Art. 99 – Codice penale – Recidiva
Chi, dopo essere stato condannato per un delitto non colposo, ne commette un altro, può essere sottoposto ad un aumento di un terzo della pena da infliggere per il nuovo delitto non colposo.
La pena può essere aumentata fino alla metà:
1) se il nuovo delitto non colposo è della stessa indole;
2) se il nuovo delitto non colposo è stato commesso nei cinque anni dalla condanna precedente;
3) se il nuovo delitto non colposo è stato commesso durante o dopo l'esecuzione della pena, ovvero durante il tempo in cui il condannato si sottrae volontariamente all'esecuzione della pena.
Qualora concorrano più circostanze fra quelle indicate al secondo comma, l'aumento di pena è della metà.
Se il recidivo commette un altro delitto non colposo, l'aumento della pena, nel caso di cui al primo comma, è della metà e, nei casi previsti dal secondo comma, è di due terzi.
Se si tratta di uno dei delitti indicati all'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, l'aumento della pena per la recidiva [è obbligatorio e ], nei casi indicati al secondo comma, non può essere inferiore ad un terzo della pena da infliggere per il nuovo delitto.
In nessun caso l'aumento di pena per effetto della recidiva può superare il cumulo delle pene risultante dalle condanne precedenti alla commissione del nuovo delitto non colposo.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 2402/2025
È illegittimo, se fondato su motivi diversi da quelli indicati dal primo giudice, il rigetto dell'opposizione interposta, ex art. 99 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, avverso il diniego di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, costituendo la stessa uno strumento, pur se straordinario e atipico, di tipo impugnatorio, informato, pertanto, ai principi del processo penale in tema di effetto devolutivo e di divieto di "reformatio in pejus".
Cass. civ. n. 1851/2025
La nullità parziale del contratto di fideiussione "a valle", dipendente da intesa restrittiva della concorrenza "a monte", è rilevabile d'ufficio a condizione che risultino dagli atti tutte le circostanze fattuali necessarie alla sua integrazione e la concreta ricaduta della nullità delle clausole conformi al modello ABI, con la precisazione che - al detto fine - si deve considerare che l'eccezione di estinzione della garanzia ex art. 1957 c.c. ha natura di eccezione propria e non di mera difesa, con la conseguenza che il rilievo officioso della nullità della clausola di deroga non interferisce con la eventualmente ormai consumata preclusione dell'eccezione fondata sulla stessa.
Cass. civ. n. 35827/2024
Nel caso in cui, in relazione a una delle condanne ricomprese nel cumulo disposto per l'esecuzione, sia stata applicata la recidiva reiterata, la decisione sull'istanza di affidamento in prova al servizio sociale formulata dal condannato che in passato ne abbia già fruito presuppone la scissione del cumulo, onde verificare se la pena per il reato aggravato dalla recidiva sia ancora da espiare, e se, pertanto, debba operare il divieto di seconda concessione della misura alternativa previsto dall'art. 58 quater, comma 7-bis, ord. pen.
Cass. civ. n. 34760/2024
Ai fini dell'emissione del decreto di irreperibilità, l'obbligo di disporre le ricerche all'estero sorge soltanto se quelle svolte nel territorio dello Stato consentono di individuare la località ove l'imputato dimora o esercita abitualmente la sua attività e in cui, quindi, può utilmente effettuarsi la ricerca per l'accertamento di un esatto indirizzo.
Cass. civ. n. 34387/2024
In tema di sicurezza sul lavoro, la nozione di cantiere, ai fini dell'applicazione dell'obbligo di nominare, ex art. 90, comma 3, d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, il coordinatore per la progettazione e quello per l'esecuzione dei lavori, deve essere rapportata all'opera da realizzare e il momento della sua cessazione non è determinato da eventuali varianti in corso d'opera, ma dall'effettiva ultimazione di tutti i lavori ad essa inerenti.
Cass. civ. n. 29723/2024
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 69, comma quarto, cod. pen. per contrasto con gli artt. 3, 25 e 27 Cost., nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza delle attenuanti generiche sulla recidiva reiterata di cui all'art. 99, comma quarto, cod. pen., trattandosi di disposizione derogatoria all'ordinaria disciplina del bilanciamento, non trasmodante nella manifesta irragionevolezza o nell'arbitrio, in quanto riferita ad un'attenuante comune che, come tale, non ha la funzione di correggere la sproporzione del trattamento sanzionatorio, ma di valorizzare, in misura contenuta, la componente soggettiva del reato qualificata dalla plurima ricaduta del reo in condotte trasgressive di precetti penalmente sanzionati.
Cass. civ. n. 29284/2024
L'interesse dell'imputato a impugnare la sentenza che ha riconosciuto la recidiva sussiste anche nel caso in cui non è conseguito alcun aumento di pena per effetto del giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti, posto che tale aggravante esplica comunque i suoi effetti sia con riguardo alla concessione dei benefici penitenziari, sia in relazione alle condizioni per la riabilitazione, sia rispetto all'estinzione della pena per effetto del decorso del tempo.
Cass. civ. n. 26628/2024
E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata in rapporto agli artt. 3 e 27 Cost., dell'art. 285 cod. pen., nella parte in cui, prevedendo la pena fissa dell'ergastolo, non consente al giudice di adeguare la risposta sanzionatoria alla differente gravità del fatto e al diverso grado di colpevolezza sotteso all'intera gamma di comportamenti riconducibili alla fattispecie incriminatrice. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'applicabilità della diminuente di cui all'art. 311 cod. pen. e delle altre circostanze attenuanti comuni al delitto di strage "politica", divenuta possibile anche in rapporto di prevalenza sulla recidiva reiterata per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 94 del 2023, permette al giudice di modulare la pena, proporzionandola alla offensività del fatto). (Conf.: n. 1538 del 1978,
Cass. civ. n. 26250/2024
Il limite di aumento minimo per la continuazione, pari ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave, previsto dall'art. 81, comma quarto, cod. pen., si applica nei soli casi in cui l'imputato sia stato ritenuto recidivo reiterato con una sentenza definitiva emessa precedentemente al momento della commissione dei reati per i quali si procede.
Cass. civ. n. 25860/2024
Colui che, assumendo di essere erede di una delle parti originarie del giudizio, propone impugnazione, deve fornire la prova, ex art. 2697 c.c., di tale sua qualità, posto che la titolarità, attiva o passiva, della posizione soggettiva vantata in giudizio è elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicché spetta all'attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento da parte del convenuto o lo svolgimento di difese incompatibili con la sua negazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito di inammissibilità dell'appello, avendo gli appellanti offerto la prova della loro qualità di eredi solo in sede di comparsa conclusionale e, quindi, tardivamente).
Cass. civ. n. 25251/2024
In tema di fallimento, l'incompatibilità del giudice delegato, che ha pronunciato il decreto di esecutività dello stato passivo, a far parte del collegio chiamato a decidere sulla conseguente opposizione può essere fatta valere in sede di impugnazione, denunciando la nullità del decreto decisorio, solo se l'esercizio del potere di ricusazione del giudice non astenutosi sia risultato precluso da un vizio procedurale, che abbia impedito alla parte di conoscere preventivamente la composizione dell'organo giudicante, purché sia specificamente individuata la causa di ricusazione, in precedenza non rilevabile. (Nella specie la S.C. ha cassato il decreto decisorio, poiché l'opponente aveva avuto contezza della partecipazione al collegio anche del giudice delegato solo al momento della comunicazione della decisione, in quanto nel fascicolo digitale, nei verbali di udienza e nel ruolo cartaceo affisso sulla porta dell'aula risultavano indicati solo il presidente ed il relatore, ma non gli altri componenti dell'organo giudicante).
Cass. civ. n. 25005/2024
Non è manifestamente infondata, in rapporto all'art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 69, quarto comma, cod. pen., nella parte in cui impedisce di ritenere prevalente la circostanza attenuante della "costituzione in carcere" di cui all'art. 385, comma 4, cod. pen. sulla recidiva a effetto speciale.
Cass. civ. n. 24375/2024
La questione concernente l'effettiva titolarità, dal lato attivo o passivo, del rapporto dedotto in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicché spetta all'attore allegarla e provarla (salvo il caso del suo riconoscimento esplicito o implicito da parte del convenuto); con la conseguenza che la sua negazione si configura come una mera difesa che, contrariamente alle eccezioni in senso stretto, non è soggetta al termine di decadenza previsto, nell'opposizione allo stato passivo, dall'art. 99, commi 6 e 7, l.fall., ma può essere fatta valere anche oltre il termine dettato dalle predette disposizioni e rilevata d'ufficio dal giudice.
Cass. civ. n. 22854/2024
In tema di patrocinio a spese dello Stato, il giudizio ex art. 99 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, avverso il provvedimento con cui il giudice competente rigetta l'istanza di ammissione non è a critica vincolata e consente, pertanto, la piena devoluzione al giudice dell'opposizione delle questioni relative all'accertamento dei presupposti per la fruizione del beneficio, sicché quest'ultimo, quali che siano le ragioni indicate nel provvedimento reiettivo, è tenuto ad applicare la regola di giudizio corrispondente a quella di cui all'art. 96 d.P.R. citato, con obbligo di procedere alla valutazione composita degli indici in esso indicati, ivi compresi quelli indiziari, secondo le acquisizioni processuali e senza possibilità di dare ingresso a presunzioni assolute o a criteri di gerarchia tra le medesime fonti di prova.
Cass. civ. n. 20862/2024
In tema di liquidazione coatta amministrativa, i riparti parziali sono impugnabili facendo applicazione analogica della procedura prevista per il riparto finale, secondo le modalità previste dall'art. 213, comma 3, l.fall., mentre nella liquidazione coatta amministrativa delle assicurazioni i riparti parziali sono impugnabili secondo le modalità previste dagli artt. 98 e 99 l.fall., in ragione del combinato disposto degli artt. 261, comma 3, e 254, comma 2, del d.lgs. n. 209 del 2005.
Cass. civ. n. 20681/2024
In tema di IVA, le prestazioni rese dal massofisioterapista, diplomatosi dopo il 17 marzo 1999, non sono esentate dall'imposta, poiché tale figura professionale non è equiparabile a quella del massaggiatore, a cui fa riferimento l'art. 99, comma 2, del TULS, richiamato, ai fini dell'esenzione dell'IVA, dall'art. 10, comma 1, n. 18, del d.P.R. n. 633 del 1972, e poiché l'equipollenza con il diploma di fisioterapista è limitata a coloro che si sono diplomati in epoca antecedente alla data suindicata, ciò non essendo in contrasto con i principi di eguaglianza, ragionevolezza e neutralità fiscale, in quanto il complessivo riordino della disciplina delle professioni sanitarie, finalizzato ad elevare il livello di formazione degli operatori e la qualità della prestazione sanitaria, richiede il conseguimento di titoli di studio di tipo universitario, così escludendo la possibilità di comparazione con coloro che hanno acquisito il diploma sulla base del precedente ordinamento.
Cass. civ. n. 20351/2024
In tema di recidiva, devono intendersi "reati della stessa indole" ex art. 101 cod. pen. non solo quelli che violano una medesima disposizione di legge, ma anche quelli che, pur se previsti da testi normativi diversi, presentano, in concreto, caratteri fondamentali comuni, in ragione della natura dei fatti che li costituiscono o dei motivi che li hanno determinati. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la decisione con la quale un delitto di violenza sessuale era stato ritenuto della stessa indole di un delitto di tentato omicidio in quanto commessi entrambi in danno di adolescenti, con l'utilizzo di una medesima tecnica delittuosa e in un'unica area territoriale).
Cass. civ. n. 20104/2024
La recidiva è una circostanza aggravante e, come tale, per essere ritenuta in sentenza, deve aver formato oggetto di precisa contestazione con puntuale riferimento al singolo reato cui viene riferita dal giudice. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso l'applicabilità della recidiva in relazione al reato di atti persecutori, sebbene fosse stata formalmente contestata con riferimento ad altro capo di imputazione, avente ad oggetto il medesimo titolo di reato ai danni di diversa persona offesa).
Cass. civ. n. 19976/2024
In tema di giudizio di appello, in applicazione del principio devolutivo e delle norme che impongono, a pena di inammissibilità, la specificità dei motivi, l'impugnazione della decisione in punto di sussistenza della natura specifica della recidiva non può estendersi al punto relativo ai presupposti per il riconoscimento di tale aggravante. (In motivazione la Corte ha affermato che diversa deve ritenersi l'ipotesi in cui oggetto del motivo di appello sia la sola natura reiterata della recidiva e con il ricorso per cassazione si contesti il riconoscimento dell'aggravante, tenuto conto che la verifica dei presupposti di cui all'art. 99, comma 4, cod. proc. pen., presuppone l'accertamento dei requisiti per il riconoscimento della condizione di recidivo semplice).
Cass. civ. n. 19795/2024
In tema di giudizio di cassazione, la tardività del ricorso incidentale, ai fini della sua inefficacia ex art. 334, comma 2, c.p.c. conseguente alla declaratoria di inammissibilità del ricorso principale, può essere apprezzata con riferimento alla data di comunicazione del decreto a cura della cancelleria, ai sensi dell'art. 99, comma 12, l.fall., indicata dal ricorrente principale, poiché, in assenza di diverse allegazioni del ricorrente incidentale, si deve presumere che il decreto sia stato comunicato alle parti in pari data.
Cass. civ. n. 19546/2024
In tema di concorso di circostanze eterogenee, ove sia riconosciuta la sussistenza di più attenuanti, per una sola delle quali opera il divieto di prevalenza sulla recidiva reiterata ex art. 99, comma quarto, cod. pen., deve operarsi una sola diminuzione, in caso di ritenuta prevalenza dell'attenuante per la quale la preclusione non è operante, fermo restando il divieto di prevalenza sulla recidiva dell'altra attenuante. (Fattispecie in cui concorrevano le attenuanti generiche e l'attenuante di cui all'art.62, comma primo, n. 4, cod. pen., rispetto alla quale la sentenza della Corte costituzionale n. 141 del 2023 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del divieto di prevalenza sulla recidiva ex art. 99, comma quarto, cod. pen.).
Cass. civ. n. 18910/2024
L'esenzione IVA, prevista dall'art. 10, n. 18), del d.P.R. n. 633 del 1972, per le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona, è applicabile, in conformità anche alla giurisprudenza della Corte di giustizia della UE concernente l'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva IVA del Consiglio della Comunità europea del 17 luglio 1977, n. 388, a seguito di interventi medici diretti esclusivamente ad uno scopo terapeutico e si estende - nel rispetto del requisito soggettivo di cui all'art. 99 r.d. n. 1265 del 1934, espressamente richiamato dal citato art. 10, e della conseguente disciplina di attuazione (d.interm. 17 maggio 2002 e d.m. 29 marzo 2001) - anche alle operazioni strettamente connesse alle prestazioni di cui si tratta, quando siffatte operazioni non costituiscono per i fruitori un fine a sé stante, bensì il mezzo per giovarsi nelle migliori condizioni del servizio principale, consistente nell'erogazione delle prestazioni medesime.
Cass. civ. n. 18865/2024
Viola il divieto di "reformatio in pejus" il giudice di appello che, in mancanza di impugnazione del pubblico ministero, pone in comparazione un'attenuante, di cui ritiene la sussistenza, con la recidiva, ritualmente contestata, ma di cui però il primo giudice non ha fatto applicazione nel determinare la pena. (In motivazione, la Corte ha precisato che il giudizio di bilanciamento può operare solo con le aggravanti già valutate e ritenute sussistenti in primo grado).
Cass. civ. n. 18003/2024
Nel giudizio di rivendicazione proposto, verso il fallimento, ex art. 103 l.fall., ciascun condomino ha un'autonoma legittimazione individuale ad agire e resistere in giudizio a tutela dei propri diritti di comproprietario, concorrente ed alternativa rispetto a quella dell'amministratore, cosicché è ammissibile l'opposizione dei condomini che, pur non avendo proposto domande nel procedimento di verificazione dello stato passivo, intendono evitare gli effetti sfavorevoli del decreto pronunciato nei confronti del condominio.
Cass. civ. n. 17308/2024
La rinuncia, anche parziale, all'impugnazione costituisce atto abdicativo di diritti già acquisiti, formale e personale, e non invece estrinsecazione della discrezionalità tecnica che inerisce al mandato difensivo, sicché non può ritenersi implicita nella selezione dei motivi di appello operata nelle richieste conclusive dal difensore non munito di procura speciale. (Fattispecie relativa alla mancata riproposizione, nelle conclusioni depositate per via telematica, dei motivi di appello relativi alla qualificazione giuridica del fatto ed al mancato riconoscimento della sospensione condizionale della pena).
Cass. civ. n. 16327/2024
In tema di esecuzione di pene detentive, è legittimo l'esercizio da parte del magistrato di sorveglianza, con posteriore ratifica del Tribunale, del potere di sindacato in ordine alla sospensione del titolo esecutivo deliberata, ex art. 656, comma 10, cod. proc. pen., dal pubblico ministero, con eventuale revoca degli arresti domiciliari esecutivi.
Cass. civ. n. 14653/2024
L'interesse dell'imputato a impugnare la sentenza che ha riconosciuto la recidiva sussiste anche nel caso in cui non è conseguito alcun aumento di pena per effetto del giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti, posto che tale aggravante esplica comunque i suoi effetti sia con riguardo alla concessione dei benefici penitenziari, sia in relazione alle condizioni per la riabilitazione, sia rispetto all'estinzione della pena per effetto del decorso del tempo.
Cass. civ. n. 13904/2024
La mancata riproposizione, nelle conclusioni formalmente rassegnate nell'atto di costituzione in appello, dell'eccezione di prescrizione sollevata in primo grado, non ne comporta la tacita rinuncia, ove, in base al tenore complessivo dell'atto, la pronuncia richiesta presupponga necessariamente l'esame dell'eccezione predetta, poiché essa ha natura di eccezione di merito con funzione estintiva della domanda. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, non ritenendo sussistente il vizio di extrapetizione in ordine all'eccezione di prescrizione, sollevata in primo grado e non reiterata nelle conclusioni della comparsa di costituzione in appello, poiché pienamente coerente con la richiesta di rigetto della domanda).
Cass. civ. n. 12692/2024
L'imputato ha interesse ad impugnare la sentenza che abbia riconosciuto la recidiva in rapporto di equivalenza rispetto alle circostanze attenuanti, solo quando essa sia l'unica aggravante oggetto del giudizio di bilanciamento, posto che, in tal caso, la sua esclusione comporterebbe l'espansione della riduzione di pena per effetto delle attenuanti.
Cass. civ. n. 12481/2024
In tema di ricorso in cassazione avverso la decisione del tribunale sull'opposizione allo stato passivo, la riduzione del termine al riguardo disposta dall'art. 99 l.fall., per il suo tenore letterale e per il suo carattere eccezionale, non è suscettibile di applicazione estensiva o analogica, non estendendosi, pertanto, neppure al termine previsto per la costituzione in giudizio del ricorrente.
Cass. civ. n. 10691/2024
In tema di impugnazioni, la regola processuale sulla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale di cui all'art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., come modificato dall'art. 34, comma 1, lett. i), n. 1), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, in vigore a far data dal 30 dicembre 2022, trova immediata applicazione nel giudizio di appello, in assenza di disposizioni transitorie e in base al principio "tempus regit actum". (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione con la quale era stata esclusa la necessità di procedere alla rinnovazione dell'istruzione, a fronte di un giudizio di primo grado svoltosi con le forme del rito abbreviato).
Cass. civ. n. 8260/2024
L'opponibilità al fallimento del decreto ingiuntivo non opposto decorre dalla data di emissione del provvedimento di esecutorietà di cui all'art. 647 c.p.c., atteso che con esso il giudice compie un'attività di natura giurisdizionale avente ad oggetto la verifica del contraddittorio e la regolarità della notificazione del decreto ingiuntivo, con conseguente passaggio in cosa giudicata formale e sostanziale del decreto medesimo, restando privi di rilievo disfunzioni dell'ufficio o ritardi nell'emissione del relativo provvedimento.
Cass. civ. n. 8023/2024
L'eccezione di estinzione della garanzia fideiussoria ha natura di eccezione propria e non di mera difesa; ne consegue che la pretesa estinzione, per decorso del termine semestrale di decadenza previsto dall'art. 1957 c.c., in relazione a un contratto di locazione ad uso diverso da quello abitativo poi risolto, deve essere tempestivamente sollevata nel giudizio di primo grado, incidendo sul merito della titolarità dell'obbligazione dal lato passivo e non sulla legittimazione passiva.
Cass. civ. n. 7990/2024
La nuova disciplina dell'art. 601, comma 3, cod. proc. pen., introdotta dall'art. 34, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 150 del 10 ottobre 2022, che individua in quaranta giorni, anziché in venti, il nuovo termine a comparire nel giudizio di appello, è applicabile alle impugnazioni proposte dopo il 30 giugno 2024, per effetto della proroga disposta dall'art. 11, comma 7, d.l. 30 dicembre 2023, n. 215. (In motivazione, la Corte ha precisato che sussiste una stretta correlazione tra la perdurante applicazione delle disposizioni emergenziali per le impugnazioni proposte entro il 30 giugno 2024 e l'entrata in vigore della disciplina sui nuovi termini a comparire, non applicabili in forza della proroga delle citate disposizioni).
Cass. civ. n. 7753/2024
In sede di accertamento dello stato passivo, ai fini della decisione circa l'opponibilità al fallimento di un credito documentato con scrittura privata non di data certa, il giudice di merito, quando voglia darsi la prova del momento in cui il negozio è stato concluso e sia dedotto un fatto diverso da quelli tipizzati nell'art. 2704 c.c., ha il compito di valutarne, caso per caso, la sussistenza e l'idoneità a stabilire la certezza della data del documento, con il limite del carattere obiettivo del fatto, che non deve essere riconducibile al soggetto che lo invoca e deve essere, altresì, sottratto alla sua disponibilità. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione del giudice di merito, che aveva ritenuto non consentito dimostrare la data certa dei contratti di appalto invocati dall'opponente, mediante l'atto costitutivo dell'associazione temporanea di imprese, formato con atto avente data certa; l'estratto conto dei finanziamenti; il verbale di assemblea straordinaria dell'insolvente ed altra analoga documentazione antecedente alla dichiarazione di fallimento).
Cass. civ. n. 5294/2024
In tema di IVA relativa ai compensi per prestazioni professionali svolte in favore di una società poi fallita, qualora il piano di riparto, approvato dal giudice fallimentare, disponga il pagamento solo parziale del credito, il professionista, pur avendo anticipato il versamento dell'imposta sull'intero compenso, può detrarla solo proporzionalmente alla porzione di credito assegnatagli, poiché questa è composta da base imponibile ed IVA.
Cass. civ. n. 2519/2024
L'art. 99, comma 1, TUIR, stabilisce la deducibilità delle imposte diverse da quelle sui redditi secondo un principio di cassa, in deroga a quello di competenza ex art. 109, comma 1, TUIR; tale deroga, tuttavia, non può trovare applicazione, con conseguente ritorno all'imputazione per competenza, nei casi di tributi direttamente correlati a componenti positivi imponibili, in quanto oggetto di traslazione economica sui corrispettivi e nei casi di tributi che divengano oneri accessori di componenti negativi di reddito, assumendo la medesima natura e disciplina dei costi ai quali afferiscono.
Cass. civ. n. 2287/2024
La domanda di ammissione al passivo fallimentare postula, ai fini del riconoscimento del privilegio, la necessaria indicazione nel ricorso - ai sensi dell'art. 93, comma 3, n. 4, della l. fall. - dell'eventuale titolo di prelazione, conseguendo, all'eventuale omissione o assoluta incertezza del titolo in parola, la degradazione a chirografo del credito invocato. (Nella specie, la S.C. ha confermato il provvedimento di merito che aveva escluso la spettanza del privilegio con riferimento all'insinuazione al passivo, da parte dell'Agenzia delle Entrate, di un importo derivante da una congerie di crediti riferiti a fonti eterogenee costituite da estratti di ruolo, cartelle notificate ed estratti di ripartizione dei debiti, senza alcuna indicazione specifica dei titoli di prelazione e dei singoli importi volta a volta considerati).
Cass. civ. n. 49935/2023
Ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, l'aumento di pena per la recidiva che integri una circostanza aggravante ad effetto speciale non rileva se la stessa sia stata oggetto di contestazione suppletiva dopo la decorrenza del termine di prescrizione previsto per il reato come originariamente contestato.
Cass. civ. n. 49480/2023
È inefficace l'atto di rinuncia al ricorso per cassazione non sottoscritto dall'indagato, ma dal solo difensore sprovvisto di procura speciale, posto che la rinuncia, non costituendo esercizio del diritto di difesa, richiede la manifestazione inequivoca della volontà dell'interessato, espressa personalmente o a mezzo di procuratore speciale.
Cass. civ. n. 47042/2023
E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 95 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, per contrasto con gli artt. 3, 24 e 27 Cost., nella parte in cui non estende l'applicabilità delle disposizioni in tema di pene sostitutive delle pene detentive brevi ai reati giudicati con sentenze divenute irrevocabili prima dell'entrata in vigore del citato d.lgs., posto che il principio di retroattività delle disposizioni penali più favorevoli non riguarda qualsiasi norma incidente sul trattamento penale, ma solo quelle che disciplinano il reato e la pena e può subire inoltre, in quanto non assoluto ed inderogabile, deroghe rimesse alla discrezionalità legislativa, tra le quali quella connessa all'esigenza di salvaguardare la certezza dei rapporti coperti dal giudicato.
Cass. civ. n. 46179/2023
E' abnorme, sostanziandosi nell'esercizio di un potere che, al momento della sua esplicazione, non era costituito in capo al giudice, l'ordinanza con la quale la corte di appello, valutata l'ammissibilità dell'impugnazione della parte civile avverso la sentenza assolutoria, disponga la trasmissione degli atti al giudice civile ex art. 573, comma 1-bis, cod. pro. pen., nel caso di giudizio in cui la costituzione di parte civile sia avvenuta anteriormente al 30 dicembre 2022.
Cass. civ. n. 44913/2023
In tema di patrocinio a spese dello Stato, nel procedimento per ricorso in opposizione avverso il provvedimento di rigetto dell'istanza di ammissione al beneficio, l'erronea individuazione del legittimato passivo (nella specie, il Ministero della Giustizia in luogo del Ministero dell'Economia e delle Finanze) non determina la mancata instaurazione del rapporto processuale, ma una mera irregolarità, sanabile con la rinnovazione dell'atto nei confronti della Amministrazione legittimata indicata dal giudice, mediante la costituzione in giudizio di quest'ultima, ove non siano sollevate dalla stessa eccezioni al riguardo o, ancora, con la mancata deduzione di uno specifico motivo d'impugnazione.
Cass. civ. n. 44610/2023
La recidiva reiterata, in quanto circostanza a effetto speciale, incide sia sul calcolo del termine prescrizionale minimo del reato, ex art. 157, comma secondo, cod. pen., sia, in presenza di atti interruttivi, su quello del termine massimo, ex art. 161, comma secondo, cod. pen., senza che tale duplice valenza comporti violazione del principio del "ne bis in idem" sostanziale o dell'art. 4 del Protocollo n. 7 della CEDU, come interpretato dalla sentenza della Corte EDU del 10 febbraio 2009 nel caso Zolotoukhine c. Russia, nel cui ambito di tutela non rientra l'istituto della prescrizione.
Cass. civ. n. 44368/2023
Nel giudizio cartolare celebrato nel vigore della disciplina emergenziale per il contenimento dell'epidemia da Covid-19, è inammissibile l'opposizione avverso il provvedimento di rigetto dell'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato inviata ad un indirizzo PEC non ricompreso nell'elenco di cui al provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia in data 9 novembre 2020. (Fattispecie relativa a opposizione proposta innanzi al magistrato di sorveglianza).
Cass. civ. n. 43960/2023
In tema di pene sostitutive delle pene detentive brevi, il provvedimento emesso all'esito dell'udienza fissata ai sensi dell'art. 545-bis cod. proc. pen., con cui si decide sulla richiesta di sostituzione della pena detentiva con una delle pene sostitutive, non è impugnabile autonomamente rispetto alla sentenza che definisce il giudizio.
Cass. civ. n. 43848/2023
In tema di sanzioni sostitutive di pene detentive brevi, il difensore che, nelle conclusioni o con richiesta formulata subito dopo la lettura del dispositivo, non abbia sollecitato l'esercizio, da parte del giudice, dei poteri di sostituzione delle pene detentive di cui all'art. 545-bis cod. proc. pen. non può, in sede di impugnazione, dolersi del fatto che non gli sia stato dato l'avviso previsto dal comma 1 di tale disposizione.
Cass. civ. n. 40478/2023
Nel procedimento per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato trovano applicazione le regole del codice di procedura penale, sicchè è inammissibile il ricorso per cassazione avverso l'ordinanza che decide sull'opposizione al provvedimento di rigetto dell'istanza di ammissione, nel caso in cui non sia depositato, ai sensi degli artt. 582 e 583 cod. proc. pen., presso la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento.
Cass. civ. n. 39341/2023
609 REATO - 112 SOSPENSIONE CONDIZIONALE DELLA PENA In tema di sospensione condizionale della pena, l'obbligo di partecipazione ai percorsi trattamentali di cui all'art. 165, comma quinto, cod. pen., introdotto dall'art. 6, comma 1, legge 19 luglio 2019 n. 69 (cd. "Codice rosso"), cui è subordinato il riconoscimento del beneficio in favore degli autori di reati di violenza domestica o di genere, ha un contenuto special-preventivo del tutto differente dalle altre forme di riparazione contemplate dallo stesso art. 165, essendo volto a scongiurare, attraverso la rieducazione del soggetto e con l'ausilio di esperti, il pericolo di recidivanza rispetto a tali reati, sicché è legittimo il diniego del beneficio in caso di partecipazione a programmi di recupero delle dipendenze (nella specie, tossicologica ed alcolica) privi dei suddetti requisiti di specificità.
Cass. civ. n. 38953/2023
Le misure cautelari personali in corso di esecuzione, ivi comprese quelle disposte nei confronti di soggetto dichiarato latitante a seguito dell'evasione dagli arresti domiciliari, se emesse per reati commessi antecedentemente all'entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 e per effetto dello stesso divenuti perseguibili a querela, conservano ultrattività ex art. 85 d.lgs. citato, in attesa della presentazione della querela, fino a venti giorni dall'entrata in vigore del decreto medesimo, e perdono efficacia decorso inutilmente tale termine.
Cass. civ. n. 38714/2023
E' legittima la contestazione della recidiva in calce a più imputazioni, a condizione che i reati siano strettamente collegati tra loro, in quanto commessi in concorso formale o anche in concorso materiale, se realizzati nella stessa data e riconducibili alla stessa indole. (In applicazione del principio, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso del Procuratore Generale avverso la decisione che aveva ritenuto applicabile la recidiva al solo reato rispetto al quale era stata formalmente contestata sul rilievo che gli altri reati indicati nell'imputazione, seppur della stessa indole, erano stati commessi in date diverse).
Cass. civ. n. 37022/2023
In tema di pene sostitutive delle pene detentive brevi, ai fini dell'applicazione della disciplina transitoria di cui all'art. 95, comma 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, la pronuncia della sentenza da parte del giudice di appello determina in sé la pendenza del giudizio dinanzi alla Corte di cassazione, sicché, ove detta sentenza sia stata pronunciata prima del 30 dicembre 2022, l'istanza di sostituzione della pena detentiva non può essere presentata alla Corte di cassazione neanche quando il ricorso sia stato presentato dopo tale data, ma va proposta, entro trenta giorni dall'irrevocabilità della sentenza, al giudice dell'esecuzione.
Cass. civ. n. 36885/2023
577 PENA - 001 IN GENERE PENA - IN GENERE - Sanzioni sostitutive di pene detentive - Disciplina transitoria di cui all'art. 95 d.lgs. n. 150 del 2022 - Processi pendenti in Cassazione alla data del 30 dicembre 2022 - Istanza al giudice dell'esecuzione - Ammissibilità - Condizioni. In tema di sanzioni sostitutive di pene detentive, l'istanza del condannato al giudice dell'esecuzione, ex art. 95, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è subordinata alla pendenza del procedimento dinnanzi la Corte di cassazione alla data del 30 dicembre 2022, stabilita per l'entrata in vigore del predetto decreto dall'art. 99-bis, introdotto dal d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199.
Cass. civ. n. 34091/2023
Ai fini dell'operatività della disciplina transitoria di cui all'art. 95, comma 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, in riferimento all'art. 20-bis cod. pen., la pronuncia della sentenza di appello determina la pendenza del procedimento innanzi alla Corte di cassazione, con la conseguenza che, per i processi in corso in tale fase alla data di entrata in vigore del detto d.lgs. (30 dicembre 2022), una volta formatosi il giudicato, il condannato potrà avanzare istanza di sostituzione della pena detentiva al giudice dell'esecuzione.
Cass. civ. n. 33788/2023
Le sanzioni sostitutive, ancorché più favorevoli, previste dall'art. 545-bis cod. proc. pen., introdotto dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (cd. Riforma Cartabia)- che ha visto la propria "vacatio legis" esaurirsi in data 1° novembre 2022 -, non sono applicabili fino al 30 dicembre 2022, in quanto l'art. 6 del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162 ha introdotto nel corpo del decreto legislativo citato l'art. 99-bis, in forza del quale l'entrata in vigore della Riforma è stata prorogata a quella data.
Cass. civ. n. 32353/2023
In caso di continuazione dell'attività di impresa del de cuius da parte degli eredi non si configura una mera comunione di godimento, ma, fino all'iscrizione nel registro delle imprese, una società di fatto o irregolare, con conseguente responsabilità solidale ed illimitata di tutti i soci ex art. 2297 c.c.; conseguentemente, se l'erede è convenuto in giudizio per il pagamento dei debiti sociali non quale socio di fatto, ma quale mero successore mortis causa del de cuius, va dichiarato il suo difetto di legittimazione passiva, perché - evocato in tale veste - egli nemmeno potrebbe far valere il beneficio della preventiva escussione del patrimonio sociale.
Cass. civ. n. 32318/2023
In tema di recidiva reiterata contestata nel giudizio di cognizione, ai fini della relativa applicazione è sufficiente che, al momento della consumazione del reato, l'imputato risulti gravato da più sentenze definitive per reati precedentemente commessi ed espressivi di una maggiore pericolosità sociale, oggetto di specifica ed adeguata motivazione, senza la necessità di una previa dichiarazione di recidiva semplice.
Cass. civ. n. 30752/2023
Non è impugnable il provvedimento con cui la Corte d'appello, investita dell'impugnazione della parte civile avverso la sentenza di assoluzione "perché il fatto non sussiste", abbia ritenuto, ai sensi dell'art. 573, comma 1-bis, cod. proc. pen., introdotta dall'art. 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n.150, l'ammissibilità dell'impugnazione e rinviato per la prosecuzione del giudizio alla sezione civile della stessa Corte d'appello.
Cass. civ. n. 30718/2023
In tema di fallimento, il termine per contrastare il rigetto della domanda tardiva di ammissione allo stato passivo, adottato in udienza, decorre non già da quest'ultima, ma dalla comunicazione del relativo provvedimento, in mancanza della quale, viene in rilievo il termine lungo di cui all'art. 327 c.p.c.
Cass. civ. n. 29817/2023
L'indicazione, nel reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti, prevista dall'art. 18, comma 2, n. 4, l.fall., non è richiesta a pena di inammissibilità di successive produzioni, sulla base di un'interpretazione non rigoristica suggerita dalla natura informale del procedimento di reclamo. (Nella specie, in applicazione del detto principio, è stata cassata la decisione della corte d'appello che, nel rigettare il reclamo, non aveva autorizzato, in sede di udienza di discussione, il deposito di una relazione predisposta dalla reclamante, mentre aveva consentito il deposito da parte del curatore di scritti integranti di fatto una relazione contenente repliche a quella di cui la corte di merito aveva negato il deposito, così violando il principio del contraddittorio).
Cass. civ. n. 29421/2023
In ambito di impugnazione dello stato passivo, il creditore già ammesso rimane onerato della prova dei fatti costitutivi del proprio diritto e a tal fine, oltre a dedurre prove costituende, è legittimato a produrre a pena di decadenza, entro il termine di costituzione di cui all'art. 99, comma 6, l.fall., nuovi documenti non prodotti nella fase di verifica davanti al giudice delegato.
Cass. civ. n. 29294/2023
In tema di opposizione allo stato passivo del fallimento, qualora la costituzione avvenga mediante l'invio di un messaggio di posta elettronica certificata eccedente la dimensione massima stabilita nelle relative specifiche tecniche, il deposito degli atti o dei documenti può avvenire mediante gli invii di più messaggi di posta elettronica certificata, purché essi siano coevi al deposito del ricorso ed eseguiti entro la fine del giorno di scadenza.
Cass. civ. n. 29282/2023
In tema di opposizione allo stato passivo del fallimento, i documenti prodotti per la prima volta contestualmente al deposito del ricorso ex art. 98 l.fall. sono utilizzabili ai fini della decisione, quand'anche non siano stati individualmente indicati nell'atto di opposizione, ma fatti oggetto di richiamo complessivo e riassuntivo. (Nell'affermare tale principio, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva ritenuto inutilizzabili - in un procedimento relativo all'ammissione di un credito del legale per prestazioni giudiziali compiute in numerosi procedimenti amministrativi per conto della società poi fallita - i documenti relativi a tali procedimenti, di cui aveva esattamente indicato gli estremi producendo i relativi fascicoli, ma compiendo un rinvio onnicomprensivo ai singoli atti e documenti allegati al ricorso).
Cass. civ. n. 28203/2023
In tema di recidiva, non assume rilievo la condanna per una fattispecie di reato tipizzata oggetto di "abolitio criminis", in quanto l'abrogazione del reato, così come la depenalizzazione, determina l'eliminazione di ogni effetto penale connesso alla condanna medesima.
Cass. civ. n. 27098/2023
In tema di reato continuato, l'aumento minimo di un terzo della pena stabilita per il reato più grave, da operarsi ex art. 81, comma quarto, cod. pen. nel caso di recidiva reiterata, incontra il limite previsto dal comma terzo dello stesso articolo con riferimento alla pena che il giudice avrebbe determinato, in concreto, mediante il cumulo materiale e non a quella massima edittale prevista dalla legge.
Cass. civ. n. 21426/2023
Costituisce pena illegale l'incremento sanzionatorio per la recidiva in misura eccedente il cumulo delle pene derivanti da precedenti condanne, in quanto il disposto di cui all'art. 99, comma sesto, cod. pen. pone un limite assoluto e inderogabile alla sanzione irrogabile in concreto.
Cass. civ. n. 20960/2023
In tema di patrocinio a spese dello Stato, è inammissibile, per carenza di legittimazione, il ricorso per cassazione del pubblico ministero avverso l'ordinanza emessa ai sensi dell'art. 99 d.P.R. 30 maggio 2022, n. 115.
Cass. civ. n. 18772/2023
In tema di patteggiamento, è inammissibile il ricorso per cassazione ex art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. avverso la sentenza con la quale, ritenuta sussistente la recidiva, sia stato disposto un aumento per la continuazione inferiore alla misura stabilita dall'art. 81, comma quarto, cod. pen., non versandosi in ipotesi di pena illegale.
Cass. civ. n. 18148/2023
In tema di interventi di sostegno pubblico alle imprese, la finalità pubblicistica che connota il d.lgs. n. 123 del 1998 e il carattere unitario, sotto il profilo funzionale, delle diverse misure agevolative ivi contemplate connotano la pretesa restitutoria di SACE s.p.a. nei sensi di un diritto che sorge con il rilascio della garanzia e resta sospensivamente condizionato all'inadempimento della società garantita. Ne consegue che il giudice delegato al fallimento di quest'ultima è tenuto ad ammettere al passivo con riserva il credito di SACE s.p.a. condizionatamente al verificarsi di tale evento inadempitivo, non costituendo il pagamento degli importi richiesti dall'istituto mutuante attraverso l'escussione della garanzia un fatto costitutivo del diritto del garante.
Cass. civ. n. 18050/2023
La domanda con cui l'attore chieda di accertare la natura abusiva dell'occupazione di un immobile di sua proprietà da parte del convenuto, con conseguente condanna dello stesso al rilascio del bene ed al risarcimento dei danni, senza ricollegare la propria pretesa al venir meno di un negozio giuridico originariamente idoneo a giustificare la consegna della cosa e la relazione di fatto tra questa ed il medesimo convenuto, dà luogo a un'azione di rivendicazione, non potendo qualificarsi alla stregua di azione personale di restituzione, neppure in quanto tendente al risarcimento in forma specifica della situazione possessoria esistente in capo all'attore prima del verificarsi dell'abusiva occupazione, non potendo il rimedio ripristinatorio ex art. 2058 c.c. surrogare - al di fuori dei limiti in cui il possesso è tutelato dall'ordinamento - un'azione di spoglio ormai impraticabile.
Cass. civ. n. 14813/2023
Nel giudizio di cassazione non trova applicazione il disposto dell'art. 346 c.p.c., relativo alla rinuncia alle domande ed eccezioni non accolte in primo grado; pertanto, sulle questioni esplicitamente o implicitamente dichiarate assorbite dal giudice di merito, e non riproposte in sede di legittimità all'esito di tale declaratoria, non si forma il giudicato implicito, ben potendo le suddette questioni, in caso di accoglimento del ricorso, essere riproposte e decise nell'eventuale giudizio di rinvio.
Cass. civ. n. 9813/2023
In tema di azione i riduzione, nel caso in cui la donazione effettuata dal "de cuuis" in favore della parte attrice, di cui il convenuto pretenda l'imputazione "ex se", sia una donazione indiretta della quale occorra accertare l'esistenza, non è necessario proporre la relativa domanda, ma è sufficiente la semplice eccezione, in quanto il "fatto" rimane comunque diretto a provocare il rigetto dell'altrui pretesa, in conformità alla finalità tipica dell'eccezione.
Cass. civ. n. 7235/2023
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 4 e 550 cod. proc. pen, per contrasto con gli artt. 3, 24, 27 e 111 Cost., nella parte in cui prevedono che si proceda con citazione diretta, anziché con richiesta di rinvio a giudizio, anche nel caso in cui il limite di pena di quattro anni, previsto dall'art. 550 cod. proc. pen., sia superato in ragione della contestata recidiva qualificata, trattandosi di scelta legislativa non irragionevole, posto che la recidiva, pur quando si delinea come circostanza ad effetto speciale, resta un'aggravante peculiare, inerente alla persona del colpevole, sicché, se ritenuta applicabile, può legittimamente riverberarsi sul solo trattamento sanzionatorio e non sull'accertamento della competenza o dell'individuazione della pena ai fini cautelari, ove vengono in rilievo criteri che prescindono dalla biografia criminale dell'indagato.
Cass. civ. n. 4606/2023
In tema di impugnazioni, le disposizioni di cui all'art. 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen. sono applicabili all'atto di appello proposto dall'imputato detenuto per altra causa, stante la riferibilità dell'art. 161, comma 3, cod. proc. pen. al solo procedimento in relazione al quale è intervenuta la carcerazione.
Cass. civ. n. 4587/2023
E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 25 e 27 Cost., dell'art. 69, comma quarto, cod. pen., nella parte in cui, con riferimento al delitto di cui all'art. 497-bis cod. pen., prevede il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla recidiva di cui all'art. 99, comma quarto, cod. pen., poiché l'indicata norma incriminatrice prevede una forbice edittale sufficientemente ampia da consentire al giudice di adeguare la sanzione al fatto pur in presenza della recidiva qualificata, sicché non sono ravvisabili contrasti né con il principio di proporzionalità della pena, né con il principio di offensività.
Cass. civ. n. 3147/2023
In tema di opposizione allo stato passivo, proposta dal creditore che sia stato ammesso al concorso solo parzialmente, è inammissibile l'impugnazione incidentale tardiva del curatore, poiché avverso il decreto di esecutività dello stato passivo sono esperibili solo i mezzi di impugnazione specificamente individuati dal legislatore, da proporsi entro il termine perentorio di cui all'art. 99 l.fall.; tali previsioni costituiscono una disciplina autosufficiente, incompatibile con la possibilità di applicare l'art. 334 c.p.c., tenuto conto che soltanto con l'art. 206, comma 4, del nuovo codice della crisi, il legislatore, con norma innovativa, ha espressamente ammesso la proponibilità dell'impugnazione incidentale anche se per essa è decorso il termine di decadenza per la sua proposizione in via principale.
Cass. civ. n. 2580/2023
In tema di rescissione del giudicato, per l'individuazione della norma applicabile, in assenza di disposizioni transitorie, anche a seguito delle modifiche apportate all'art. 629-bis cod. proc. pen. dal d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, si deve far riferimento non al momento della pronuncia della sentenza passata in giudicato, ma a quello in cui il condannato in "assenza" ha avuto conoscenza della stessa e ha avuto, quindi, la possibilità di esercitare il diritto di impugnazione straordinaria. (In applicazione di tale principio, è stata affermata la competenza della Corte d'appello a decidere su un ricorso per rescissione avverso sentenza passata in giudicato prima dell'entrata in vigore della legge 23 giugno 2017, n. 103, di cui l'imputato aveva avuto effettiva conoscenza successivamente alla vigenza del citato d.lgs. n. 150 del 2022).
Cass. civ. n. 2090/2023
In tema di sanzioni sostitutive di pene detentive brevi, il giudice non è tenuto a proporre, in ogni caso, all'imputato l'applicazione di una pena sostitutiva, essendo investito di un potere discrezionale al riguardo, sicché l'omessa formulazione, subito dopo la lettura del dispositivo, dell'avviso di cui all'art. 545-bis, comma 1, cod. proc. pen., non comporta la nullità della sentenza, presupponendo un'implicita valutazione dell'insussistenza dei presupposti per accedere alla misura sostitutiva.
Cass. civ. n. 30490/2022
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 81, comma quarto, cod. pen. per contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost., nella parte in cui prevede che l'aumento minimo di un terzo per la continuazione resta fermo anche nel caso in cui l'imputato sia assolto, nel giudizio di impugnazione, da uno dei reati "satellite", posto che tale incremento sanzionatorio minimo prescinde dal numero dei reati in continuazione, riferendosi all'ipotesi di continuazione nel suo complesso.
Cass. pen. n. 10988/2022
Ai fini della rilevazione della recidiva, intesa quale sintomo di un'accentuata pericolosità sociale dell'imputato e non come mera descrizione dell'esistenza a suo carico di precedenti penali per delitto, la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti e sull'arco temporale della loro realizzazione, ma deve esaminare in concreto, in base ai criteri di cui all'art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tra il fatto per cui si procede e le precedenti condanne, verificando se e in qual misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto, che abbia influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato "sub iudice".
Cass. pen. n. 42568/2022
In tema di concorso di circostanze del reato, qualora, tra le circostanze attenuanti da bilanciare con la recidiva reiterata, ve ne sia una per la quale non opera il divieto di prevalenza previsto dall'art. 69, comma quarto, cod. pen. - nella specie, l'attenuante del vizio parziale di mente ex art. 89 cod. pen., a seguito della sentenza Corte cost. n. 73 del 2020Corte cost., Sent., (data ud. 06/04/2020) 24/04/2020, n. 73 - il giudizio di comparazione va scisso in due momenti successivi ed operato con modalità differenziate, dovendo, una volta bilanciate in termini di equivalenza con la recidiva le circostanze per le quali vige il divieto, applicarsi la diminuzione sulla pena base per l'altra, se ritenuta prevalente.
Cass. pen. n. 30046/2022
In tema di recidiva, il limite all'aumento di pena previsto dall'art. 99, sesto comma, cod. pen. non rileva in ordine alla qualificazione della recidiva, prevista dal secondo e dal quarto comma del predetto articolo, come circostanza ad effetto speciale, né influisce sui termini di prescrizione, determinati ai sensi degli artt. 157c.p. art. 157 - Prescrizione. Tempo necessario a prescrivere e 161 cod. pen., come modificati dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251, il cui computo è da effettuarsi secondo parametri oggettivi, generali e astratti.
Cass. pen. n. 26877/2022
In tema di prescrizione, ove il giudice ritenga di escludere la recidiva, pur legittimamente contestata, essa resta ininfluente ad ogni ulteriore effetto, anche ai fini del calcolo del tempo necessario a prescrivere.
Cass. pen. n. 27450/2022
E' preclusa l'applicazione della recidiva reiterata, di cui all'art. 99, comma quarto, cod. pen., nel caso in cui non sia mai stata precedentemente applicata la recidiva, semplice, aggravata o pluriaggravata, per la mancanza del presupposto formale dell'anteriorità della data di irrevocabilità della precedente sentenza rispetto a quella di commissione del nuovo reato.
Cass. pen. n. 8291/2022
In tema di recidiva, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 99, quarto comma, cod. pen., nella parte in cui stabilisce aumenti di pena in misura fissa per la recidiva reiterata, in riferimento all'art. 3 Cost., in quanto si tratta di opzione sanzionatoria rientrante nella discrezionalità del legislatore e non manifestamente irragionevole, siccome insuscettibile di produrre "ex se" sperequazioni prive di "ratio" giustificativa nel trattamento di situazioni omogenee, e in riferimento agli artt. 25 e 27 Cost., per incompatibilità con i principi di gradualità e finalismo rieducativo, poiché la tendenziale contrarietà delle pene fisse al "volto costituzionale" dell'illecito penale va riferita alle pene fisse nel loro complesso e non anche ai trattamenti sanzionatori che coniughino articolazioni rigide ed articolazioni elastiche, in maniera tale da lasciare comunque adeguati spazi alla discrezionalità del giudice, ai fini dell'adeguamento della risposta punitiva alle singole fattispecie concrete.
Cass. pen. n. 2519/2021
E' preclusa l'applicazione della recidiva reiterata, di cui all'art. 99, comma quarto, cod. pen., nel caso in cui non sia mai stata precedentemente applicata la recidiva, semplice, aggravata o pluriaggravata, per la mancanza del presupposto formale dell'anteriorità della data di irrevocabilità della precedente sentenza rispetto a quella di commissione del nuovo reato.
Cass. pen. n. 5729/2021
In tema di bilanciamento tra circostanze, il diniego di prevalenza dell'attenuante del vizio parziale di mente sull'aggravante della recidiva di cui all'art. 99, comma quarto, cod. pen., fondato sul solo divieto "obbligato" previsto dall'art. 69, comma quarto, cod. pen. - dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza della Corte costituzionale n. 73 del 2020 - e non anche sull'applicazione di norme diverse, è causa di annullamento con rinvio della sentenza.
Cass. pen. n. 994/2021
In tema di patteggiamento, la declaratoria di estinzione del reato conseguente al decorso dei termini e al verificarsi delle condizioni previste dall'art. 445 cod. proc. pen. comporta l'estinzione degli effetti penali anche ai fini della recidiva.
L'applicazione della recidiva presuppone che la precedente condanna sia divenuta definitiva prima della commissione del fatto in relazione al quale la recidiva stessa è ritenuta, poiché l'autore del nuovo delitto deve essere in grado di rendersi conto di tutte le possibili conseguenze penali derivanti dalla pregressa condanna.
Cass. pen. n. 46804/2021
La recidiva non può essere desunta dal giudice dell'esecuzione, ai fini dell'applicazione dell'art. 172, comma settimo, cod. pen., sulla base dei precedenti penali del condannato, in mancanza di un accertamento in sede di cognizione.
Cass. pen. n. 32785/2021
Ai fini del riconoscimento della recidiva aggravata infraquinquennale il calcolo dei cinque anni va effettuato considerando come "dies a quo" non già la data di commissione dell'ultimo delitto antecedente a quello espressivo della recidiva, bensì quella relativa al passaggio in giudicato della sentenza avente ad oggetto il medesimo reato presupposto.
Cass. pen. n. 32780/2021
E' inammissibile il ricorso per cassazione con il quale venga dedotta la disapplicazione della circostanza aggravante della recidiva quando in fase di appello sia stato proposto motivo finalizzato ad ottenere l'esclusione della natura infranquiquennale della stessa, trattandosi di richieste diverse anche in relazione ai presupposti, in quanto la prima implica la valutazione della natura dei reati, del tipo di devianza di cui sono segno, del margine di offensività delle condotte, della distanza temporale e del livello di omogeneità esistente tra loro e dell'eventuale occasionalità della ricaduta, mentre la seconda richiede solo il controllo di un dato cronologico obiettivo.
Cass. pen. n. 28532/2021
Il giudice di appello che, in accoglimento dei motivi proposti dall'imputato, escluda uno o più connotati di maggior aggravamento della recidiva (nella specie, riqualificando solo come infraquinquennale, la recidiva contestata e ritenuta dal primo giudice, altresì specifica e reiterata), può, senza incorrere nel divieto di "reformatio in peius", confermare la pena applicata in primo grado, ribadendo il giudizio di equivalenza tra le circostanze, purché questo sia accompagnato da adeguata motivazione.
Cass. pen. n. 15591/2021
Ai fini del riconoscimento della recidiva reiterata, non è necessaria una precedente dichiarazione di recidiva contenuta in altra sentenza di condanna dell'imputato, né è necessario che in relazione ad altri procedimenti definiti con sentenza irrevocabile sussistessero astrattamente i presupposti per riconoscere la recidiva semplice, ma è sufficiente che al momento della consumazione del reato l'imputato risulti gravato da più condanne definitive per reati che, in relazione a quello oggetto di giudizio, manifestano una sua maggiore pericolosità sociale.
Cass. pen. n. 22966/2021
La recidiva è una circostanza aggravante inerente alla persona del colpevole e, come tale, ove contestata in calce a più imputazioni, deve intendersi riferita a ciascuna di esse, salvo che si tratti di reati di diversa indole ovvero commessi in date diverse.
Cass. pen. n. 22066/2021
In tema di recidiva aggravata, l'aumento di pena, previsto al massimo "sino alla metà", non può essere determinato in misura inferiore ad un terzo. (In motivazione la Corte ha precisato che una diversa interpretazione, da un lato, rende irrazionale la disposizione di cui all'art. 99, comma secondo, cod. pen. rispetto a quanto stabilito nel primo comma e, dall'altro, contrasta con la "ratio" della legge 5 dicembre 2005, n. 251 che, in quasi tutti i casi, ha sottratto al giudice ogni discrezionalità nella determinazione dell'aumento di pena, laddove ritenga di applicare la recidiva).
Cass. pen. n. 10219/2021
Ai fini della configurabilità della recidiva reiterata, è necessario che il nuovo reato sia commesso dopo che le precedenti condanne siano divenute irrevocabili, in quanto l'autore del nuovo crimine deve essere in condizione di conoscere tutte le conseguenze derivanti dal proprio "status" di recidivo reiterato essendo comunque sufficiente che, successivamente a detta irrevocabilità, sia posta in essere anche solo una minima parte del nuovo reato.
Cass. pen. n. 2385/2020
Non sussiste incompatibilità tra il vizio totale di mente e l'aggravante soggettiva della recidiva, sicché, anche quando il reato è stato commesso da un soggetto non imputabile va considerato nella sua obiettività, scrutinando gli elementi utili per la qualificazione del dolo o della colpa e la determinazione dell'assetto circostanziale, trattandosi di accertamenti funzionali al giudizio di pericolosità sociale e a stabilire la durata minima della misura di sicurezza, ex art. 222 cod. pen.
Cass. pen. n. 34949/2020
La recidiva non può essere considerata una circostanza ad effetto speciale nel caso in cui il concreto aumento di pena applicato, per effetto del criterio mitigatore previsto dall'art. 99, comma sesto, cod. pen., sia inferiore ad un terzo, in quanto, ai sensi dell'art. 63 cod. pen., sono circostanze aggravanti ad effetto speciale solo quelle che determinano un aumento della pena superiore ad un terzo.
Cass. pen. n. 1489/2020
La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis cod. pen. non può essere applicata in caso di riconoscimento della recidiva reiterata specifica, elemento sintomatico della accentuata pericolosità sociale dell'imputato per l'elevato grado di colpevolezza che essa implica.
Cass. pen. n. 36258/2020
Ai fini della prescrizione del reato, deve tenersi conto della recidiva ad effetto speciale ancorché sia ritenuta subvalente nel giudizio di bilanciamento con le concorrenti circostanze attenuanti, poiché l'art. 157, comma terzo, cod. pen. esclude espressamente che il giudizio di cui all'art. 69 cod. pen. abbia incidenza sulla determinazione della pena massima del reato.
Cass. pen. n. 27256/2020
Non può essere dedotta per la prima volta con il ricorso per cassazione l'erronea applicazione della recidiva, neppure al fine di ottenere la declaratoria di prescrizione del reato, in assenza di modifiche normative o di pronunce della Corte costituzionale che ne abbiano modificato "in melius" la portata precettiva.
Cass. pen. n. 23903/2020
Nel giudizio di appello, il divieto di "reformatio in peius" della sentenza impugnata dall'imputato non riguarda solo l'entità complessiva della pena, ma tutti gli elementi autonomi che concorrono alla sua determinazione, talchè il giudice di appello non può modificare l'entità della componente intermedia inerente all'aumento per la recidiva rispetto a quanto statuito in primo grado.
Cass. pen. n. 35730/2020
In tema di reato continuato, la recidiva reiterata infraquinquennale contestata in relazione ai reati unificati in continuazione, si estende anche agli ulteriori reati oggetto di rituale contestazione suppletiva, risultando identico il giudizio in ordine alla maggiore pericolosità dell'agente in presenza di un unico disegno criminoso.
Cass. pen. n. 28872/2020
In tema di cognizione del giudice di appello, non sussiste alcuna connessione tra il motivo di appello relativo al trattamento sanzionatorio ed il punto della sentenza relativo all'applicazione della recidiva, in quanto il primo è volto a sollecitare l'uso del potere discrezionale del giudice alla stregua dei criteri di cui all'art. 133 cod. pen., in relazione ad una determinata configurazione del reato e delle sue circostanze, mentre il secondo riguarda una circostanza aggravante soggettiva. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza del giudice di appello che, investito della richiesta di riduzione del trattamento sanzionatorio, non aveva motivato in ordine alla mancata esclusione della recidiva).
Cass. pen. n. 19585/2020
L'art. 58-quater, comma 7-bis, ord. pen., che vieta la concessione più di una volta dell'affidamento in prova, della detenzione domiciliare e della semilibertà al condannato cui sia stata applicata la recidiva prevista dall'art. 99, comma 4, cod. pen., non si applica all'affidamento in prova in casi particolari di cui all'art. 94, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in ragione della diversa natura di tale istituto nonché della sopravvenuta abrogazione dell'art. 94-bis del citato d.P.R. ad opera dell'art. 4, d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito con modificazioni nella legge 21 febbraio 2006, n. 49.
Cass. pen. n. 14233/2020
In tema di stupefacenti, la competenza territoriale appartiene al giudice del luogo in cui si è realizzato l'accordo tra acquirente e venditore, non essendo necessaria, per il perfezionarsi del delitto, la materiale consegna della sostanza e, nel caso in cui la contrattazione sia avvenuta per telefono, nel luogo ove il proponente, mediante tale mezzo di comunicazione, ha avuto contezza dell'accettazione.
Cass. pen. n. 13364/2020
L'esclusione della recidiva non si può fondare sulla scelta dell'imputato di accedere al rito abbreviato, atteso che tale scelta già implica "ex lege" l'applicazione di una prederminata riduzione premiale della pena, mentre gli elementi da valorizzare ai fini della predetta esclusione sono tendenzialmente quelli indicati dall'art. 133 cod. pen. (In motivazione la Corte ha sottolineato che, in caso contrario, la medesima circostanza comporterebbe, irrazionalmente ed in contrasto con l'art. 442, comma 2, cod. proc. pen., due distinte determinazioni favorevoli all'imputato).
Cass. pen. n. 9744/2020
Ai fini dell'integrazione della recidiva specifica ex art. 99, comma secondo, n. 1, cod. pen., nel caso di imputato di delitto non colposo aggravato ai sensi dell'art. 7, legge 12 luglio 1991, n. 203 (ora art. 416-bis.1 cod. pen.), già condannato per il delitto di cui all'art. 416-bis cod. pen., la contestata aggravante del metodo mafioso si lega, in termini di continuità ed omogeneità delittuosa, alla condanna precedentemente riportata, atteso che nella individuazione dei "reati della stessa indole" ex art. 101 cod. pen. deve farsi riferimento, aldilà dell'identità dei titoli di reato e della loro riferibilità alla lesione di analoghi beni giuridici, alla concreta natura dei fatti ed ai motivi che li hanno determinati, al fine di ravvisare specifici indici identitari.
Cass. pen. n. 20808/2019
In tema di recidiva, la valorizzazione da parte del giudice dei precedenti penali dell'imputato ai fini del diniego delle circostanze attenuanti generiche non implica il riconoscimento della recidiva contestata in assenza di aumento della pena a tale titolo o di confluenza della stessa nel giudizio di comparazione tra le circostanze concorrenti eterogenee, attesa la diversità dei giudizi riguardanti i due istituti, sicché di essa non può tenersi conto ai fini del calcolo dei termini di prescrizione del reato.
Cass. pen. n. 32679/2018
La recidiva reiterata, quale circostanza ad effetto speciale, incide sul calcolo del termine prescrizionale minimo del reato, ai sensi dell'art. 157, comma secondo, cod. pen. e, in presenza di atti interruttivi, anche, contemporaneamente, su quello del termine massimo, ex art. 161, comma secondo, cod. pen., senza che ciò comporti una violazione del principio del "ne bis in idem" sostanziale o dell'art. 4 del Protocollo n. 7 della CEDU, come interpretato dalla sentenza della Corte EDU del 10 febbraio 2009 nel caso Zolotoukhine c/ Russia, nel cui ambito di tutela non rientra l'istituto della prescrizione.
Cass. pen. n. 48405/2017
In tema di limite dell'aumento di pena per la recidiva ex art. 99, ultimo comma, cod. pen., nel cumulo delle precedenti condanne si deve tener conto anche di quelle a pena detentiva integralmente condonata a seguito di indulto, in quanto la concessione del suddetto beneficio, pur estinguendo la pena e facendone cessare l'espiazione, non ha, però, efficacia ablativa degli altri effetti penali scaturenti "ope legis" dalla condanna.
Cass. pen. n. 40281/2017
Ai fini dell'applicazione della recidiva "specifica" ex art. 99, comma 2, n. 1, cod. pen., il falso nummario, che tutela il bene della pubblica fede, non costituisce "reato della stessa indole" rispetto a precedenti penali relativi esclusivamente a delitti contro il patrimonio. (In motivazione, la Corte di Cassazione ha chiarito che la specificità della recidiva non può desumersi dall'analogo movente economico alla base dei diversi reati).
Cass. pen. n. 18546/2017
In tema di recidiva reiterata, prevista dall'art. 99 comma quinto cod. pen., l'aumento di pena disposto in data anteriore alla sentenza della Corte costituzionale n. 185 del 2015, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del carattere obbligatorio dell'aumento stesso, può essere rivalutato dal giudice dell'esecuzione che ha il compito di verificare se l'applicazione della recidiva fu sorretta, indipendentemente dalla previgente obbligatorietà, dal concorrente apprezzamento di merito della valenza dei precedenti penali.
Cass. pen. n. 37385/2016
È rilevabile d'ufficio, anche in caso di ricorso inammissibile, l'illegittimità sopravvenuta della sanzione che ha applicato la recidiva obbligatoria di cui all'art. 99, comma quinto, cod. pen., in epoca antecedente alla sentenza della Corte costituzionale n. 185 del 2015 - che ha dichiarato l'incostituzionalità del carattere obbligatorio di tale aggravante - qualora dalla motivazione non emerga alcuna valutazione in ordine all'effettiva incidenza della recidiva sul disvalore del fatto, che porti a ritenere comunque legittimo l'aumento di pena disposto.
Cass. pen. n. 27366/2016
Non è illegale la pena irrogata precedentemente alla sentenza della Corte costituzionale n. 185 del 2015, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del carattere obbligatorio della recidiva di cui all'art. 99, comma quinto, cod. pen., qualora il giudice abbia dato atto in sentenza, anche con motivazione implicita, delle ragioni per le quali si è ritenuto necessario l'aumento di pena in relazione alla particolare pericolosità dell'imputato.
Cass. pen. n. 20271/2016
L'applicazione della recidiva facoltativa contestata richiede uno specifico onere motivazionale da parte del giudice, che, tuttavia, può essere adempiuto anche implicitamente, ove si dia conto della ricorrenza dei requisiti di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore. (Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto implicita la motivazione della ritenuta recidiva, desumendola dal richiamo operato nella sentenza alla negativa personalità dell'imputato, quale evincibile dall'altissima pericolosità sociale della condotta da costui posta in essere).
Cass. pen. n. 48341/2015
In tema di recidiva reiterata, prevista dall'art. 99 comma quinto cod. pen. in relazione alla commissione dei reati di cui all'art. 407, comma secondo, lett. a) cod. proc. pen., alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 185 del 2015, l'aumento di pena apportato per la recidiva, non può essere legato esclusivamente al dato formale del titolo di reato, ma presuppone un accertamento della concreta significatività del nuovo episodio in rapporto alla natura e al tempo di commissione dei precedenti, avuto altresì riguardo ai parametri di cui all'art. 133 cod. pen., sotto il profilo della più accentuata colpevolezza e della maggiore pericolosità del reo.
Cass. pen. n. 1703/2014
La recidiva qualificata, ai sensi dell'art. 99 comma quinto c.p., della commissione di uno dei reati di cui all'art. 407, comma secondo, lett. a), c.p.p., non costituisce una forma autonoma di recidiva, ma solo una particolare manifestazione delle fattispecie di cui ai commi precedenti; ne consegue che non è necessaria, perché tale previsione esplichi effetto, la sua specifica contestazione.
Cass. pen. n. 43768/2013
In tema di recidiva, lo sbarramento quantitativo previsto dall'art. 99, ultimo comma, cod. pen. - secondo il quale "l'aumento della pena non può superare il cumulo delle pene risultante dalle condanne precedenti alla commissione del nuovo delitto non colposo" - è applicabile a tutte le ipotesi di recidiva e non solo a quella reiterata.
Cass. pen. n. 43288/2013
La decisione di escludere la recidiva non è incompatibile con la fissazione di una pena base superiore ai limiti edittali, neanche se questa è giustificata con la gravità del reato e la personalità del reo, stante l'assenza di automatismi valutativi vincolanti per il giudice.
Cass. pen. n. 37759/2013
Non esiste incompatibilità tra gli istituti della recidiva e della continuazione, potendo quest'ultima essere riconosciuta anche tra un reato già oggetto di condanna irrevocabile ed un altro commesso successivamente alla formazione di detto giudicato.
Cass. pen. n. 40029/2013
La recidiva qualificata, ritenuta in relazione ad un reato per il quale è intervenuta successivamente la dichiarazione di estinzione di "ogni effetto penale", è inidonea ad integrare la causa impeditiva della estinzione della pena per decorso del tempo, prevista dall'art. 172 cod. pen., ostandovi il disposto dell'art. 106, comma secondo, cod. pen., secondo cui, agli effetti della recidiva, si tiene conto delle condanne per le quali è intervenuta una causa di estinzione del reato o della pena, salvo, appunto, che la causa estingua anche gli effetti penali.
Cass. pen. n. 27826/2013
L'imputato ha interesse ad impugnare la sentenza che riconosce l'esistenza della recidiva, anche nel caso in cui non ne sia conseguito alcun aumento di pena in ragione del giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti.
Cass. pen. n. 13398/2013
L'estinzione della pena per decorso del tempo non opera nei confronti dei condannati recidivi di cui ai capoversi dell'art. 99 c.p., a condizione che la recidiva venga accertata in un qualsiasi momento immediatamente precedente al decorso del termine di prescrizione della pena.
La recidiva non è un mero "status" soggettivo desumibile dal certificato penale ovvero dal contenuto dei provvedimenti di condanna emessi nei confronti di una persona, sicché, per produrre effetti penali, deve essere ritenuta dal giudice del processo di cognizione dopo una sua regolare contestazione in tale sede. Ne consegue che, in tema di estinzione della pena per decorso del tempo, non è consentito al giudice dell'esecuzione, ai fini dell'applicazione dell'art. 172, settimo comma, cod. pen., desumere la recidiva dall'esame dei precedenti penali, in mancanza di un accertamento in sede di cognizione.
Cass. pen. n. 48655/2012
In ipotesi di recidiva semplice, sebbene qualificata ai sensi del comma quinto dell'art. 99 cod.pen., non opera il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti previsto dal comma quarto dell'art. 69 cod.pen., in quanto la prima disposizione non individua una nuova forma di recidiva ma una particolare qualificazione delle ipotesi di cui ai quattro precedenti commi ed ha l'unica funzione di superare la facoltatività che le connota rendendone obbligatoria l'applicazione con riferimento al "quantum".
Cass. pen. n. 5859/2012
In tema di recidiva facoltativa, è richiesto al giudice uno specifico dovere di motivazione sia ove egli ritenga sia ove egli escluda la rilevanza della stessa.
Cass. pen. n. 4969/2012
Ai fini del giudizio di comparazione tra le circostanze attenuanti e la recidiva reiterata di cui all'art. 99, comma quarto, c.p. - la quale anche a seguito delle modifiche apportate dall'art. 3 L. 5 dicembre 2005, n. 251 deve ritenersi facoltativa - è sufficiente che il giudice consideri gli elementi enunciati nell'art. 133 c.p., essendo sottratta al sindacato di legittimità la motivazione se aderente ad elementi tratti dalle risultanze processuali e logicamente corretti.
Cass. pen. n. 20850/2011
La disapplicazione della norma incriminatrice di cui all'art. 14, comma quinto-quater, D.L.vo 25 luglio 1998, n. 286, conseguente all'efficacia diretta nell'ordinamento interno della Direttiva 2008/115/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 (cosiddetta direttiva rimpatri), risolvendosi nell'"abolitio criminis" della fattispecie penale, comporta l'esclusione della recidiva contestata tenendo conto di tale reato, a seguito del venir meno degli effetti penali della condanna in base al disposto dell'art. 2, comma secondo, c.p..
Cass. pen. n. 20798/2011
La recidiva è circostanza aggravante ad effetto speciale quando comporta un aumento di pena superiore a un terzo e pertanto soggiace, in caso di concorso con circostanze aggravanti dello stesso tipo, alla regola dell'applicazione della pena prevista per la circostanza più grave, e ciò pur quando l'aumento che ad essa segua sia obbligatorio, per avere il soggetto, già recidivo per un qualunque reato, commesso uno dei delitti indicati all'art. 407, comma secondo, lett. a), c.p.p. (La Corte ha precisato che è circostanza più grave quella connotata dalla pena più alta nel massimo edittale e, a parità di massimo, quella con la pena più elevata nel minimo edittale, con l'ulteriore specificazione che l'aumento da irrogare in concreto non può in ogni caso essere inferiore alla previsione del più alto minimo edittale per il caso in cui concorrano circostanze, delle quali l'una determini una pena più severa nel massimo e l'altra più severa nel minimo).
Cass. pen. n. 14550/2011
L'applicazione dell'aumento di pena per effetto della recidiva facoltativa attiene all'esercizio di un potere discrezionale del giudice, del quale deve essere fornita adeguata motivazione, con particolare riguardo all'apprezzamento dell'idoneità della nuova condotta criminosa in contestazione a rivelare la maggior capacità a delinquere del reo (Fattispecie relativa ad un'ipotesi di recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale).
Cass. pen. n. 9636/2011
In tema di reato continuato, il limite di aumento, ex art. 81 c.p., non inferiore ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave, previsto dalla legge nei confronti dei soggetti ai quali sia stata applicata la recidiva reiterata, non è applicabile quando il giudice non abbia ritenuto la recidiva reiterata concretamente idonea ad aggravare la sanzione per i reati in continuazione o in concorso formale, escludendone così in relazione ad essi l'applicazione. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito ha concesso all'imputato l'attenuante di cui all'art. 62, n. 4 c.p., ritenuta equivalente alle contestate aggravanti, tra cui la recidiva specifica reiterata, che sostanzialmente è stata ritenuta non incidente in concreto sull'entità della pena).
Cass. pen. n. 6912/2011
La disciplina della recidiva reiterata, introdotta dalla L. n. 251 del 2005, si applica ai reati commessi dopo l'entrata in vigore della suddetta legge pur se i reati pregiudicanti siano stati consumati in epoca anteriore.
Cass. pen. n. 5761/2011
Non vi è compatibilità tra recidiva e continuazione, con la conseguenza che non può tenersi conto della recidiva una volta ritenuta la continuazione tra il reato per cui sia pronunciata sentenza passata in giudicato, valutato come più grave e, pertanto, considerato reato base, e quello successivo, oggetto di ulteriore giudizio, in quanto i reati ritenuti in continuazione costituiscono momenti di un'unica condotta illecita, caratterizzata dalla reiterazione di diversi episodi delittuosi, consumati in attuazione di un medesimo disegno criminoso, con la conseguenza che non è possibile ritenere la recidiva per gli episodi successivi al primo. Tra i due istituti esiste, pertanto, assoluta antitesi, valorizzando la recidiva la speciale proclività a delinquere, espressa dalla reiterazione di reati consumati in piena autonomia rispetto a vicende pregresse ed elidendo la continuazione proprio la predetta autonomia, collegando ed unificando i diversi episodi criminosi.
Cass. pen. n. 1861/2011
L'aumento di pena da applicarsi per la recidiva qualificata, previsto dalla legge "sino alla metà", non può essere determinato in misura inferiore ad un terzo della pena da irrogare.
Cass. pen. n. 43438/2010
In caso di contestazione della recidiva nelle ipotesi previste da uno dei primi quattro commi dell'art. 99 c.p., il giudice è tenuto a verificare in concreto se la reiterazione dell'illecito sia effettivo sintomo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneità esistente tra loro, all'eventuale occasionalità della ricaduta e ad ogni altro parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell'esistenza di precedenti penali.
Cass. pen. n. 38625/2010
La recidiva non è configurabile nel caso in cui il delitto, per il quale sia già intervenuta sentenza di condanna, rappresenti elemento costitutivo del reato successivamente contestato. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto illegittima, nel procedimento per il reato di cui all'art. 14, comma quinto "quater", D.L.vo n. 286 del 1998, la contestazione della recidiva per effetto di intervenuta applicazione della pena per il reato di cui all'art. 14, comma quinto "ter" D.L.vo cit.).
Cass. pen. n. 35852/2010
La recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale è circostanza aggravante a effetto speciale e rileva ai fini della determinazione del tempo necessario alla prescrizione del reato.
Cass. pen. n. 35738/2010
Ai fini dell'interdizione al cosiddetto "patteggiamento allargato" nei confronti di coloro che siano stati dichiarati recidivi ai sensi dell'art. 99, comma quarto, c.p., non occorre una pregressa dichiarazione giudiziale della recidiva che, al pari di ogni altra circostanza aggravante, non viene "dichiarata", ma può solo essere ritenuta e applicata ai reati in relazione ai quali è contestata. (In motivazione, la Corte ha chiarito che la testuale disposizione dall'art. 444, comma 1-bis, c.p.p., la quale fa riferimento a "coloro che siano stati dichiarati recidivi", è tecnicamente imprecisa ed è stata utilizzata dal legislatore per motivi di uniformità lessicale, in quanto riferita anche ad altre situazioni soggettive che, attributive di specifici "status", come quelli di delinquente abituale, professionale e per tendenza, richiedono un'apposita dichiarazione espressamente prevista e disciplinata dalla legge).
La recidiva, operando come circostanza aggravante inerente alla persona del colpevole, va obbligatoriamente contestata dal pubblico ministero, in ossequio al principio del contraddittorio, ma può non essere ritenuta configurabile dal giudice, a meno che non si tratti dell'ipotesi di recidiva reiterata prevista dall'art. 99, comma quinto, c.p., nel qual caso va anche obbligatoriamente applicata. (Nell'enunciare tale principio, la Corte ha precisato che, in presenza di contestazione della recidiva a norma di uno dei primi quattro commi dell'art. 99 c.p., è compito del giudice quello di verificare in concreto se la reiterazione dell'illecito sia sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneità esistente tra loro, all'eventuale occasionalità della ricaduta e a ogni altro parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell'esistenza di precedenti penali).
Una volta contestata la recidiva nel reato, anche reiterata, purché non ai sensi dell'art. 99, comma quinto, c.p., qualora essa sia stata esclusa dal giudice, non solo non ha luogo l'aggravamento della pena, ma non operano neanche gli ulteriori effetti commisurativi della sanzione costituiti dal divieto del giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti, di cui all'art. 69, comma quarto, c.p., dal limite minimo di aumento della pena per il cumulo formale di cui all'art. 81, comma quarto, stesso codice, dall'inibizione all'accesso al cosiddetto "patteggiamento allargato" e alla relativa riduzione premiale di cui all'art. 444, comma 1-bis, c.p.p.; effetti che si determinano integralmente qualora, invece, la recidiva stessa non sia stata esclusa, per essere stata ritenuta sintomo di maggiore colpevolezza e pericolosità. (Fattispecie relativa ad istanza di cosiddetto "patteggiamento allargato").
Cass. pen. n. 19976/2010
È illegittima, dopo l'entrata in vigore della L. n. 251 del 2005, l'applicazione dell'aumento di pena per recidiva in caso di condanna per reato contravvenzionale, e ciò anche se il fatto è antecedente all'entrata in vigore della novella, trattandosi di disposizione di natura sostanziale più favorevole.
Cass. pen. n. 5849/2010
In tema di recidiva, la contestazione specifica di una delle ipotesi dell'art. 99 c.p. esclude che il giudice possa ritenere una recidiva diversa e più grave. (In applicazione di tale principio la Corte ha annullato la sentenza del giudice d'appello che, ritenuta la recidiva specifica reiterata infraquinquennale in luogo di quella, contestata, non reiterata, aveva applicato il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti di cui all'art. 69 u. co. c.p.).
Cass. pen. n. 711/2010
Non vi è obbligo di specifica motivazione, in assenza di specifiche deduzioni difensive, per la decisione di aumento di pena per la recidiva facoltativa nei casi di cui all'art. 99, commi terzo e quarto, c.p., trattandosi di un aggravamento previsto dalla legge quale effetto delle condizioni soggettive dell'imputato.
Cass. pen. n. 36915/2009
In tema di recidiva facoltativa, il giudice ha l'obbligo di puntuale motivazione soltanto quando esclude la circostanza, non anche quando la ritiene.
Cass. pen. n. 32625/2009
Il limite di aumento minimo per la continuazione pari ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave, introdotta con la novella dell'art. 81, comma quarto, c.p. ad opera della L. n. 251 del 2005, si applica a condizione che l'imputato sia stato ritenuto recidivo reiterato con una sentenza definitiva precedente al momento della commissione dei reati per i quali si procede.
Cass. pen. n. 31546/2009
La disciplina della recidiva reiterata, introdotta dalla L. n. 251 del 2005, si applica ai reati commessi dopo l'entrata in vigore della suddetta legge anche se i reati pregiudicanti siano stati consumati in epoca anteriore ad essa.
Cass. pen. n. 28851/2009
Allorché, prima dell'entrata in vigore della L. 5 dicembre 2005 n. 251, che ha sottratto al giudice la facoltà di ritenere prevalenti circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata, sia stata pronunciata sentenza di patteggiamento nella quale, ai fini del calcolo della pena, sia stato implicitamente effettuato un giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sulla recidiva reiterata, la statuizione non può essere modificata per effetto della normativa sopravvenuta, stante il principio di irretroattività delle disposizioni "in peius" del trattamento sanzionatorio.
Cass. pen. n. 27985/2009
In tema di revoca della patente per il reato di guida in stato di alterazione da stupefacenti, ai fini della realizzazione della condizione di "recidiva nel biennio", rileva non già la data del passaggio in giudicato della sentenza relativa al fatto-reato precedente a quello per cui si procede, bensì la data di commissione dello stesso.
Cass. pen. n. 27599/2009
Si ha recidiva reiterata obbligatoria, di cui all'art. 99, comma quinto, c.p.p., nel caso in cui il condannato, già recidivo, abbia commesso uno dei delitti di cui all'art. 407, comma secondo, lett. a) c.p.p., a nulla rilevando se i precedenti rientrino o meno nell'elenco di cui alla citata disposizione.
Cass. pen. n. 22619/2009
La recidiva reiterata ha natura di circostanza aggravante a effetto speciale rilevante ai fini del tempo necessario alla prescrizione con conseguente allungamento dei termini prescrizionali; ciò, peraltro, non determina la violazione dell'art. 3 Cost.- non sussistendo uguaglianza di situazioni tra il soggetto incensurato e colui che, invece, abbia riportato precedenti condanne e sia incolpato di un nuovo delitto - e nemmeno quella dell'art. 111 Cost., in quanto non è irragionevole che la durata del processo abbia termini più lunghi per l'imputato recidivo rispetto a quelli previsti per eventuali coimputati non recidivi.
Cass. pen. n. 16001/2009
La recidiva può determinare l'aumento di pena se contestata, a nulla rilevando che non risulti dal certificato penale.
Cass. pen. n. 13923/2009
In assenza di deduzioni difensive, l'applicazione dell'aumento di pena per la recidiva facoltativa nei casi di cui all'art. 99, commi terzo e quarto, c.p., non comporta un obbligo di specifica motivazione, trattandosi di un aggravamento previsto dalla legge quale effetto delle condizioni soggettive dell'imputato. (In motivazione la Corte ha precisato che è solo l'esclusione di tale aggravamento di pena a dover essere motivato).
Cass. pen. n. 13658/2009
Il divieto di prevalenza, nel giudizio di comparazione, delle circostanze attenuanti nel caso di recidiva reiterata di cui all'art. 99, comma quarto, c.p., opera soltanto se il giudice in concreto ritenga di disporre l'aumento di pena per la recidiva, oltre che nel caso in cui la recidiva reiterata sia obbligatoria per essere il nuovo delitto compreso nell'elencazione di cui all'art. 407, comma secondo, lett. a) c.p.p.
Cass. pen. n. 5488/2009
Le circostanze attenuanti devono essere oggetto del giudizio di comparazione con la contestata recidiva reiterata soltanto se il giudice ritenga quest'ultima effettivamente idonea ad influire sul trattamento sanzionatorio.
Cass. pen. n. 46452/2008
L'applicazione dell'aumento di pena per effetto della recidiva rientra - fatti salvi i casi di operatività obbligatoria di cui all'art. 99, comma quinto, c.p. - nell'esercizio dei poteri discrezionali del giudice e richiede adeguata motivazione, in particolare, con riguardo alla nuova azione costituente reato e alla sua idoneità a manifestare una maggiore capacità a delinquere che giustifichi l'aumento di pena.
Cass. pen. n. 44061/2008
La recidiva non può essere desunta "in executivis" sulla base del certificato penale, se non dichiarata dal giudice della cognizione. (Fattispecie in tema d'estinzione della pena per decorso del tempo).
Cass. pen. n. 43019/2008
Ai fini dell'applicazione della recidiva reiterata - circostanza che comporta il divieto di sospensione dell'esecuzione a norma dell'art. 656, comma nono, c.p.p. - non è necessario che essa abbia determinato un aggravamento del trattamento punitivo, essendo sufficiente che essa abbia paralizzato gli effetti della concessione d'attenuanti, impedendo la diminuzione di pena ad esse correlata.
Cass. pen. n. 41288/2008
In tema di recidiva, il giudice della cognizione a differenza di quello d'esecuzione può accertare anche i presupposti di una recidiva che non sia stata previamente dichiarata ; ne deriva che la recidiva reiterata può essere riconosciuta in sede di cognizione anche quando in precedenza non sia stata dichiarata giudizialmente la recidiva semplice.
Cass. pen. n. 34702/2008
L'aumento di pena previsto per la recidiva reiterata può essere applicato solo qualora si ritenga il nuovo episodio delittuoso concretamente significativo sotto il profilo della più accentuata colpevolezza e della maggiore pericolosità del reo, in considerazione della natura e del tempo di commissione dei precedenti ed avuto riguardo ai parametri indicati dall'art. 133 c.p.
Cass. pen. n. 19565/2008
La recidiva reiterata, attesa la natura di circostanza aggravante ad effetto speciale, rileva ai fini del computo del termine di prescrizione.
Cass. pen. n. 17263/2008
Alla prescrizione della pena è di ostacolo la ricorrenza della recidiva, che sia stata contestata e ritenuta in sentenza, a nulla rilevando che, nel giudizio di comparazione con circostanze attenuanti, essa sia stata considerata subvalente.
Cass. pen. n. 46243/2007
Il divieto di prevalenza, nel giudizio di comparazione, delle circostanze attenuanti nel caso di recidiva reiterata di cui all'art. 99, comma quarto, c.p. opera soltanto se il giudice in concreto ritenga di disporre l'aumento di pena per la recidiva, oltre che nel caso in cui la recidiva reiterata sia obbligatoria per essere il nuovo delitto compreso nell'elencazione di cui all'art. 407, comma secondo, lett. a) c.p.p.
Cass. pen. n. 36131/2007
Ai fini del riconoscimento della recidiva aggravata infraquinquennale il calcolo dei cinque anni va effettuato considerando come dies a quo non già la data di commissione dell'ultimo delitto antecedente a quello espressivo della recidiva, bensì quella relativa al passaggio in giudicato della sentenza ad oggetto il medesimo reato presupposto.
Cass. pen. n. 29989/2007
Il divieto di sospendere l'esecuzione delle pene detentive brevi in caso di recidiva reiterata è subordinato non già alla qualità di «recidivo» del condannato, bensì alla circostanza che la recidiva di cui all'art. 99, comma quarto, c.p. sia stata «applicata» cioè effettivamente valutata in quanto circostanza aggravante soggettiva ed abbia perciò prodotto conseguenze concrete sulla pena irrogata.
Cass. pen. n. 26412/2007
La recidiva reiterata di cui all'art. 99, comma quarto, c.p., anche dopo le modifiche apportate dalla L. n. 251 del 2005, deve ritenersi facoltativa; ne consegue che, qualora il giudice non ritenga di applicare il relativo aumento di pena, non opera, nell'ambito del giudizio di bilanciamento tra circostanze, il divieto di far prevalere le attenuanti sulle aggravanti, introdotto all'art. 69, comma quarto, c.p. dalla legge summenzionata.
Cass. pen. n. 20628/2007
È illegittima la pronunzia che, in ragione del tempo trascorso da una precedente condanna, dichiara di « non riconoscere» la recidiva regolarmente contestata, sottraendola conseguentemente al bilanciamento delle circostanze, e dunque, alla limitazione di cui al comma quarto dell'art. 69 c.p. relativamente al divieto di prevalenza delle attenuanti generiche sulla recidiva reiterata.
Cass. pen. n. 18302/2007
Il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata trova applicazione, unitamente alle altre regole sul giudizio di comparazione, pur quando il giudice ritenga, dopo aver accertato la sussistenza della contestata recidiva, di non disporre l'aumento di pena. (La Corte ha annullato con rinvio la sentenza di patteggiamento per il delitto di cui all'art. 73 D.P.R. n. 309 del 1990, perché il giudice, escluso l'aumento di pena per la recidiva in ragione di una prognosi non negativa in punto di pericolosità, aveva omesso il giudizio di comparazione, da effettuarsi tenendo conto del divieto di prevalenza della circostanza attenuante della lieve entità del fatto con la recidiva reiterata specifica infraquinquennale contestata).
Cass. pen. n. 34040/2006
Il divieto — stabilito dall'art. 58 quater, comma settimo bis della legge n. 354 del 1975, introdotto dall'art. 7, comma settimo, della legge n. 251 del 2005 — di concessione per più di una volta dell'affidamento in prova al servizio sociale nei confronti del condannato al quale sia stata applicata la recidiva di cui all'art. 99, comma quarto, c.p., deve ritenersi operativo nel caso in cui, con il titolo in esecuzione, le attenuanti generiche siano ritenute equivalenti alla recidiva, posto che con il giudizio di equivalenza la recidiva, ancorché non abbia determinato un aumento della pena inflitta, ha, tuttavia, svolto un effetto parzialmente paralizzante sulle attenuanti generiche, impedendone la funzione piena di alleviamento della pena.
Cass. pen. n. 30792/2006
In tema di misure alternative alla detenzione, la previsione di cui all'art. 7 della legge n. 251 del 2005 — che ha introdotto il comma primo dell'art. 47 ter della legge n. 354 del 1975 il quale prevede specifiche restrizioni nella concessione dei benefici penitenziari (nella specie affidamento in prova al servizio sociale) in danno, tra l'altro, dei recidivi — non ha natura sostanziale, con la conseguenza che ad essa non è applicabile il principio della irretroattività della legge penale, di cui all'art. 2, comma primo, c.p.; pertanto, tale previsione è immediatamente applicabile anche alle istanze presentate prima dell'entrata in vigore della legge n. 251 del 2005, in virtù del principio tempus regit actum, il quale incontra un limite di ordine costituzionale solo quando sia accertato il conseguimento, prima dell'innovazione restrittiva, di un grado di rieducazione tale da giustificare l'ammissione al beneficio richiesto.
Cass. pen. n. 27846/2006
In tema di misure alternative alla detenzione, la previsione di cui all'art. 47-ter, comma primo bis, L. n. 354 del 1975, come sostituita dall'art. 7, comma quarto, L. n. 251 del 2005 — che preclude la detenzione domiciliare ai condannati cui sia stata applicata la recidiva prevista dall'art. 99, comma quarto, c.p. — si riferisce con l'espressione «applicata» tanto al riconoscimento della recidiva con la sentenza di condanna quanto al fatto che, in virtù del suo riconoscimento, sia conseguito, ai sensi dell'art. 69 c.p., uno degli effetti che le sono propri e cioè quello di paralizzare un'attenuante, impedendo a quest'ultima lo svolgimento della funzione di concreto alleviamento della pena irroganda per il reato. Ne deriva che la preclusione di cui al novellato art. 47-ter, comma primo bis, succitato, non è operativa qualora la recidiva non sia applicata, e cioè allorquando, ancorché riconosciuta la ricorrenza degli estremi di fatto e di diritto, essa non manifesti concretamente alcuno degli effetti che le sono propri, in ragione della prevalenza attribuita alla attenuante, la quale non si limiti a paralizzarla ma ne determini il superamento in modo che sul piano della afflittività sanzionatoria la recidiva risulti «tamquam non esset» (In applicazione di questo principio la S.C. ha censurato l'ordinanza del Tribunale di sorveglianza di inammissibilità dell'istanza di detenzione domiciliare — fondata sulla preclusione dovuta alla contestazione nel titolo in esecuzione della recidiva di cui all'art. 99, comma quarto, c.p. —, rilevando l'applicazione delle attenuanti generiche e la riduzione della pena per effetto della prevalenza delle stesse sulla recidiva contestata e riconosciuta).
Cass. pen. n. 26556/2006
La disposizione di cui all'art. 4 della legge n. 251 del 2005, (che ha modificato l'istituto della recidiva disponendo l'aumento di un terzo della pena solo nel caso in cui un soggetto, dopo essere stato condannato per un delitto non colposo, commetta un altro delitto non colposo) ha eliminato la possibilità di applicare la recidiva con riferimento alle contravvenzioni ed ai delitti colposi ed è di immediata applicazione in quanto norma di diritto penale sostanziale. (Nel caso di specie la Suprema Corte ha annullato in parte, senza rinvio, rideterminando la pena, la sentenza che aveva aumentato la pena comminata ad un imputato, già condannato per reati contro il patrimonio, in riferimento al reato di possesso di strumenti atti ad aprire e a forzare serrature).
Cass. pen. n. 11348/2006
La recidiva, per produrre effetti penali ai fini della prescrizione della pena, deve essere ritenuta dal giudice del processo di cognizione, dopo una sua regolare contestazione, ma una volta che ciò è avvenuto diventa uno status ed opera come preclusione per tutte le condanne riportate dal recidivo siano esse antecedenti o successive a quella in cui è stata ritenuta la recidiva. (In motivazione si è chiarito che la lettera della norma impone la preclusione all'ottenimento della prescrizione della pena per il recidivo in genere e non limitatamente al caso in cui la recidiva sia stata ritenuta nella condanna in relazione alla quale si chiede la prescrizione della pena).
Cass. pen. n. 9769/2006
L'aumento di pena per la recidiva, ai fini del calcolo del termine prescrizionale, è valutabile ancorché essa sia contestata per la prima volta dopo trascorso il termine di prescrizione previsto per l'imputazione non aggravata, purché la contestazione preceda la pronuncia della sentenza.
Cass. pen. n. 11008/2005
In tema di prescrizione, se la eventuale circostanza aggravante non è stata comunque valutata dal giudice nella quantificazione della pena inflitta, non si può, in difetto di specifica impugnazione sul punto, tener conto, ai fini del calcolo del tempo necessario perchè la causa estintiva maturi, dell'aumento di pena ad essa collegato. A tale regola non si sottrae la recidiva, che ha, nel sistema positivo vigente, natura di circostanza aggravante.
Cass. pen. n. 46229/2004
La recidiva non è un mero status soggettivo desumibile dal certificato penale ovvero dal contenuto dei provvedimenti di condanna emessi nei confronti di una persona, sicché, per produrre effetti penali, deve essere ritenuta dal giudice del processo di cognizione dopo una sua regolare contestazione in tale sede. Ne consegue che, in tema di estinzione della pena per decorso del tempo, non è consentito al giudice dell'esecuzione, ai fini dell'applicazione dell'art. 172, settimo comma, c.p., desumere la recidiva dall'esame dei precedenti penali, in mancanza di un accertamento in sede di cognizione, a nulla rilevando la non obbligatorietà della relativa contestazione.
Cass. pen. n. 42552/2004
Ai fini del calcolo del tempo necessario per il decorso della prescrizione, deve tenersi conto dell'aumento stabilito per la recidiva, a nulla rilevando che l'applicazione della circostanza aggravante abbia natura facoltativa: la disciplina dettata dall'art. 157 c.p. non distingue infatti tra circostanze obbligatorie e circostanze facoltative.
Cass. pen. n. 39238/2004
In tema di patteggiamento, al fine della preclusione prevista dall'art. 444, comma primo bis c.p.p., non è sufficiente che dal certificato penale emerga una situazione riportabile alla recidiva ex art. 99, quarto comma c.p., ma occorre una specifica declaratoria della recidiva stessa, che ne presuppone la rituale contestazione.
Cass. pen. n. 20309/2004
Ai fini dell'ammissibilità dell'oblazione speciale, la recidiva reiterata, pur in mancanza di una precedente apposita dichiarazione giudiziale dello status di recidivo - dichiarazione che non ha natura costitutiva - è ostativa all'applicazione del beneficio (la contestazione della recidiva essendo necessaria unicamente per applicare l'aumento di pena).
Cass. pen. n. 19544/2004
In presenza dei presupposti richiesti dall'art. 81 c.p., la continuazione è configurabile anche tra un reato oggetto di condanna irrevocabile e un altro commesso successivamente ad essa, congiuntamente alla recidiva o disgiuntamente da essa.
Cass. pen. n. 7236/2004
In materia di sanzioni applicabili da parte del giudice di pace, non è necessario che la recidiva sia formalmente contestata perchè essa, ai sensi del comma terzo dell'art. 53 D.L.vo n. 274 del 2000, sia ostativa all'applicazione della pena pecuniaria.
Cass. pen. n. 24023/2003
La circostanza che il terzo comma dell'art. 99 c.p., nel prevedere l'aumento di pena per effetto della recidiva reiterata, faccia riferimento al recidivo che commette un altro reato, non suffraga la tesi secondo cui in tanto la recidiva reiterata può essere contestata in quanto in precedenza sia stata dichiarata giudizialmente la recidiva semplice. Infatti, dalla lettura della norma emerge evidente che il termine “recidivo” è stato usato dal legislatore per comodità di esposizione, per non ripetere la definizione contenuta nel primo comma dello stesso articolo e non già per indicare una qualità del soggetto giudizialmente affermata. (Fattispecie relativa alla sussistenza del presupposto ostativo alla declaratoria dell'estinzione della pena per decorso del tempo, previsto dall'art. 172, comma 7, c.p.).
Cass. pen. n. 3011/2000
La recidiva — in quanto costituisce uno status personale dell'imputato ed una circostanza aggravante del reato — può essere presa in considerazione, ad ogni effetto giuridico, solo se dichiarata dal giudice di merito. Detto principio opera anche in sede di estinzione della pena a seguito di decorso del tempo, con la conseguenza che non è consentito al giudice dell'esecuzione desumere la recidiva dal certificato penale in mancanza di una dichiarazione giudiziale in sede cognitiva.
Cass. pen. n. 4412/1999
In tema di prescrizione, se la eventuale circostanza aggravante non è stata oggetto di apposita contestazione, ovvero se essa non è stata comunque valutata dal giudice nella quantificazione della pena inflitta, non si può, in difetto di specifica impugnazione sul punto, tener conto, ai fini del calcolo del tempo necessario perché la causa estintiva maturi, dell'aumento di pena ad essa collegato. A tale regola non si sottrae la recidiva, che ha, nel sistema positivo vigente, natura di circostanza aggravante.
Cass. pen. n. 3724/1997
Il giudizio di equivalenza tra circostanze aggravanti ed attenuanti riguarda anche le circostanze inerenti alla persona del colpevole, e cioè anche la recidiva.
Cass. pen. n. 516/1997
L'indulto, se estingue la pena e ne fa cessare l'esecuzione, non ha tuttavia efficacia ablativa rispetto agli altri effetti scaturenti dalla sentenza di condanna, tra i quali va compresa la recidiva. Ne consegue che quest'ultima può essere contestata anche in relazione ai reati la cui pena, inflitta con precedenti sentenze definitive, sia stata condonata.
Cass. pen. n. 9148/1996
Non esiste incompatibilità fra gli istituti della recidiva e della continuazione, sicché, sussistendone le condizioni, vanno applicati entrambi, praticando sul reato base, se del caso, l'aumento di pena per la recidiva e, quindi, quello per la continuazione. (Alla stregua di tale principio la Corte ha ritenuto la legittimità della sentenza che aveva riconosciuto l'esistenza della continuazione fra un reato già oggetto di condanna irrevocabile ed un altro commesso successivamente alla formazione di detto giudicato).
Cass. pen. n. 5335/1996
La necessità di contestazione puntuale dei singoli tipi di recidiva sussiste tutte le volte che il giudice, con riferimento alla medesima, debba praticare un correlativo aumento della pena e comunque in ogni ipotesi in cui dalla sussistenza di una determinata ipotesi di recidiva debba derivare all'imputato uno svantaggio giuridicamente apprezzabile. Invero essendo la recidiva una circostanza aggravante del reato, essa non può produrre l'effetto dell'inasprimento della pena se non quando risulti contestato il correlativo tipo.
Cass. pen. n. 6164/1995
Poiché in relazione alla recidiva il giudice ha la facoltà di non apportare aumenti di pena, correttamente può essere pronunciata sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, qualora le parti stesse abbiano, anche implicitamente, escluso gli effetti della recidiva sulla misura della pena. (Fattispecie in tema di detenzione di sostanze stupefacenti con applicazione della circostanza attenuante del fatto di lieve entità).
Cass. pen. n. 823/1995
Ai fini del decorso del maggior termine per la riabilitazione, occorre che la recidiva sia contestata e ritenuta in una sentenza di condanna emessa in sede di giudizio di cognizione. Non è sufficiente, pertanto, che essa risulti da un certificato del casellario giudiziale, che riporti una condanna emessa in sede di emissione di decreto penale di condanna diventato esecutivo.
Cass. pen. n. 1485/1995
La recidiva, pur potendo comportare in alcune ipotesi un aumento della pena superiore ad un terzo (art. 99, cpv. 2, c.p.), è una circostanza inerente alla persona del colpevole (art. 70 c.p.), e non già ad effetto speciale. Conseguentemente, ove essa concorra con una circostanza aggravante ad effetto speciale, dovrà farsi luogo ad un duplice aumento di pena, non potendo trovare applicazione l'art. 63, cpv 3, c.p., secondo il quale si applica solo la pena stabilita per la circostanza più grave. (Fattispecie qualificata dalla sussistenza della recidiva specifica, reiterata, infraquinquennale e della circostanza aggravante di cui all'art. 80 del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 in tema di stupefacenti).
Cass. pen. n. 3435/1994
Il reato di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.), pur costituendo delitto contro la pubblica amministrazione, è connotato nella sua esplicazione tipica da violenza o minaccia alla persona. Conseguentemente, ai fini della recidiva specifica (art. 99, comma 2, n. 1 c.p.), esso presenta caratteri fondamentali comuni rispetto ai reati di detenzione e porto abusivo di arma comune da sparo, che pure sono indicativi dell'intenzione di recare offesa alla persona. (Fattispecie in tema di misure cautelari personali, relativa al pericolo di reiterazione criminosa).
Cass. pen. n. 7302/1994
Perché possa configurarsi la recidiva, occorre che il nuovo reato sia commesso dopo che la precedente condanna sia divenuta irrevocabile, non essendo sufficiente che esso giunga a definitiva consumazione dopo tale momento. All'uopo è sufficiente che anche una minima parte del nuovo reato sia eseguito dopo la sentenza irrevocabile di condanna. Tale ultima ipotesi può verificarsi nel caso di reato permanente, quando lo stato subiettivo ed oggettivo antigiuridico si protragga sin dopo la condanna per un precedente reato (applicazione in tema di oblazione cosiddetta condizionata o facoltativa).
Cass. pen. n. 10931/1991
La recidiva, costituendo una circostanza aggravante del reato, non può produrre l'effetto dell'inasprimento della pena se non quando ne risulti puntualmente contestato il tipo correlativo.
Cass. pen. n. 9029/1990
Costituisce erronea applicazione della legge penale, motivo di nullità ai sensi dell'art. 524, n. 1, c.p.p., la mancata inclusione della recidiva nel giudizio di comparazione previsto dall'art. 69 c.p. Tale norma, in tema di concorso tra circostanze attenuanti ed aggravanti, al quarto comma espressamente stabilisce che il giudizio di comparazione debba applicarsi anche alle circostanze inerenti alla persona del colpevole, vale a dire anche alla recidiva (art. 70, ultimo comma, c.p.).
Cass. pen. n. 185/1990
Quando la recidiva non esplichi alcuna efficacia sulla determinazione della pena, non difetta di motivazione la sentenza che non precisa i motivi della mancata esclusione, giacchè l'art. 99 c.p., nel testo sostituito dall'art. 9, d.l. 11 aprile 1974, n. 99 conv. in L. 7 giugno 1974, n. 220, dà facoltà al giudice non di escludere la circostanza, che è inerente alla persona del colpevole, ma di non apportare gli aumenti di pena che da essa dovrebbero conseguire.
Cass. pen. n. 8579/1988
In virtù della nuova formulazione dell'art. 99 c.p. così come introdotta dall'art. 9 del d.l. 11 aprile 1974, convertito in L. 7 giugno 1974, l'esistenza e la quantità del disvalore della recidiva devono essere accertate in concreto dal giudice, il quale, nella fase di un giudizio di valore connesso con l'esame del merito delle singole situazioni, può aumentare la pena inflitta all'imputato per il reato commesso. Ne consegue che ove la recidiva non esplichi per effetto della riconosciuta prevalenza o equivalenza di circostanze attenuanti alcuna influenza sulla determinazione della pena non può essere considerata mancante la motivazione della sentenza che non precisi i motivi per i quali il giudice ha ritenuto di non escludere l'aumento di pena per la contestata recidiva. A tal fine è sufficiente che il giudice giustifichi il giudizio di comparazione, sia esso di prevalenza o anche solo di equivalenza, tra le circostanze di segno opposto.
Cass. pen. n. 3152/1987
La recidiva non è compresa nelle circostanze aggravanti che rendono il reato di truffa perseguibile d'ufficio, in quanto essa, inerendo esclusivamente alla persona del colpevole, non incide sul fatto-reato.
Cass. pen. n. 12131/1985
Per stabilire in concreto l'aumento massimo di pena detentiva per effetto di una recidiva integrata soltanto da condanne a pena pecuniaria, deve operarsi il ragguaglio tra queste ultime secondo la regola dell'art. 135 c.p., come modificato dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Cass. pen. n. 8492/1985
In applicazione dell'ultimo comma dell'art. 99 c.p., anche per determinare il termine di prescrizione, l'aumento di pena per la recidiva in nessun caso può superare il cumulo delle pene risultanti dalla somma delle condanne precedenti, comprese anche quelle a pena pecuniaria ragguagliata a pena detentiva ex art. 135 c.p.
Cass. pen. n. 8346/1984
Ai fini di un corretto accertamento della recidiva è necessario che il giudice soffermi il suo esame sul rapporto esistente tra la precedente condanna e quella che va ad infliggere, onde stabilire se la precedente condanna criminosa esprima una persistenza di stimoli criminogeni e, quindi, una perdurante inclinazione al delitto, considerata idonea ad influire nella commissione della ultima condotta penalmente rilevante.
Cass. pen. n. 10248/1983
In tema di recidiva, l'art. 99 c.p., nel testo sostituito dall'art. 9 d.l. 11 aprile 1974, n. 99, convertito in legge 7 giugno 1974, n. 220, dà facoltà al giudice non di escludere la circostanza, ma di non apportare gli aumenti di pena che da essa dovrebbero conseguire. Pertanto, vi è obbligo di motivazione solo quando la recidiva venga esclusa e non anche quando venga ritenuta.
Cass. pen. n. 2031/1983
In base alla normativa sulla recidiva introdotta con la “novella” n. 220 del 1974, il giudice ha la facoltà di escludere la recidiva, che nonostante la particolare natura di qualificazione giuridica inerente alla persona del colpevole, riceve nel vigente ordinamento penale un trattamento giuridico del tutto identico a quello previsto in generale per le circostanze aggravanti del reato.
Cass. pen. n. 7776/1981
Le più favorevoli disposizioni contenute nell'ultimo comma del nuovo testo dell'art. 99 c.p. pur se sopravvenute dopo la commissione dei reati, sono ugualmente applicabili all'imputato.
Cass. pen. n. 4238/1981
L'aumento di pena per la recidiva non può superare il cumulo delle precedenti condanne riportate dall'imputato, ed è questo il limite da tenere presente ai fini del computo della pena edittale. Tale limite, infatti, opera in astratto e costituisce deroga al principio dell'aumento proporzionale della pena base previsto per le singole specie di recidiva.
Cass. pen. n. 3662/1981
Il requisito minimo per la validità della contestazione della recidiva è il richiamo all'art. 99 c.p. ovvero la menzione di «recidiva» senza l'indicazione del relativo articolo, giacché la recidiva è una situazione giuridica personale dell'imputato. (Fattispecie in cui è stata esclusa come valida contestazione la seguente frase: «il pretore fa presente che l'imputato ha numerosi precedenti penali», senza alcun riferimento all'art. 99 c.p. o alla recidiva).
Cass. pen. n. 13582/1978
L'eterogeneità tra le pene comminate da precedenti condanne e la pena comminata con la nuova condanna non impedisce l'applicazione dell'aumento per la recidiva contestata, nei limiti fissati dall'ultimo comma dell'art. 99 c.p., nel senso cioè che l'aumento stesso non può superare il cumulo delle pene risultante dalle condanne precedenti, effettuandosi il ragguaglio fra le pene pecuniarie e quelle detentive di cui all'art. 135 c.p.