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Art. 609 bis — Violenza sessuale

Art. 609 bis — Violenza sessuale

costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da sei a dodici anni.

Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali:

  1. 1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto;
  2. 2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.

Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi.

  1. 1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto;
  2. 2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 3648/2018

Ai fini dell’integrazione dell’elemento soggettivo del reato di violenza sessuale non è necessario che la condotta sia specificamente finalizzata al soddisfacimento del piacere sessuale dell’agente, essendo sufficiente che questi sia consapevole della natura oggettivamente “sessuale”dell’atto posto in essere volontariamente, ossia della sua idoneità a soddisfare il piacere sessuale o a suscitarne lo stimolo, a prescindere dallo scopo perseguito. (Fattispecie di palpeggiamento dei glutei e del seno delle persone offese).

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Cass. pen. n. 45589/2017

In tema di violenza sessuale di gruppo, rientrano tra le condizioni di “inferiorità psichica o fisica “, previste dall’art. 609-bis, secondo comma, n. 1, cod. pen., anche quelle conseguenti alla volontaria assunzione di alcolici o di stupefacenti, in quanto anche in tali casi la situazione di menomazione della vittima, a prescindere da chi l’abbia provocata, può essere strumentalizzata per il soddisfacimento degli impulsi sessuali dell’agente.

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Cass. pen. n. 43164/2017

Il reato di induzione a compiere o subire atti sessuali con l’inganno per essersi il reo sostituito ad altra persona è integrato anche dalla falsa attribuzione di una particolare qualifica professionale, rientrando quest’ultima nella nozione di sostituzione di persona di cui all’art. 609-bis, comma secondo, n. 2 cod. pen. (Nella specie il ricorrente, fingendo di essere un datore di lavoro, richiedeva alla vittima di fare un colloquio ed un provino tramite il sistema di web chat “skype”, tentando, al contempo, di convincerla a compiere atti sessuali su se stessa quale contropartita dell’assunzione).

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Cass. pen. n. 22127/2017

Integra l’elemento oggettivo del reato di violenza sessuale non soltanto la condotta invasiva della sfera della libertà ed integrità sessuale altrui realizzata in presenza di una manifestazione di dissenso della vittima, ma anche quella posta in essere in assenza del consenso, non espresso neppure in forma tacita, della persona offesa, come nel caso in cui la stessa non abbia consapevolezza della materialità degli atti compiuti sulla sua persona. (Fattispecie in tema di atti sessuali realizzati nei confronti di una persona dormiente).

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Cass. pen. n. 13866/2017

In tema di violenza sessuale, la diminuente prevista dall’art. 609-bis, terzo comma, cod. pen. concorre nel giudizio di comparazione di cui all’art. 69 cod. pen.. (In motivazione, la S.C. ha osservato che la partecipazione al giudizio di bilanciamento consegue alla sentenza della Corte costituzionale n.106 del 2014, che ha dichiarato illegittimo il quarto comma del predetto art. 69 cod. pen. – come sostituito dall’art. 3 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 – nella parte in cui prevedeva il divieto di prevalenza della attenuante di cui al citato terzo comma dell’art. 609-bis cod. pen. sulla recidiva reiterata).

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Cass. pen. n. 40663/2016

Il delitto di violenza sessuale concorre con quello di maltrattamenti in famiglia qualora, attesa la diversità dei beni giuridici offesi, le reiterate condotte di abuso sessuale, oltre a cagionare sofferenze psichiche alla vittima, ledano anche la sua libertà di autodeterminazione in materia sessuale, potendosi configurare l’assorbimento esclusivamente nel caso in cui vi sia piena coincidenza tra le due condotte, ovvero quando il delitto di maltrattamenti sia consistito nella mera reiterazione degli atti di violenza sessuale.

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Cass. pen. n. 14437/2014

Non può essere riconosciuta la circostanza attenuante del fatto di minore gravità (art. 609-bis, ult. comma, cod. pen.) ove il reato di violenza sessuale sia commesso da un docente all’interno di un istituto scolastico, posto che questo è un luogo all’interno del quale l’alunno deve sentirsi protetto e che, però, rende particolarmente vulnerabile la vittima per il rischio di attenzioni sessuali illecite derivanti dall’approfittamento del rapporto fiduciario intercorrente con l’insegnante.

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Cass. pen. n. 10248/2014

Ai fini della configurabilità del delitto di violenza sessuale, la rilevanza di tutti quegli atti che, in quanto non direttamente indirizzati a zone chiaramente definibili come erogene, possono essere rivolti al soggetto passivo, anche con finalità del tutto diverse, come i baci o gli abbracci, costituisce oggetto di accertamento da parte del giudice del merito, secondo una valutazione che tenga conto della condotta nel suo complesso, del contesto in cui l’azione si è svolta, dei rapporti intercorrenti fra le persone coinvolte e di ogni determinazione della sessualità del soggetto passivo. (In applicazione del principio, la S.C. ha rigettato il ricorso contro la condanna di un preside che aveva ripetutamente abbracciato e baciato sulle guance un’alunna in luoghi appartati, trattenendola per i fianchi, chiedendole di baciarlo e rivolgendole apprezzamenti per il suo aspetto fisico).

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Cass. pen. n. 19033/2013

In tema di violenza sessuale commessa mediante strumenti telematici di comunicazione a distanza, la mancanza di contatto fisico tra l’autore del reato e la vittima non è determinante ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante del fatto di minore gravità. (Fattispecie di esclusione della circostanza relativa a condotta posta in essere da un soggetto che aveva costretto due minori infraquattordicenni ad inviargli telematicamente foto e video che le ritraevano nude e in atteggiamenti osceni).

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Cass. pen. n. 17699/2013

In tema di reati contro la libertà sessuale, l’attenuante prevista dall’ultimo comma dell’art. 609 bis c.p. per l’ipotesi di minore gravità non può essere concessa quando risulta commesso il reato di violenza sessuale di gruppo, trattandosi di attenuante specifica relativa alla sola violenza sessuale individuale.

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Cass. pen. n. 14085/2013

In tema di reati sessuali, l’idoneità della violenza o della minaccia a coartare la volontà della vittima va esaminata non secondo criteri astratti e aprioristici, ma valorizzando in concreto ogni circostanza oggettiva e soggettiva, sicché essa può sussistere anche in relazione ad una intimidazione psicologica attuata in situazioni particolari tali da influire negativamente sul processo mentale di libera determinazione della vittima, senza necessità di protrazione nel corso della successiva fase esecutiva. (Fattispecie nella quale è stato attribuito valore di coercizione psicologica alle reazioni scomposte del marito, percepibili di notte dal figlio convivente e dal vicinato, che avevano ingenerato una situazione di disagio e vergogna tale da indurre la moglie ad accettare rapporti sessuali contro la sua volontà).

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Cass. pen. n. 47869/2012

In tema di violenza sessuale, l’abuso di autorità presuppone una posizione autoritativa di tipo formale e pubblicistico, derivante dal pubblico ufficio ricoperto dall’agente. (Fattispecie nella quale è stata esclusa la posizione pubblicistica dell’agente, che esercitava le funzioni di responsabile di un centro di accoglienza, quale ente ausiliario riconosciuto dalla regione ed iscritto nel Registro generale del Volontariato).

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Cass. pen. n. 2702/2012

Il rifiuto di continuare una relazione sentimentale non integra un “fatto ingiusto”idoneo a legittimare, nel delitto di violenza sessuale, il riconoscimento della circostanza attenuante della provocazione, costituendo tale rifiuto espressione del diritto alla libertà sessuale.

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Cass. pen. n. 2681/2012

L’espressione “abuso di autorità”che costituisce, unitamente alla “violenza”o alla “minaccia”, una delle modalità di consumazione del reato previsto dall’art. 609 bis, c.p. non include la violenza sessuale commessa abusando della potestà di genitore o di altra potestà privata. (In motivazione la Corte, nell’escludere che possa intendersi per “autorità”ogni posizione sovraordinata pubblicistica o privatistica, ha precisato che, a ritenere diversamente, resterebbe inapplicabile l’art. 609 quater, comma secondo, c.p., che presuppone l’inapplicabilità delle ipotesi previste dall’art. 609 bis c.p., tra cui rientra, appunto, anche quella di ogni atto sessuale commesso con abuso di autorità).

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Cass. pen. n. 1183/2012

Integra il reato di violenza sessuale con abuso delle condizioni di inferiorità psichica o fisica (art. 609 bis, comma secondo, n. 1, c.p.) la condotta di chi si congiunga carnalmente con una donna addormentatasi a seguito di ingestione di sostanze alcooliche, essendo l’aggressione alla sfera sessuale della vittima connotata da modalità insidiose e fraudolente.

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Cass. pen. n. 44416/2011

Ai fini della configurabilità della circostanza attenuante del fatto di minore gravità nel tentativo di violenza sessuale non si deve tenere conto dell’azione effettivamente compiuta dall’agente, ma di quella che lo stesso aveva intenzione di porre in essere e che non è stata realizzata per cause indipendenti dalla sua volontà.

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Cass. pen. n. 39710/2011

L’intenzionale e prolungata pressione sulla zona genitale della vittima, sia essa protetta o meno dalla biancheria, integra il reato di violenza sessuale anche nel caso in cui sia ispirata da una finalità diversa da quella a sfondo sessuale. (In motivazione la Corte, a titolo esemplificativo, ha richiamato la volontà di umiliare la vittima o quella di vendicarsi di condotte precedenti).

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Cass. pen. n. 35150/2011

Non integra concorso nell’altrui reato di violenza sessuale il mero “voyeurismo”, salvo che l’atto del guardare sia stato oggetto di un preventivo accordo tra i soggetti oppure venga palesato all’esecutore materiale della violenza in modo tale da contribuire a sollecitare o rafforzare il proposito criminoso di quest’ultimo, incidendo direttamente sul reato in corso di consumazione.

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Cass. pen. n. 34900/2011

Non risponde del reato sessuale commesso da terzi in danno dei nipoti minori l’avo (nella specie, la nonna) che, consapevole di tale fatto, non si attivi per impedirlo, stante l’inesistenza a suo carico di un obbligo giuridico in tal senso.

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Cass. pen. n. 29618/2011

Il consenso del minore al rapporto sessuale, pur se inidoneo ad escludere la configurabilità del reato di violenza sessuale, può essere valutato dal giudice al fine di riconoscere la circostanza attenuante della “minore gravità”. (Nella specie, gli atti sessuali, consistenti in leggeri toccamenti, erano di minima intrusività, e la vittima, quattordicenne, aveva intrapreso una relazione sessuale con l’imputato, liberamente accettata e voluta).

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Cass. pen. n. 26369/2011

Il concorso di persone nel reato di violenza sessuale è configurabile solo nella forma del concorso morale con l’autore materiale della condotta criminosa ove il concorrente non sia presente sul luogo del delitto, configurandosi diversamente il reato di violenza sessuale di gruppo.

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Cass. pen. n. 23988/2011

La fattispecie criminosa di violenza sessuale di gruppo richiede per l’integrazione la presenza di più persone al momento e sul luogo del delitto e in ciò si differenzia dall’ipotesi di concorso nel reato di violenza sessuale. (Nella specie la Corte ha qualificato quale concorso in violenza sessuale la condotta dell’indagata che si recava, a turno con altre donne, nella stanza della vittima, tentando di convincerla a consumare il matrimonio con il marito con cui quest’ultima si rifiutava di avere rapporti sessuali, come poi avvenuto).

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Cass. pen. n. 23093/2011

I criteri soggettivi di commisurazione della pena (art. 133, comma secondo, c.p.,) non rilevano ai fini della configurabilità dell’ipotesi di minore gravità del reato di violenza sessuale, non rispondendo la mitigazione della pena all’esigenza di adeguamento alla colpevolezza del reo e alle circostanze attinenti alla sua persona ma alla minore lesività del fatto, da rapportare al grado di violazione del bene giuridico della libertà sessuale della vittima.

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Cass. pen. n. 11958/2011

La fattispecie criminosa di violenza sessuale è integrata, pur in assenza di un contatto fisico diretto con la vittima, quando gli “atti sessuali”, quali definiti dall’art. 609 bis c.p., coinvolgano oggettivamente la corporeità sessuale della persona offesa e siano finalizzati ed idonei a compromettere il bene primario della libertà individuale, nella prospettiva del reo di soddisfare od eccitare il proprio istinto sessuale. (Nella specie il reo aveva indotto la vittima a compiere su se stessa atti sessuali di autoerotismo, culminati nel conseguimento del piacere sessuale di entrambi).

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Cass. pen. n. 1818/2011

La dichiarazioni della persona offesa, vittima del reato di violenza sessuale, possono essere assunte, anche da sole, come prova della responsabilità dell’imputato, non necessitando le stesse di riscontri esterni. (In motivazione la Corte ha precisato che, in questa materia, proprio perché al fatto non assistono testimoni, posso tuttavia acquisire valore di riscontro esterno le confidenze rese dalla vittima a terzi in periodi non sospetti).

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Cass. pen. n. 20766/2010

L’abuso delle condizioni di inferiorità psichica o fisica (art.609 bis, comma secondo, n. 1, c.p.) consiste nel doloso sfruttamento della menomazione della vittima e si verifica quando le richiamate condizioni sono strumentalizzate per accedere alla sfera intima della persona che, versando in uno stato di difficoltà, viene ridotta ad un mezzo per l’altrui soddisfacimento sessuale.

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Cass. pen. n. 20578/2010

Il reato di induzione a compiere o subire atti sessuali con l’inganno per essersi il reo sostituito ad altra persona (art. 609 bis, comma secondo, n. 2, c.p.) è integrato anche dalla falsa attribuzione di una qualifica professionale, rientrando quest’ultima nella nozione di sostituzione di persona di cui all’art. 609 bis c.p. (Nella specie il ricorrente aveva convinto la vittima a sottoporsi ad una visita ginecologica “tantrica”qualificandosi come medico ginecologo, qualifica di cui non era in possesso).

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Cass. pen. n. 16757/2009

Il delitto di violenza sessuale è configurabile sia nel caso di rapporto sessuale completo sia nel caso di compimento di atti sessuali, in quanto ai fini della configurabilità del reato è sufficiente un’intrusione nella sfera sessuale della vittima.

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Cass. pen. n. 10085/2009

In tema di violenza sessuale, ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante della “minore gravità”non rileva la semplice assenza di un rapporto sessuale con penetrazione, in quanto è necessario valutare il fatto nella sua complessità. (Fattispecie nella quale sono stati presi in considerazione elementi aggiuntivi e, tra questi, l’approfittamento, da parte dell’imputato, delle condizioni di vita degradata della vittima, minore di età).

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Cass. pen. n. 3189/2009

In tema di violenza sessuale, ai fini della configurabilità dell’attenuante della minore gravità del fatto non rileva la circostanza che la vittima eserciti la prostituzione, in quanto il diritto al rispetto della libertà sessuale prescinde da condizioni e qualità personali, dal motivo e dal numero dei rapporti avuti in passato con persone più o meno conosciute.

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Cass. pen. n. 37251/2008

In tema di reati sessuali, rientra nella nozione di minaccia impiegata dall’art. 609 bis c.p. anche la prospettazione, da parte del soggetto agente, di esercitare un diritto quando essa sia finalizzata al conseguimento dell’ulteriore vantaggio di tipo sessuale, non giuridicamente tutelato, ottenendosi per tale via un profitto ingiusto e contra ius. (Fattispecie di minaccia rappresentata dal prospettato esercizio di un’azione di sfratto ).

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Cass. pen. n. 28815/2008

In tema di reati sessuali, è atto sessuale sia il contatto fisico diretto che quello simulato con una zona erogena del corpo (nella specie, la bocca ), in quanto atto parimenti invasivo dell’altrui sfera sessuale. (Fattispecie nella quale è stata ritenuta assimilabile ad un coito orale dissimulato l’introduzione nel cavo orale della vittima non del membro virile ma dello sperma, prodotto dell’eiaculazione )

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Cass. pen. n. 26740/2008

I reati di cui agli artt. 519 e 521 c.p. sono esclusi dal beneficio dell’indulto concesso con legge n. 241 del 2006 essendo posti in rapporto di continuità normativa con la fattispecie dell’art. 609 bis c.p., espressamente menzionata tra i reati per i quali il predetto beneficio non opera.

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Cass. pen. n. 16146/2008

In tema di reati sessuali, la circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p. è compatibile con il reato di violenza sessuale, dovendo peraltro il risarcimento del danno intervenire, prima del giudizio, in misura integrale non essendo sufficiente, a tal fine, una qualsivoglia forma di accordo in via transattiva.

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Cass. pen. n. 14230/2008

In tema di reati sessuali, non è sufficiente ai fini della concedibilità dell’attenuante speciale prevista dall’art. 609 bis, comma terzo, c.p. (casi di minore gravità ) l’assenza di congiunzione carnale tra vittima ed autore del reato.

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Cass. pen. n. 6072/2008

Il delitto di violenza carnale di cui all’art. 519 c.p. rientra nel catalogo di quelli ostativi ai fini dell’applicazione dell’indulto benché la legge n. 241 del 2006 non ne faccia menzione, perché essa fa espresso riferimento al delitto di cui all’art. 609 bis c.p., che è in rapporto di continuità normativa con quello disciplinato nell’abrogato art. 519 c.p.

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Cass. pen. n. 2001/2008

In tema di reati sessuali, deve escludersi la concedibilità dell’attenuante speciale prevista dall’art. 609 bis, comma terzo, c.p. (casi di minore gravità) ove gli abusi perpetrati in danno della vittima si siano protratti nel tempo. (Fattispecie nella quale gli abusi sessuali si erano protratti per un periodo di cinque anni).

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Cass. pen. n. 1190/2008

In tema di reati sessuali, non ricorre l’attenuante della minore gravità del fatto (art. 609 bis, comma terzo, c.p.) nel caso in cui la violenza sessuale sia perpetrata dal genitore ai danni del proprio figlio, in quanto, ponendo in essere tale condotta, il genitore lede la libertà di autodeterminazione sessuale di quest’ultimo, così determinando uno sviamento dalla funzione di accudimento e protezione, tipica della figura genitoriale.

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Cass. pen. n. 38261/2007

In tema di violenza sessuale, la condizione di inferiorità psichica della vittima al momento del fatto prescinde da fenomeni di patologia mentale, in quanto è sufficiente ad integrarla la circostanza che il soggetto passivo versi in condizioni intellettive e spirituali di minore resistenza all’altrui opera di coazione psicologica o di suggestioni, anche se dovute ad un limitato processo evolutivo mentale e culturale, ma con esclusione di ogni causa propriamente morbosa. (In motivazione la Corte, nell’enunciare il predetto principio, ha ulteriormente precisato che siffatte situazioni psichiche devono ritenersi idonee ad elidere comunque, in tutto o in parte, la capacità della vittima di esprimere un valido consenso, sì da impedirle di respingere efficacemente gli atti sessuali dell’agente).

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Cass. pen. n. 35492/2007

L’incapacità della parte offesa di un abuso sessuale di testimoniare per deficienze psichiche non determina automaticamente l’inattendibilità delle dichiarazioni accusatorie rese dalla vittima, ma impone che le stesse siano sostenute da altri elementi. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto congrua la motivazione dei giudici di merito che avevano affermato la colpevolezza dell’imputato in ordine ai fatti esposti dalla parte lesa in quanto tali fatti erano corroborati da altri elementi).

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Cass. pen. n. 34902/2007

In tema di violenza sessuale, la diminuente prevista dall’art. 609 bis, ultimo comma, c.p. per i casi di minore gravità non è soggetta al giudizio di comparazione di cui all’art. 69 c.p.p., stante l’obbligatorietà della sua applicazione allorchè ne ricorrano le condizioni.

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Cass. pen. n. 25112/2007

Ai fini della configurabilità del reato di violenza sessuale, va qualificato come «atto sessuale» anche il bacio sulla bocca che sia limitato al semplice contatto delle labbra, potendosi detta connotazione escludere solo in presenza di particolari contesti sociali, culturali o familiari nei quali l’atto risulti privo di valenza erotica, come, ad esempio, nel caso del bacio sulla bocca scambiato, nella tradizione russa, come segno di saluto.

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Cass. pen. n. 14141/2007

In tema di violenza sessuale in danno di persona che si trovi in stato di inferiorità psichica o fisica ex art. 609 bis, comma secondo, c.p., la nuova disciplina — a differenza di quella previgente dettata dall’abrogato art. 519 c.p. per il quale la violenza carnale era presunta per il solo fatto che l’agente si fosse consapevolmente congiunto con persona malata di mente o psichicamente inferiore — in linea con l’intenzione del legislatore di assicurare anche ai soggetti in condizioni di inferiorità psichica una sfera di estrinsecazione della loro individualità, anche sotto il profilo sessuale, purché manifestata in un clima di assoluta libertà, ha inteso punire soltanto le condotte consistenti nell’induzione all’atto sessuale mediante abuso delle suddette condizioni di inferiorità. L’induzione si realizza quando, con un’opera di persuasione spesso sottile o subdola, l’agente spinge o convince il partner a sottostare ad atti che diversamente non avrebbe compiuto. L’abuso, a sua volta, si verifica quando le condizioni di menomazione sono strumentalizzate per accedere alla sfera intima della persona che, versando in situazione di difficoltà, viene ad essere ridotta al rango di un mezzo per il soddisfacimento della sessualità altrui. È, pertanto, dovere del giudice espletare un’indagine adeguata per verificare se l’agente abbia avuto la consapevolezza non soltanto delle minorate condizioni del soggetto passivo ma anche di abusarne per fini sessuali.

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Cass. pen. n. 8047/2007

Il sanitario dell’INPS ufficialmente incaricato di eseguire la visita di controllo sul lavoratore a seguito di assenza per malattia, ricopre una posizione di autorità derivante dalla funzione pubblica esercitata: ne consegue che detto medico risponde del reato di violenza sessuale, ai sensi dell’art. 609 bis c.p., qualora, nel corso della visita ed abusando della propria autorità, induce la paziente a denudarsi ed a tollerare palpeggiamenti di carattere sessuale.

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Cass. pen. n. 42092/2006

Alla madre che esercita la potestà su persona di minore età, affetta da menomazione psichica, incombe l’obbligo di protezione e di educazione, e quindi l’obbligo di impedire un evento di cui sia chiaramente consapevole, quale il compimento di atti di abuso sessuale e di sfruttamento della prostituzione del minore ad opera del convivente.

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Cass. pen. n. 40443/2006

Integra il delitto di violenza sessuale non solo la violenza che pone il soggetto passivo nell’impossibilità di opporre tutta la resistenza possibile, realizzando un vero e proprio costringimento fisico, ma anche quella che si manifesta con il compimento di atti idonei a superare la volontà contraria della persona offesa, soprattutto se la condotta criminosa si esplica in un contesto ambientale tale da vanificare ogni possibile reazione della vittima. (Nel caso di specie, l’imputato aveva accompagnato una propria dipendente in auto, con un pretesto connesso allo svolgimento del lavoro, e sostando lungo il percorso, contro la volontà della stessa, in un luogo appartato, l’aveva percossa e trattenuta con la forza, compiendo sulla stessa atti sessuali consistiti in toccamenti e baci, mentre si masturbava).

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Cass. pen. n. 33464/2006

In tema di reati sessuali, la condotta vietata dall’art. 609 bis c.p. comprende, oltre ad ogni forma di congiunzione carnale, qualsiasi atto che, risolvendosi in un contatto corporeo, ancorché fugace ed estemporaneo, tra soggetto attivo e soggetto passivo, o comunque coinvolgendo la corporeità sessuale di quest’ultimo, sia finalizzato ed idoneo a porre in pericolo la libertà di autodeterminazione del soggetto passivo nella sua sfera sessuale, non avendo rilievo determinante, ai fini del perfezionamento del reato, la finalità dell’agente e l’eventuale soddisfacimento del proprio piacere sessuale.

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Cass. pen. n. 22036/2006

In tema di reati contro la libertà sessuale, la circostanza attenuante della minore gravità del fatto è riferibile anche alle condotte di violenza sessuale aggravate in conseguenza dell’età inferiore ai dieci anni della vittima, in quanto, seppure gli atti sessuali commessi in danno di bambini in tenera età sono reati da considerare gravi per le ripercussioni negative sullo sviluppo del minore, non può escludersi che, per le circostanze concrete del fatto, tale delitto possa manifestare una minore lesività.

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Cass. pen. n. 21167/2006

In materia di reati sessuali non è affetta da indeterminatezza la nozione di atti sessuali di cui all’art. 609 bis c.p., la quale — interpretata alla luce della libertà sessuale, interesse protetto dalla fattispecie — comprende tutti quegli atti indirizzati verso zone erogene della vittima e quindi anche i toccamenti, palpeggiamenti e sfregamenti sulle parti intime anche sopra i vestiti, suscettibili di eccitare la concupiscenza sessuale dell’autore.

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Cass. pen. n. 16292/2006

In tema di reati contro la libertà sessuale, nei rapporti di coppia di tipo coniugale non ha valore scriminante il fatto che la donna non si opponga palesemente ai rapporti sessuali e li subisca, quando è provato che l’autore, per le violenze e minacce precedenti poste ripetutamente in essere nei confronti della vittima, aveva la consapevolezza del rifiuto implicito della stessa agli atti sessuali. (Nella fattispecie si trattava di due episodi di violenza sessuale, perpetrati dal marito nei confronti della moglie — dalla quale viveva da anni separato — costretta ad incontrarlo a seguito di ripetute minacce di morte e di comportamenti aggressivi, tra i quali un tentativo di incendio della di lei abitazione).

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Cass. pen. n. 7369/2006

In tema di violenza sessuale (art. 609 bis c.p.), la condotta sanzionata comprende qualsiasi atto che, risolvendosi in un contatto corporeo, pur se fugace ed estemporaneo, tra soggetto attivo e soggetto passivo del reato, ovvero in un coinvolgimento della sfera fisica di quest’ultimo, ponga in pericolo la libera autodeterminazione della persona offesa nella sfera sessuale. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la decisione del giudice di merito che aveva ritenuto giuridicamente corretto l’inquadramento nella fattispecie di molestie, sanzionata a norma dell’art. 660 anziché, in quella di cui all’art. 609 bis c.p., della condotta posta in essere dall’imputato, consistita nel «toccamento dei glutei» di una donna contro la volontà di quest’ultima).

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Cass. pen. n. 6340/2006

Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 609 bis c.p., violenza sessuale, non è necessaria una violenza che ponga il soggetto passivo nell’impossibilità di opporre una resistenza, essendo sufficiente che l’azione si compia in modo insidiosamente rapido, tanto da superare la volontà contraria del soggetto passivo.

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Cass. pen. n. 2215/2006

In tema di violenza sessuale, il rapporto sessuale con persone che si trovano in stato di inferiorità fisica o psichica è penalmente rilevante solo quando è caratterizzato da un qualificato differenziale di potere, cioè quando è connotato da induzione da parte del soggetto forte e da abuso delle condizioni di inferiorità del soggetto debole, induzione che si configura come attività di vera e propria sopraffazione nei confronti della vittima, la quale non è in grado di aderire perché convinta a farlo, ma soggiace al volere del soggetto attivo in quanto è ridotta a mero strumento di soddisfazione delle sue voglie. (Nel caso di specie la Suprema Corte ha ritenuto corretto il riconoscimento dell’induzione delle persone offese, di età minore, a compiere atti sessuali mediante abuso di inferiorità psichica, benché la stessa non fosse collegata ad uno stato patologico di carattere organico, ma fosse conseguenza di una situazione ambientale di soggezione generale, nella quale l’imputato appariva come persona dotata di poteri occulti, temibile, e pertanto in grado, sotto l’egida dei riti magici, di vincere i poteri di resistenza delle vittime, abusando sessualmente delle stesse).

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Cass. pen. n. 549/2006

Integra il delitto di violenza sessuale di cui all’art. 609 bis c.p. anche il mero sfioramento con le labbra del viso altrui per dare un bacio, posto che tra gli atti suscettibili di integrare tale delitto possono essere ricompresi anche quelli insidiosi e rapidi riguardanti zone erogene su persona non consenziente (come, ad es. palpamenti al seno e tentativi di baci sulla bocca).

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Cass. pen. n. 44246/2005

In tema di violenza sessuale, la nozione di atti sessuali è la risultante della somma dei concetti di congiunzione carnale ed atti di libidine, previsti dalle previgenti fattispecie di violenza carnale ed atti di libidine violenti, per cui essa viene a comprendere tutti gli atti che, secondo il senso comune e l’elaborazione giurisprudenziale, esprimono l’impulso sessuale dell’agente con invasione della sfera sessuale del soggetto passivo. Devono pertanto essere inclusi i toccamenti, palpeggiamenti e sfregamenti sulle parti intime delle vittime, suscettibili di eccitare la concupiscenza sessuale anche in modo non completo e/o di breve durata, essendo irrilevante, ai fini della consumazione del reato, che il soggetto attivo consegua la soddisfazione erotica. (Nel caso di specie, la S.C. ha ritenuto che anche i toccamenti delle parti intime o, più in generale, erogene, effettuati sopra i vestiti e gli abbracci accompagnati da toccamenti di parti del corpo della vittima, integrano gli elementi del delitto di cui all’art. 609 bis c.p.).

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Cass. pen. n. 32971/2005

Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 609 bis, comma secondo, c.p. (induzione all’atto sessuale con abuso delle condizioni di inferiorità della persona offesa), non è necessario che l’induzione determini un inganno della vittima, essendo sufficiente che questa venga spinta verso l’atto sessuale, anche a seguito di un opera di persuasione sottile o subdola che convinca il soggetto a compiere o subire l’atto sessuale.

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Cass. pen. n. 37395/2004

La condotta vietata dall’art. 609 bis c.p. ricomprende oltre ad ogni forma di congiunzione carnale, qualsiasi atto che, risolvendosi in un contatto corporeo, ancorché fugace ed estemporaneo, tra soggetto attivo e soggetto passivo, ovvero in un coinvolgimento della corporeità sessuale di quest’ultimo, sia idoneo e finalizzato a porne in pericolo la libera autodeterminazione della sfera sessuale. Pertanto la valutazione del giudice sulla sussistenza dell’elemento oggettivo non deve fare riferimento unicamente alle parti anatomiche aggredite ed al grado di intensità fisica del contatto instaurato, ma deve tenere conto dell’intero contesto in cui il contatto si è realizzato e della dinamica intersoggettiva, esaminando la vicenda con un approccio interpretativo di tipo sintetico: di conseguenza possono costituire un’indebita intrusione fisica nella sfera sessuale non solo i toccamenti delle zone genitali, ma anche quelli delle zone ritenute «erogene» — ossia in grado di stimolare l’istinto sessuale — dalla scienza medica, psicologica ed antropologico-sociologica. (Nel caso di specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, esaminato il contesto complessivo della vicenda, aveva ricompreso nella nozione di atto sessuale anche ripetuti palpeggiamenti dei glutei ed altre «molestie sessuali», poste in essere, nel luogo di lavoro e nei confronti di molteplici vittime, da un soggetto in posizione sovraordinata rispetto alle stesse).

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Cass. pen. n. 35118/2004

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 609 bis c.p., sollevata con riferimento agli artt. 3 e 25, comma secondo, della Costituzione, atteso che la nozione di «atti sessuali», richiamata dalla norma ai fini della configurabilità del reato di violenza sessuale, altro non è se non la risultante della somma delle previgenti nozioni di «congiunzione carnale» e di «atti di libidine», previste rispettivamente dagli abrogati artt. 519 e 521 c.p., per cui essa viene a comprendere tutti gli atti che, secondo il senso comune e l’elaborazione giurisprudenziale, esprimono l’impulso sessuale dell’agente con invasione della sfera sessuale del soggetto passivo.

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Cass. pen. n. 27485/2004

L’abuso sessuale particolarmente invasivo dell’intimità del soggetto passivo in quanto posto in essere con modalità subdole tali da carpire, prima, e tradire, poi, la fiducia della persona offesa ponendola in posizione di inferiorità fisica rispetto alla condotta aggressiva dell’agente, è ostativo alla concessione dell’attenuante del fatto di minore gravità (art. 609 bis c.p. ultimo comma).

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Cass. pen. n. 25464/2004

Le prestazioni sessuali eseguite in videoconferenza in modo da consentire al fruitore delle stesse di interagire in via diretta ed immediata con chi esegue la prestazione, con la possibilità di richiedere il compimento di atti sessuali determinati, assume il valore di atto di prostituzione e configura il reato di sfruttamento della prostituzione a carico di coloro che abbiano reclutato gli esecutori delle prestazioni o ne abbiano consentito lo svolgimento creando i necessari collegamenti via internet o ne abbiano tratto guadagno, atteso che è irrilevante il fatto che chi si prostituisce ed il fruitore della prestazione si trovino in luoghi diversi in quanto il collegamento in videoconferenza consente all’utente di interagire con chi si prostituisce in modo tale da potere richiedere a questi il compimento di atti sessuali determinati che vengono immediatamente percepiti da chi ordina la prestazione sessuale a pagamento.

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Cass. pen. n. 24212/2004

Ai fini della configurabilità del reato di violenza sessuale con abuso delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa, di cui all’art. 609 bis, comma secondo n. 1, c.p., occorre accertare non soltanto se la persona con la quale è intercorso il rapporto sessuale abbia espresso il proprio consenso, ma altresì se tale consenso non si configuri quale conseguenza di una strumentalizzazione della inferiorità della vittima da parte dell’autore del fatto che abbia sfruttato le condizioni di minorata capacità di resistenza o di comprensione della natura dell’atto da parte del soggetto passivo.

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Cass. pen. n. 21584/2004

In riferimento ad un’accusa per il delitto di violenza sessuale ex art. 609 bis, comma primo n. 1) c.p., commesso con abuso delle condizioni di inferiorità fisica e psichica della vittima, la sentenza che dichiara invece accertata una condotta di violenza e minaccia, viola il principio di correlazione tra fatto contestato e quello ritenuto in sentenza, ed è pertanto affetta da nullità, se nel corso del processo l’imputato non è stato posto in grado di difendersi concretamente anche in merito a tale distinta condotta, ancorché non inserita nel capo di imputazione.

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Cass. pen. n. 19562/2004

Ai fini della configurabilità del reato di violenza sessuale, di cui all’art. 609 bis c.p., a seguito del suo inquadramento tra i delitti contro la libertà personale e non piú tra quelli contro la moralità pubblica, l’illiceità dei comportamenti deve essere valutata alla stregua del rispetto dovuto alla persona e sulla loro attitudine ad offendere la libertà di determinazione della sfera sessuale, che prescinde dal grado di intrusione corporale subita dalla vittima, assumendo minore rilievo l’indagine sul loro impatto nel contesto sociale e culturale in cui avvengono.

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Cass. pen. n. 15464/2004

I reati di violenza sessuale offendono la libertà personale intesa come libertà di autodeterminazione a compiere un atto sessuale, e non già la libertà morale della vittima, oppure il pudore e l’onore sessuale. Ne consegue che non ogni atto espressivo della concupiscenza dell’agente configura un atto sessuale idoneo a ledere la libertà di determinazione sessuale del soggetto passivo, essendo indispensabile che tale atto offenda la sfera della sessualità fisica della vittima. La nozione di atti sessuali è, in pratica, la somma dei concetti di congiunzione carnale ed atti di libidine previsti dalle previgenti fattispecie di violenza carnale ed atti di libidine violenti: non possono essere inclusi in tale nozione quei comportamenti quali un gesto di esibizionismo sessuale o un atto di autoerotismo compiuto davanti a terzi — che, pur essendo manifestazione di istinto sessuale, non si concretano in un contatto corporeo tra soggetto attivo e soggetto passivo, ovvero non coinvolgono la corporeità di quest’ultimo.

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Cass. pen. n. 14789/2004

Il reato di violenza sessuale è configurabile anche all’interno del rapporto di coppia, coniugale o paraconiugale che sia, ogni qual volta vi sia un costringimento fisico-psichico idoneo ad incidere sulla libertà di autodeterminazione del partner, sempre che, sul piano soggettivo, risulti dimostrata la consapevolezza, da parte dell’agente, dell’altrui rifiuto, anche non espresso ma chiaramente percepibile, all’atto sessuale.
In tema di reati contro la libertà sessuale, integra la violazione dell’art. 609 bis c.p. qualsiasi forma di costringimento psico-fisico idonea ad incidere sull’altrui libertà di autodeterminazione, a nulla rilevando l’esistenza di un rapporto di coppia coniugale o paraconiugale tra le parti, atteso che non esiste all’interno di un tale rapporto un “diritto all’amplesso” nè conseguentemente il potere di esigere o imporre una prestazione sessuale.

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Cass. pen. n. 2646/2004

In tema di violenza sessuale in danno di persona che si trovi in stato di inferiorità fisica o psichica, si ha induzione punibile quando la condotta configuri una vera e propria sopraffazione nei confronti della vittima che soggiace al volere del soggetto attivo, ridotta a strumento di soddisfazione. (Fattispecie relativa a persona offesa che aveva bevuto una quantità di bevande alcooliche tale da determinare un evidente indebolimento psichico di cui era pienamente consapevole il soggetto attivo per essere stato presente all’assunzione delle bevande per tutta la sera).

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Cass. pen. n. 2597/2004

In tema di reati contro la libertà sessuale,ai fini dell’accertamento della sussistenza o meno dell’attenuante speciale del fatto di minore gravità, prevista dall’art. 609 bis, terzo comma, c.p., deve farsi riferimento oltre che alla materialità del fatto a tutte le modalità della condotta criminosa ed al danno arrecato alla parte lesa, ovvero agli elementi indicati dal primo comma dell’art. 133 c.p., ma non possono venire in rilievo gli ulteriori elementi di cui al secondo comma dello stesso articolo 133, utilizzabili solo per la commisurazione complessiva della pena.

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Cass. pen. n. 47730/2003

In tema di abusi sessuali, ai fini della configurabilità della diminuente del fatto di minore gravità prevista dall’art. 609 bis, terzo comma, c.p. non può farsi riferimento esclusivo alla materialità del fatto, come nel precedente assetto normativo, ma in proposito rilevano tutte le modalità che hanno caratterizzato la condotta criminosa, ed il danno cagionato alla persona offesa soprattutto in considerazione dell’età della stessa o di altre condizioni psichiche nelle quali questa versava al momento della commissione dell’abuso.

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Cass. pen. n. 47453/2003

Il delitto di violenza sessuale in danno di persona che si trovi in stato di inferiorità psichica o fisica è integrato da una condotta posta in essere con la piena consapevolezza della condizione di inferiorità della vittima e se l’azione sia conseguente ad induzione ed abuso. (La Corte ha altresì affermato che si ha induzione quando il soggetto passivo viene convinto a compiere od a subire l’atto sessuale, mentre si ha abuso quando si realizza una distorta utilizzazione delle condizioni di menomazione della vittima).

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Cass. pen. n. 46289/2003

In tema di violenza sessuale sui minori avvenuta in ambito familiare, le dichiarazioni dei congiunti che hanno raccolto le confidenze del minore costituiscono veri e propri riscontri allorché integrano qualificate deposizioni de relato e riferiscono informazioni rese in un contesto di normalità allo scopo di soddisfare un naturale bisogno di difesa e protezione del minore stesso.

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Cass. pen. n. 36758/2003

In tema di violenza sessuale, deve ritenersi «atto sessuale», previsto dall’art. 609 bis c.p., oltre al coito di qualsiasi natura, ogni atto diretto ed idoneo a compromettere la libertà della persona attraverso l’eccitazione o il soddisfacimento dell’istinto sessuale dell’agente. Ne consegue che per la configurabilità del reato occorre la contestuale presenza di un requisito soggettivo, consistente nel fine di concupiscenza (ravvisabile anche nel caso in cui l’agente non ottenga il soddisfacimento sessuale), e di un requisito oggettivo, consistente nella concreta idoneità della condotta a compromettere la libertà di autodeterminazione del soggetto passivo nella sua sfera sessuale e a suscitare o soddisfare la brama sessuale dell’agente (in applicazione di tale principio la Corte ha ravvisato il suddetto reato nella condotta dell’agente consistita in toccamenti e palpeggiamenti in zone erogene della vittima non consenziente, in quanto invasiva dell’altrui sfera sessuale e motivata da finalità di libidine).

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Cass. pen. n. 28505/2003

Deve includersi nella nozione di atti sessuali il «palpeggiamento» delle natiche in quanto tale comportamento costituisce una effettiva e concreta intrusione nella sfera sessuale della vittima e, sebbene superficiale, integra una oggettiva manifestazione di sessualità.

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Cass. pen. n. 18847/2003

La condotta vietata dall’art. 609 bis c.p. (violenza sessuale) comprende — se connotata da costrizione — sia ogni forma di congiunzione carnale tra autore del reato e soggetto passivo, sia qualsiasi atto che offende in modo diretto ed univoco la libertà sessuale della vittima (requisito oggettivo), attraverso l’eccitazione dell’agente e l’eventuale soddisfacimento del suo istinto sessuale (requisito soggettivo). Di conseguenza, il delitto di violenza sessuale è configurabile non solo nei casi in cui avvenga un contatto fisico diretto tra soggetto attivo e soggetto passivo, ma anche quando il soggetto attivo, al fine del soddisfacimento del proprio piacere sessuale, costringa due soggetti diversi, da considerare entrambi soggetti passivi, a “compiere o subire” atti sessuali solo tra loro.

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Cass. pen. n. 12862/2003

La nozione di atti sessuali, contenuta nell’art. 609 bis c.p. è, per quanto attiene all’elemento oggettivo del reato, la somma in un’unica categoria generale delle due nozioni, previgenti alla legge n. 66 del 1996, di congiunzione carnale e di atti di libidine e trova il suo fondamento nel mutato oggetto giuridico dei reati sessuali e nell’esigenza di evitare alla vittima invasive indagini processuali.

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Cass. pen. n. 12854/2003

In tema di atti sessuali compiuti in danno di persona in condizioni di inferiorità psichica, la semplice mancanza di resistenza della parte offesa sia nella fase iniziale che durante lo svolgimento dell’atto, non preceduto o accompagnato da atti di violenza fisica o da minaccia, non può di per sé ritenersi inequivocamente sintomatica di quello stato di inferiorità psichica che, ai sensi dell’art. 609 bis, comma 2 n. 1 c.p., rende invalido il consenso.

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Cass. pen. n. 12007/2003

In tema di atti sessuali con minorenne la nozione di “atti sessuali”, così come del resto l’ipotesi di “minore gravità”, non si differenzia da quella prevista dall’art. 609 bis c.p. e non può essere caratterizzata da una concezione psicologico-comportamentale alla luce della qualità della parte offesa, dovendo piuttosto basarsi sull’effettiva lesività del bene protetto e, quindi, sulla compressione della libertà sessuale della vittima.

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Cass. pen. n. 32513/2002

La figura di violenza sessuale delineata al comma 2 n. 1 dell’art. 609 bis c.p., centrata sull’induzione all’atto sessuale di persona in condizioni di inferiorità fisica o psichica, si distingue sia dalla fattispecie di costrizione mediante abuso di autorità (comma 1 della stessa norma), che da quella di atti sessuali compiuti con minori degli anni sedici ad opera dell’ascendente o di altri soggetti in rapporto qualificato con la persona offesa (comma 1 n. 2 dell’art. 609 quater c.p.). L’abuso di autorità rilevante per il comma 1 dell’art. 609 bis c.p. presuppone nell’agente una posizione autoritativa di tipo formale e pubblicistico, sostanzialmente dipendente dall’affidamento del soggetto passivo in ragione del pubblico ufficio ricoperto dall’agente stesso (secondo la previsione dell’abrogato art. 520 c.p.) e determina una costrizione al compimento degli atti sessuali, mentre nella figura delineata al comma 2 n. 1 della stessa norma manca una relazione siffatta e sussiste invece, per quanto viziato dalla condizione di inferiorità, un consenso della vittima all’atto sessuale. Detto consenso ricorre anche nell’ipotesi di atti sessuali con minorenni da parte dei soggetti indicati al comma 1 n. 2 dell’art. 609 quater c.p., ma tale ultima fattispecie prescinde dalla concreta soggezione della persona offesa, assegnando rilevanza al dato formale della relazione di parentela, di affidamento o di convivenza.

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Cass. pen. n. 40712/2001

In applicazione della regola dettata dall’art. 40 cpv. c.p., secondo cui il non impedire un evento che si abbia l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo, deve ritenersi responsabile di concorso nel reato di violenza sessuale continuata commesso da un padre nei confronti della figlia minore la madre di quest’ultima, la quale, benché resa compiutamente edotta dei fatti, abbia sistematicamente omesso di denunciarli e di chiedere l’intervento dell’autorità, limitandosi invece ad esortare la vittima alla sopportazione ed al perdono.

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Cass. pen. n. 3990/2001

In tema di reati contro la libertà sessuale, la violenza richiesta per la integrazione del reato non è soltanto quella che pone il soggetto passivo nell’impossibilità di opporre tutta la resistenza voluta, tanto da realizzare un vero e proprio costringimento fisico, ma anche quella che si manifesta nel compimento insidiosamente rapido dell’azione criminosa, così venendosi a superare la contraria volontà del soggetto passivo. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto integrato il reato di cui all’art. 609 bis c.p. nel caso di improvvisi palpamenti del seno di alcune alunne da parte di un funzionario scolastico).
In tema di violenza sessuale, la repentinità di azione, idonea a limitare la libertà di autodeterminazione della vittima e a renderne inoperante la capacità di resistenza, facendole subire un atto che in altre condizioni non sarebbe stato compiuto, costituisce una forma di aggressione alla libertà sessuale. (Fattispecie relativa a palpeggiamenti «repentini e improvvisi» ad opera di un impiegato di un istituto scolastico nei confronti di alcune studentesse).

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Cass. pen. n. 3553/2000

Ai fini della qualificazione di un atto come «atto sessuale», quale previsto dall’art. 609 bis c.p., non deve necessariamente farsi riferimento all’istinto sessuale del soggetto agente, ben potendo rientrare nella nozione in questione anche un atto il quale, pur non valendo ad appagare il detto istinto, costituisca indebita invasione della sfera sessuale del soggetto passivo. (Nella specie, in applicazione di tale principio, è stato ritenuto che correttamente fosse stato configurato il reato di violenza sessuale in un caso in cui il soggetto passivo era stato costretto a subire la penetrazione in vagina di alcuni oggetti, ad opera degli imputati).

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Cass. pen. n. 12446/2000

La condotta vietata dall’art. 609 bis c.p. (violenza sessuale) ricomprende, se connotata da costrizione (violenza, minaccia o abuso di autorità), sostituzione ingannevole di persona ovvero abuso di condizione di inferiorità fisica o psichica, qualsiasi atto – anche se non esplicato attraverso il contatto fisico diretto con il soggetto passivo – che sia finalizzato ed idoneo a porre in pericolo il bene primario della libertà dell’individuo attraverso l’eccitazione o il soddisfacimento dell’istinto sessuale dell’agente, atteso che il riferimento al sesso non deve limitarsi alle zone genitali, ma ricomprendere anche quelle ritenute dalla scienza non solo medica, ma anche psicologica ed antropologica-sociologica erogene, ovvero tali da dimostrare l’istinto sessuale.

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Corte cost. n. 295/2000

È manifestamente inammissibile, in riferimento all’art. 25 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 609 bis c.p., nella parte in cui accomunando sotto un’unica previsione fatti che prima integravano i distinti reati di violenza carnale e di atti di libidine violenti e unificando le condotte incriminate mediante la locuzione «atti sessuali», senza ulteriore descrizione o definizione, difetterebbe di determinatezza, non essendo rinvenibile nel linguaggio corrente e nella letteratura scientifica una nozione comunemente e univocamente accettata di atto sessuale.

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Cass. pen. n. 13/2000

In tema di violenza sessuale, l’«abuso di autorità» di cui all’art. 609 bis, primo comma, c.p. presuppone nell’agente una posizione autoritativa di tipo formale e pubblicistico. (In applicazione di tale principio la Corte ha escluso la configurabilità dell’abuso di autorità in un’ipotesi in cui l’agente aveva compiuto atti sessuali con un minore degli anni sedici che gli era stato affidato, nella sua qualità di insegnante privato, per ragioni di istruzione ed educazione ed ha conseguentemente ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che aveva qualificato il fatto come atti sessuali con minorenne — art. 609 quater c.p. — anziché come violenza sessuale — art. 609 bis c.p.).

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Cass. pen. n. 7772/2000

Devono includersi nella nozione di atti sessuali tutti quegli atti indirizzati verso zone erogene, e che siano idonei a compromettere la libera determinazione della sessualità del soggetto passivo e ad entrare nella sua sfera sessuale con modalità connotate dalla costrizione, sostituzione di persona, abuso di condizioni di inferiorità fisica o psichica. Tra questi vanno ricompresi i toccamenti, palpeggiamenti e sfregamenti sulle parti intime delle vittime, suscettibili di eccitare la concupiscenza sessuale anche in modo non completo e/o di breve durata, essendo del tutto irrilevante, ai fini della consumazione, che il soggetto abbia o meno conseguito la soddisfazione erotica. La prevalenza dell’aspetto oggettivo e non di quello soggettivo, come avveniva in precedenza per gli atti di libidine discende dalla differente collocazione e dal diverso bene giuridico protetto dai reati introdotti dalla legge 15 febbraio 1996, n. 66 rispetto a quelli in precedenza contemplati dal codice del 1930.

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Cass. pen. n. 5646/2000

In tema di violenza sessuale, stante il carattere indefinito e discrezionale della circostanza attenuante ad effetto speciale di cui all’art. 609 bis, è necessario fare riferimento a criteri normativi certi quali gli elementi menzionati dall’art. 133 c.p. ed all’oggettiva minore lesività del fatto in concreto rapportata al bene giuridico tutelato. Pertanto, assumono particolare importanza la «qualità» dell’atto compiuto più che la «quantità» di violenza fisica, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e mentali di quest’ultima, le caratteristiche psicologiche valutate in relazione all’età, l’entità della compressione della libertà sessuale ed il danno arrecato alla vittima anche in termini psichici più che l’avvenuta penetrazione corporale.
L’attenuante di cui all’art. 609, comma 3, c.p. non risponde ad esigenze di adeguamento del fatto alla colpevolezza del reo, ma concerne la minore lesività del fatto in concreto rapportata al bene giuridico tutelato e, quindi, assume particolare importanza la qualità dell’atto compiuto più che la quantità di violenza fisica. Ovvero assumono rilievo il grado di coartazione esercitato sulla vittima e le condizioni, fisiche e mentali, di quest’ultima, le caratteristiche psicologiche, valutate in relazione all’età, l’entità della compressione della libertà sessuale ed il danno arrecato alla vittima anche in termini psichici. (Nella specie la Corte ha escluso l’attenuante in questione in caso di violenza su minore infraquattordicenne anche se non si era realizzata la penetrazione).
La circostanza attenuante ad effetto speciale di cui all’art. 609 bis c.p. deve considerarsi applicabile in tutte quelle fattispecie in cui, avuto riguardo alle modalità esecutive ed alle circostanze dell’azione, sia possibile ritenere che la libertà sessuale personale della vittima sia stata compressa in maniera non grave, anche in relazione all’età della stessa, sicché è necessaria una valutazione globale del fatto, non limitata alle sole componenti oggettive del reato, bensì estesa a quelle soggettive ed a tutti gli elementi menzionati dall’art. 133 c.p.

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Cass. pen. n. 972/2000

In tema di abusi sessuali, ai fini dell’accertamento della diminuente del fatto di minore gravità prevista dall’art. 609 bis, comma 3, c.p. deve farsi riferimento, oltre che alla materialità del fatto, a tutte le modalità che hanno caratterizzato la condotta criminosa, nonché al danno arrecato alla parte lesa, anche e soprattutto in considerazione dell’età della stessa o di altre condizioni psichiche in cui versi. (Fattispecie di annullamento con rinvio per carenza di motivazione essendosi limitato il giudice di merito a far coincidere la minore gravità esclusivamente con la natura dell’abuso sessuale, analogamente a quanto previsto dall’abrogato sistema normativo; la Corte ha osservato che la citata diminuente è stata invece introdotta al fine di svincolare la valutazione della gravità del fatto dai limiti della materialità della condotta posta in essere, così come era in precedente, elevandola ad un giudizio più ampio che deve tener conto di tutte le componenti del caso).

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Cass. pen. n. 4005/2000

Nella nozione di atti sessuali di cui all’art. 609 bis c.p. si devono includere non solo gli atti che involgono la sfera genitale, bensì tutti quelli che riguardano zone del corpo note, secondo la scienza medica, psicologica, antropologico-sociologica, come erogene. Tali zone sono quelle note come stimolanti l’istinto sessuale, sicché detti atti, quando commessi su persona non consenziente o infraquattordicenne, ledono il bene protetto, cioè la libertà sessuale del soggetto passivo.

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Cass. pen. n. 1913/2000

Deve ritenersi corretta la qualificazione di incaricato di pubblico servizio attribuita al medico convenzionato con il servizio sanitario nazionale perché investito di funzioni di carattere pubblicistico aventi nel contempo natura sanitaria ed amministrativa, infatti una volta inseritosi nella struttura il medico non può scindere le funzioni di competenza. Momento di rilievo pubblicistico è non solo quello certificativo, perché questo non è altro che l’attestazione delle mansioni già espletate dall’agente come incaricato di un servizio avente certamente finalità pubblica, la cui parte più delicata non consiste nella certificazione, bensì nelle attività prodromiche alla stessa. (In applicazione di tale principio la Corte ha affermato la procedibilità di ufficio per i reati contro la libertà sessuale commessi da un medico del servizio sanitario nazionale durante le visite ambulatoriali).

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Cass. pen. n. 1911/2000

L’idoneità della violenza o della minaccia a coartare la volontà della vittima nei reati di violenza sessuale vanno esaminate non secondo criteri astratti aprioristici, ma tenendosi conto, in concreto, di ogni circostanza oggettiva e soggettiva; sicché anche una semplice minaccia o intimidazione psicologica, attuata in situazioni particolari tali da influire negativamente sul processo mentale di libera determinazione della vittima, può esser sufficiente ad integrare, senza necessità di protrazione nel corso della successiva fase della condotta tipica dei reati in esame, gli estremi della violenza.

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Cass. pen. n. 860/2000

Costituisce abuso di autorità, rilevante ai fini della commissione del reato di violenza sessuale punito dall’art. 609 bis c.p., la condotta dell’ufficiale comandante di un battaglione dell’esercito, il quale strumentalizzi la sua posizione di preminenza nella gerarchia militare e prevarichi mediante i poteri direttivi connessi con la titolarità della funzione esercitata al fine di sottoporre i militari in servizio di leva alle sue dipendenze ad atti sessuali. (Nella specie la violenza si esercitava mediante svolgimento di temi e tests su argomenti e situazioni a sfondo sessuale, ritraendone le pose in fotografie).

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Cass. pen. n. 2941/1999

La nozione di «atti sessuali» cui fa riferimento l’art. 609 bis c.p., nasce dalla semplice somma delle due nozioni di congiunzione carnale e di atti di libidine che la legislazione previgente considerava e disciplinava separatamente. Ne consegue che essa non può non comportare — così come la comportavano le due distinte nozioni preesistenti — un coinvolgimento della corporeità sessuale della persona offesa. Non possono, pertanto, qualificarsi come «atti sessuali», nel senso richiesto dalla suddetta norma incriminatrice, tutti quegli atti, i quali, pur essendo espressivi di concupiscenza sessuale, siano però inidonei (come nel caso dell’esibizionismo, dell’autoerotismo praticato in presenza di altri costretti ad assistervi o del voyerismo), ad intaccare la sfera della sessualità fisica della vittima, comportando essi soltanto offesa alla libertà morale di quest’ultima o al sentimento pubblico del pudore.

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Cass. pen. n. 11558/1999

La circostanza attenuante, prevista dal terzo comma dell’art. 609 bis c.p. nei «casi di minore gravità» deve considerarsi applicabile in tutte quelle fattispecie in cui — avuto riguardo ai mezzi, alle modalità esecutive ed alle circostanze dell’azione — sia possibile ritenere che la libertà sessuale personale della vittima sia stata compressa in maniera non grave. Ne consegue la necessità di una valutazione globale del fatto, non limitata alle sole componenti oggettive del reato, bensì estesa anche a quelle soggettive ed a tutti gli elementi menzionati nell’art. 133 c.p. (In applicazione di questo principio la S.C. ha ritenuto legittima la valutazione del giudice di merito il quale aveva escluso l’applicabilità dell’attenuante in esame, avuto riguardo alle minorate condizioni di capacità della minore, affetta da ritardo mentale, nonché alla reiterazione delle molestie e delle violenze arrecatele).

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Cass. pen. n. 4490/1999

Attesa la natura di elementi costitutivi del reato e non di circostanze aggravanti, ricavabili dalle previsioni di cui all’art. 609 bis, secondo comma, c.p., deve escludersi che vi sia incompatibilità fra la ritenuta inquadrabilità del fatto nell’ambito di dette previsioni (nella fattispecie, quella di cui al n. 1, ravvisata per avere, il colpevole, costretto a congiunzione carnale la propria fidanzata, incinta al settimo mese) e il riconoscimento del caso di minore gravità, ai sensi dell’ultimo comma del citato art. 609 bis.

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Cass. pen. n. 66551/1998

Con la nuova disciplina introdotta con la legge 15 febbraio 1996, n. 66 l’illiceità dei comportamenti deve essere valutata alla stregua del rispetto dovuto alla persona umana e della loro attitudine ad offendere la libertà di determinazione della sfera sessuale. Questa è pertanto disancorata dall’indagine sul loro impatto nel contesto sociale e culturale in cui avvengono, in quanto punto focale è la disponibilità della sfera sessuale da parte della persona, che ne è titolare.
Devono includersi nella nuova nozione di atti sessuali tutti quelli indirizzati verso zone erogene, che siano idonei a compromettere la libera determinazione della sessualità del soggetto passivo. Ciò comporta la possibilità di ampliare l’ambito di operatività del delitto tentato tutte le volte in cui l’atto raggiunga una zona certamente non erogena per la netta opposizione o reazione della vittima. (Nella specie la Corte ha ritenuto integrare il reato nel caso in cui per la reazione della vittima il bacio, indirizzato sulla bocca, era stato dato su una guancia).

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Cass. pen. n. 1346/1998

In tema di violenza sessuale in danno di persona che si trovi in stato di inferiorità psichica o fisica la norma di cui all’art. 609 bis c.p., introdotta con l’art. 3 della legge 15 febbraio 1996, n. 66, configura la violenza in modo diverso da quanto previsto dal previgente art. 519 c.p. Infatti volendo tutelare il diritto alle relazioni sessuali anche delle persone affette da inferiorità psichica o fisica, il legislatore del 1996 ha punito come delitto il rapporto sessuale con queste persone solo quando sia caratterizzato da un qualificato differenziale di potere; cioè quando sia connotato da induzione da parte del soggetto forte e da abuso delle condizioni di inferiorità del soggetto debole.

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Cass. pen. n. 4426/1997

In tema di violenza sessuale in danno di persona che si trovi in stato di inferiorità psichica o fisica, il nucleo della condotta tipica, contemplata dalla nuova legge sulla violenza sessuale (artt. 609 bis ss. c.p.), è assimilabile a quello previsto dall’art. 519 stesso codice, salva l’introduzione, da parte della nuova legge 15 febbraio 1996, n. 66, di elementi specifici che, con riferimento alla fattispecie in esame, si individuano nella induzione, con abuso dello stato di inferiorità fisica o psichica della persona, e che — lungi dall’essere ininfluenti ai fini della punibilità (come nell’ipotesi previgente di congiunzione carnale con persona malata di mente) — vanno, di volta in volta, individuati dal giudice di merito. Infatti, il soggetto attivo del reato è punibile non già per l’effetto dell’automatismo derivante dalla malattia mentale della vittima, ma per aver indotto costei al compimento di atti sessuali abusando di tale condizione di inferiorità: l’induzione punibile, attuata mediante l’abuso nei confronti del soggetto che si trovi in stato di «inferiorità fisica o psichica», non si configura come attività di persuasione, cui corrisponde la «volontaria» adesione del soggetto più debole, bensì come vera e propria sopraffazione nei confronti della vittima; la quale non è in grado di aderire perché convinta, ma soggiace al volere del soggetto attivo, ridotta a strumento di soddisfazione delle sue voglie. (Nella specie la S.C. ha osservato che la punibilità degli atti sessuali non è stata individuata nel mero fatto della «infermità mentale» della vittima, bensì nella condotta dell’imputato, manifestamente abusiva rispetto alla inferiorità psichica della donna, resa evidente dalla sua totale incapacità di intendere e di volere, che non poteva non essere conosciuta dall’imputato — vicino per vincoli di parentela al contesto familiare della vittima — «fin dal momento» in cui decise di avvicinare la ragazza).

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Cass. pen. n. 4114/1997

Se la congiunzione carnale avvenuta prima dell’entrata in vigore della legge 15 febbraio 1996, n. 66 siasi verificata con persona malata di mente (nella specie: schizofrenica) oppure menomata psichicamente o fisicamente mediante induzione all’atto sessuale del soggetto passivo con abuso della condizione d’inferiorità, deve considerarsi più favorevole la norma attuale di cui all’art. 609 bis c.p. rispetto al previgente art. 519 c.p., poiché essa ha introdotto elementi di qualificazione della condotta (induzione ed abuso) non previsti dalla precedente disciplina con la quale era presunta in via assoluta la colpevolezza di chi si congiungeva con malato di mente o in stato di menomazione. Se, invece, non siano ravvisabili i predetti elementi introdotti dall’art. 609 bis c.p. (induzione ed abuso) è applicabile la previgente normativa, poiché il principio del favor rei di cui all’art. 2 c.p. è applicabile con riferimento alle diverse discipline che si succedono nel tempo intese nel complesso di ciascuna di esse, senza che possa tenersi conto di singole disposizioni più vantaggiose in ciascuna contenute.

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Cass. pen. n. 1040/1997

Il compimento di atti sessuali diversi dalla congiunzione carnale può avere anche connotazioni di gravità maggiore della congiunzione stessa e l’applicazione della circostanza attenuante speciale prevista da comma 3 dell’art. 609 bis deve avere riguardo all’effettiva valenza criminale degli specifici comportamenti desunta con riferimento ai criteri direttivi indicati dall’art. 133 c.p. Non è possibile, pertanto, delineare aprioristicamente una categoria generale alla quale ricondurre «i casi di minore gravità», ma la loro individuazione è rimessa, volta per volta, alla discrezionalità del giudice di merito, da esercitarsi con razionale riferimento agli elementi considerati determinanti per la soluzione adottata e con obbligo di puntuale motivazione. Tra i casi di minore gravità potranno annoverarsi comportamenti di molestia sessuale consistenti in atti concludenti, mentre ne resteranno esclusi quei comportamenti che si risolvono, ad esempio, in ossessivi corteggiamenti o in assillanti proposte, ove «lo sfondo sessuale» costituisce soltanto un motivo e non un elemento della condotta. (Nella specie, relativa ad annullamento senza rinvio, perché il fatto non sussiste, di sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 521 c.p., per avere l’imputato compiuto atti di libidine consistiti, mentre manifestava l’intenzione di abbottonare i pantaloni ad una ragazza e di calzarle le scarpe, nel toccare il bottone dei pantaloni e nel baciarle una gamba, sugli stessi jeans, senza trattenerla né toccarla in altre parti del corpo, la Suprema Corte ha ritenuto che, in sostanza, l’imputato aveva posto in essere una «molestia sessuale» che non varca la soglia della rilevanza penale in relazione all’art. 609 bis c.p. e non è altresì riconducibile ad altre ipotesi criminose, dovendosi escludere con palese evidenza la ravvisabilità di un intento ingiurioso e non potendo configurarsi, in un’abitazione privata, la contravvenzione di cui all’art. 660 c.p.).
La condotta vietata dall’art. 609 bis c.p. (Violenza sessuale), introdotto dall’art. 3 della legge 15 febbraio 1996, n. 66 (Norme contro la violenza sessuale), ricomprende — se connotata da costrizione (violenza, minaccia o abuso di autorità), sostituzione ingannevole di persona ovvero abuso di condizioni di inferiorità fisica o psichica — oltre ad ogni forma di congiunzione carnale, qualsiasi atto che, anche se non esplicato attraverso il contatto fisico diretto con il soggetto passivo, sia finalizzato ed idoneo a porre in pericolo il bene primario della libertà dell’individuo attraverso l’eccitazione o il soddisfacimento dell’istinto sessuale dell’agente. L’antigiuridicità della condotta resta connotata, dunque, da un requisito soggettivo (la finalizzazione all’insorgenza o all’appagamento di uno stato interiore psichico di desiderio sessuale) che si innesta sul requisito oggettivo della concreta e normale idoneità del comportamento a compromettere la libertà di autodeterminazione del soggetto passivo nella sua sfera sessuale e ad eccitare o a sfogare l’istinto sessuale del soggetto attivo. (La Suprema Corte ha osservato che il riferimento alla «Normale idoneità» è necessario, poiché un soggetto connotato da una sessualità «particolare» potrebbe eccitarsi, per esempio, anche attraverso il bacio delle scarpe calzate dalla persona concupita ed un comportamento siffatto non potrebbe certamente ricondursi alla previsione incriminatrice in esame).

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Cass. pen. n. 11293/1996

L’art. 609 bis c.p. (violenza sessuale), introdotto dall’art. 3 legge 15 febbraio 1996, n. 66, così come l’art. 519 c.p. (della violenza carnale), equipara la minaccia alla violenza fisica. (Fattispecie relativa a rigetto di ricorso con il quale si invocava l’applicazione della nuova legge sulla violenza sessuale, più favorevole, per la pretesa configurabilità dell’attenuante della minore gravità, poiché gli atti di violenza sessuale furono compiuti senza l’uso di violenza fisica. La S.C. ha osservato altresì che non poteva giovare all’imputato la concessione delle attenuanti generiche, poiché queste risultavano riconosciute esclusivamente con riguardo all’incensuratezza, mentre, con riferimento al fatto, i giudici ne avevano ribadito l’intenso disvalore per l’abuso su persona gerarchicamente e psicologicamente inferiore: giudizio di merito chiaramente incompatibile con l’ipotesi di minore gravità).

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Cass. pen. n. 2561/1996

In tema di atti di violenza sessuale in danno di minori, non può ritenersi più favorevole al reo la disciplina introdotta con l’art. 4 legge 15 febbraio 1996, n. 66 rispetto a quella di cui al previgente art. 521 c.p. se la pena inflitta in concreto non è quella minima prevista da quest’ultima norma, mentre è tale (più favorevole al reo) se la pena sia stata inflitta nel minimo edittale, potendo essere ritenuta prevalente, ove applicabile, l’attenuante della minore gravità di cui all’art. 609 bis c.p. introdotto con l’art. 3 legge 15 febbraio 1996, n. 66. (Questione esaminata d’ufficio in occasione di dichiarazione di inammissibilità del ricorso dell’imputato).

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Cass. pen. n. 8564/1996

La fattispecie di reato di atti di libidine violenti, di cui all’art. 521 c.p., contestata in danno di minore degli anni quattordici, è ora regolata dagli artt. 3 e 4 legge 15 febbraio 1996, n. 66, che ha rispettivamente introdotto gli artt. 609 bis e 609 ter c.p., con i quali le ipotesi di violenza carnale e di atti di libidine sono stati unificati in un’unica figura di reato: più precisamente detta fattispecie è regolata dal combinato disposto di cui agli artt. 609 bis e 609 ter n. 1 (violenza sessuale aggravata nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni quattordici). Poiché il trattamento sanzionatorio per la nuova figura di reato è molto più grave (reclusione da sei a dodici anni, a fronte di una reclusione da due a sei anni e otto mesi), a norma del terzo comma dell’art. 2 c.p. si deve applicare la disposizione più favorevole dell’art. 521 c.p. ora abrogata. Analogamente per la fattispecie di cui all’art. 519, secondo comma n. 2 c.p. — congiunzione carnale abusiva contro minore degli anni sedici — che è ora regolata dall’art. 609 bis n. 1 c.p.: poiché la pena edittale prevista da quest’ultima norma è più grave di quella prevista dalla norma precedente (reclusione da cinque a dieci anni, a fronte di una reclusione da tre a dieci anni), ai sensi del predetto terzo comma dell’art. 2 c.p., si deve applicare quella ora abrogata dell’art. 519 c.p. (La S.C. ha osservato che per entrambe le fattispecie il trattamento sanzionatorio previsto dalla legge n. 66 del 1966 diverrebbe più favorevole solo nel caso — non ricorrente nella specie — in cui il giudice ritenesse i fatti di «minore gravità», essendo allora applicabile una diminuzione sino a due terzi della pena base (ultimo comma dell’art. 609 bis c.p.).

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