Art. 671 – Codice penale – Impiego di minori nell’accattonaggio
[Chiunque si vale, per mendicare, di una persona minore degli anni quattordici o, comunque, non imputabile, la quale sia sottoposta alla sua autorità o affidata alla sua custodia o vigilanza, ovvero permette che tale persona mendichi, o che altri se ne valga per mendicare, è punito con l'arresto da tre mesi a un anno.
Qualora il fatto sia commesso dal genitore o dal tutore, la condanna importa la sospensione [34] dall'esercizio della potestà dei genitori o dall'ufficio di tutore.]
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 17948/2024
In tema di reato continuato, il giudice dell'esecuzione che ridetermini le pene inflitte con distinte condanne, ciascuna delle quali pronunciata per una pluralità di reati unificati a norma dell'art. 81, comma secondo, cod. pen., deve scorporare i reati già riuniti dal giudice della cognizione, individuare quello più grave ed infine operare, sulla pena che è stata inflitta per quest'ultimo, autonomi aumenti per ciascun reato satellite, compresi quelli già riuniti in continuazione con il reato posto a base del nuovo computo.
Cass. civ. n. 13840/2024
Le spese del procedimento di sequestro conservativo ante causam vanno liquidate sulla base degli stessi parametri vigenti al momento della decisione, in ragione del rapporto di stretta strumentalità della misura cautelare con la causa di merito, con la conseguenza che si applicano i parametri introdotti dal d.m. n. 55 del 2014 ogni qual volta la loro liquidazione intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del relativo decreto ministeriale, ancorché la prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta nella vigenza della pregressa regolamentazione, purché a tale data la prestazione professionale non sia stata ancora completata.
Cass. civ. n. 7132/2024
In tema di giudizio di appello, la richiesta di applicazione della continuazione in relazione a reato giudicato con sentenza di condanna divenuta irrevocabile dopo la scadenza del termine per impugnare è ammissibile solo se avanzata con i motivi nuovi ex art. 585, comma 4, cod. proc. pen. e sempre che sia accompagnata dall'allegazione, precisa e completa, delle sentenze definitive rilevanti ai fini del decidere. (In motivazione, la Corte ha evidenziato la natura eccezionale dell'istituto rispetto alla struttura del giudizio di appello e l'assenza di qualsiasi pregiudizio per l'imputato, che può sempre vedersi riconoscere la continuazione in sede esecutiva, ex art. 671 cod. proc. pen.).
Cass. civ. n. 4290/2024
Al sequestro conservativo disposto ex art. 316 comma 2 c.p.p., con la sentenza penale definitiva di condanna generica al risarcimento del danno, sui beni dell'imputato ad istanza della parte civile, si applicano gli artt. 669 octies e 669 novies c.p.c., in ragione del carattere di piena strumentalità della misura cautelare patrimoniale rispetto al giudizio civile di merito e del sopravvenuto venir meno dei suoi presupposti, reso palese dallo stesso comportamento del creditore, il quale ritardi l'introduzione della causa di merito in misura non compatibile con la funzione della tutela cautelare, con la conseguenza che il sequestro perde efficacia qualora l'azione risarcitoria, già esercitata in sede penale, non venga tempestivamente introdotta in sede civile nel termine perentorio di sessanta giorni dall'irrevocabilità della sentenza penale.
Cass. civ. n. 41836/2023
E' inammissibile il ricorso per cassazione avverso il provvedimento del giudice dell'esecuzione, con il quale siano devolute questioni non prospettate con la richiesta originaria al giudice di merito, sulle quali quest'ultimo non sia stato chiamato a decidere.
Cass. civ. n. 33420/2023
In tema di reato continuato, non può operarsi un incremento sanzionatorio per il reato "satellite" in termini di pena detentiva nel caso in cui la pena per esso in precedenza inflitta sia stata già irrevocabilmente convertita in pena pecuniaria sostitutiva.
Cass. civ. n. 29877/2023
In tema di esecuzione, non è suscettibile di applicazione analogica la previsione di cui all'art. 671, comma 3, cod. proc. pen. nel caso in cui le pene ostative alla concessione della sospensione condizionale sono state dichiarate estinte per indulto, posto che la concessione di tale beneficio, pur estinguendo la pena e facendone cessare l'espiazione, non elimina gli altri effetti penali scaturenti "ope legis" dalla condanna.
Cass. civ. n. 28762/2023
In tema di applicazione "in executivis" della disciplina del reato continuato, è onere del condannato indicare i reati di cui richiede l'unificazione e, quanto meno, gli elementi specifici sintomatici della riconducibilità a una preventiva programmazione unitaria anche dei reati successivi, spettando al giudice dell'esecuzione l'individuazione degli elementi sostanziali dai quali sia desumibile il medesimo disegno criminoso.
Cass. civ. n. 17531/2023
Il riconoscimento del vincolo della continuazione tra reati in sede esecutiva, con la conseguente determinazione di una pena complessiva inferiore a quella risultante dal cumulo materiale, non comporta che la differenza residua possa essere automaticamente imputata alla pena da eseguire, a ciò ostando la disposizione di cui all'art. 657, comma 4, cod. proc. pen., per cui vanno computate a tale fine solo la custodia cautelare o le pene espiate "sine titulo" dopo la commissione del reato e dovendosi conseguentemente scindere il reato continuato nelle singole violazioni che lo compongono.
Cass. civ. n. 15625/2023
L'ampio arco temporale entro cui risultano commessi più reati non esime il giudice dall'onere di verificare se la continuazione possa essere riconosciuta con riferimento a singoli gruppi di reati commessi all'interno di tale periodo, ove cronologicamente prossimi, tenuto conto degli ulteriori indici rappresentati dalla similare tipologia, dalle singole causali e dalla contiguità spaziale.
Cass. civ. n. 7029/2023
Ai fini dell'individuazione della violazione più grave nel reato continuato in sede esecutiva, ai sensi dell'art. 187 disp. att. cod. proc. pen., deve essere considerata come "pena più grave inflitta", che identifica la "violazione più grave", quella concretamente irrogata dal giudice della cognizione, siccome indicata nel dispositivo di sentenza.
Cass. civ. n. 6224/2023
In tema di riconoscimento della continuazione in sede esecutiva, il giudice non può trascurare una precedente valutazione positiva operata, in fase di esecuzione, relativamente ad alcuni dei reati per i quali sia chiesta l'unificazione, potendo prescinderne solo previa dimostrazione dell'esistenza di specifiche e significative ragioni per cui i fatti oggetto della richiesta non possono essere ricondotti al delineato disegno.
Cass. civ. n. 2867/2023
In tema di continuazione in sede esecutiva, deve formare oggetto di valutazione il riconoscimento del vincolo, avvenuto in sede di cognizione, tra reati commessi in un arco temporale al cui interno si collocano, in tutto o in parte, quelli costituenti oggetto della domanda, sicché il giudice che ritenga di non accoglierla, anche solo con riguardo a taluni illeciti commessi in un contesto di prossimità temporale e di medesimezza spaziale, è tenuto a motivare la decisione di disattendere la pregressa valutazione effettuata dal giudice di merito.
Cass. pen. n. 13526/2010
In tema di impiego di minori nell'accattonaggio, sussiste continuità normativa tra la fattispecie contravvenzionale prevista dall'abrogato art. 671 c.p. e la nuova ipotesi delittuosa di cui all'art. 600-octies c.p., contestualmente introdotto dalla legge 15 luglio 2009 n. 94, non essendosi verificata alcuna "abolitio criminis" in quanto l'uno e l'altro precetto puniscono la medesima condotta.
Cass. pen. n. 197/2003
L'impiego dei minori nell'accattonaggio, previsto come reato dall'art. 671 c.p.p., può consistere anche nel mendicare tenendo seco un bambino, qualora questi sia già in età di recepire, sia pure in modo sommario e confuso (come nel caso di specie, in cui trattavasi di un bambino di quattro anni), gli stimoli negativi dell'attività in cui egli viene comunque coinvolto e d'altra parte, la sua presenza sia riconoscibile come strumentale ad un più efficace e proficuo esercizio della mendicità. La presenza della prima di dette condizioni vale a distinguere il reato in questione da quello già previsto dall'ora abrogato art. 670, secondo comma, c.p.
Cass. pen. n. 2597/1998
Premesso che la ratio delle incriminazioni di cui all'art. 671 c.p. (impiego di minori nell'accattonaggio) è di impedire l'impiego di minori in una attività che li sottrae all'istruzione e all'educazione, avviandoli all'ozio ed esponendoli al pericolo di cadere nel vizio e nella delinquenza, deve ritenersi che pur non essendo richiesta, ai fini della configurabilità del reato, la consapevolezza da parte del minore della natura dell'attività in cui viene coinvolto, occorre comunque che egli sia in grado di recepire gli stimoli negativi da essa dipendenti e abbia, quindi, raggiunto l'età della coscienza. (Nella fattispecie — accattonaggio posto in essere tenendo in braccio un infante — la Corte ha stabilito che non fosse ravvisabile la contravvenzione in questione ma, semmai, quella di mendicità mediante mezzo fraudolento volto a destare l'altrui pietà).
Cass. pen. n. 11376/1992
Il sistematico impiego di minori nell'attività di accattonaggio, che li sottrae all'istruzione ed all'educazione, avviandoli all'ozio, col pericolo di poter diventare viziosi o addirittura delinquenti, si inquadra nella contravvenzione prevista dall'art. 671 c.p. (impiego di minori nell'accattonaggio), in cui l'agente ha uno strumento inconsapevole nel bambino o nell'adolescente e si avvale di un mezzo insidioso e particolarmente pregiudizievole alla morale dei minori. (Nella specie la S.C. ha escluso la configurabilità del delitto di maltrattamenti, di cui all'art. 572 c.p.).