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Art. 158 — Decorrenza del termine della prescrizione

Art. 158 — Decorrenza del termine della prescrizione

Il termine della prescrizione decorre, per il reato consumato, dal giorno della consumazione; per il reato tentato, dal giorno in cui è cessata l’attività del colpevole; per il reato permanente, dal giorno in cui è cessata la permanenza.

Quando la legge fa dipendere la punibilità del reato dal verificarsi di una condizione, il termine della prescrizione decorre dal giorno in cui la condizione si è verificata. Nondimeno, nei reati punibili a querela, istanza o richiesta il termine della prescrizione decorre dal giorno del commesso reato.

Per i reati previsti dall’articolo 392, comma 1-bis, del Codice di procedura penale, se commessi nei confronti di minore, il termine della prescrizione decorre dal compimento del diciottesimo anno di età della persona offesa, salvo che l’azione penale sia stata esercitata precedentemente. In quest’ultimo caso il termine di prescrizione decorre dall’acquisizione della notizia di reato.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 46287/2016

Il reato di esercizio abusivo di attività finanziaria, di cui all’art. 132, D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, ha natura di reato istantaneo e si consuma con la concessione e l’erogazione di ciascun finanziamento. (Fattispecie in cui la Corte, in applicazione del principio, ha annullato con rinvio la sentenza impugnata ai fini della valutazione della decorrenza del termine di prescrizione in relazione ai singoli episodi di finanziamento).

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Cass. pen. n. 24691/2016

In tema di reati tributari, il termine di prescrizione del reato di omessa dichiarazione, di cui all’art. 5, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, decorre non dal giorno in cui l’accertamento del debito di imposta diviene definitivo, ma dal novantunesimo giorno successivo alla scadenza del termine ultimo stabilito dalla legge per la presentazione della dichiarazione annuale.

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Cass. pen. n. 20432/2015

Ai fini del computo della prescrizione rileva il momento della lettura del dispositivo della sentenza di condanna e non quello successivo del deposito della stessa. (In applicazione del principio, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso che deduceva l’intervenuta estinzione del reato per decorso del termine della prescrizione, essendo il medesimo maturato dopo la pronuncia della sentenza, anche se prima della data di notificazione dell’estratto della decisione all’imputato contumace).

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Cass. pen. n. 2857/2014

Il reato di esercizio non autorizzato di intermediazione o interposizione di manodopera non è scindibile in una serie di fatti distinti in relazione ad ogni lavoratore e ad ogni giornata lavorativa, ma ha natura di reato permanente che si protrae unitariamente sino a quando cessa la somministrazione abusiva, in quanto la disposizione incriminatrice ha ad oggetto la tutela dell’intero rapporto di lavoro, che il legislatore ha inteso sottrarre nel suo complesso ad ingerenze di terzi, e non solo della sua fase costitutiva.

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Cass. pen. n. 28712/2013

La regola prevista dall’art. 158 c.p. nel testo vigente prima delle modifiche introdotte dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251 secondo la quale il termine di prescrizione del reato decorre dal giorno in cui è cessata la continuazione, è applicabile anche nell’ipotesi in cui la sussistenza del vincolo della continuazione, non enunciata nella formale contestazione, sia stata individuata in sentenza, poichè, fino a quando non sia stato compiutamente accertato il giorno dal quale detto termine decorre, non è consentita la declaratoria immediata di estinzione del reato ex art. 129 c.p.p..

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Cass. pen. n. 13414/2013

Il “dies a quo”da cui decorre il termine di prescrizione della pena, oggetto di sospensione condizionale poi revocata, coincide con il giorno in cui è passata in giudicato la decisione che ha disposto la revoca del beneficio e non dal momento in cui è stato commesso il reato che ha dato luogo alla revoca medesima. (La Suprema Corte ha affermato il suddetto principio ritenendo che, sebbene in tal modo l’eventuale ritardo con cui venga accertata la causa della revoca danneggi il condannato, deve prevalere l’interesse generale alla certezza dei rapporti giuridici).

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Cass. pen. n. 12931/2012

Il decreto penale di condanna interrompe la permanenza del reato dal momento della notifica all’imputato, a nulla rilevando il fatto che, a seguito dell’opposizione e della comparizione in udienza di quest’ultimo, il decreto sia stato revocato.

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Cass. pen. n. 16609/2011

Ai fini della decorrenza del termine di prescrizione del delitto tentato ha rilievo non il giorno in cui la condotta illecita viene scoperta o comunque il reato non può essere più consumato per cause indipendenti dalla volontà dell’agente, bensì il giorno in cui il reo ha compiuto l’ultimo atto integrante la fattispecie tentata.

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Cass. pen. n. 42043/2010

In tema di prescrizione, la più favorevole disciplina contenuta nella L. n. 251 del 2005 non trova applicazione nei procedimenti nei quali, al momento di entrata in vigore della legge, è già stata pronunciata la sentenza conclusiva del primo grado del giudizio, anche quando quest’ultima sia di assoluzione.

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Cass. pen. n. 47008/2009

Ai fini dell’operatività delle disposizioni transitorie della nuova disciplina della prescrizione, la pronuncia della sentenza di condanna di primo grado determina la pendenza in grado d’appello del procedimento, ostativa all’applicazione retroattiva delle norme più favorevoli.

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Cass. pen. n. 40026/2008

Nel caso di reato permanente la cui condotta si sia interrotta e, successivamente, sia ripresa, la prescrizione inizia a decorrere dal momento di cessazione finale della condotta.

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Cass. pen. n. 34505/2008

In caso di reato continuato, qualora debba farsi applicazione della disciplina più favorevole dettata, per la prescrizione del reato, dall’art. 158 c.p., come modificato dalla L. 5 dicembre 2005 n. 251, il termine iniziale della prescrizione non può essere individuato, per tutte le violazioni, in quello dell’inizio della condotta criminosa, e cioè in quello della commissione della prima di esse, ma va fissato, per ciascuna, nella relativa data di consumazione.

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Cass. pen. n. 24330/2008

In tema di prescrizione, ai fini dell’applicabilità della disciplina transitoria di cui all’art. 10, L. 7 dicembre 2005, n. 251, il momento della «pendenza » del giudizio di appello non coincide con quello della presentazione dell’atto di impugnazione ma con quello della iscrizione del processo nel registro della Corte d’Appello, in quanto il momento centrale e fondamentale del passaggio da una fase processuale all’altra è rappresentato, rispettivamente, dalla trasmissione e dalla ricezione del fascicolo.

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Cass. pen. n. 41965/2007

In tema di prescrizione del reato, la sentenza della Corte costituzionale n. 393 del 2006 non comporta un’applicazione indistinta della previsione di cui all’art. 6 L. n. 251 del 2005, avendola limitata ai procedimenti pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore della legge. (La Corte ha precisato che, con la pronuncia della sentenza, il giudizio di primo grado è definitivamente concluso e che la proposizione dell’atto di appello determina automaticamente la competenza del giudice di appello a conoscere del processo).

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Cass. pen. n. 19584/2006

In tema di prescrizione del reato, la disciplina transitoria dettata dall’art. 10, comma terzo, della L. 5 dicembre 2005 n. 251, nella parte in cui esclude l’applicabilità dei termini che risultino più brevi per effetto delle nuove disposizioni qualora trattisi di processi già pendenti, alla data di entrata in vigore di detta legge, in appello o in cassazione o per i quali vi fosse già stata, se pendenti in primo grado, dichiarazione di apertura del dibattimento, va interpretata nel senso che l’esclusione investe non soltanto le disposizioni che stabiliscono i nuovi criteri di calcolo dei termini prescrizionali, ma anche tutte le altre disposizioni che hanno come conseguenza la riduzione di detti termini, tra cui, in particolare, quella che, avendo eliminato, nell’art. 158 c.p., il riferimento alla continuazione, ha fatto sì che anche in caso di reati uniti da tale vincolo la prescrizione decorra dalla data di commissione di ciascuno di essi e non più dalla data di cessazione della continuazione.

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Cass. pen. n. 14589/2006

In tema di reato associativo, la declaratoria di improcedibilità dell’azione penale in relazione ad una parte del periodo di adesione al vincolo associativo interrompe la permanenza del reato per il periodo corrispondente, precludendo la possibilità che in relazione alla condotta associativa svoltasi in quell’arco di tempo possa essere pronunciata condanna nei confronti dell’imputato, ma non ha l’effetto di impedire che gli elementi di fatto relativi a tale periodo possano essere valutati come prova ai fini della sussistenza del reato associativo con riferimento al tempo residuo di permanenza.

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Cass. pen. n. 9589/2006

In tema di prescrizione, la disciplina transitoria prevista dall’art. 10, comma terzo, L. 5 dicembre 2005, n. 251, secondo la quale le «nuove disposizioni» non si applicano ai processi già pendenti in primo grado ove vi sia stata la dichiarazione di apertura del dibattimento nonché ai processi pendenti in grado di appello o avanti alla Corte di cassazione, si riferisce non soltanto alle nuove regole sulla durata dei termini di prescrizione, ma anche alle nuove disposizioni sul reato continuato e sulla sospensione e interruzione del corso della prescrizione.

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Cass. pen. n. 43006/2005

La prescrizione del reato continuato inizia a decorrere dalla consumazione dell’ultimo dei reati uniti dal vincolo della continuazione, fermo restando il tempo di prescrizione proprio di ciascun reato, anche nell’ipotesi in cui il vincolo della continuazione, non riconosciuto nella originaria contestazione, venga poi ritenuto in sentenza, a meno che il giudice abbia pronunciato sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell’art. 129 c.p.p. giacché in tal caso non è più possibile recuperare il reato già dichiarato estinto e ritenerlo in continuazione con altri.

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Cass. pen. n. 24527/2005

Con riferimento al reato continuato, l’inizio del termine di prescrizione coincide con l’esaurimento della condotta, come previsto dall’art. 158 c.p. anche nell’ipotesi in cui il vincolo della continuazione non sia stato formalmente contestato, ma sia stato successivamente riconosciuto in sentenza.

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Cass. pen. n. 46546/2004

In tema di prescrizione di reati, l’art. 158, primo comma c.p. ricollega l’inizio del decorso della prescrizione alla cessazione della continuazione, considerando il reato continuato come un’unità reale, non suscettibile di scomposizione nei singoli reati che la compongono, siano essi istantanei o permanenti, sicché la prescrizione inizia a decorrere dalla cessazione della continuazione per tutti i reati unificati nella complessa figura prevista dall’art. 81 cpv c.p. e, quindi, dalla consumazione dell’ultimo dei reati che entrano in continuazione, fermo restando il periodo prescrittivo proprio di ciascun reato.

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Cass. pen. n. 16023/2004

La prescrizione del reato continuato inizia a decorrere dalla consumazione dell’ultimo dei reati uniti dal vincolo della continuazione, fermo restando il periodo prescrittivo proprio di ciascun reato. Tale vincolo non è scindibile, quando la unificazione delle diverse figure criminose è stata dichiarata antecedentemente al decorso del termine prescrizionale per una o piú di esse; di contro, il giudice ha l’obbligo — ai sensi dell’art.129 c.p.p. — dell’immediata declaratoria della prescrizione del singolo reato, che risulti già maturata nel momento in cui verifica le condizioni per il riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati contestati: in tal caso il reato prescritto non può sopravvivere attraverso la fictio iuris ex art. 81 comma secondo c.p..

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Cass. pen. n. 6840/2004

Qualora, con riferimento ad un reato permanente, nel capo di imputazione risulti indicata soltanto la data della denuncia e non anche quella di cessazione della condotta illecita, deve ritenersi che la consumazione del reato si sia protratta sino alla data indicata nell’imputazione (principio affermato in tema di prescrizione ai fini dell’accertamento della decorrenza del termine utile per il maturarsi della stessa).

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Cass. pen. n. 2843/2004

Il termine di prescrizione, nel caso di reato permanente la cui condotta costitutiva non risulti cessata in precedenza, decorre dalla data della sentenza di condanna in primo grado. (Fattispecie in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare).

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Cass. pen. n. 42790/2003

In riferimento al reato continuato, l’inizio del termine di prescrizione coincide con l’esaurimento della condotta, come previsto dall’art. 158 c.p. anche nell’ipotesi in cui il vincolo della continuazione non sia stato formalmente contestato, ma sia stato successivamente riconosciuto in sentenza.

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Cass. pen. n. 37432/2003

In caso di incertezza nella determinazione del tempus commissi delicti il termine di decorrenza della prescrizione va computato nel modo che risulti più vantaggioso per l’imputato, posto che il principio in dubio pro reo trova applicazione anche in tema di cause di estinzione del reato.

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Cass. pen. n. 32136/2002

In tema di prescrizione, nonostante che l’art. 158 c.p., per il caso di continuazione, faccia decorrere il relativo termine, per ciascun reato, dalla data in cui la continuazione è cessata, deve ritenersi che, qualora sia ravvisabile, al momento del giudizio, l’unicità del disegno criminoso fra i vari reati “singolarmente” contestati, ma per alcuni di essi sia già maturato il termine prescrizionale, debba, con riguardo agli stessi, prevalere la causa di non punibilità e ne vada quindi dichiarata l’estinzione per intervenuta prescrizione. (Mass. redaz.).

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Cass. pen. n. 5097/2000

Nell’ipotesi di riconoscimento della continuazione, può essere escluso il cumulo giuridico conseguente quando esso risulti più gravoso rispetto al cumulo materiale delle pene; ma non può essere escluso l’accertamento di sussistenza dell’unicità del disegno criminoso, per il fatto che la decorrenza del termine prescrizionale di ciascun reato decorre dalla data di cessazione della continuazione ai sensi dell’art. 158 c.p. Difatti, nel primo caso, la continuazione non può conseguire un effetto in contrasto con la sua ragione di previsione, che è quella di stabilire una pena unitaria per l’unicità ritenuta del reato, escludendo il cumulo materiale. Nel secondo invece, essa non può essere disapplicata per un vantaggio non correlato a tale ragione di previsione, dal momento che l’art. 158 c.p. presume proprio la statuizione di unicità del reato.

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Cass. pen. n. 11430/1999

In tema di prescrizione, l’epoca di consumazione del reato può essere desunta anche da indizi gravi, precisi e concordanti e da nozioni di comune esperienza. Pertanto in tema di violazioni di sigilli e di agevolazione colposa, può ritenersi in virtù di considerazioni logiche (l’inosservanza dei doveri imposti avviene a distanza di qualche tempo), di fatti notori (sospensione dell’attività edilizia durante il periodo natalizio), di massime di esperienza (l’accertamento viene effettuato tempestivamente a seguito, per lo più, di denuncia anonima) che il momento consumativo del delitto coincida con quello dell’accertamento, salva l’esistenza di ipotesi anomale e particolari da provare rigorosamente, che intaccano la detta presunzione rendendo almeno dubbia l’epoca di commissione dei fatti. (Fattispecie di agevolazione colposa in cui i sigilli erano stati apposti il 4 dicembre e la violazione era stata accertata il successivo 19 gennaio).

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Cass. pen. n. 10640/1999

Deve assegnarsi valore esclusivamente processuale e non di inversione dell’onere della prova alla regola secondo cui, qualora la contestazione di un reato permanente (nella specie, costruzione senza l’osservanza delle disposizioni tecniche previste dalla normativa antisismica), sia formulata con il semplice richiamo alla data di accertamento dell’illecito, non occorre che vengano specificati gli ulteriori momenti di verifica della violazione. Mentre, quindi, in base a detta regola, qualora dagli atti emerga la prova che la condotta illecità è proseguita anche dopo la data dell’accertamento, il giudice può tenerne conto, anche in assenza di ulteriore contestazione, lo stesso giudice non può, invece, mancando la suddetta prova, assegnare all’imputato il compito di dimostrare che egli non ha perseverato nell’illecito ma deve piuttosto ritenere, per il principio in dubio pro reo, che vi sia stata desistenza, assumendo quindi, come data di consumazione del reato, anche ai fini della prescrizione, quella dell’accertamento.

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Cass. pen. n. 7878/1999

In tema di prescrizione dei reati, l’articolo 158, primo comma, c.p. ricollega l’inizio del decorso della prescrizione alla cessazione della continuazione e della permanenza, da un canto considerato il reato continuato come un’unità reale, non suscettibile di scomposizione nei singoli reati che la compongono, siano essi istantanei o permanenti, sicché la prescrizione inizia a decorrere dalla cessazione della continuazione per tutti i reati unificati nella complessa figura prevista dall’articolo 81 cpv. c.p. e, quindi, dalla consumazione dell’ultimo dei reati che entrano in continuazione, fermo restando il periodo prescrittivo proprio di ciascun reato; e dall’altro, che nel caso di reato a condotta permanente la prescrizione inizia il suo decorso dalla cessazione della permanenza della condotta criminosa, che si realizza o con l’esaurimento di essa per il conseguimento dell’oggetto, cioè per la verificazione dell’evento o a seguito dell’eliminazione del carattere antigiuridico della condotta stessa, o per effetto della desistenza dell’autore o per l’intervento preventivo dell’autorità giudiziaria, oppure con la sentenza di condanna pronunciata in primo grado o a seguito dell’impugnazione da parte del P.M. della sentenza di proscioglimento.

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Cass. pen. n. 4171/1999

In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, la prescrizione del reato decorre dal compimento dell’azione che interrompe la condotta illecita oppure con la pronuncia della sentenza di primo grado, trattandosi di reato permanente che si protrae nel tempo a causa del perdurare della condotta del reo.

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Cass. pen. n. 215/1999

Atteso il carattere generalmente permanente delle violazioni della normativa in materia di prevenzione degli infortuni e di igiene nei luoghi di lavoro, deve ritenersi, nel caso di più violazioni unificate sotto il vincolo della continuazione, che, mancando una prova rigorosa del totale adempimento di tutte le prescrizioni violate, la cessazione della loro permanenza, ai fini del decorso del termine prescrizionale, vada fatta coincidere con la pronuncia della sentenza di primo grado.

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Cass. pen. n. 12913/1998

Nel caso in cui sia contestato un reato permanente con l’indicazione della sola epoca dell’accertamento, si deve distinguere, ai fini del termine iniziale della prescrizione, tra reati necessariamente permanente e non. Nel caso di reati eventualmente permanenti, qualora risulti dalla sentenza o dagli atti processuali ovvero da prove logiche la protrazione della permanenza oltre la data della contestazione riferita al momento dell’accertamento, sarà possibile, senza necessità di contestazioni suppletive, ritenere il tempus commissi delicti fino al momento della pronuncia di primo grado o a quello minore rilevabile ex actis, mentre ove nulla risulti varrà la data della contestazione. Viceversa, nel caso di reato necessariamente permanente l’epoca di commissione va fissata al momento della decisione di primo grado. (Nella specie si verteva in ipotesi di numerose violazioni della normativa sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, ritenute reati eventualmente permanenti: non potendosi escludere che subito dopo l’accertamento delle violazioni si fosse provveduto a eliminarle si è fatto decorrere il termine prescrizionale dalla data dell’accertamento).

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Cass. pen. n. 8787/1998

In tema di prescrizione del reato, ove il momento di cessazione della permanenza venga indicato in imputazione con il riferimento al solo mese, e cioè con formule quali «fino al mese di…», per il principio del favore rei la consumazione deve essere individuata nel primo giorno del mese indicato.

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Cass. pen. n. 4698/1998

Il decorso del termine di prescrizione inizia, per i reati consumati, dal giorno in cui si è esaurita la condotta illecita e, quindi, il computo incomincia con le ore zero del giorno successivo a quello in cui si è manifestata compiutamente la previsione criminosa e termina alle ore ventiquattro del giorno finale calcolato secondo il calendario comune.

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Cass. pen. n. 11221/1997

Nel caso di reato permanente, quale che sia la formulazione del capo di imputazione, la permanenza non cessa con la sentenza di primo grado. Ne consegue che, qualora l’imputazione indichi soltanto la data in cui il reato addebitato è stato accertato, a tale data occorre far riferimento per individuare il momento di cessazione della permanenza e quindi, a norma dell’art. 158 c.p., l’inizio della decorrenza della prescrizione.

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Cass. pen. n. 8903/1997

Il reato di cui all’art. 221 Tuls, che consiste nell’utilizzazione dell’immobile senza licenza d’abitabilità, cioè nel tenere una condotta positiva in assenza del provvedimento abilitativo, è permanente fino al momento in cui sopravviene l’autorizzazione ovvero cessa la condotta: trattandosi, però, di un reato commissivo, la prosecuzione dell’attività vietata deve, da un lato, risultare dall’imputazione e, dall’altro, essere accertata in punto di fatto. Pertanto, nell’ipotesi in cui sia precisata soltanto l’epoca dell’accertamento, il giudice, qualora non emerga dagli atti la prova del permanere della condotta – in applicazione del principio in dubio pro reo, esplicazione di quello più ampio del favor rei – non può avvalersi di una mera presunzione di carattere teorico, che ne aggancia la cessazione alla pronuncia di primo grado, senza alcun richiamo ad un testuale dettato normativo, ma deve arrestare la conoscenza dei fatti a quella data che è stata portata a conoscenza dell’imputato e sulla quale lo stesso ha avuto modo di difendersi. (Nella specie la S.C., osservato che risultava dal testo della sentenza di primo grado che i lavori erano stati ultimati; che l’utilizzazione dell’immobile successivamente alla data della contestazione era desumibile dal rilievo secondo cui il decreto di citazione del giudizio d’appello era stato notificato proprio nel luogo ove è sita l’opera abusiva, ne faceva derivare la necessità di fare riferimento alla data della sentenza di primo grado).

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Cass. pen. n. 7475/1996

Il reato di omessa annotazione di corrispettivi nelle scritture contabili è un reato a consumazione anticipata, in quanto il legislatore ha fissato il suo perfezionarsi con la mancata iscrizione, considerando la successiva condotta come un post factum non punibile. Ne deriva che da quel momento decorre il termine di prescrizione.

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Cass. pen. n. 2780/1996

In tema di reato continuato, il termine di prescrizione decorre dal giorno in cui è cessata la continuazione, ma il tempo necessario a prescrivere è quello previsto per i singoli reati in continuazione.

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Cass. pen. n. 561/1996

Il reato di abitazione di immobile senza preventivo rilascio dell’autorizzazione sanitaria di cui all’art. 221 R.D. 27 luglio 1934 n. 1265 è a consumazione permanente. La permanenza, tuttavia, cessa o con il conseguimento dell’autorizzazione sanitaria o con la desistenza dell’utilizzazione dell’immobile, o, infine, con la sentenza di condanna pronunciata in primo grado o a seguito di esito favorevole dell’impugnazione della sentenza di proscioglimento proposta dal P.M. Soltanto da tale cessazione, che va accertata in concreto, può iniziare, perciò, a decorrere il termine prescrizionale.

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Cass. pen. n. 12212/1995

Il reato di lottizzazione abusiva è reato progressivo nell’evento che giunge a compimento solo con l’ultimazione delle costruzioni, sicché anche quando le attività di edificazione siano portate a termine da persone diverse da quelle che hanno proceduto alla lottizzazione, la permanenza cessa solo quando l’intero programma di lottizzazione viene attuato e cioè all’epoca di ultimazione della ultima opera sia essa una costruzione abusiva o un’urbanizzazione primaria o secondaria. Conseguentemente solo da tale momento può computarsi il termine necessario per la prescrizione del reato.

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Cass. pen. n. 9293/1995

La contravvenzione prevista e punita dall’art. 674 c.p., quando abbia per oggetto l’illegittima emissione di gas, di vapori, di fumi atti ad offendere o imbrattare o molestare le persone, connessa all’esercizio di attività economiche e legata al ciclo produttivo, assume il carattere della permanenza, non potendosi ravvisare la consumazione di definiti episodi in ogni singola emissione di durata temporale non sempre individuabile. Ne segue che, se la sentenza di primo grado abbia accertato la permanente attualità dell’attività produttiva in termini non diversi da quelli del momento della contestazione, quanto a strumenti della produzione, la permanenza nel reato deve ritenersi cessata solo con la pronuncia di detta sentenza, ed il termine prescrizionale, di cui all’art. 158 c.p., comincia a decorrere dalla data di siffatta decisione.

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Cass. pen. n. 327/1995

Qualora, con riferimento ad un reato permanente, nel capo di imputazione risulti indicata soltanto la data della denuncia e non ancora quella di cessazione della condotta illecita, deve ritenersi che la consumazione del reato si sia protratta sino alla data della pronuncia di primo grado. (Principio affermato in tema di prescrizione ai fini dell’accertamento della decorrenza del termine utile per il maturarsi della stessa).

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Cass. pen. n. 3376/1995

Nel reato permanente, il protrarsi del periodo consumativo ad opera dell’agente comporta, in caso di successione di leggi penali che puniscano più severamente il fatto criminoso, l’applicazione della legge nel cui ambito temporale di vigenza ricada un segmento della condotta antigiuridica. (Nella fattispecie, si trattava di inosservanza dell’obbligo di soggiorno e la corte di merito, riformando sul punto la sentenza del tribunale impugnata dal competente P.G., aveva osservato che la sopraggiunta L. 13 settembre 1982, n. 646 oltre la quale si era ulteriormente protratta la condotta antigiuridica dell’imputato, aveva trasformato la violazione de qua, da reato contravvenzionale a delitto punito con pena massima di anni cinque di reclusione, e che pertanto non era ancora decorso il corrispondente termine massimo di prescrizione di quindici anni. La Suprema Corte ha rigettato, sul punto, il ricorso proposto dall’imputato ed ha enunciato il principio di cui sopra).

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Cass. pen. n. 5565/1995

Ai fini della revoca dell’indulto, ai sensi dell’art. 4, D.P.R. 22 dicembre 1990, n. 394, nel caso di condanna per delitto commesso entro i cinque anni dall’entrata in vigore del medesimo decreto del Presidente della Repubblica, deve ritenersi — in base alla regola desumibile dall’art. 158 c.p. — che sussista la detta condizione nel caso trattisi di reato permanente (nella specie, associazione per delinquere di tipo mafioso), la cui permanenza, ancorché iniziata in epoca antecedente, sia cessata nell’ambito dell’arco temporale sopra menzionato.

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Cass. pen. n. 11675/1994

Il controllo degli organi tributari, eseguibile entro il quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione dei redditi (arg. ex art. 43, comma 1, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600), ha tra l’altro, ad oggetto la documentazione contabile. Pertanto l’illecito, consistente nell’inserimento nella contabilità aziendale delle bolle alterate o contraffatte, ovvero nell’occultamento di documenti (che si traduce nella omessa esibizione) con lo scopo della evasione fiscale, perdura fino a quando il controllo fiscale sia, in conformità alla legge, consentito agli organi tributari. In tal modo sono delineati gli estremi della ipotesi di reato permanente, perdurando la condotta antigiuridica per tutto il tempo in cui la stessa si pone come ostacolo all’accertamento fiscale a norma dell’art. 43 citato, D.P.R. n. 600 del 1973. (Nella specie, relativa ad annullamento con rinvio il P.M. aveva censurato la sentenza, dichiarativa della prescrizione, secondo cui l’utilizzazione — punibile — delle bolle contraffatte si sarebbe esaurita all’epoca della «formazione delle relative fatture» da allegare alla dichiarazione dei redditi).

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Cass. pen. n. 9983/1994

Il reato di cui all’art. 1 sexies legge 8 agosto 1985, n. 431 ha struttura a consumazione istantanea seppure con effetti permanenti, sicché il termine di prescrizione inizia a decorrere dalla ultimazione delle opere modificative dei luoghi sottoposti a vincolo ovvero dalla interruzione, volontaria o coatta, della condotta tipica, da qualsivoglia ragione determinata. Ne discende che quando si sia dato corso alla costruzione di una strada e di una chiudenda e siano stati realizzati lo sterro (con eliminazione di ceppaie) e parte della recinzione, l’opera non può dirsi completata né la condotta esaurita, sicché il termine prescrizionale inizia a decorrere, nella carenza di diverse risultanze, dalla data dell’accertamento. (La Corte ha precisato che la costruzione di una strada si esaurisce con la realizzazione del sedime carrabile che la renda percorribile, mentre la messa in opera di recinzione, pur non potendo ritenersi sicuramente d’insulto all’ambiente in riferimento a parametro d’offensività della condotta, rappresentava, nella fattispecie, una componente della programmata modificazione dei luoghi).

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Cass. pen. n. 5654/1994

Il reato di costruzione senza concessione edilizia deve considerarsi permanente, poiché la condotta dell’agente non si esaurisce con l’inizio dei lavori, ma si protrae per tutta la durata di essi. Infatti, la permanenza cessa con l’ultimazione dei lavori, con la sentenza di primo grado o con il provvedimento di sequestro, che sottrae all’imputato la disponibilità di fatto e di diritto dell’immobile. La detta ultimazione ha luogo quando cessa l’attività illecita, cioè quando vengono portati a termine i lavori di rifinitura, compresi quelli esterni quali gli intonaci e gli infissi. (Nella specie è stato ritenuto che, alla data della sentenza di primo grado, non era ancora decorso il termine di prescrizione dei reati contestati, poiché dal verbale di sequestro risultava che l’opera non era completa in quanto le facciate erano prive di intonaco liscio).

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Cass. pen. n. 4695/1994

Quando ricorra una causa estintiva del reato e vi è incertezza sulla data della consumazione del reato stesso, il dubbio va risolto in senso favorevole all’imputato.

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Cass. pen. n. 72/1994

Attesa la natura del reato permanente, in cui la condotta e l’evento si presentano come un complesso unitario sostenuto dalla volontà di protrarre nel tempo la violazione, le cause estintive del reato operano sullo stesso soltanto se la permanenza sia cessata. (Nella specie la Cassazione ha ritenuto che a seguito dell’oblazione prevista dall’art. 38, L. n. 47 del 1985, si fossero estinti il reato edilizio ed altri connessi, rientranti tra quelli considerati dalla succitata norma, salvo quello di cui all’art. 221 T.U. leggi sanitarie, giacché la consumazione di questo si era protratta anche dopo il verificarsi della causa estintiva in parola, e, conseguentemente in ordine a tale reato nonché a quello di cui all’art. 734 c.p., con esso legato dal nesso della continuazione, e che, in mancanza di tale nesso, sarebbe, invece, risultato estinto per prescrizione).

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Cass. pen. n. 5336/1993

In tema di prescrizione, come si desume chiaramente dall’art. 531, secondo comma, c.p.p., se vi sia incertezza circa il tempus commissi delicti, il termine di decorrenza va computato secondo il maggior vantaggio per l’imputato. Deve, pertanto, essere dichiarata l’estinzione del reato anche quando vi sia incertezza sulla data di consumazione del reato stesso o comunque sul momento iniziale del termine di prescrizione. (Applicazione in tema di violazione di sigilli).

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Cass. pen. n. 10404/1992

La disciplina della decorrenza della prescrizione nell’ipotesi di reato continuato risulta prevista dall’art. 158 comma primo c.p., in virtù del quale detto termine non può iniziare a decorrere fino a quando il reato, rispetto alle componenti del suo iter criminoso, non sia stato realizzato, in conformità al parametro indicato nell’art. 81 cpv. c.p. Ne consegue che la cessazione della continuazione costituisce il termine iniziale della prescrizione per tutti i reati unificati nell’organica figura dell’art. 81 cpv. cit., pur risultando immutato il termine prescrizionale proprio di ciascun reato componente della complessiva fattispecie.

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Cass. pen. n. 2865/1992

Il principio del favor rei (per cui nel dubbio sulla data di decorrenza del termine di prescrizione, il momento iniziale va fissato in modo che risulti più favorevole all’imputato), in tema di cause di estinzione del reato, va applicato solo in caso di incertezza assoluta sulla data di commissione de reato o, comunque, sull’inizio del termine di prescrizione, ma non quando sia possibile eliminare tale incertezza anche se attraverso deduzioni logiche, del tutto ammissibili. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso, per ciò che concerne il periodo di commissione del reato la Suprema Corte ha osservato che «la sentenza impugnata risulta immune da censure avendo ritenuto che l’imputato dovette ricevere l’auto rubata in «epoca prossima alla data del dicembre 76», proprio perché il ricettatore non detiene a lungo una vettura di provenienza furtiva prima di rivenderla, ma, «ricevendola al fine di cederla ad altri, compie il primo atto poco prima del secondo, sia per fini speculativi sia per garantirsi l’impunità»).

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Cass. pen. n. 5486/1991

Allorché la data del commesso reato, rilevante ai fini dell’applicazione di una causa di estinzione, sia incerta, occorre riferirsi a quella — tra le molteplici date possibili — che sia più favorevole per l’imputato. (Fattispecie in tema di prescrizione).

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