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Art. 340 — Interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità

Art. 340 — Interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità

Chiunque, fuori dei casi preveduti da particolari disposizioni di legge [ 330, 331, 431, 432, 433 ], cagiona una interruzione o turba la regolarità di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità, è punito con la reclusione fino a un anno.

Quando la condotta di cui al primo comma è posta in essere nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, si applica la reclusione fino a due anni.

I capi, promotori od organizzatori sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 15388/2014

Integra l’elemento oggettivo del reato previsto dall’art. 340 c.p. qualsiasi comportamento che provochi l’interruzione o turbi il regolare svolgimento di un servizio pubblico; né rileva che l’interruzione sia definitiva o il turbamento totale, essendo sufficiente, a tal fine, anche un’interruzione momentanea, purché di durata non irrilevante, o un turbamento relativo, purché non insignificante. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito ha affermato la responsabilità, in ordine al reato di cui all’art. 340 c.p., dell’imputato, il quale aveva aggredito una guardia medica, provocandogli lesioni, con conseguente necessità della sostituzione da parte di altro collega nello svolgimento del servizio; in motivazione la S.C. ha affermato che la sostituzione, pur attivata tempestivamente, non esclude la sussistenza del reato in questione, in quanto è già consumata l’offesa all’interesse protetto).

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Cass. pen. n. 39219/2013

Integra il reato di interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di pubblica necessità anche la condotta che, coinvolgendo solo un settore dell’attività svolta, determini un’alterazione temporanea della regolarità dell’ufficio o del servizio, purché oggettivamente apprezzabile. (Fattispecie relativa al mancato rispetto, in due distinte occasioni in cui vi era urgente necessità di esami ematici, dei turni di pronta reperibilità ospedaliera da parte di un tecnico di laboratorio biomedico).

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Cass. pen. n. 34733/2011

Integra il tentativo di interruzione di un pubblico servizio la condotta posta in essere dal proprietario di un’autovettura che parcheggi la stessa in una posizione tale da impedire o comunque ostacolare grandemente il transito di un’autoambulanza, determinando in tal modo un ritardo nella prestazione del servizio.

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Cass. pen. n. 1555/2011

Integra il delitto di interruzione di pubblico servizio la condotta di un gruppo di manifestanti che, dopo essersi introdotto nella sede di un ente pubblico territoriale, impedisca di fatto per un apprezzabile periodo di tempo l’espletamento del servizio di portineria e compia altresì atti vandalici tali da provocare l’attivazione dell’allarme antincendio.

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Cass. pen. n. 9074/2010

Integra il reato di cui all’art. 340 c.p. l’interruzione delle operazioni elettorali presso i seggi in modo da turbarne la regolarità, atteso che il servizio elettorale è servizio pubblico nel senso inteso dalla norma incriminatrice citata. (Fattispecie in cui un candidato alle elezioni comunali ed alcuni suoi sostenitori erano penetrati nel seggio a scrutinio completato, contestando con veemenza al presidente dello stesso l’eccessivo numero di schede di cui aveva deciso l’annullamento, così interrompendo per alcuni minuti, fino all’intervento della forza pubblica, le operazioni di redazione dei verbali elettorali).

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Cass. pen. n. 27997/2009

Integra il reato di interruzione di un servizio di pubblica necessità (art. 340 c.p.) la condotta di colui che ostacoli le operazioni di bonifica di un’area – disposte per ragioni di igiene e di sicurezza pubblica – impedendovi l’accesso agli incaricati della ditta appaltatrice e ai tecnici comunali, costretti a chiedere, per proseguire nei lavori, l’intervento della Forza Pubblica, intervento che esclude che la durata dell’interruzione e l’entità del turbamento siano da considerare irrilevanti.

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Cass. pen. n. 26569/2008

Integra il reato previsto dall’art. 340 c.p. la condotta di colui che turbi la regolarità di un servizio giornalistico trasmesso in diretta dalla RAI, ponendosi alle spalle della giornalista e spintonando le persone intervistate, così da costringere l’operatore della telecamera a restringere il campo visivo alla sola persona della giornalista, vanificando di conseguenza il significato della ripresa in diretta.

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Cass. pen. n. 35399/2006

Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 340 c.p. (interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità), è necessario che il turbamento della regolarità dell’ufficio si riferisca ad un’alterazione del funzionamento, ancorché temporanea, intesa nel suo complesso e non all’alterazione di una singola funzione o prestazione rapportata ad un determinato momento, che, in quanto tale, non ha alcuna incidenza negativa di apprezzabile valenza, sulla concreta operatività globale dell’ufficio o del servizio e per gli effetti minimali che produce rientra nella fisiologica prevedibilità, tanto da essere agevolmente controllabile con i normali meccanismi di difesa preordinati ad assicurare il costante funzionamento del servizio. (In applicazione di questo principio la S.C. ha ritenuto censurabile la decisione del giudice di merito che ha ritenuto sussistenti gli estremi del delitto di cui all’art. 340 c.p. nella condotta di un soggetto che aveva inseguito una corriera di linea e fermato il conducente, il quale aveva precedentemente urtato la propria autovettura).

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Cass. pen. n. 22422/2005

Il reato previsto dall’art. 340 c.p. tutela non solo l’effettivo funzionamento di un ufficio ovvero di un servizio pubblico o di pubblica necessità, ma anche l’ordinato e regolare svolgimento di esso, sicché ai fini della sussistenza dell’elemento oggettivo non ha rilievo che la interruzione sia stata temporanea o che si sia trattato di un mero turbamento nel regolare svolgimento dell’ufficio o del servizio. (Nella specie è stata confermata la sentenza dei giudici di merito che avevano considerato interruzione di pubblico servizio la condotta di un collaboratore amministrativo del Ministero degli interni che, nel luogo di lavoro, aveva agganciato alla scrivania, con una catena chiusa con lucchetto, un cartello stradale con segnale di pericolo).

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Cass. pen. n. 15636/2005

È configurabile il reato di interruzione di un ufficio o servizio pubblico (art. 340 c.p.) nell’ipotesi in cui il soggetto attivo irrompa negli uffici del Ministero della Funzione pubblica con altri soggetti, facenti parte di una rappresentanza di lavoratori, rimanendovi per circa sei ore, costringendo il Ministro a spostarsi in un’altra stanza, gli agenti della Questura ad intervenire e determinando, pertanto, un rilevante turbamento dell’ordinaria attività dell’ufficio pubblico.

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Cass. pen. n. 47194/2004

Tra la norma che sanziona l’interruzione di pubblico servizio (art. 340 c.p.) e quella che punisce l’inadempimento di contratti per pubbliche forniture (art. 355 c.p.) esiste un rapporto di sussidiarietà, posto che la seconda, pur mirando in via principale alla tutela patrimoniale della P.A., comprende nel proprio oggetto l’interesse concorrente alla continuità del servizio pregiudicato dall’inadempimento, ed esaurisce dunque l’intero disvalore del fatto. Ne consegue che non sussiste concorso di reati, e si applica la sola previsione dell’art. 355 c.p.p., nei casi in cui l’interruzione di un pubblico servizio dipenda da un inadempimento contrattuale dell’agente.

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Cass. pen. n. 37459/2004

Integra il reato di interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di pubblica necessità e non il reato di rifiuto di atti di ufficio la condotta del medico in turno di reperibilità presso una struttura ospedaliera che si renda irraggiungibile al recapito fornito disattivando il telefono cellulare, in quanto non rientra nella previsione dell’art. 328 c.p. la semplice inosservanza di obblighi.

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Cass. pen. n. 47299/2003

Per realizzare la fattispecie prevista dall’art. 340 c.p. è sufficiente determinare col proprio comportamento una alterazione anche temporanea o marginale del funzionamento dell’ufficio o del servizio pubblico con la consapevolezza che l’azione possa cagionare un determinato risultato. (Fattispecie relativa alla condotta di chi aveva parcheggiato la propria automobile in modo da ostacolare lo svolgimento di una gara ciclistica e che sia era rifiutato di rimuoverla nonostante i ripetuti inviti dei pubblici ufficiali in servizio).

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Cass. pen. n. 36354/2003

Ai fini dell’integrazione del reato di cui all’art. 340 c.p., non è necessario il dolo intenzionale essendo sufficiente che l’agente operi con la consapevolezza che il proprio comportamento, anche in via di mera possibilità, determini l’interruzione o il turbamento di un pubblico servizio o di un servizio di pubblica necessità. (Nella specie la Corte ha ritenuto che non sussistesse l’elemento psicologico richiesto, in quanto l’imputato si era premurato di avvertire il reparto presso cui lavorava affinché fossero adottate le opportune determinazioni per sostituirlo, sicché difettava in lui la consapevolezza, anche solo a livello di mera possibilità, che il servizio sarebbe stato turbato).

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Cass. pen. n. 33062/2003

Il reato previsto dall’art. 340 c.p. si configura alternativamente nella condotta di chi cagiona un’interruzione o di chi turba la regolarità di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità, ciò comporta che le due ipotesi alternative nelle quali la fattispecie astratta si prospetta devono ritenersi equivalenti e quindi reciprocamente interpretabili nel senso che l’interruzione dev’essere tale da turbare la regolarità dell’ufficio o servizio e la turbativa si realizza anche con un’interruzione, purché di entità e durata tale da determinarla. (Fattispecie in cui il reato è stato configurato nel caso di un medico legale di turno che si era reso irreperibile e non aveva risposto alla chiamata che chiedeva l’intervento del medico legale in un caso d’impiccagione).
Nel reato di cui all’art. 340 c.p. l’elemento soggettivo non consiste esclusivamente nel dolo diretto, corrispondente alla condotta intenzionalmente diretta a provocare l’interruzione o la turbativa del pubblico ufficio o servizio, essendo rilevante anche il dolo indiretto o eventuale, fondato sulla consapevolezza che l’azione o l’omissione è idonea a cagionare l’evento dell’interruzione o della turbativa e sull’accettazione del rischio della verificazione di esso. Ne consegue che commette il reato di interruzione di un pubblico servizio il medico addetto a un determinato servizio, il quale pur essendo di turno, si renda irreperibile nell’intera giornata lavorativa, provocando con la sua assenza la necessità della sostituzione con altro medico addetto ad altro servizio, potendo tali inconvenienti essere previsti in esito alla condotta.

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Cass. pen. n. 17906/2003

Anche dopo l’abrogazione della fattispecie incriminatrice prevista dall’art. 333 c.p. (abbandono individuale di pubblico ufficio, servizio o lavoro) attuata con L. 12 giugno 1990, n. 416, il delitto di interruzione di pubblico ufficio o servizio, previsto dall’art. 340 c.p., può essere commesso dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di un pubblico servizio che realizzi condotte che individualmente interrompano o comunque turbino il pubblico servizio dallo stesso espletato, in quanto la suddetta depenalizzazione è stata disposta nell’intento di dare un nuovo regolamento alle sole forme di sciopero collettivo nel pubblico servizio.

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Cass. pen. n. 15750/2003

Non è configurabile il reato di interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di pubblica necessità quando l’interruzione riguardi un singolo atto o il turbamento della sua regolarità senza che tale comportamento abbia inciso sulla regolarità complessiva dell’ufficio. (Fattispecie relativa ad avere impedito ad un agente di polizia giudiziaria di accedere nell’abitazione per procedere all’audizione di una persona informata sui fatti per delega del pubblico ministero).

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Cass. pen. n. 35365/2002

Non integra il reato di interruzione di un ufficio o servizio pubblico (art. 340 c.p.) l’indebita interferenza di una emittente radiofonica privata nel segnale emesso da altra emittente privata, ancorché munita di regolare concessione.

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Cass. pen. n. 2203/2001

L’art. 1 bis del D.L.vo 22 gennaio 1948, n. 66, introdotto dall’art. 17 del D.L.vo n. 507 del 1999, nel prevedere come illecito amministrativo, «se il fatto non costituisce reato», la condotta di chi, «al fine di impedire od ostacolare la libera circolazione, depone o abbandona congegni o altri oggetti di qualsiasi specie in una strada ordinaria o comunque ostruisce o ingombra una strada ordinaria o ferrata», intende riferirsi ai casi in cui tale condotta non si concretizzi in un impedimento effettivo e reale alla libera circolazione, e lascia quindi che rimanga configurabile l’illecito penale di cui all’art. 340 c.p., in tutti quei casi in cui la circolazione venga, invece, effettivamente impedita od ostacolata. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto che correttamente fossero stati dichiarati responsabili del reato di cui all’art. 340 c.p. taluni soggetti i quali erano stati originariamente tratti a giudizio per rispondere del reato di blocco ferroviario, quale previsto dal citato D.L.vo n. 22 del 1948 prima della sopravvenuta modifica introdotta dal D.L.vo n. 507 del 1999, sulla base dell’addebito — riscontrato fondato in linea di fatto dal giudice di merito — di aver ostruito o comunque ingombrato, con la loro presenza fisica, i binari di una stazione ferroviaria, così determinando l’interruzione del servizio ferroviario).

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Cass. pen. n. 13451/2000

In relazione alla configurabilità del reato di interruzione di un ufficio o servizio pubblico (o di pubblico interesse), l’accesso ai documenti amministrativi (mediante esame o estrazione di copie), è riconosciuto dall’art. 22 L. n. 241 del 1990 a chiunque vi abbia interesse, con la conseguenza che la pubblica amministrazione deve accertare la sussistenza di un motivato interesse alla richiesta, e, in caso di accertamento positivo (da ritenersi implicito una volta che sia stato consentito l’accesso), ha l’obbligo di adottare, come disposto dal citato art. 22, le misure organizzative idonee a garantire l’esercizio del diritto previsto dalla norma; ne consegue che solo ove sia stata accertata la mancanza di un motivato interesse e le continue richieste di accesso e di copia dei più disparati documenti abbiano comportato alterazione nella regolarità dell’ufficio, anche solo attraverso la discontinuità parziale di singole attività, è configurabile il reato di interruzione di un ufficio o servizio pubblico ai sensi dell’art. 340 c.p. (Nella specie, la Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto la configurabilità del reato di cui all’art. 340 c.p. senza accertare se la richiesta reiterata di accesso fosse assistita da un effettivo interesse, e perciò posta in essere nell’esercizio di un diritto, ovvero se l’incidenza sulla regolarità e sul funzionamento del servizio fosse priva di ogni legittima giustificazione).

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Cass. pen. n. 8725/2000

Non integrano il reato di cui all’art. 340 c.p. le semplici intemperanze verbali di chi assiste ad una pubblica udienza dibattimentale, quando non superino determinati limiti e siano quindi agevolmente controllabili, mediante assunzione delle concrete iniziative del caso, da chi ha la direzione del dibattimento, trattandosi in tale ipotesi di condotte rientranti nella fisiologica prevedibilità delle tensioni umane connesse alla celebrazione del processo e con le quali quest’ultimo deve convivere. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la S.C. ha annullato senza rinvio la sentenza di merito con la quale era stato ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 340 c.p. un soggetto il quale aveva rivolto a voce alta e con fare agitato ad un teste, dopo che questi aveva deposto, espressioni minacciose, ed era stato per questo allontanato dall’aula).

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Cass. pen. n. 9405/2000

Non integra il reato di interruzione di pubblico servizio (art. 340 c.p.) la condotta del lavoratore che aderisce all’assemblea indetta dal sindacato e previamente comunicata al datore di lavoro il quale nulla obietti in ordine alla legittimazione del sindacato ed allo stesso svolgimento dell’assemblea e nulla proponga ai lavoratori in ordine ad iniziative intese a realizzare nella predetta situazione la migliore organizzazione del servizio. (Fattispecie relativa a dipendenti di un’azienda di autoservizi, gerente un pubblico servizio di linea, che avevano partecipato ad un’assemblea sindacale indetta da una federazione non riconosciuta e priva di R.S.A.).

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Cass. pen. n. 1831/2000

In tema di interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità, integra il reato di cui all’art. 340 c.p., e non quello di ragion fattasi di cui all’art. 392 c.p., la condotta di chi, adducendo un preteso diritto, si oppone al provvedimento di occupazione d’urgenza di beni immobili (nella specie, occorrenti per la realizzazione di una discarica), atteso che la sfera giuridica del privato subisce una limitazione dal provvedimento della pubblica amministrazione che determina l’affievolimento del diritto soggettivo in interesse legittimo, sicché l’azione dell’agente, che versa in uno stato di soggezione conseguente all’esercizio di una pubblica funzione, non può dirsi essere stata realizzata a tutela di un diritto da fare valere nei confronti della pubblica amministrazione.

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Cass. pen. n. 8651/1999

Il reato di cui all’art. 340 c.p. (Interruzione di un servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità) è reato di evento la cui consumazione richiede un pregiudizio effettivo della continuità o della regolarità di un servizio pubblico e di pubblica necessità. Ne consegue che la mera inosservanza di istruzioni interne o di ordini di servizio, potenzialmente rilevante sotto il profilo disciplinare, è priva di rilievo sotto il profilo penale quando non produttiva dell’evento di danno richiesto dalla norma in questione. (Fattispecie in cui la S.C. — in applicazione del principio di cui in massima — ha escluso la sussistenza del reato di cui all’art. 340 c.p. nel caso di «turni autogestiti» predisposti da infermieri professionali in servizio presso la locale unità sanitaria locale, essendo stato accertato che il detto sistema di turnazione non aveva arrecato alcun turbamento alla continuità e regolarità del servizio di assistenza ai ricoverati).

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Cass. pen. n. 7822/1999

Conforme, Cass. pen., sez. VI, 21 agosto 2006, n. 29351 (ud. 3 maggio 2006), Parisi. [ RV214198 ]

L’esercizio dei diritti di riunione e di manifestazione del pensiero, garantiti dagli artt. 17 e 21, primo comma, Cost., cessa di essere legittimo quando travalichi nella lesione di altri interessi costituzionalmente tutelati, come quando si concreti in un comportamento integrante la fattispecie di cui all’art. 340 c.p. con modalità di condotta che esorbitino dal fisiologico esercizio di quei diritti. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretto l’operato dei giudici di merito che — escludendo l’applicabilità della scriminante di cui all’art. 51 c.p. — avevano pronunciato condanna degli imputati per il reato previsto dalla norma sopra indicata, per avere occupato i binari ferroviari, per manifestare contro il provvedimento di soppressione di una fermata, provocando un rallentamento dei percorsi dei convogli per la durata di 105 minuti).

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Cass. pen. n. 6852/1999

È configurabile il reato di cui all’art. 340 c.p. nel caso in cui venga materialmente occupato un locale adibito ad ufficio del sindaco di un comune, così costringendo il titolare della carica a procurarsi temporanea e meno comoda ospitalità in altri locali e ad esercitare le proprie funzioni in situazione tale da turbarne la regolarità, a cagione dei rumori e, in genere, dei fastidi propri di una protratta occupazione e della compromissione della necessaria riservatezza.

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Cass. pen. n. 3300/1999

In tema di interruzione del pubblico servizio, la regolarità del servizio è turbata anche nel caso di cessazione o discontinuità parziale dell’attività ad esso inerente. Ne consegue che il reato ex art. 340 c.p. è configurabile anche quando i fatti di interruzione o turbativa incidono in qualsiasi modo su mezzi e misure organizzative apprestati per il funzionamento dell’ufficio o del servizio pubblico, non occorrendo che tali fatti concernano e si riflettano sul sistema organizzativo predetto ovvero sull’attività operativa dell’ufficio o servizio pubblico, intesi nel loro complesso.

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Cass. pen. n. 6556/1998

Il reato di interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità (art. 340 c.p.) è configurabile anche se l’interruzione o il turbamento della regolarità dell’ufficio o del servizio pubblico o di pubblica necessità siano temporalmente limitati e coinvolgano solamente un settore e non la totalità dell’attività. (Nella specie, gli autori, parcheggiando autocarri ed autoveicoli davanti ad una recinzione abusiva, avevano cagionato un’interruzione dell’attività di demolizione ordinata dal sindaco, ad opera della polizia municipale).

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Cass. pen. n. 5851/1998

Ai fini della configurabilità del delitto di interruzione di un ufficio o servizio pubblico (art. 340 c.p.), è necessario che il turbamento della regolarità dell’ufficio o del servizio si riferisca ad un’alterazione, anche temporanea, del suo complessivo funzionamento e non di una singola prestazione o fruizione; tenendo conto infatti dell’obiettività giuridica del reato e della ratio della norma incriminatrice, non può ritenersi che piccole, limitate disfunzioni di un singolo settore di un ufficio o di un servizio, che non ne pregiudicano la regolarità di funzionamento nel suo complesso, possano costituire offesa al bene giuridico protetto dalla legge, e cioè il regolare ed ordinato andamento dell’attività della pubblica amministrazione. (Fattispecie relativa al caso in cui un pubblico dipendente si era allontanato dal luogo di lavoro più volte, per alcune ore e senza autorizzazione alcuna).

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Cass. pen. n. 4546/1998

In tema di interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità, l’art. 340 c.p. è teso a tutelare non solo l’effettivo funzionamento di un ufficio o servizio pubblico, ma anche l’ordinato e regolare svolgimento di esso. Ne consegue che, ai fini della sussistenza dell’elemento oggettivo del reato, a prescindere da una reale interruzione, non ha rilievo la temporaneità di durata di essa o di quella del mero turbamento della regolarità a causa di una condotta che, comunque, si inframmetta, con apprezzabile idoneità di disturbo, nel regolare svolgimento dell’ufficio o servizio. Né è necessario che l’effetto negativo di tale condotta riguardi l’attività del pubblico ufficio o servizio nel suo complesso, essendo sufficiente la compromissione apprezzabile, pur temporanea, anche di un solo settore di tale attività. Quanto alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato de quo, è necessario che l’agente operi con la consapevolezza che il proprio comportamento, anche in via di mera possibilità, comporti il verificarsi degli effetti censurati dall’art. 340 c.p., accettandone ed assumendosi il relativo rischio, a prescindere dalla specifica intenzionalità diretta a provocare l’interruzione o il turbamento del pubblico ufficio o servizio.

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Cass. pen. n. 6654/1997

Per la configurabilità del delitto di cui all’art. 340 c.p. non è necessario che l’azione di interruzione o di turbamento si riferisca al servizio nel suo complesso, ma è sufficiente che sia interrotta o turbata una singola funzione o prestazione. Ciò in quanto, sul piano testuale, il turbamento è riferito alla regolarità dell’ufficio o del servizio, per la cui alterazione basta realizzare anche solo una discontinuità parziale di singole attività; sul piano sistematico, la norma è diretta a tutelare il valore costituzionale del buon andamento della amministrazione, sicché l’accoglimento della interpretazione riduttiva implicherebbe che tale valore ottiene dal legislatore solo parziale protezione e non una garanzia di capillare osservanza. (Fattispecie in cui è stato ritenuto responsabile del delitto in questione un docente di un istituto professionale industriale che nel corso di due giorni aveva abbandonato senza giustificato motivo il posto di lavoro, affidando le classi nelle quali avrebbe dovuto tenere lezione alla sorveglianza di un bidello e non espletando, per la intera durata stabilita, il servizio di vigilanza di un concorso a cattedra).

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Cass. pen. n. 2723/1997

Non è configurabile il reato di cui all’art. 340 c.p. nell’ipotesi in cui il servizio pubblico nel suo complesso continui a funzionare regolarmente adempiendo allo scopo cui è stato predisposto: in tal caso il fatto che una singola prestazione sia stata resa meno adeguata alle condizioni ottimali attraverso cui doveva essere effettuata non può far ritenere sussistere l’ipotesi criminosa in questione. Quanto sopra vale in particolare con riguardo a servizi nei quali gli scopi possono essere raggiunti con modalità e tempi non predeterminati e rigidi ma elastici. (Affermando siffatto principio la Cassazione ha escluso la ricorrenza del reato in questione a comportamento di soggetto che allontanandosi dal posto di lavoro aveva, nell’ambito del servizio di raccolta dei rifiuti, determinato un ritardo nella sola prestazione finale dello scarico).

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Cass. pen. n. 1895/1997

La mera adesione del singolo avvocato o procuratore legale alla astensione collettiva dell’attività giudiziaria decisa dai competenti organismi associativi della categoria, costituisce esercizio di facoltà connessa al valore, costituzionalmente garantito, della libertà di associazione. In quanto tale essa non vale di per sé sola — cioè non integrata da ulteriori atteggiamenti e/o comportamenti positivi, coscientemente e consapevolmente assunti, tali da influire sul regolare svolgimento del servizio pubblico essenziale dell’amministrazione della giustizia — ad integrare gli estremi di alcuni reati ed in particolare di quello previsto dall’art. 340 c.p. (interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità).

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Cass. pen. n. 5994/1996

Il reato di interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità di cui all’art. 331 c.p. è reato proprio che si qualifica per il soggetto che lo può realizzare (imprenditore, in senso lato); quando manchi tale requisito soggettivo (titolarità di un’impresa esercente il suddetto servizio) non è configurabile il reato in questione, bensì quello meno grave previsto dall’art. 340 c.p.

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Cass. pen. n. 2808/1995

In materia di interruzione di un ufficio e servizio pubblico, l’art. 340 c.p. non richiede la potenzialità del turbamento del funzionamento del servizio di pubblica necessità, ma la effettività di esso. (Nel caso di specie la Corte di cassazione ha respinto il ricorso del procuratore generale avverso la sentenza del pretore che aveva assolto una infermiera che durante il turno di lavoro notturno si era momentaneamente adagiata su un giaciglio di fortuna in un momento in cui nessun paziente necessitava di cure particolari e in condizioni da percepire immediatamente ogni richiesta di intervento, ritenendo che tale comportamento non costituisse interruzione di pubblico servizio.

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Cass. pen. n. 25/1995

Per la configurabilità del reato di cui all’art. 340 c.p., la durata dell’interruzione come l’entità del turbamento sono indifferenti, purché non siano irrilevanti. La irrilevanza va ravvisata ogniqualvolta il comportamento perturbatore, cui può porsi subitaneo riparo, rientra nella quotidiana quota di maleducazione, sgarbo e di petulanza che durante lo svolgimento di un tipo di pubblico servizio può ragionevolmente presumersi verrà realizzata. (Nella fattispecie la Corte di cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna che aveva ritenuto integrato il reato nella condotta di un tossicodipendente che, nel servizio di pronto soccorso dell’ospedale, aveva rifiutato la terapia proposta e si era sdraiato nel corridoio, sì da impedire il transito verso gli ambulatori e l’accesso alla sala di urgenza, venendone allontanato dall’intervento degli agenti di polizia. In motivazione si precisa che, tale episodio non ripetuto, riconducibile all’atteggiamento morboso di un tossicodipendente ed immediatamente risolto, potrà aver provocato irritazione, ma non si dimostra idoneo a turbare la regolarità di una qualunque prestazione del servizio sanitario).

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Cass. pen. n. 9447/1993

In tema di interruzione di un ufficio o servizio pubblico, la qualità di promotore o di organizzatore (art. 340 cpv. c.p.) è ravvisabile sia quando ci si trovi di fronte a compartecipi costretti al comportamento punito dal primo comma del predetto articolo, sia quando i compartecipi siano consenzienti alla condotta stessa. (Nella specie la Corte di cassazione, su ricorso del P.M., ha annullato con rinvio l’impugnata sentenza nella parte in cui aveva escluso l’aggravante suddetta non avendo ritenuto provato che gli imputati avessero costretto gli altri compartecipi a tenere la condotta integrante la fattispecie di cui all’art. 340, primo comma, c.p.).

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