Art. 227 – Codice di procedura penale – Relazione peritale
1. Concluse le formalità di conferimento dell'incarico, il perito procede immediatamente ai necessari accertamenti e risponde ai quesiti con parere raccolto nel verbale [136].
2. Se, per la complessità dei quesiti, il perito non ritiene di poter dare immediata risposta, può chiedere un termine al giudice.
3. Quando non ritiene di concedere il termine, il giudice provvede alla sostituzione del perito [231]; altrimenti fissa la data, non oltre novanta giorni, nella quale il perito stesso dovrà rispondere ai quesiti e dispone perché ne venga data comunicazione alle parti e ai consulenti tecnici [225, 233, 359, 360].
4. Quando risultano necessari accertamenti di particolare complessità, il termine può essere prorogato dal giudice, su richiesta motivata del perito, anche più volte per periodi non superiori a trenta giorni. In ogni caso, il termine per la risposta ai quesiti, anche se prorogato, non può superare i sei mesi.
5. Qualora sia indispensabile illustrare con note scritte il parere, il perito può chiedere al giudice di essere autorizzato a presentare, nel termine stabilito a norma dei commi 3 e 4, relazione scritta.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 44495/2004
Il giudice che ritenga di aderire alle conclusioni del perito d'ufficio, in difformità da quelle del consulente di parte, non può essere gravato dell'obbligo di fornire, in motivazione, autonoma dimostrazione dell'esattezza scientifica delle prime e dell'erroneità, per converso, delle altre, dovendosi al contrario considerare sufficiente che egli dimostri di avere comunque valutato le conclusioni del perito di ufficio, senza ignorare le argomentazioni del consulente e potendosi quindi ravvisare vizio di motivazione solo se queste ultime siano tali da dimostrare in modo assolutamente lampante e inconfutabile la fallacia delle conclusioni peritali. (Fattispecie in tema di perizia dattiloscopica).
Cass. civ. n. 34379/2004
In tema di controllo sulla motivazione, il giudice che ritenga di aderire alle conclusioni del perito d'ufficio, in difformità da quelle del consulente di parte, non può essere gravato dell'obbligo di fornire autonoma dimostrazione dell'esattezza scientifica delle prime e dell'erroneità, per converso, delle altre, dovendosi al contrario considerare sufficiente che egli dimostri di avere comunque valutato le conclusioni del perito di ufficio, senza ignorare le argomentazioni del consulente; ne consegue che può ravvisarsi vizio di motivazione solo se queste ultime siano tali da dimostrare in modo assolutamente lampante e inconfutabile la fallacità delle conclusioni peritali.
Cass. civ. n. 11425/2003
L'omessa comunicazione da parte del perito nominato nel corso del dibattimento del giorno, ora e luogo di inizio delle operazioni peritali, incide sul diritto di difesa, in quanto pregiudica l'eventuale esercizio della facoltà di nomina di un consulente tecnico di parte, e determina perciò una nullità di ordine generale, che deve essere dedotta prima della deliberazione della sentenza di primo grado. (Nel caso di specie, la parte aveva immediatamente dedotto la nullità e pertanto la sentenza è stata annullata con rinvio in quanto fondata sui risultati della perizia dibattimentale).
Cass. civ. n. 13750/1999
In tema di perizia, il mancato rispetto del termine, di natura ordinatoria, di sei mesi previsto dall'art. 227 c.p.p. per rispondere ai quesiti non comporta la nullità o inutilizzabilità della perizia.
Cass. civ. n. 6528/1998
Il giudice che ritenga di aderire alle conclusioni del perito d'ufficio, in difformità da quelle del consulente di parte, non può essere gravato dell'obbligo di fornire, in motivazione, autonoma dimostrazione dell'esattezza scientifica delle prime e dell'erroneità, per converso, delle altre, dovendosi al contrario considerare sufficiente che egli dimostri di avere comunque valutato le conclusioni del perito di ufficio, senza ignorare le argomentazioni del consulente e potendosi quindi ravvisare vizio di motivazione solo se queste ultime siano tali da dimostrare in modo assolutamente lampante e inconfutabile la fallacia delle conclusioni peritali. (Fattispecie in tema di perizia dattiloscopica).
Cass. civ. n. 3521/1995
La perizia, anche se disposta nelle forme dell'incidente probatorio, può essere utilizzata ai fini dell'emissione della misura cautelare non appena sia stata depositata la relazione scritta, e quindi anche prima che il pericolo sia stato sentito, ponendosi il problema del rapporto temporale fra la lettura della relazione e l'esame orale del perito solo nella fase dibattimentale a norma dell'art. 511, comma 3, c.p.p.
Cass. civ. n. 5030/1994
Qualora l'espletamento di una perizia venga affidato ad un collegio di tre periti e uno di costoro non prenda parte alle operazioni onde sia redatta e poi depositata ed utilizzata una perizia a due e non a tre, la perizia è da considerarsi inesistente e, quindi, inutilizzabile ai fini della decisione. Ed infatti, poiché a norma dell'art. 221, comma 2, c.p.p. il giudice affida l'espletamento della perizia a più persone quando le indagini e le valutazioni risultano di notevole complessità ovvero richiedono distinte conoscenze in differenti discipline, la perizia che provenga da alcuni soltanto dei soggetti designati, è inidonea a conseguire lo scopo perseguito e, quindi, non è riconducibile nell'ambito dell'atto voluto.