deduceva la nullità della sentenza di appello per l'omesso avviso di deposito, esprime inequivocabilmente la rinuncia alla facoltà di proporre autonoma impugnazione).
Cass. civ. n. 25943/2024
In sede di incidente di esecuzione può essere dedotta la questione della validità del decreto di latitanza, all'esclusivo fine di contestare la validità della notifica dell'estratto contumaciale e, conseguentemente, l'avvenuta formazione del titolo esecutivo.
Cass. civ. n. 16125/2024
Spetta alla giurisdizione del giudice ordinario il giudizio ex artt. 548 e 549 c.p.c. (nel testo anteriore alla modifica apportata dalla l. n. 228 del 2012) volto all'accertamento del credito vantato dall'esecutato consorzio di difesa delle produzioni intensive (ora, organismo collettivo di difesa) nei confronti dell'agente incaricato della riscossione dei contributi consortili (terzo pignorato), attesa la natura privatistica del predetto consorzio.
Cass. civ. n. 13223/2024
In tema di esecuzione presso terzi, con l'opposizione agli atti esecutivi proposta avverso l'ordinanza di assegnazione emessa sulla scorta della dichiarazione resa ai sensi dell'art. 547 c.p.c., il terzo pignorato non può contestare l'esistenza del credito assegnato, ma solo, deducendo l'erronea interpretazione data dal giudice dell'esecuzione della dichiarazione di quantità quale dichiarazione positiva, far valere l'illegittimità dell'assegnazione dei crediti pignorati per essere stata adottata in mancanza di una dichiarazione positiva di quantità non contestata.
Cass. civ. n. 11864/2024
Nel procedimento di espropriazione presso terzi, se l'atto di pignoramento notificato non contiene la specifica quantificazione del credito pignorato, su istanza del creditore (ex art. 486 c.p.c.) si deve procedere all'accertamento endoesecutivo dell'obbligo del terzo, ai sensi dell'art. 549 c.p.c., anche in caso di non contestazione da parte del terzo pignorato rimasto silente, posto che il meccanismo della ficta confessio può operare solo quando l'allegazione del creditore consente la compiuta identificazione del preteso credito nei confronti del debitor debitoris.
Cass. civ. n. 42584/2023
In caso di sentenza con motivazione contestuale resa all'esito del giudizio cartolare di appello, celebrato nel vigore della disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia da Covid-19, la comunicazione di cancelleria avente ad oggetto il solo dispositivo, e non anche la motivazione della pronunzia, è inidonea a far decorrere il termine per impugnare.
Cass. civ. n. 28926/2023
Nell'espropriazione presso terzi, se l'ordinanza di assegnazione del credito è resa all'udienza ex art. 543 c.p.c., il termine di decadenza ex art. 617 c.p.c., per la proposizione dell'opposizione da parte del terzo pignorato non comparso all'udienza, non decorre dalla data di quest'ultima, bensì da quella in cui il terzo ha acquisito la conoscenza, legale o di fatto, del provvedimento, non trovando applicazione nella specie l'art. 176, comma 2, c.p.c., in quanto il pignoramento non reca la citazione del terzo a comparire all'udienza, ma unicamente l'invito a rendere la dichiarazione di cui all'art. 547 c.p.c.
Cass. civ. n. 25556/2023
Le disposizioni in tema di incidente di esecuzione che disciplinano la competenza del giudice dell'esecuzione in ordine all'esistenza ed alla corretta formazione del titolo esecutivo, si distinguono da quelle in tema di restituzione nel termine che presuppongono, invece, la rituale formazione del titolo esecutivo e la sua mancata conoscenza da parte dell'interessato. (Nella specie - relativa a istanza presentata al giudice dell'esecuzione che, pur essendo formalmente intestata come "richiesta di restituzione nel termine", lamentava l'omessa notifica al condannato dell'estratto contumaciale della sentenza - la Corte ha ritenuto che il giudice dell'esecuzione avrebbe dovuto dichiarare l'omessa formazione del titolo esecutivo e assumere i provvedimenti conseguenti, disponendo contestualmente, ex art. 670, comma 1, seconda parte, cod. proc. pen., l'esecuzione della notificazione non eseguita, per consentire la decorrenza del termine per l'impugnazione).
Cass. civ. n. 21716/2023
In tema di appello della parte pubblica, la legittimazione del procuratore generale a proporre appello ex art. 593-bis cod. proc. pen. avverso le sentenze di primo grado, derivante dall'acquiescenza del procuratore della Repubblica, consegue alle intese o alle altre forme di coordinamento richieste dall'art. 166-bis disp. att. cod. proc. pen. che impongono al procuratore generale di acquisire tempestiva notizia in ordine alle determinazioni dello stesso procuratore della Repubblica in merito all'impugnazione della sentenza.
Cass. civ. n. 16048/2023
Nell'accertamento dell'obbligo del terzo (secondo la disciplina anteriore alle modifiche apportate dalla l. n. 228 del 2012), il sopravvenuto fallimento del terzo pignorato, anche se rilevato nel grado di legittimità, comporta l'improseguibilità del giudizio, spettando in via esclusiva agli organi della procedura concorsuale l'accertamento di crediti nei confronti del fallito.
Cass. civ. n. 16005/2023
La dichiarazione resa dal terzo pignorato ex art. 547 c.p.c. (nel testo modificato dal d.l. n. 132 del 2014, conv. con modif. dalla l. n. 162 del 2014) deve essere resa al creditore pignorante con comunicazione formale - cioè, a mezzo lettera raccomandata o PEC - avendo la funzione, se positiva, di individuare il bene o il credito del debitore esecutato che forma oggetto dell'azione esecutiva; ne consegue che detta dichiarazione, qualora effettuata con mezzi diversi da quelli prescritti e inidonei a dimostrare immediatamente ed incontestabilmente la sua esistenza e il suo contenuto, è da considerarsi "tamquam non esset", dovendosi pertanto procedere, ai sensi dell'art. 548, comma 2, c.p.c., alla fissazione di apposita udienza, in esito alla quale, in mancanza di dichiarazione del terzo e alle ulteriori condizioni indicate dalla citata norma, il credito pignorato si ha per non contestato secondo il meccanismo della "ficta confessio". (Principio affermato con riferimento ad una dichiarazione resa dal terzo via telefax).
Cass. civ. n. 13487/2023
Nell'espropriazione forzata presso terzi, in seguito alle modifiche apportate dalla l. n. 228 del 2012, dal d.l. n. 132 del 2014 e dal d.l. n. 83 del 2015, l'introduzione del subprocedimento volto all'accertamento dell'obbligo del terzo avviene su istanza della parte interessata, la quale, pur potendo essere formulata anche a verbale d'udienza, deve essere debitamente circostanziata sia in relazione al "petitum", che alla "causa petendi", con la conseguenza che, qualora essa sia affetta da genericità, il g.e., in mancanza di reazione delle parti interessate, non deve sollecitarne d'ufficio una specificazione, bensì dichiararne l'inammissibilità.
Cass. civ. n. 9433/2023
Nel procedimento di espropriazione dei crediti di cui agli artt. 543 e ss. c.p.c., il terzo pignorato che dichiari la sussistenza della propria obbligazione nei confronti del debitore esecutato - precisando, però, che il relativo credito risulta già vincolato da precedenti pignoramenti - ha l'obbligo, ai sensi dell'art. 550 c.p.c., di indicare gli estremi di questi ultimi (precisando, quindi, l'identità dei creditori pignoranti, la data della notifica dei pignoramenti, gli importi pignorati, nonché il contenuto delle dichiarazioni di quantità già rese e gli eventuali pagamenti già effettuati in base ai provvedimenti di assegnazione emessi), onde consentire al giudice dell'esecuzione di eventualmente disporre, nella presenza dei necessari presupposti, la riunione delle procedure, ai sensi dell'art. 524 c.p.c.; nel caso in cui tali indicazioni non siano fornite, la dichiarazione dovrà ritenersi incompleta e il giudice dell'esecuzione dovrà sollecitarne al terzo l'integrazione, fissando all'uopo una nuova udienza ex art. 548 c.p.c. e concedendogli, nell'ipotesi in cui i pignoramenti in questione siano in numero tale da rendere necessaria una complessa attività di recupero dei dati necessari, un adeguato termine, il cui vano decorso impedisce di intendere la dichiarazione come regolarmente resa, ai sensi dello stesso art. 548 c.p.c., con la conseguenza che, se le allegazioni del creditore o anche la stessa dichiarazione comunque resa dal terzo consentano l'individuazione del credito pignorato, potrà procedersi alla relativa assegnazione in favore del creditore procedente.
Cass. civ. n. 6361/2023
Nel caso in cui il deposito della sentenza tradotta in lingua nota all'imputato alloglotta avviene dopo il decorso del termine ordinario o di quello diverso indicato dal giudice ai sensi dell'art. 544, comma 3, cod. proc. pen., deve essere notificato, ai fini della decorrenza del termine per proporre impugnazione, l'avviso di deposito di cui all'art. 548, comma 2, cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 1943/2023
In tema di accertamento dell'obbligo del terzo (nel regime anteriore alla l. n. 228 del 2012), incombe sul creditore-attore l'onere di provare il credito del debitore esecutato verso il "debitor debitoris"; a tal fine, poiché il bilancio regolarmente approvato dall'assemblea di una società ha efficacia vincolante nei confronti di tutti i soci (anche se assenti o dissenzienti), la delibera di approvazione, in deroga all'art. 2709 c.c., fa piena prova, nei confronti dei soci, dell'esistenza dei crediti della società, purché chiaramente indicati nel bilancio medesimo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto non raggiunta la prova del credito oggetto del pignoramento, in quanto il bilancio prodotto non risultava approvato ed il preteso credito della società cooperativa nei confronti dei soci esecutati non poteva desumersi da altri atti, quali la relazione del collegio sindacale o i bilanci degli esercizi precedenti).
Cass. pen. n. 3914/2016
In tema di impugnazioni, qualora il giudice abbia indicato in dispositivo, per il deposito della sentenza, un termine superiore a novanta giorni (nella specie: "tre mesi", corrispondenti a novantadue giorni), il termine per impugnare decorre dalla data di notificazione dell'avviso di deposito della sentenza, ai sensi dell'art. 548, comma secondo, cod. proc. pen.; ne deriva che, in mancanza di tale adempimento, l'impugnazione proposta deve considerarsi senz'altro tempestiva.
Cass. pen. n. 52538/2014
In caso di irrituale notifica all'imputato dell'estratto contumaciale della sentenza emessa all'esito del giudizio di appello, il ricorso per cassazione proposto dal difensore di fiducia nominato prima del giudizio di secondo grado non consuma la potestà di impugnare dell'imputato, poiché tale vicenda non è indicativa della effettiva conoscenza del deposito della decisione da parte di quest'ultimo.
Cass. pen. n. 50980/2014
Alla omessa notifica all'imputato contumace dell'avviso di deposito della sentenza di primo grado conseguono la mancata decorrenza nei suoi riguardi dei termini per la proposizione dell'impugnazione, nonché, qualora si sia proceduto al giudizio di appello, la nullità del decreto di citazione relativo a questo grado e l'annullamento senza rinvio della decisione successivamente emessa. (Fattispecie in cui la Corte, ritenendo omessa la notifica effettuata non al domicilio eletto ma presso la residenza dell'imputato con la procedura della compiuta giacenza presso l'ufficio postale del plico non recapitato, ha escluso che la nullità potesse essere sanata dalla proposizione tempestiva della impugnazione da parte del difensore).
Cass. pen. n. 51447/2013
La mancata notifica dell'avviso di deposito della sentenza di primo grado a uno dei difensori rende inoperante, nei suoi confronti, la decorrenza del termine per l'impugnazione con la conseguenza che quest'ultima sarà possibile attraverso la presentazione di autonomi motivi di appello: lo svolgimento, però, da parte del legale non avvisato, delle attività difensive nel corso del giudizio di impugnazione sana il vizio e preclude ogni censura. (Fattispecie in cui la Corte di Appello aveva notificato al difensore non avvisato il verbale di rinvio dell'udienza, consentendogli così di esercitare il diritto di impugnazione).
Cass. pen. n. 22504/2006
La notifica dell'estratto contumaciale all'imputato irreperibile, effettuato a mani del difensore, ai sensi dell'art. 159 c.p.p., non può valere anche ai fini dell'adempimento di cui all'art. 548, comma 2, c.p.p., nella parte in cui stabilisce che, quando la sentenza sia depositata oltre il dovuto termine, il relativo avviso sia notificato anche al difensore.
Cass. pen. n. 35402/2003
Ai fini della decorrenza del termine di impugnazione della sentenza contumaciale, la notificazione dell'avviso di deposito con l'estratto della sentenza all'imputato contumace non può essere sostituita da altro atto equipollente, anche se ne contenga tutti gli elementi essenziali.
Cass. pen. n. 12260/2003
Per l'imputato contumace, il termine per proporre l'impugnazione, anche ove la notifica dell'estratto contumaciale sia avvenuta in data anteriore alla scadenza del termine stabilito dalla legge per il deposito della sentenza, decorre comunque dalla notifica dell'avviso di deposito con l'estratto del procedimento. Infatti, l'imputato contumace ha diritto ex lege a trenta giorni di tempo per proporre impugnazione, senza che possa avvantaggiarsi del numero di giorni che vanno dal deposito della sentenza alla scadenza del termine per il deposito della stessa.
Cass. pen. n. 42753/2002
Non spetta al difensore l'avviso di deposito della sentenza, quando questo avvenga nel rispetto del termine legale o prorogato, a prescindere dalla personale presenza o meno del difensore di fiducia all'udienza di decisione della causa, in quanto quest'ultimo, conoscendo o potendo conoscere rapidamente il giorno ed il tenore del dispositivo della decisione, può determinare con certezza la decorrenza ed il termine per la proposizione dell'impugnazione.
Cass. pen. n. 8518/2000
Qualora il difensore proponga l'impugnazione prima che venga notificato l'avviso di deposito o prima dello stesso deposito della sentenza gravata, così avvalendosi della facoltà cui l'avviso è preordinato, la formalità della notifica diviene superflua e nessuna invalidità consegue nel giudizio di impugnazione dal suo mancato adempimento.
Cass. pen. n. 2070/2000
Il termine per proporre l'impugnazione nei confronti dell'imputato contumace decorre dalla scadenza del termine stabilito dalla legge per il deposito della sentenza, ove la notifica dell'estratto contumaciale sia avvenuta in data anteriore. Ciò perché, altrimenti, verrebbero ad essere ingiustificatamente compressi i diritti della difesa, alla cui compiuta tutela è invece rivolta — con finalità sicuramente non restrittive — la previsione dell'art. 548, comma 3, c.p.p.
Cass. pen. n. 6381/2000
Qualora, con la comparsa in giudizio dell'imputato già dichiarato contumace, venga meno la situazione di fatto che ha dato luogo a detta dichiarazione, la contumacia viene a cessare indipendentemente dall'eventuale mancata pronuncia del formale provvedimento di revoca previsto dall'art. 487, comma 3, c.p.p. Ne consegue che non è neppure dovuta all'imputato, in tal caso, la successiva notifica dell'avviso di deposito della sentenza, con il relativo estratto, prevista dall'art. 548, comma 3, c.p.p.
Cass. pen. n. 3223/1999
Qualora il giudice ritardi il deposito della motivazione della sentenza, senza aver preventivamente indicato un termine nel dispositivo letto in udienza, ai sensi dell'art. 544, comma terzo, c.p.p., il termine di impugnazione è quello di trenta giorni previsto dall'art. 585, comma primo, lett. b), stesso codice, decorrente dalla data di notificazione o comunicazione dell'avviso di deposito della sentenza.
Cass. pen. n. 6737/1995
Il necessario contenuto dell'«avviso di deposito con l'estratto della sentenza» che, ai sensi dell'art. 548, comma terzo, c.p.p. deve essere notificato all'imputato contumace, è sufficientemente integrato con l'indicazione delle generalità dell'imputato, della data della sentenza cui si riferisce (ed eventualmente della data di quella di primo grado oggetto della decisione), degli organi giurisdizionali che hanno pronunciato i provvedimenti suddetti; tali indicazioni appaiono infatti idonee a salvaguardare le finalità tutelate dalla normativa de qua, consistenti nel portare a conoscenza dell'interessato la natura ed il contenuto del provvedimento che lo riguarda per consentirgli di esperire tempestivamente i rimedi previsti dalla legge.
Cass. pen. n. 7560/1994
Nel caso in cui l'imputato abbia regolarmente presentato nei termini l'impugnazione, l'eventuale nullità della notifica dell'estratto contumaciale deve ritenersi sanata, essendosi l'interessato avvalso della facoltà al cui esercizio l'atto (affetto da nullità) era preordinato, vale a dire la presentazione dell'impugnazione.
Cass. pen. n. 5857/1994
Qualora il giudice, pur non avendo fissato un termine maggiore di quindici giorni, depositi la sentenza oltre tale termine, ma nel trentesimo giorno dalla pronuncia, è necessario far luogo a comunicazione o notificazione dell'avviso di deposito perché cominci a decorrere il termine stabilito per l'impugnazione.
Cass. pen. n. 1112/1994
L'avviso di deposito, con l'estratto della sentenza contumaciale, è dovuto, ai sensi dell'art. 548 c.p.p., soltanto all'imputato contumaciale e non anche al difensore. (Nella fattispecie il ricorrente sosteneva che i termini per l'impugnazione della sentenza pronunciata in primo grado non erano ancora decorsi non essendo stato notificato al difensore l'estratto contumaciale. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso affermando il principio di cui in massima).
Cass. pen. n. 4150/1993
La notifica dell'avviso di deposito con l'estratto della sentenza all'imputato contumace non può essere sostituita con alcun altro atto equipollente, stante la tassatività della disposizione dell'art. 548, terzo comma, c.p.p. secondo cui tale notifica deve essere effettuata «in ogni caso»; la sua mancanza, pertanto, non fa decorrere i termini di impugnazione e non fa diventare la sentenza irrevocabile.
Cass. pen. n. 1768/1993
L'avviso di deposito della sentenza, ogniqualvolta la motivazione non venga depositata nei termini, deve essere notificato al difensore, senza nessuna differenza tra giudizio ordinario e contumaciale. In tale ultimo caso è irrilevante che l'avvocato sia privo di mandato specifico ad impugnare, sia perché l'art. 548 c.p.p. non opera alcuna distinzione in questo senso, sia perché, proprio a seguito del relativo adempimento, il legale viene posto in grado di sollecitare il suo assistito a conferirgli il mandato medesimo.
Cass. pen. n. 2389/1992
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 548 c.p.p., per asserito contrasto con l'art. 24 Cost., nella parte in cui non prevede la notificazione della sentenza al difensore nominato dall'imputato dopo la conclusione del procedimento di primo grado ed entro i termini per l'impugnazione della sentenza pronunciata. In linea generale, il legislatore ordinario è libero di stabilire, per l'esercizio del diritto di difesa, presupposti, adattamenti e modalità che non lo rendano impossibile o estremamente difficile. Nell'ipotesi considerata, poi, non è configurabile il minimo ostacolo o intralcio per l'esercizio del diritto di impugnazione, giacchè le parti e i difensori sono posti in grado sia di conoscere l'esatto giorno della decorrenza del termine per la presentazione dell'impugnazione sia di esaminare la motivazione della decisione impugnata, con il solo onere di controllare una sola volta dopo la scadenza del termine per il deposito, se quest'ultimo sia avvenuto tempestivamente; la nomina di un nuovo difensore da parte dell'imputato, in pendenza del termine di impugnazione, rafforza il diritto di difesa e non può certamente dar luogo a nuova decorrenza del termine suddetto.
Cass. pen. n. 119/1992
Il deposito degli atti e dei documenti processuali in cancelleria costituisce una semplice attività materiale ed i relativi adempimenti non sono soggetti ad alcuna formalità. Trattandosi di adempimento ordinario di un atto di ufficio, esso deve presumersi come avvenuto alle date indicate nell'attestazione del funzionario di cancelleria, indipendentemente dalla sottoscrizione della stessa da parte di questi, spettando la prova della non veridicità dell'attestazione alla parte interessata. (Nella specie l'attestazione del deposito di una sentenza non era stata sottoscritta dal funzionario di cancelleria e la Cassazione ha appunto ritenuto, sulla scorta del principio di cui in massima, che il deposito stesso doveva presumersi come avvenuto alla data indicata nell'attestazione medesima).