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Art. 23 — Annullamento e sospensione delle deliberazioni

Art. 23 — Annullamento e sospensione delle deliberazioni

Le deliberazioni dell’assemblea contrarie alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto [ 16 ] possono essere annullate su istanza degli organi dell’ente, di qualunque associato o del pubblico ministero.

L’annullamento della deliberazione non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona fede in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione medesima.

Il presidente del tribunale o il giudice istruttore, sentiti gli amministratori dell’associazione, può sospendere, su istanza di colui che ha proposto l’impugnazione, l’esecuzione della deliberazione impugnata, quando sussistono gravi motivi. Il decreto di sospensione deve essere motivato ed è notificato agli amministratori.

L’esecuzione delle deliberazioni contrarie all’ordine pubblico o al buon costume può essere sospesa anche dall’autorità governativa [ 9 ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 8456/2014

Dal combinato disposto degli artt. 23, primo comma, e 24, terzo comma, cod. civ., dettati in tema di associazioni riconosciute ed applicabili anche alle associazioni non riconosciute, si evince che i vizi delle delibere assembleari, si traducano essi in ragioni di nullità ovvero di annullabilità, possono essere fatti valere con azione giudiziaria, non soggetta a termini di decadenza, da qualunque associato, oltre che dagli organi dell’ente e dal P.M., solo con riguardo alle decisioni che abbiano contenuto diverso dall’esclusione del singolo associato, mentre, per queste ultime, l’azione medesima è esperibile esclusivamente dall’interessato, nel termine di decadenza di sei mesi dalla loro notificazione ovvero dalla conoscenza dell’esclusione.

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Cass. civ. n. 10188/2011

Le deliberazioni assunte dall’organo di amministrazione di un’associazione non riconosciuta non sono impugnabili per violazione di legge o dello statuto da parte dell’associato, che non sia componente del medesimo organo amministrativo, salvo che ne risulti direttamente leso un suo diritto, in quanto la regola dettata in materia di società per azioni dall’art. 2388 c.c. costituisce un principio generale dell’ordinamento.

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Cass. civ. n. 1408/1993

Le disposizioni sull’annullamento e sulla sospensione delle deliberazioni delle associazioni riconosciute (art. 23 c.c.) – applicabili in via analogica alle delibere assembleari delle associazioni non riconosciute – non riguardano le delibere che, per vizi talmente gravi da privare l’atto dei requisiti minimi essenziali (come nell’ipotesi in cui siano state adottate con una maggioranza di voti insufficiente rispetto a quella prevista dalla legge o dallo statuto), siano affette da radicale nullità od inesistenza, denunciabile, in ogni tempo, da qualsiasi interessato.

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Cass. civ. n. 952/1993

La legittimazione ad impugnare le deliberazioni assembleari di organismi con struttura associativa è subordinata alla titolarità della qualità di socio, attuale o almeno sussistente all’epoca della deliberazione stessa, sempre che, in tale ultimo caso, dall’ex socio si faccia valere in giudizio un diritto attuale che risulti leso dall’atto impugnato, condizione, questa, che manca quando a motivo dell’impugnazione si deduca la contrarietà dell’atto medesimo alla legge o allo statuto, in vista dell’elezione a cariche sociali che presuppongono essi stessi l’attualità della qualità di socio, senza che possa rilevare il successivo riacquisto della qualità di socio, attesa la sua efficacia solo ex nunc, che comporta la legittimazione ad impugnare gli atti dell’associazione successivi a quel momento ma non quelli anteriori, per cui la legittimazione è venuta meno.

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Cass. civ. n. 2983/1990

Il potere d’impugnativa del P.M., con riguardo alle deliberazioni dell’assemblea di associazione riconosciuta, ai sensi dell’art. 23, primo comma c.c., e, correlativamente, la sua qualità di parte necessaria nelle controversie da altri instaurate per l’annullamento di dette deliberazioni, devono essere esclusi nel caso delle associazioni non riconosciute, quali i sindacati (od i loro raggruppamenti), in considerazione del carattere speciale dell’indicata disposizione e del suo ricollegarsi all’assoggettamento delle associazioni riconosciute ad ingerenza dell’autorità amministrativa. Qualora un’associazione o confederazione sindacale di livello più elevato venga costituita da associazioni minori, che ne divengano soci (ed eventualmente facciano acquisire ai propri aderenti la contemporanea qualità di soci anche della formazione maggiore), si deve riconoscere a detta associazione di livello superiore, in difetto di contraria previsione delle norme statutarie, la legittimazione ad insorgere contro il recesso della singola associata, nonché ad impugnarne la relativa deliberazione, ai sensi dell’art. 23, primo comma c.c., tenendo conto che tale norma, nell’attribuire il potere d’impugnazione agli «organi dell’ente», si riferisce non solo agli organi deputati all’amministrazione ed alla rappresentanza esterna, ma include tutti quelli muniti di compiti direttivi e di controllo per la realizzazione degli scopi comuni.

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