Art. 337 sexies – Codice civile – Assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza
Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli. Dell'assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l'eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell'articolo 2643.
In presenza di figli minori, ciascuno dei genitori è obbligato a comunicare all'altro, entro il termine perentorio di trenta giorni, l'avvenuto cambiamento di residenza o di domicilio. La mancata comunicazione obbliga al risarcimento del danno eventualmente verificatosi a carico del coniuge o dei figli per la difficoltà di reperire il soggetto.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 2211/2025
Tra la causa di opposizione a decreto ingiuntivo per la riscossione di contributi condominiali e la causa di impugnazione della delibera di approvazione e ripartizione della spesa su cui il medesimo decreto ingiuntivo è fondato può ravvisarsi la relazione di continenza, ai sensi dell'art. 39, comma 2, c.p.c., stante l'identità di soggetti e il collegamento di interdipendenza tra le domande contrapposte con riferimento ad un unico rapporto, essendo la validità e l'efficacia della delibera il necessario presupposto logico-giuridico per la definizione del giudizio sulla pretesa monitoria. Ne consegue che, laddove non possa farsi luogo alla riunione del procedimenti o alla declaratoria di continenza per ragioni di ordine processuale, il giudice dell'opposizione a decreto ingiuntivo può sospendere la causa, ai sensi dell'art. 295 c.p.c. o dell'art. 337, comma 2, c.p.c., in relazione alla pendenza del giudizio pregiudiziale in cui sia stata impugnata la relativa delibera condominiale.
Cass. civ. n. 26263/2024
In tema di maltrattamenti in famiglia, la mera genitorialità condivisa, al di fuori di un rapporto di coniugio o di convivenza ed in assenza di contatti significativi fra l'autore delle condotte e la vittima, non può costituire, da sola, il presupposto per ritenere sussistente un rapporto "familiare" rilevante ai fini della configurabilità del reato. (In motivazione, la Corte ha precisato che gli obblighi di formazione e mantenimento dei figli previsti dall'art. 337-ter cod. civ. a carico dei genitori non determinano un rapporto reciproco fra questi ultimi, essendo il loro comune figlio l'unico soggetto interessato).
Cass. civ. n. 23623/2024
In tema di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, la disposizione di cui alla legge 8 agosto 2019,n. 77, di conversione del d.l. 14 giugno 2019, n. 53, che, a modifica dell'art. 131-bis cod. pen., ha stabilito che l'offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità quando si procede per i reati di cui agli artt. 336, 337 e 341-bis cod. pen. commessi nei confronti di un pubblico ufficiale nell'esercizio delle proprie funzioni, non si applica ai fatti posti in essere prima della sua entrata in vigore in data 10 agosto 2019, trattandosi di disciplina più sfavorevole incidente su norme sostanziali.
Cass. civ. n. 20034/2024
In tema di separazione consensuale, gli accordi dei coniugi hanno un contenuto essenziale, volto ad assolvere ai doveri di solidarietà coniugale per il tempo immediatamente successivo alla separazione, cui può aggiungersi uno eventuale, finalizzato a regolare situazioni patrimoniali che non è più interesse delle parti mantenere in vita; solo le pattuizioni essenziali possono essere revocate e modificate ex art. 710 c.p.c. (poi sostituito dall'art. 473-bis.29 c.p.c.) e sono destinate ad essere superate dalla pronuncia di divorzio, mentre quelle eventuali seguono la disciplina propria dei negozi giuridici e non sono revocabili o modificabili.
Cass. civ. n. 19388/2024
In tema di regime economico in favore della prole, in conseguenza della crisi familiare, la misura del contributo per il mantenimento dei figli minorenni, determinata in seno alla convenzione di negoziazione assistita per la soluzione consensuale del divorzio ex art. 6, comma 3, del d.l. n. 132 del 2014, conv., con modif., dalla l. n. 162 del 2014, è suscettibile di essere modificata, ai sensi dell'art. 337-quinquies c.c., in presenza degli stessi presupposti previsti per il caso in cui l'assegno sia stato determinato in sede giurisdizionale, poiché l'accordo produce gli effetti dei provvedimenti giudiziali che definiscono i procedimenti di separazione personale o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, sicché, per la modifica del contributo, è necessario che sia sopravvenuto un mutamento delle condizioni economiche dei genitori, idoneo a variare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con la convenzione.
Cass. civ. n. 16412/2024
In tema di querela, la dichiarazione del querelante di non costituirsi parte civile non costituisce di per sé indice della mancanza di volontà di querelare, in quanto la querela riguarda la volontà di perseguire penalmente un soggetto, mentre la costituzione di parte civile attiene all'esercizio dell'azione civile avente a oggetto la pretesa risarcitoria.
Cass. civ. n. 12123/2024
Il figlio di genitori divorziati che abbia ampiamente superato la maggiore età senza aver reperito, pur spendendo il conseguito titolo professionale, una occupazione lavorativa stabile o che, comunque, lo remuneri in misura tale da renderlo economicamente autosufficiente, non può ulteriormente indugiare in attesa di un'occupazione consona alle proprie aspettative e titolo di studio, così da soddisfare le proprie esigenze economiche mediante l'attuazione dell'obbligo di mantenimento del genitore, dovendo piuttosto ricorrere - ferma restando l'obbligazione alimentare destinata a supplire alle esigenze di vita dell'individuo bisognoso - ai diversi strumenti di ausilio, ormai di dimensione sociale, che sono finalizzati ad assicurare sostegno al reddito.
Cass. civ. n. 12074/2024
In tema di processo tributario, le sentenze di condanna dell'amministrazione finanziaria al pagamento di somme in favore del contribuente, se emesse successivamente al 1° gennaio 2016, sono immediatamente esecutive, in applicazione di un principio generale, immanente nell'ordinamento processuale tributario, che non si limita soltanto alle decisioni riconducibili alle fattispecie previste dall'art. 68, comma 1, d.lgs. n. 546 del 1992, e perché, con la predetta decorrenza, la novella dell'art. 49 d.lgs. n. 546 del 1992, che estende alle impugnazioni delle pronunce dei giudici tributari le disposizioni del titolo III, capo I, del libro II del c.p.c., ha soppresso l'inciso "escluso l'articolo 337", così eliminando ogni limitazione alle regole del codice di rito civile.
Cass. civ. n. 10686/2024
In caso di vendita forzata di un immobile che è oggetto di un provvedimento di assegnazione della casa familiare, il creditore che ha iscritto ipoteca anteriormente alla trascrizione dell'assegnazione può, ex art. 2812, comma 1, c.c., far vendere coattivamente il bene come libero; tuttavia, qualora ciò non accada e l'immobile sia posto in vendita gravato dal diritto di abitazione, tale diritto è opponibile all'aggiudicatario, poiché l'oggetto dell'acquisto e la sua esatta consistenza, nei limiti di quanto determinato dal provvedimento che ha disposto la vendita, sono univocamente percepibili dal pubblico dei potenziali offerenti.
Cass. civ. n. 10318/2024
In tema di scioglimento del matrimonio, la domanda di un genitore, volta ad ottenere provvedimenti relativi all'amministrazione del patrimonio personale del figlio minore, ove il contrasto con l'altro genitore sia insorto dopo la conclusione del procedimento di divorzio, va proposta dinanzi al giudice tutelare, competente, altresì, ai sensi dell'art. 321 c.p.c., alla nomina del curatore speciale, stante il conflitto di interessi dei genitori con il minore, ed alla liquidazione del relativo compenso, non potendo trovare applicazione l'art. 38 disp.att. c.c., che opera nella pendenza dei procedimenti di separazione o divorzio o di quelli per le modifiche dei provvedimenti relativi alla prole, introdotti ex artt. 710 c.p.c. o 337-quinquies c.c..
Cass. civ. n. 9442/2024
In tema di bigenitorialità, i provvedimenti giudiziali che, a conclusione del giudizio di revisione delle condizioni di affidamento statuiscano, in via esclusiva o aggiuntiva, sulle modalità di frequentazione e visita dei figli minori, escludendo i pernottamenti (e dunque, non consentendo al genitore non convivente con il figlio di svolgere pienamente le sue funzioni di cura, educazione, istruzione, assistenza materiale e morale) sono ricorribili per cassazione ove impongano restrizioni suscettibili di ledere, nel loro protrarsi nel tempo, il diritto fondamentale alla vita familiare sancito dall'art. 8 CEDU.
Cass. civ. n. 8920/2024
In caso di querela inoltrata a mezzo posta elettronica certificata da parte di un avvocato, l'apposizione della firma digitale dello stesso non costituisce autenticazione della sottoscrizione del querelante qualora il professionista non sia stato nominato prima della redazione dell'atto di querela, in quanto l'art. 39 disp. att. cod. proc. pen. attribuisce potere di autenticazione della sottoscrizione al "difensore".
Cass. civ. n. 7952/2024
Nel processo tributario, qualora tra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità, va disposta la sospensione, ai sensi dell'art. 295 c.p.c., della causa dipendente allorché la causa pregiudicante sia ancora pendente in primo grado, mentre, una volta che questa sia definita con sentenza non passata in giudicato, opera la sospensione facoltativa di cui all'art. 337, comma 2, c.p.c., con la conseguenza che, in tale ultimo caso, il giudice della causa pregiudicata può, alternativamente, sospendere il giudizio e attendere la stabilizzazione della sentenza con il passaggio in giudicato oppure proseguire il giudizio medesimo ove ritenga, sulla base di una valutazione prognostica, che la decisione possa essere riformata.
Cass. civ. n. 7169/2024
In tema di mantenimento dei figli, costituiscono spese straordinarie (nella specie riferite a quelle universitarie ed a quelle collegate di studente "fuorisede"), non comprese nell'ammontare dell'assegno ordinario previsto con erogazione a cadenza periodica, quelle che non siano prevedibili e ponderabili al tempo della determinazione dell'assegno, in base a una valutazione effettuata in concreto e nell'attualità degli elementi indicati nell'art. 337—ter, comma 4, c.c. e che dunque, ove in concreto sostenute da uno soltanto dei genitori, per la loro rilevante entità, se non intese come anticipazioni di un genitore rispetto a un obbligo comunque ricadente su entrambi, produrrebbero l'effetto violativo del principio di proporzionalità della contribuzione genitoriale, dovendo infatti attribuirsi il carattere della straordinarietà a quegli ingenti oneri sopravvenuti che, in quanto non espressamente contemplati, non erano attuali né ragionevolmente determinabili al tempo della quantificazione giudiziale o convenzionale dell'assegno.
Cass. civ. n. 2710/2024
E' inammissibile in quanto nuova ex art. 345 c.p.c. la domanda di mantenimento del figlio maggiorenne portatore di handicap formulata per la prima volta in grado d'appello in un giudizio alimentare promosso ai sensi dell'art. 433 c.c., atteso che la diversa natura degli interessi ad essa sottesi comporterebbe un ampliamento della materia giustiziabile incompatibile con il rispetto dei principi del contraddittorio, del diritto di difesa e del giusto processo.
Cass. civ. n. 2536/2024
In tema di contributo al mantenimento dei figli, che si caratterizza per la sua bidimensionalità, da una parte, vi è il rapporto tra i genitori ed i figli, informato al principio di uguaglianza, in base al quale tutti i figli - indipendentemente dalla condizione di coniugio dei genitori - hanno uguale diritto di essere mantenuti, istruiti, educati e assistiti moralmente, nel rispetto delle loro capacità, delle loro inclinazioni naturali e delle loro aspirazioni; dall'altro, vi é il rapporto interno tra i genitori, governato dal principio di proporzionalità, in base al quale i genitori devono adempiere ai loro obblighi nei confronti dei figli, in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la propria capacità di lavoro, professionale o casalingo, valutando altresì i tempi di permanenza del figlio presso l'uno o l'altro genitore e la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascuno. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che, nel confermare la statuizione di primo grado sul contributo al mantenimento per i figli, non aveva ponderato alcun elemento concreto per verificare il principio di proporzionalità, non prendendo in considerazione nè le condizioni reddituali e patrimoniali del padre dei due figli, né il fatto che la madre degli stessi, priva di redditi e di cespiti patrimoniali, percepisse dall'ex marito un assegno divorzile con funzione assistenziale).
Cass. civ. n. 197/2024
Nell'ambito dei procedimenti minorili, la proposizione del reclamo, per la cui ammissibilità é necessaria la formulazione di specifici motivi di impugnazione, impedisce la formazione del giudicato interno rispetto all'oggetto sostanziale (il bene della vita) del procedimento, che va individuato nell'affidamento e nel collocamento dei minori in modo conforme al loro superiore interesse, indipendentemente dalla circostanza che sia stato proposto altro reclamo incidentale. (Nella fattispecie, la S.C. ha cassato il decreto della corte d'appello che, pur accogliendo il reclamo proposto dalla madre, aveva ritenuto che la mancata proposizione del reclamo da parte del padre avesse dato luogo ad un giudicato rispetto alla statuizione assunta in primo grado nei suoi confronti, rimanendo così preclusa ogni valutazione sul possibile diverso collocamento ed affidamento dei minori anche al padre).
Cass. civ. n. 51592/2023
La querela sottoscritta con firma autenticata dal difensore non richiede ulteriori formalità per la presentazione da parte di soggetto diverso dal proponente, pur se privo di delega scritta. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto valida la querela del legale rappresentante di una società cooperativa, con firma autenticata dal difensore, presentata presso l'ufficio della Procura della Repubblica da soggetto non identificato).
Cass. civ. n. 43364/2023
Il delitto di rapina impropria concorre con quello di resistenza a pubblico ufficiale nel caso in cui la violenza esercitata nei confronti di un pubblico ufficiale sia strumentale anche al conseguimento dell'impunità e la qualità del destinatario della violenza sia nota all'agente.
Cass. civ. n. 35385/2023
In tema di divorzio, ai fini dell'attribuzione e della quantificazione dell'assegno previsto dall'art. 5, comma 6, l. n. 898 del 1970, avente natura, oltre che assistenziale, anche perequativo-compensativa, nei casi peculiari in cui il matrimonio si ricolleghi a una convivenza prematrimoniale della coppia, avente i connotati di stabilità e continuità, in ragione di un progetto di vita comune, dal quale discendano anche reciproche contribuzioni economiche, laddove emerga una relazione di continuità tra la fase di "fatto" di quella medesima unione e la fase "giuridica" del vincolo matrimoniale, va computato anche il periodo della convivenza prematrimoniale, ai fini della necessaria verifica del contributo fornito dal richiedente l'assegno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei coniugi, occorrendo vagliare l'esistenza, durante la convivenza prematrimoniale, di scelte condivise dalla coppia che abbiano conformato la vita all'interno del matrimonio e a cui si possano ricollegare, con accertamento del relativo nesso causale, sacrifici o rinunce, in particolare, alla vita lavorativa o professionale del coniuge economicamente più debole, che sia risultato incapace di garantirsi un mantenimento adeguato successivamente al divorzio. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito disponendo che nella rivalutazione delle condizioni per l'attribuzione dell'assegno divorzile debba essere computato anche il periodo di sette anni di convivenza prematrimoniale, durante il quale alla coppia era nato un figlio e uno dei due futuri coniugi aveva maturato un reddito da lavoro di importo economico assai rilevante).
Cass. civ. n. 34560/2023
L'ascolto del minore "nei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano", lungi dall'avere valenza meramente processuale, quale elemento, pur necessario, dell'istruzione probatoria, costituisce, piuttosto, una modalità, tra le più rilevanti, di riconoscimento del diritto fondamentale del minore ad essere informato ed esprimere la propria opinione, con la conseguenza che esso è obbligatorio in tutti i procedimenti in cui il minore, pur non rivestendo la qualità di parte in senso formale, rivesta tuttavia quella di parte in senso sostanziale, quale portatore di interessi sui quali il provvedimento giudiziale è in grado di incidere. (Nella specie, la S.C. ha escluso l'obbligatorietà dell'ascolto nell'ambito di un giudizio, vertente tra i genitori, di responsabilità per danno da privazione del rapporto genitoriale, in quanto destinato a culminare in una pronuncia non concernente la sfera giuridica del minore, che non produce alcuna modificazione delle situazioni giuridiche soggettive inerenti al rapporto di filiazione con ciascuno dei genitori, né incide sui suoi specifici interessi).
Cass. civ. n. 33813/2023
L'amministratore di condominio, in ordine alle proprie attribuzioni, come definite dall'art. 1130 cod. civ., è legittimato a sporgere querela in relazione ad un reato commesso in danno del patrimonio comune senza necessità di autorizzazione o ratifica dell'assemblea, in ragione della detenzione qualificata rispetto alle risorse economiche del condominio e della necessità di assicurare il corretto espletamento dei servizi comuni. (Fattispecie di furto di acqua, commesso con violenza sulle cose dai locatari di un appartamento mediante allaccio abusivo all'impianto condominiale).
Cass. civ. n. 32466/2023
In tema di mantenimento del figlio minore, la quantificazione del contributo dovuto dai genitori deve osservare un principio di proporzionalità, che postula una valutazione comparata dei loro redditi, oltre alla considerazione delle esigenze attuali del minore e del tenore di vita da lui goduto, sicché, una volta accertata, in sede di procedimento di revisione o modifica dell'assegno, la riduzione delle entrate patrimoniali del genitore non collocatario nonché la sopravvenuta nascita di altro figlio al cui mantenimento egli debba contribuire, il giudice è tenuto a procedere alla nuova quantificazione del contributo in parola, tenendo conto anche delle risorse della madre convivente e delle necessità correnti del minore di età.
Cass. civ. n. 26875/2023
sull’estensione dell’obbligo di contribuzione - Occupazione equivalente a quella desiderata - Necessità - Esclusione. I principî della funzione educativa del mantenimento e dell'autoresponsabilità circoscrivono, in capo al genitore, l'estensione dell'obbligo di contribuzione del figlio maggiorenne privo di indipendenza economica per il tempo mediamente necessario al reperimento di un'occupazione da parte di questi, tenuto conto del dovere del medesimo di ricercare un lavoro contemperando, fra di loro, le sue aspirazioni astratte con il concreto mercato del lavoro, non essendo giustificabile nel "figlio adulto" l'attesa ad ogni costo di un'occupazione necessariamente equivalente a quella desiderata.
Cass. civ. n. 26820/2023
In caso di contrasto tra genitori in ordine a questioni di maggiore interesse per i figli minori, la relativa decisione, ai sensi dell'art. 337-ter, comma 3, c.p.c., è rimessa al giudice, il quale, chiamato, in via del tutto eccezionale, a ingerirsi nella vita privata della famiglia attraverso l'adozione dei provvedimenti relativi in luogo dei genitori, deve tener conto esclusivamente del superiore interesse, morale e materiale, del minore ad una crescita sana ed equilibrata, con la conseguenza che il conflitto sulla scuola primaria e dell'infanzia, pubblica o privata, presso cui iscrivere il figlio, deve essere risolto verificando non solo la potenziale offerta formativa, l'adeguatezza edilizia delle strutture scolastiche e l'assolvimento dell'onere di spesa da parte del genitore che propugna la scelta onerosa, ma, innanzitutto, la rispondenza al concreto interesse del minore, in considerazione dell'età e delle sue specifiche esigenze evolutive e formative, nonché della collocazione logistica dell'istituto scolastico rispetto all'abitazione del bambino, onde consentirgli di avviare e/o incrementare rapporti sociali e amicali di frequentazione extrascolastica, creando una sua sfera sociale, e di garantirgli congrui tempi di percorrenza e di mezzi per l'accesso a scuola e il rientro alla propria abitazione. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito, in quanto, nella scelta tra la scuola pubblica e privata, aveva considerato criterio dirimente l'assolvimento dell'esborso economico da parte di uno dei due genitori).
Cass. civ. n. 24972/2023
In materia di affidamento dei minori, il giudice deve prendere in esame le ragioni della conflittualità tra i genitori, qualora sussistente, senza limitarsi a dare rilievo alla medesima per giustificare un affidamento ai servizi sociali, in quanto l'individuazione dei motivi che hanno determinato e continuano a determinare tale conflittualità influisce sulla valutazione della capacità genitoriale, che deve essere improntata al perseguimento del migliore interesse del minore. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione della corte territoriale che, nel confermare l'affidamento della minore al servizio sociale, aveva attribuito rilevanza decisiva alla conflittualità tra i genitori, senza considerare che tale condizione derivava dal fatto che, mentre il padre della minore aveva deciso di allontanarsi da un ambiente criminale cui in passato aveva aderito, collaborando con la giustizia, la madre non aveva condiviso tale scelta, mantenendo legami con il sodalizio criminale).
Cass. civ. n. 24626/2023
In tema di ascolto del minore infradodicenne, nelle procedure giudiziarie che lo riguardino, l'audizione è adempimento necessario, a meno che l'ascolto sia ritenuto in contrasto con gli interessi superiori del minore medesimo (in ragione dell'età o del grado di maturità o per altre circostanze), come va specificamente enunciato dal giudice, in tal caso restando non necessaria la motivazione espressa sulla preventiva valutazione del discernimento del minore.
Cass. civ. n. 23501/2023
Nei casi di crisi familiare ai sensi dell'art. 337 bis c.c., nel regolare il godimento della casa familiare il giudice deve tener conto esclusivamente del primario interesse del figlio minore, con la conseguenza che l'abitazione in cui quest'ultimo ha vissuto quando la famiglia era unita deve essere, di regola, assegnata al genitore presso cui il minore è collocato con prevalenza, a meno che non venga esplicitata una diversa soluzione (anche concordata dai genitori) che meglio tuteli il menzionato interesse del minore.
Cass. civ. n. 23247/2023
In tema di ascolto del minore maltrattato, il giudice deve sempre operare un bilanciamento tra l'esigenza di ricostruzione del volere e del sentimento del minore, quale principio fondamentale applicabile anche nel procedimento relativo alla decadenza dalla responsabilità genitoriale, e quella della tutela del minore maltrattato, come persona fragile, nel caso in cui l'ascolto possa costituire pericolo di vittimizzazione secondaria per gli ulteriori traumi che il fanciullo che li abbia già vissuti possa essere costretto a rivivere.
Cass. civ. n. 22048/2023
In tema di autorizzazione al rilascio del passaporto al genitore avente prole minorenne, prescritta dall'art. 3, lett. b), della l. n. 1185 del 1967 quando difetti l'assenso dell'altro genitore, il provvedimento emesso dal tribunale in esito al reclamo avverso il decreto del giudice tutelare che abbia concesso o negato l'autorizzazione all'iscrizione richiesta ha natura definitiva (nella forma del giudicato allo stato degli atti) e valenza decisoria, essendo volto a definire un conflitto tra diritti soggettivi dei genitori del minore, sicché deve ritenersi ammissibile il ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost.. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la decisione con cui il Tribunale, in sede di reclamo, aveva confermato la decisione del giudice tutelare di autorizzare il rilascio del passaporto in favore del marito della ricorrente, genitore di figli minorenni, precisando altresì come gravi sul genitore tenuto all'adempimento dell'obbligo alimentare dimostrare, anche se abbia già ottenuto il passaporto, il rispetto dei doveri derivanti dalla qualità di genitore).
Cass. civ. n. 19532/2023
In tema di mantenimento dei figli, le spese straordinarie, a differenza di quelle ordinarie che si caratterizzano per la costanza e prevedibilità del loro ripetersi, sono connotate non solo dalla imprevedibilità, ma altresì dalla rilevanza, sicché vi rientrano anche i costi sostenuti per l'alloggio del figlio che frequenti studi universitari lontano dal luogo di residenza, stante quantomeno la loro usuale rilevanza, per il riconoscimento dei quali è, pertanto, necessario l'esercizio di un'autonoma azione di accertamento.
Cass. civ. n. 17903/2023
In tema di affidamento dei figli minori, la prescrizione ai genitori di un percorso psicoterapeutico individuale e di un altro, da seguire insieme, di sostegno alla genitorialità, comporta, anche se ritenuta non vincolante, un condizionamento, per cui è in contrasto con gli art. 13 e 32, comma 2, Cost., atteso che, mentre l'intervento per diminuire la conflittualità, richiesto dal giudice al servizio sociale, è collegato alla possibile modifica dei provvedimenti adottati nell'interesse del minore, quella prescrizione è connotata dalla finalità, estranea al giudizio, di realizzare la maturazione personale delle parti, rimessa esclusivamente al loro diritto di autodeterminazione.
Cass. civ. n. 16159/2023
Nel caso in cui la domanda di equa riparazione sia proposta in pendenza del giudizio presupposto, in cui sia stato accertato il diritto di valore inferiore quello della causa, ai sensi dell'art. 2-bis, comma 3, della l. n. 89 del 2001, tale pronuncia ha efficacia nel giudizio di equa riparazione, immediatamente e a prescindere dal suo passaggio in giudicato in forza dell'art. 337, comma 2, c.p.c.
Cass. civ. n. 14564/2023
In tema di spese straordinarie sostenute nell'interesse dei figli, il genitore collocatario non è tenuto a concordare preventivamente e ad informare l'altro genitore di tutte le scelte dalle quali derivino tali spese, qualora si tratti di spese sostanzialmente certe nel loro ordinario e prevedibile ripetersi e riguardanti esigenze destinate a ripetersi con regolarità, ancorché non predeterminabili nel loro ammontare (come ad es. le spese scolastiche, spese mediche ordinarie), riguardando il preventivo accordo solo quelle spese straordinarie che per rilevanza, imprevedibilità ed imponderabilità esulano dall'ordinario regime di vita della prole; tuttavia, anche per queste ultime, la mancanza della preventiva informazione ed assenso non determina automaticamente il venir meno del diritto del genitore che le ha sostenute, alla ripetizione della quota di spettanza dell'altro, dovendo il giudice valutarne la rispondenza all'interesse preminente del minore e al tenore di vita familiare. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva parzialmente accolto l'opposizione all'esecuzione del genitore non collocatario, fondata sull'effetto impeditivo del preventivo dissenso all'iscrizione della figlia presso una scuola privata).
Cass. civ. n. 12305/2023
In tema di assegnazione della casa familiare, in caso di alienazione dell'immobile non sussiste in capo al coniuge assegnatario alcun diritto di prelazione modellato sulla falsariga di quello di cui all'art. 3, comma 1, lett. g), della l. n. 431 del 1998, poiché la tutela degli interessi, prioritariamente dei figli alla stabilità dell'abitazione, sottesi alla predetta assegnazione è soddisfatta in modo adeguato dal regime di trascrivibilità del provvedimento con il quale essa è disposta, nonché in modo proporzionato, rispetto alla tutela di altri interessi concomitanti, garantiti e tutelati in caso di compravendita, mediante la provvista monetaria costituita dal corrispettivo della stessa.
Cass. civ. n. 10974/2023
In ogni ipotesi di riduzione del contributo al mantenimento del figlio a carico del genitore, sulla base di una diversa valutazione, per il passato (e non quindi alla luce di fatti sopravvenuti, i cui effetti operano, di regola, dal momento in cui essi si verificano e viene avanzata domanda), dei fatti già posti a base dei provvedimenti provvisori adottati, è esclusa la ripetibilità della prestazione economica eseguita; il diritto di ritenere quanto è stato pagato, tuttavia, non opera nell'ipotesi in cui sia accertata l'insussistenza "ab origine", quanto al figlio maggiorenne, dei presupposti per il versamento e sia disposta la riduzione o la revoca del contributo, con decorrenza di regola collegata alla domanda di revisione o, motivatamente, da un periodo successivo.
Cass. civ. n. 10423/2023
L'indennità di accompagnamento riconosciuta al figlio portatore di inabilità, in quanto costituente misura assistenziale pubblica diretta a pareggiare o quantomeno diminuire l'incidenza dei maggiori costi derivanti dalla patologia e non ad aumentare il reddito del percipiente, non costituisce risorsa economica valutabile per la determinazione dell'assegno di mantenimento in favore del genitore convivente, essendo questo diretto a fare fronte alle esigenze ordinarie e straordinarie del figlio secondo uno standard di soddisfacimento correlato a quello economico e sociale della famiglia.
Cass. civ. n. 10183/2023
Gli istituti della litispendenza e della continenza, operando soltanto tra cause pendenti dinanzi a uffici giudiziari diversi, non sono applicabili se le cause identiche o connesse pendano dinanzi al medesimo ufficio giudiziario, anche se in gradi diversi, di talché, non essendo l'omessa riunione motivo di invalidità, sarà opponibile il giudicato prima intervenuto, ovvero, qualora non dedotto o rilevato, opererà la regola della prevalenza del successivo, salvo l'utilizzo dell'art. 337, comma 2, c.p.c.. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che, nell'ambito di un giudizio di risoluzione contrattuale, nel quale era stata proposta domanda riconvenzionale di risarcimento dei danni, non aveva ritenuto motivo di invalidità la mancata declaratoria di litispendenza o l'omessa riunione con altro precedente giudizio, in cui era stata proposta autonomamente identica domanda risarcitoria).
Cass. civ. n. 7193/2023
Ai fini della procedibilità del delitto di furto perpetrato all'interno di un supermercato, la cassiera di tale esercizio, pur se sprovvista dei poteri di rappresentanza del proprietario, è legittimata a proporre querela, in quanto titolare della detenzione qualificata del bene a scopo di custodia o per l'esercizio del commercio al suo interno.
Cass. civ. n. 6802/2023
incide sul diritto-dovere dei genitori di educare i figli con carattere di decisorietà e tendenziale stabilità.
Cass. civ. n. 6545/2023
In tema di IMU, le agevolazioni inerenti all'abitazione principale ed alle relative pertinenze spettano al coniuge assegnatario della ex casa coniugale, in quanto titolare del diritto di abitazione di cui all'art. 4, comma 12-quinquies, del d.l. n. 16 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 44 del 2012.
Cass. civ. n. 6544/2023
In tema di IMU, la traslazione della soggettività passiva dell'imposta dal proprietario all'assegnatario della casa coniugale, prevista dall'art. 4, comma 12 quinquies, del d.l. n. 16 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 44 del 2012, non è suscettibile di applicazione retroattiva, trattandosi di disposizione innovativa che qualifica in termini di diritto reale, anziché personale di godimento, la posizione del coniuge non proprietario, a cui viene assegnata la casa coniugale in quanto affidatario dei figli minori.
Cass. civ. n. 6503/2023
Nei giudizi relativi alla modifica delle statuizioni sull'affidamento o sul collocamento del minore, tenuto conto anche di fattori sopravvenuti quali la modifica della residenza, ove lo stesso sia prossimo alla soglia legale del discernimento e sia stata formulata istanza di rinnovo della audizione, il giudice di secondo grado deve procedere all'ascolto o fornire puntuale giustificazione argomentativa del rigetto della richiesta, non essendo di per sé sufficiente che il minore sia stato sentito nel precedente grado di giudizio.
Cass. civ. n. 5738/2023
In tema di affidamento condiviso, il provvedimento di revoca della casa familiare non può costituire un effetto automatico dell'esercizio paritetico del diritto di visita, dovendo il giudice di merito valutare se il mutamento del regime giuridico dell'assegnazione della casa familiare realizzi un maggior benessere del minore. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione della corte territoriale che, nel disporre un regime di affido condiviso del minore con diritto di visita paritetico, aveva revocato l'assegnazione della casa familiare alla madre, ove il minore, in età prescolare, era cresciuto, senza valutare l'interesse di quest'ultimo a non veder modificato il proprio habitat domestico).
Cass. civ. n. 4145/2023
Nel quantificare l'ammontare del contributo dovuto dal genitore non collocatario per il mantenimento del figlio, anche se maggiorenne e non autosufficiente, deve osservarsi il principio di proporzionalità, che richiede una valutazione comparata dei redditi di entrambi i genitori, oltre alla considerazione delle esigenze attuali del figlio e del tenore di vita da lui goduto. (Principio affermato in un caso di accertamento giudiziale della paternità, nel quale la sentenza di merito aveva dato conto della sola situazione reddituale del padre e degli esborsi mensili sullo stesso gravanti, oltreché della condizione di studentessa universitaria della figlia, non autonoma economicamente, senza però indagare sulle risorse patrimoniali e reddituali della madre).
Cass. civ. n. 4056/2023
In tema di affidamento dei figli minori, la scelta dell'affidamento ad uno solo dei genitori deve essere compiuta in base all'esclusivo interesse morale e materiale della prole, sicchè il perseguimento di tale obiettivo può comportare anche l'adozione di provvedimenti contenitivi o restrittivi di diritti individuali di libertà dei genitori, senza che occorra operare un bilanciamento fra questi ultimi e l'interesse superiore del minore. (Nella specie, la S.C. ha affermato tale principio confermando la decisione di merito che aveva disposto l'affidamento c.d. "super" esclusivo della figlia alla madre, all'esito dell'accertamento dell'inidoneità genitoriale del padre, desunta anche dalla decisione di quest'ultimo di cambiare cognome, per ragioni legate alla sua riconoscibilità in ambito scientifico, senza alcuna preventiva comunicazione alla madre della minore, così determinando altresì il ritiro del passaporto di quest'ultima).
Cass. civ. n. 3117/2023
Il delitto di cui all'art. 337 cod. pen. assorbe soltanto quel minimo di violenza che si concretizza nella resistenza opposta al pubblico ufficiale che sta compiendo un atto del proprio ufficio, ma non gli ulteriori atti violenti che, esorbitando da tali limiti, cagionino al medesimo lesioni, sicché sono in tal caso configurabili anche il reato di lesioni personali e la circostanza aggravante del nesso teleologico. (Fattispecie relativa ad agente che aveva opposto resistenza a due carabinieri in servizio di ordine pubblico in occasione di una manifestazione sportiva, cagionando ad uno di loro lesioni personali gravi).
Cass. civ. n. 2829/2023
In tema di procedimenti per la regolamentazione dell'esercizio della responsabilità genitoriale, l'emersione nel giudizio di reclamo di comportamenti dei genitori pregiudizievoli al figlio, rilevanti ex art. 333 c.c., pone in capo al giudice il dovere di nominare un curatore speciale al minore, in ragione del sopravvenuto conflitto di interessi con i genitori, la cui inottemperanza determina la nullità del giudizio di impugnazione e, in sede di legittimità, la cassazione con rinvio alla Corte d'appello, dovendo escludersi il rinvio al primo giudice, perché contrario al principio fondamentale della ragionevole durata del processo (espresso dall'art. 111, comma 2, Cost. e dall'art. 6 CEDU), di particolare rilievo per i procedimenti riguardanti i minori, e comunque precluso dalla natura tassativa delle ipotesi di cui agli artt. 353, 354 e 383, comma 3, c.p.c. (Nell'affermare il principio, la S.C. ha ritenuto la nullità del solo giudizio di reclamo, ove la gravità delle condotte genitoriali, emerse all'esito di più approfondite indagini peritali, avevano indotto il giudice ad attribuire ai servizi sociali già nominati la responsabilità esclusiva di tutte le decisioni riguardanti il figlio e delle modalità di frequentazione con il genitore non convivente, senza prima procedere alla nomina di un curatore speciale).
Cass. civ. n. 2670/2023
In materia di regolamentazione della crisi familiare, qualora vi siano figli maggiorenni portatori di handicap grave ai sensi della l. n. 104 del 1992, trovano applicazione, in forza dell'art. 337 septies c.c. (già art. 155 quinquies c.c.), le disposizioni in tema di visita, cura e mantenimento da parte dei genitori non conviventi e di assegnazione della casa familiare, previste in favore dei figli minori, ma non anche quelle sull'affidamento, condiviso od esclusivo.
Cass. civ. n. 1474/2023
In tema di mancato pagamento dell'assegno di mantenimento fissato in sede di divorzio, il genitore del figlio maggiorenne economicamente non autosufficiente è legittimato a costituirsi parte civile "iure proprio" nel processo a carico dell'ex coniuge, in quanto, sopportando l'onere del mantenimento di un soggetto incapace economicamente di farvi fronte da sé, è titolare di un diritto autonomo, ancorché concorrente, al risarcimento del danno.
Cass. civ. n. 7128/2023
Il diritto reale di abitazione, riservato al coniuge superstite dall'art. 540, comma 2, c.c., ha ad oggetto la sola casa adibita a residenza familiare, e cioè l'immobile in cui i coniugi abitavano insieme stabilmente prima della morte del de cuius, quale luogo principale di esercizio della vita matrimoniale. Ne consegue che tale diritto non può comprendere due (o più) residenze alternative, ovvero due (o più) immobili di cui i coniugi avessero la disponibilità e che usassero in via temporanea, postulando la nozione di casa adibita a residenza familiare comunque l'individuazione di un solo alloggio costituente, se non l'unico, quanto meno il prevalente centro di aggregazione degli affetti, degli interessi e delle consuetudini della famiglia.
Cass. civ. n. 5738/2023
In tema di affidamento condiviso, il provvedimento di revoca della casa familiare non può costituire un effetto automatico dell'esercizio paritetico del diritto di visita, dovendo il giudice di merito valutare se il mutamento del regime giuridico dell'assegnazione della casa familiare realizzi un maggior benessere del minore. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione della corte territoriale che, nel disporre un regime di affido condiviso del minore con diritto di visita paritetico, aveva revocato l'assegnazione della casa familiare alla madre, ove il minore, in età prescolare, era cresciuto, senza valutare l'interesse di quest'ultimo a non veder modificato il proprio habitat domestico).
Il provvedimento di revoca della casa familiare non può costituire un effetto automatico dell'esercizio paritetico del diritto di visita o del cd. "collocamento paritetico". La valutazione che il giudice del merito deve svolgere non può limitarsi alla buona relazione del minore con entrambi i genitori ma deve avere ad oggetto una giustificazione puntuale, eziologicamente riconducibile esclusivamente alla realizzazione di un maggiore benessere del minore da ricondursi al mutamento del regime giuridico dell'assegnazione della casa familiare. Deve essere evidenziato come questo rilevante mutamento nella esperienza quotidiana di vita del minore possa produrre, con giudizio prognostico da svolgersi con particolare rigore ove riferito ad un minore, che per la sua tenera età, non può essere ascoltato, un miglioramento concreto per lo stesso o essere finalizzato a scongiurare un pregiudizio per il suo sviluppo prodotto dal diverso regime di assegnazione anteatto. In questo quadro l'assegnazione della casa familiare ha l'esclusiva funzione di non modificare l'habitat domestico e il contesto relazionale e sociale all'interno del quale il minore ha vissuto prima dell'inasprirsi del conflitto familiare. Non deve confondersi, al riguardo, il piano del rilievo economico per il genitore assegnatario, dell'assegnazione della casa familiare, dalla finalità del provvedimento, esclusivamente destinata a non compromettere lo sviluppo equilibrato del minore.
Cass. civ. n. 2670/2023
In materia di regolamentazione della crisi familiare, qualora vi siano figli maggiorenni portatori di handicap grave ai sensi della l. n. 104 del 1992, trovano applicazione, in forza dell'art. 337 septies c.c. (già art. 155 quinquies c.c.), le disposizioni in tema di visita, cura e mantenimento da parte dei genitori non conviventi e di assegnazione della casa familiare, previste in favore dei figli minori, ma non anche quelle sull'affidamento, condiviso od esclusivo.
Cass. civ. n. 34861/2022
E' valida la clausola con la quale i coniugi, in sede di separazione consensuale, si accordino per vendere in futuro l'abitazione coniugale che sia stata assegnata al coniuge affidatario di figlio minore, in quanto autonoma rispetto alla concordata assegnazione e con essa non incompatibile.
Cass. civ. n. 29264/2022
Nel caso in cui il figlio di genitori divorziati abbia ampiamente superato la maggiore età e non abbia reperito una occupazione lavorativa stabile o che, comunque, lo remuneri in misura tale da renderlo economicamente autosufficiente, egli non può soddisfare l'esigenza a una vita dignitosa, alla cui realizzazione ogni giovane adulto deve aspirare, mediante l'attuazione mera dell'obbligo di mantenimento del genitore, quasi che questo sia destinato ad andare avanti per sempre, dovendo invece primariamente far fronte al suo stato attraverso i diversi strumenti di ausilio, ormai di dimensione sociale, che sono finalizzati ad assicurare sostegno al reddito, restando in ogni caso ferma solo l'obbligazione alimentare, da azionarsi nell'ambito familiare per supplire a ogni più essenziale esigenza di vita dell'individuo bisognoso.
Cass. civ. n. 27599/2022
Nella quantificazione dell'assegno di mantenimento, a seguito della separazione dei coniugi, deve attribuirsi rilievo anche all'assegnazione della casa familiare che, pur essendo finalizzata alla tutela esclusiva della prole e del suo interesse a conservare il proprio habitat familiare, rappresenta un'utilità suscettibile di apprezzamento economico, come del resto espressamente precisato dall'art. 337 sexies c.c., anche nel caso in cui il coniuge separato assegnatario dell'immobile ne sia comproprietario, perché il suo godimento del bene non trova fondamento nella comproprietà dell'abitazione, ma nel provvedimento di assegnazione, opponibile anche ai terzi, che limita la facoltà dell'altro coniuge di disporre della propria quota immobiliare e si traduce in un pregiudizio economico, anch'esso valutabile ai fini della quantificazione dell'assegno dovuto.
Cass. civ. n. 27374/2022
La nozione di convivenza rilevante ai fini dell'assegnazione della casa familiare ex art. 337 sexies c.c. comporta la stabile dimora del figlio maggiorenne presso la stessa, sia pure con eventuali sporadici allontanamenti per brevi periodi e con esclusione, quindi, dell'ipotesi di rarità dei ritorni, ancorché regolari, configurandosi in tal caso, invece, un rapporto di mera ospitalità. Deve pertanto sussistere un collegamento stabile con l'abitazione del genitore, caratterizzato da coabitazione che, ancorché non quotidiana, sia compatibile con l'assenza del figlio anche per periodi non brevi per motivi di studio o di lavoro, purché vi faccia ritorno appena possibile e l'effettiva presenza sia temporalmente prevalente in relazione ad una determinata unità di tempo.
Cass. civ. n. 20452/2022
In tema di divorzio, la revoca dell'assegnazione della casa familiare al coniuge beneficiario dell'assegno divorzile non giustifica l'automatico aumento di tale assegno, trattandosi di un provvedimento che ha come esclusivo presupposto l'accertamento del venir meno dell'interesse dei figli alla conservazione dell'"habitat" domestico, in conseguenza del raggiungimento della maggiore età e del conseguimento dell'autosufficienza economica, o della cessazione del rapporto di convivenza con il genitore assegnatario.
Cass. civ. n. 18641/2022
In tema di scioglimento della comunione legale, in caso di attribuzione, in sede di divisione, dell'immobile adibito a casa familiare in proprietà esclusiva al coniuge che non era assegnatario dello stesso quale casa coniugale, né affidatario della prole, si realizza una situazione comparabile a quella del terzo acquirente dell'intero, sicché, posto che continua a sussistere il diritto di godimento in capo all'altro coniuge, il coniuge non assegnatario diventerà titolare di un diritto di proprietà il cui valore dovrà essere decurtato dalla limitazione delle facoltà di godimento da correlare all'assegnazione dell'immobile al coniuge affidatario della prole, permanendo il relativo vincolo sullo stesso, con i relativi effetti pregiudizievoli derivanti anche dalla sua trascrizione ed opponibilità ai terzi ai sensi dell'art. 2643 c.c.
In sede di valutazione economica del bene "casa familiare" ai fini della divisione, il diritto di godimento di esso, conseguente al procedimento di assegnazione, non potrà avere alcuna incidenza sulla determinazione del conguaglio dovuto all'altro coniuge, in quanto lo stesso si atteggia come un atipico diritto personale di godimento (e non un diritto reale) che viene a caducarsi con l'assegnazione della casa familiare in proprietà esclusiva al coniuge affidatario dei figli, divenendo, in tal caso, la sua persistenza priva di una base logico-giuridica giustificativa, anche in virtù dell'applicazione del principio generale secondo cui nemini res sua servit. A tal proposito va precisato che siffatto diritto non costituisce un diritto patrimoniale, bensì esclusivamente un diritto familiare a carattere non patrimoniale, che, perciò, incontra il suo naturale limite nella cessazione della sua efficacia nel momento della divisione del bene "casa familiare", per effetto della quale nella quota di proprietà del coniuge attributario - già titolare di tale diritto - confluisce e si annulla lo stesso diritto di godimento esclusivo.
Cass. civ. n. 33610/2021
Nei giudizi separativi, l'assegnazione al genitore collocatario del figlio minorenne della casa familiare è dettata dall'esclusivo interesse della prole e risponde all'esigenza di conservare l'"habitat" domestico, inteso come centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime la vita familiare. Tale assegnazione non può, pertanto, essere revocata per il solo fatto che il genitore collocatario abbia intrapreso nella casa una convivenza "more uxorio", essendo la relativa statuizione subordinata esclusivamente ad una valutazione di rispondenza all'interesse del minore.
Cass. civ. n. 27907/2021
La qualificazione giuridica di un immobile come "casa familiare" postula, laddove non risulti in modo inequivoco che, prima del conflitto familiare, vi fosse una stabile e continuativa utilizzazione dello stesso da parte del nucleo costituito da genitori e figli, che la destinazione suddetta sia stata impressa dalle parti non solo in astratto (con l'acquisto in comunione), ma anche in concreto, mediante la loro convivenza nell'immobile.
Cass. civ. n. 20858/2021
In materia di quantificazione dell'assegno di mantenimento a seguito della separazione dei coniugi, deve attribuirsi rilievo anche all'assegnazione della casa familiare che, pur essendo finalizzata alla tutela della prole e del suo interesse a permanere nell'ambiente domestico, indubbiamente costituisce un'utilità suscettibile di apprezzamento economico, come del resto espressamente precisato dall'art. 337 sexies c.c., e tale principio trova applicazione anche qualora il coniuge separato assegnatario dell'immobile ne sia comproprietario, perché il suo godimento del bene non trova fondamento nella comproprietà del bene, ma nel provvedimento di assegnazione, opponibile anche ai terzi, che limita la facoltà dell'altro coniuge di disporre della propria quota dell'immobile e si traduce in un pregiudizio economico, anch'esso valutabile ai fini della quantificazione dell'assegno dovuto.
Cass. civ. n. 22266/2020
Nel giudizio di separazione personale dei coniugi, l'assegnazione di una porzione della casa familiare al genitore non collocatario dei figli può disporsi solo nel caso in cui l'unità abitativa sia del tutto autonoma e distinta da quella destinata ad abitazione della famiglia o sia comunque agevolmente divisibile. (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO SALERNO, 25/07/2018).
Cass. civ. n. 9990/2019
In caso di cessione al terzo effettuata in costanza di matrimonio dal coniuge esclusivo proprietario dell'immobile precedentemente utilizzato per le esigenze della famiglia, il provvedimento di assegnazione della casa familiare all'altro coniuge - non titolare di diritti reali sul bene - collocatario della prole, emesso in data successiva a quella dell'atto di acquisto compiuto dal terzo, è a questi opponibile ai sensi dell'art. 155-quater c.c. - applicabile "ratione temporis" - e dell'art. 6, comma 6, della legge n. 898 del 1970, in quanto analogicamente applicabile al regime di separazione, soltanto se - a seguito di accertamento in fatto da compiersi alla stregua delle risultanze circostanziali acquisite - il giudice di merito ravvisi l'instaurazione di un preesistente rapporto, in corso di esecuzione, tra il terzo ed il predetto coniuge dal quale quest'ultimo derivi il diritto di godimento funzionale alle esigenze della famiglia, sul contenuto del quale viene a conformarsi il successivo vincolo disposto dal provvedimento di assegnazione. Tale ipotesi ricorre nel caso in cui il terzo abbia acquistato la proprietà con clausola di rispetto del titolo di detenzione qualificata derivante al coniuge dal negozio familiare, ovvero nel caso in cui il terzo abbia inteso concludere un contratto di comodato, in funzione delle esigenze del residuo nucleo familiare, con il coniuge occupante l'immobile, non essendo sufficiente a tal fine la mera consapevolezza, da parte del terzo, al momento dell'acquisto, della pregressa situazione di fatto di utilizzo del bene immobile da parte della famiglia.
Cass. civ. n. 32231/2018
Il godimento della casa familiare a seguito della separazione dei genitori, anche se non uniti in matrimonio, ai sensi dell'art. 337 sexies c.c. è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli, occorrendo soddisfare l'esigenza di assicurare loro la conservazione dell'"habitat" domestico, da intendersi come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare, e la casa può perciò essere assegnata al genitore, collocatario del minore, che pur se ne sia allontanato prima della introduzione del giudizio. (Nella specie la S.C., nel ribadire il principio, ha assegnato la casa familiare alla madre, collocataria del figlio di età minore, reputando non ostativa la circostanza che la donna si fosse allontanata dalla casa in conseguenza della crisi nei rapporti con il padre del bambino, e non attribuendo rilievo al tempo trascorso dall'allontanamento, dipeso dalla lunghezza del processo, che non può ritorcersi in pregiudizio dell'interesse del minore).
Cass. civ. n. 25604/2018
La casa familiare deve essere assegnata tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli minorenni e dei figli maggiorenni non autosufficienti a permanere nell'ambiente domestico in cui sono cresciuti, per garantire il mantenimento delle loro consuetudini di vita e delle relazioni sociali che in tale ambiente si sono radicate, sicché è estranea a tale decisione ogni valutazione relativa alla ponderazione tra interessi di natura solo economica dei coniugi o dei figli, ove in tali valutazioni non entrino in gioco le esigenze della prole di rimanere nel quotidiano ambiente domestico, e ciò sia ai sensi del previgente articolo 155 quater c.c., che dell'attuale art. 337 sexies c.c..
Cass. civ. n. 3015/2018
Il provvedimento di assegnazione della casa coniugale in sede di divorzio, come desumibile dall’art. 6, comma 6, della legge n. 898 del 1970 - analogamente a quanto previsto, in materia di separazione, dagli artt. 155 e, poi, 155 quater c.c., introdotto dalla legge n. 54 del 2006, ed ora 337 sexies c.c., introdotto dall’art. 55 del d.l.vo n. 154 del 2013 -, è subordinato alla presenza di figli, minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti, conviventi con i genitori: tale “ratio” protettiva, che tutela l’interesse dei figli a permanere nell’ambito domestico in cui sono cresciuti, non è configurabile in presenza di figli economicamente autosufficienti, sebbene ancora conviventi, verso cui non sussiste alcuna esigenza di speciale protezione.
Cass. civ. n. 1744/2018
Il provvedimento di assegnazione della casa familiare al coniuge (o al convivente) affidatario di figli minori (o maggiorenni non autosufficienti senza loro colpa) è opponibile - nei limiti del novennio, ove non trascritto, o anche oltre il novennio, ove trascritto - anche al terzo acquirente dell'immobile solo finché perduri l'efficacia della pronuncia giudiziale, sicché l'insussistenza del diritto personale di godimento sul bene - di regola, perché la prole sia stata "ab origine", o successivamente divenuta, maggiorenne ed economicamente autosufficiente o versi in colpa per il mancato raggiungimento dell'indipendenza economica - legittima il terzo acquirente a proporre un'ordinaria azione di accertamento al fine di conseguire la declaratoria di inefficacia del titolo e la condanna dell'occupante al pagamento di una indennità di occupazione illegittima.
Cass. civ. n. 772/2018
Il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa familiare al coniuge affidatario della prole, immediatamente trascritto, sia in ipotesi di separazione dei coniugi che di divorzio, è opponibile al terzo successivo acquirente del bene, atteggiandosi a vincolo di destinazione, estraneo alla categoria degli obblighi di mantenimento e collegato all'interesse superiore dei figli a conservare il proprio "habitat" domestico. Ne deriva che il diritto di abitazione non può ritenersi venuto meno per effetto della morte del coniuge, trattandosi di diritto di godimento "sui generis", suscettibile di estinguersi soltanto per il venir meno dei presupposti che hanno giustificato il relativo provvedimento o a seguito dell'accertamento delle circostanze di cui all'art. 337 sexies c.c., legittimanti una sua revoca giudiziale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la pronuncia di merito, che aveva rigettato la domanda di rilascio della casa familiare, avanzata nei confronti del coniuge assegnatario da un terzo, il quale, avendo acquistato l'intero immobile dopo il provvedimento di assegnazione, sosteneva il travolgimento di quest'ultimo in virtù del sopravvenuto decesso dell'altro coniuge, suo dante causa).
Cass. civ. n. 7007/2017
Il coniuge, già comodatario della casa familiare ed assegnatario della stessa in forza di provvedimento giudiziale adottato nell’ambito di procedura di separazione personale, può opporre il proprio titolo – ma solo entro il limite del novennio decorrente dalla sua adozione – al terzo acquirente il medesimo bene, ancorché la trascrizione del titolo di acquisto di quest'ultimo sia anteriore a quella del menzionato provvedimento giudiziale.
Cass. civ. n. 19347/2016
In tema di separazione personale, l'assegnazione della casa familiare prevista dall'art. 155 quater c.c. è finalizzata unicamente alla tutela della prole e non può essere disposta come se fosse una componente dell'assegno previsto dall'art. 156 c.c., dovendo quest'ultimo essere inteso a consentire una tendenziale conservazione del tenore di vita goduto dai coniugi in costanza di matrimonio.
Cass. civ. n. 17843/2016
L'assegnazione del godimento della casa familiare, ex art. 155 c.c. previgente e art. 155 quater c.c., ovvero in forza della legge sul divorzio, non può essere considerata in occasione della divisione dell'immobile in comproprietà tra i coniugi al fine di determinare il valore di mercato del bene qualora l'immobile venga attribuito al coniuge titolare del diritto al godimento stesso, atteso che tale diritto è attribuito nell'esclusivo interesse dei figli e non del coniuge affidatario e, diversamente, si realizzerebbe una indebita locupletazione a suo favore, potendo egli, dopo la divisione, alienare il bene a terzi senza alcun vincolo e per il prezzo integrale.
Cass. civ. n. 8202/2016
L'assegnazione della casa familiare ad uno dei coniugi, cui l'immobile non appartenga in via esclusiva, instaura un vincolo (opponibile anche ai terzi per nove anni, e, in caso di trascrizione, senza limite di tempo ) che oggettivamente comporta una decurtazione del valore della proprietà, totalitaria o parziaria, di cui è titolare l'altro coniuge, il quale da quel vincolo rimane astretto, come i suoi aventi causa, fino a quando il provvedimento non sia eventualmente modificato, sicché nel giudizio di divisione se ne deve tenere conto indipendentemente dal fatto che il bene venga attribuito in piena proprietà all'uno o all'altro coniuge ovvero venduto a terzi.
Cass. civ. n. 7776/2016
In materia di assegnazione della casa familiare, l'art. 155 quater c.c. (applicabile "ratione temporis"), laddove prevede che "il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell'art. 2643" c.c., va interpretato nel senso che entrambi non hanno effetto riguardo al creditore ipotecario che abbia acquistato il suo diritto sull'immobile in base ad un atto iscritto anteriormente alla trascrizione del provvedimento di assegnazione, il quale perciò può far vendere coattivamente l'immobile come libero.
Cass. civ. n. 3331/2016
La qualificazione giuridica di un immobile come "casa familiare", ai sensi dell'art. 155 quater c.c. (applicabile "ratione temporis"), postula, laddove non risulti in modo inequivoco che, prima del conflitto familiare, vi fosse una stabile e continuativa utilizzazione dello stesso da parte del nucleo costituito da genitori e figli, che la destinazione suddetta sia stata impressa dalle parti non solo in astratto (con l'acquisto in comunione), ma anche in concreto, mediante la loro convivenza nell'immobile. (In applicazione dell'anzidetto principio, la S.C. ha ritenuto tale l'immobile acquistato in comproprietà dai genitori, che lì avevano iniziato la convivenza, prima della nascita del figlio, nella prospettiva di farne il luogo ove avrebbero vissuto insieme, ed ha escluso la rilevanza, al fine del mutamento di una siffatta destinazione, del temporaneo allontanamento dall'abitazione per il contrasto tra loro insorto dopo la nascita).
Cass. civ. n. 17971/2015
In ordine alla convivenza di fatto, in presenza di figli minori nati dai due conviventi, l'immobile adibito a casa familiare è assegnato al genitore collocatario dei predetti minori, anche se non proprietario dell'immobile o conduttore in virtù di rapporti di locazione o comunque autonomo titolare di una posizione giuridica qualificata rispetto all'immobile. Egli, altresì, in virtù dell'affectio che costituisce il nucleo costituzionalmente protetto della relazione di convivenza è comunque detentore qualificato dell'immobile ed esercita il diritto di godimento su di esso in posizione del tutto assimilabile al comodatario, anche quando proprietario esclusivo sia l'altro convivente.
Cass. civ. n. 15367/2015
Ai sensi dell'art. 6, comma 6, della l. n. 898 del 1970 (nel testo sostituito dall'art. 11 della l. n. 74 del 1987), il provvedimento di assegnazione della casa familiare al coniuge (o al convivente) affidatario di figli minori (o maggiorenni non autosufficienti) è opponibile - nei limiti del novennio, ove non trascritto - anche al terzo acquirente dell'immobile, ma solo finché perdura l'efficacia della pronuncia giudiziale, sicché il venire meno del diritto di godimento del bene (nella specie, perché la prole è divenuta maggiorenne ed economicamente autosufficiente) legittima il terzo acquirente dell'immobile, divenutone proprietario, a proporre un'ordinaria azione di accertamento al fine di conseguire la declaratoria di inefficacia del titolo e la condanna degli occupanti al pagamento della relativa indennità di occupazione illegittima, con decorrenza dalla data di deposito della sentenza di accertamento.
Cass. civ. n. 15272/2015
In tema di separazione personale, allorché il giudice del merito abbia revocato il diritto di abitazione nella casa coniugale (nella specie, per raggiunta autosufficienza economica del figlio della coppia), la modifica dell'ammontare dell'assegno di mantenimento originariamente disposto a favore del coniuge economicamente più debole, rimasto privo di casa, pur dovendo considerare lo svantaggio economico conseguente, non deve essere, sempre e comunque, direttamente proporzionale al canone di mercato dell'immobile che il coniuge deve lasciare, potendo ipotizzarsi una diversa sistemazione, in abitazione eventualmente più modesta, ancorché decorosa.
Cass. civ. n. 20448/2014
Il coniuge affidatario della prole minorenne, o maggiorenne non autosufficiente, assegnatario della casa familiare, può opporre al comodante, che chieda il rilascio dell'immobile, l'esistenza di un provvedimento di assegnazione, pronunciato in un giudizio di separazione o divorzio, solo se tra il comodante e almeno uno dei coniugi (salva la concentrazione del rapporto in capo all'assegnatario, ancorché diverso) il contratto in precedenza insorto abbia contemplato la destinazione del bene a casa familiare. Ne consegue che, in tale evenienza, il rapporto, riconducibile al tipo regolato dagli artt. 1803 e 1809 cod. civ., sorge per un uso determinato ed ha - in assenza di una espressa indicazione della scadenza - una durata determinabile "per relationem", con applicazione delle regole che disciplinano la destinazione della casa familiare, indipendentemente, dunque, dall'insorgere di una crisi coniugale, ed è destinato a persistere o a venir meno con la sopravvivenza o il dissolversi delle necessità familiari (nella specie, relative a figli minori) che avevano legittimato l'assegnazione dell'immobile.
Il coniuge separato, convivente con la prole minorenne o maggiorenne non autosufficiente ed assegnatario dell'abitazione già attribuita in comodato, che opponga alla richiesta di rilascio del comodante l'esistenza di una destinazione dell'immobile a casa familiare, ha l'onere di provare che tale era la pattuizione attributiva del diritto personale di godimento, mentre spetta a chi invoca la cessazione del comodato dimostrare il sopraggiungere del termine fissato "per relationem" e, dunque, l'avvenuto dissolversi delle esigenze connesse all'uso familiare.
Cass. civ. n. 8580/2014
In tema di separazione personale dei coniugi, il giudice può limitare l'assegnazione della casa familiare ad una porzione dell'immobile, di proprietà esclusiva del genitore non collocatario, anche nell'ipotesi di pregressa destinazione a casa familiare dell'intero fabbricato, ove tale soluzione, esperibile in relazione del lieve grado di conflittualità coniugale, agevoli in concreto la condivisione della genitorialità e la conservazione dell'"habitat" domestico dei figli minori. Qualora, peraltro, il genitore non collocatario muti residenza, vengono meno i presupposti applicativi di cui all'art. 155 quater cod. civ. e non trova più giustificazione il provvedimento di assegnazione parziaria, che sia fondato, erroneamente, sulla riconducibilità alla casa familiare, in mancanza di riscontri di fatto, della sola porzione occupata dal genitore collocatario e sulla sufficienza, alla luce dell'art. 1022 cod. civ., della titolarità, da parte del genitore non collocatario, della proprietà dell'intero fabbricato.
Cass. civ. n. 21334/2013
Il previgente art. 155 c.c. ed il vigente art. 155 quater c.c. (introdotto dalla legge 8 febbraio 2006, n. 54), facendo riferimento all'"interesse dei figli", subordinano il provvedimento di assegnazione della casa coniugale alla presenza di figli, minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti, conviventi con i genitori: tale "ratio" protettiva, che tutela l'interesse dei figli a permanere nell'ambiente domestico in cui sono cresciuti, non è configurabile in presenza di figli economicamente autosufficienti, sebbene ancora conviventi, verso cui non sussiste alcuna esigenza di speciale protezione.
Cass. civ. n. 18440/2013
In tema di separazione, l'assegnazione della casa coniugale non può costituire una misura assistenziale per il coniuge economicamente più debole, ma postula l'affidamento dei figli minori o la convivenza con i figli maggiorenni non ancora autosufficienti, mentre ogni questione relativa al diritto di proprietà di uno dei coniugi o al diritto di abitazione sull'immobile esula dalla competenza funzionale del giudice della separazione e va proposta con il giudizio di cognizione ordinaria.
Cass. civ. n. 12466/2012
L'assegnazione al coniuge affidatario dei figli, in sede di separazione, del godimento dell'immobile di proprietà esclusiva dell'altro non impedisce al creditore di quest'ultimo di pignorarlo e di determinarne la vendita coattiva.
Cass. civ. n. 4555/2012
La nozione di convivenza rilevante agli effetti dell'assegnazione della casa familiare comporta la stabile dimora del figlio presso l'abitazione di uno dei genitori, con eventuali, sporadici allontanamenti per brevi periodi, e con esclusione, quindi, della ipotesi di saltuario ritorno presso detta abitazione per i fine settimana, ipotesi nella quale si configura invece un rapporto di mera ospitalità; deve, pertanto, sussistere un collegamento stabile con l'abitazione del genitore, benché la coabitazione possa non essere quotidiana, essendo tale concetto compatibile con l'assenza del figlio anche per periodi non brevi per motivi di studio o di lavoro, purché egli vi faccia ritorno regolarmente appena possibile; quest'ultimo criterio, tuttavia, deve coniugarsi con quello della prevalenza temporale dell'effettiva presenza, in relazione ad una determinata unità di tempo (anno, semestre, mese).
Cass. civ. n. 1367/2012
In tema di assegnazione della casa familiare, inizialmente disposta - come nella specie - con ordinanza del presidente del tribunale e poi oggetto di revoca, da parte del tribunale, con la sentenza che definisce il processo di separazione personale tra i coniugi, la natura speciale del diritto di abitazione, ai sensi dell'art. 155 quater c.c., è tale per cui esso non sussiste senza allontanamento dalla casa familiare di chi non ne è titolare e, corrispondentemente, quando esso cessa di esistere per effetto della revoca, determina una situazione simmetrica in capo a chi lo ha perduto, con necessario allontanamento da parte di questi; ne consegue che il provvedimento ovvero la sentenza rispettivamente attributivi o di revoca costituiscono titolo esecutivo, per entrambe le situazioni, anche quando l'ordine di rilascio non sia stato con essi esplicitamente pronunciato. (Principio affermato dalla S.C. con riguardo all'opposizione, esperita dalla coniuge già assegnataria della casa familiare, al precetto notificatole dall'altro coniuge per il rilascio dell'immobile, sulla base della sola sentenza del tribunale di revoca dell'attribuzione).
Cass. civ. n. 18863/2011
In tema di assegnazione della casa familiare, l'art.155 quater c.c., applicabile anche ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati, tutela l'interesse prioritario della prole a permanere nell'"habitat" domestico, postulando, oltre alla permanenza del legame ambientale, la ricorrenza del rapporto di filiazione legittima o naturale cui accede la responsabilità genitoriale, mentre non si pone anche a presidio dei rapporti affettivi ed economici che non involgano, in veste di genitori, entrambi i componenti del nucleo che coabitano la casa familiare oppure i figli della coppia che, nella persistenza degli obblighi di cui agli artt. 147 e 261 c.c., abbiano cessato di convivere nell'abitazione, già comune, allontanandosene.
Cass. civ. n. 14553/2011
L'assegnazione della casa familiare prevista dall'art. 155 quater cod. civ., rispondendo all'esigenza di conservare l'"habitat" domestico, inteso come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare, è consentita unicamente con riguardo a quell'immobile che abbia costituito il centro di aggregazione della famiglia durante la convivenza, con esclusione di ogni altro immobile di cui i coniugi avessero la disponibilità e che comunque usassero in via temporanea o saltuaria. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha rigettato la domanda di assegnazione della "casa familiare", relativa ad immobile acquistato allo stato di rustico, oggetto di lavori di completamento ed occasionalmente utilizzato dalla famiglia, durante il matrimonio, nel solo periodo estivo).
Cass. civ. n. 9079/2011
L'art. 156, secondo comma, c.c. stabilisce che il giudice debba determinare la misura dell'assegno "in relazione alle circostanze ed ai redditi dell'obbligato", mentre l'assegnazione della casa familiare, prevista dall'art. 155 quater c.c., è finalizzata unicamente alla tutela della prole e non può essere disposta come se fosse una componente dell'assegno previsto dall'art. 156 c.c.; tuttavia, allorché il giudice del merito abbia revocato la concessione del diritto di abitazione nella casa coniugale (nella specie, stante la mancanza di figli della coppia), è necessario che egli valuti, una volta in tal modo modificato l'equilibrio originariamente stabilito fra le parti e venuta meno una delle poste attive in favore di un coniuge, se sia ancora congrua la misura dell'assegno di mantenimento originariamente disposto.
Cass. civ. n. 4735/2011
L'assegnazione della casa coniugale disposta sulla base della concorde richiesta dei coniugi in sede di giudizio di separazione, in assenza di figli minori o maggiorenni non autosufficienti, non è opponibile né ai terzi acquirenti, né al coniuge non assegnatario che voglia proporre domanda di divisione del bene immobile di cui sia comproprietario, poiché l'opponibilità è ancorata all'imprescindibile presupposto che il coniuge assegnatario della casa coniugale sia anche affidatario della prole, considerato che in caso di estensione dell'opponibilità anche all'ipotesi di assegnazione della casa coniugale come mezzo di regolamentazione dei rapporti patrimoniali tra i coniugi, si determinerebbe una sostanziale espropriazione del diritto di proprietà dell'altro coniuge, in quanto la durata del vincolo coinciderebbe con la vita dell'assegnatario. (Nella specie la Corte ha confermato la pronuncia di merito che, in accoglimento della domanda di divisione, constatata la non comoda divisibilità dell'immobile e l'assenza di domande di assegnazione, aveva disposto la vendita all'incanto, dopo aver accertato l'inopponibilità al terzo, futuro acquirente, del provvedimento di assegnazione, peraltro trascritto successivamente alla domanda di divisione).
Cass. civ. n. 1491/2011
In tema di separazione personale dei coniugi, la disposizione di cui all'art. 155, quarto comma, c.c. (nella formulazione previgente), che attribuisce al giudice il potere di assegnare la casa familiare al coniuge affidatario che non vanti alcun diritto di godimento (reale o personale) sull'immobile, ha carattere eccezionale ed é dettata nell'esclusivo interesse della prole; pertanto, detta norma non é applicabile al coniuge, ancorché avente diritto al mantenimento, in assenza di figli affidati minori o maggiorenni non autosufficienti conviventi, potendo, in tal caso, il giudice procedere all'assegnazione della casa coniugale unicamente nell'ipotesi di comproprietà dell'immobile.
Cass. civ. n. 23591/2010
In tema di separazione, l'assegnazione della casa familiare postula l'affidamento dei figli minori o la convivenza con i figli maggiorenni non ancora autosufficienti; in assenza di tale condizione non può essere disposta a favore del coniuge proprietario esclusivo, neppure qualora l'eccessivo costo di gestione ne renda opportuna la vendita, se i figli sono affidati all'altro coniuge in quanto eventuali interessi di natura economica assumono rilievo nella misura in cui non sacrifichino il diritto dei figli a permanere nel loro habitat domestico.
Cass. civ. n. 26586/2009
In tema di separazione personale dei coniugi, l'art. 155, quarto comma, c.c. (nel testo, applicabile "ratione temporis", anteriore alle modifiche introdotte dall'art. 1 della L. 8 febbraio 2006, n. 54), il quale dispone che l'abitazione nella casa familiare spetta di preferenza, e ove sia possibile, al coniuge cui vengono affidati i figli, non detta una regola assoluta che rappresenti una conseguenza automatica del provvedimento di affidamento, ma attribuisce un potere discrezionale al giudice, il quale può pertanto limitare l'assegnazione a quella parte della casa familiare realmente occorrente ai bisogni delle persone conviventi nella famiglia, tenendo conto, nello stabilire le concrete modalità dell'assegnazione, delle esigenze di vita dell'altro coniuge e delle possibilità di godimento separato e autonomo dell'immobile, anche attraverso modesti accorgimenti o piccoli lavori.
Cass. civ. n. 24104/2009
Ai fini della sussistenza del vincolo pertinenziale tra bene principale e bene accessorio è necessaria la presenza del requisito soggettivo dell'appartenenza di entrambi al medesimo soggetto, nonché del requisito oggettivo della contiguità, anche solo di servizio, tra i due beni, ai fini del quale il bene accessorio deve arrecare una utilità al bene principale e non al proprietario di esso; ne discende che l'assegnazione della casa coniugale deve intendersi estensibile al box, quale pertinenza della cosa principale, qualora questo sia oggettivamente al servizio dell'appartamento, essendo situato sullo stesso palazzo, ed entrambi gli immobili appartengano ad un solo coniuge.
Cass. civ. n. 10104/2009
In tema di separazione personale dei coniugi, il provvedimento di assegnazione della casa familiare determina una cessione "ex lege" del relativo contratto di locazione a favore del coniuge assegnatario e l'estinzione del rapporto in capo al coniuge che ne fosse originariamente conduttore; tale estinzione si verifica anche nell'ipotesi in cui entrambi i coniugi abbiano sottoscritto il contratto di locazione, succedendo in tal caso l'assegnatario nella quota ideale dell'altro coniuge.
Cass. civ. n. 9310/2009
L'assegnazione della casa familiare ad uno dei coniugi in sede di divorzio è atto che, quando sia opponibile ai terzi, incide sul valore di mercato dell'immobile; ne consegue che, ove si proceda alla divisione giudiziale del medesimo, di proprietà di entrambi i coniugi, si dovrà tener conto, ai fini della determinazione del prezzo di vendita, dell'esistenza di tale provvedimento di assegnazione, che pregiudica il godimento e l'utilità economica del bene rispetto al terzo acquirente.
Cass. civ. n. 9995/2008
In tema di separazione, e con riferimento al regime vigente in epoca anteriore all'entrata in vigore della legge 8 febbraio 2006, n. 54, l'instaurazione di una relazione more uxorio da parte del coniuge affidatario dei figli minorenni non giustifica la revoca dell'assegnazione della casa familiare, trattandosi di una circostanza ininfluente sull'interesse della prole, a meno che la presenza del convivente non risulti nociva o diseducativa per i minori, ed essendo l'assegnazione volta a soddisfare l'interesse di questi ultimi alla conservazione dell'habitat domestico, inteso come centro degli affetti, interessi e consuetudini nei quali si esprime e si articola la vita familiare. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato il decreto impugnato, con cui era stata revocata l'assegnazione della casa familiare al coniuge affidatario della prole, avendo lo stesso intrapreso una convivenza more uxorio in quella medesima casa, divenuta pertanto un centro di riferimento degli affari imprenditoriali del convivente).
Cass. civ. n. 24321/2007
In ragione della opponibilità al terzo - ancorché non trascritta - dell'assegnazione della casa familiare disposta in favore dell'altro coniuge in occasione della separazione, sia giudiziale che consensuale, o in sede di divorzio, la clausola della separazione consensuale istitutiva dell'impegno futuro di vendita dell'immobile adibito a casa coniugale, in quanto tale assegnata (in quella medesima sede) al coniuge affidatario del figlio minorenne, non è inscindibile rispetto alla pattuizione relativa all'assegnazione di detta abitazione, ma si configura come del tutto autonoma rispetto al regolamento concordato dai coniugi in ordine alla stessa assegnazione, riguardando un profilo compatibile con detta assegnazione in quanto sostanzialmente non lesivo della rispondenza di detta assegnazione all'interesse del figlio minorenne tutelato attraverso tale istituto; pertanto, detta pattuizione non è modificabile nelle forme e secondo la procedura di cui agli artt. 710 e 711 c.p.c.
Cass. civ. n. 16398/2007
In materia di separazione e divorzio, il disposto dell'art. 155 quater c.c., come introdotto dalla legge 8 febbraio 2006 n. 54, facendo riferimento all'«interesse dei figli» conferma che il godimento della casa familiare è finalizzato alla tutela della prole in genere e non più all'affidamento dei figli minori, mentre, in assenza di prole, il titolo che giustifica la disponibilità della casa familiare, sia esso un diritto di godimento o un diritto reale, del quale sia titolare uno dei coniugi o entrambi, è giuridicamente irrilevante, ne consegue che il giudice non potrà adottare con la sentenza di separazione un provvedimento di assegnazione della casa coniugale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione del giudice di merito, il quale, in assenza di figli, ha negato che si potesse disporre in ordine all'assegnazione della casa coniugale, ed ha rinviato alle norme sulla comunione ed al relativo regime per l'uso e la divisione, essendo detta abitazione di proprietà comune di entrambi i coniugi).
Cass. civ. n. 6979/2007
Il previgente art. 155 c.c. ed il vigente art. 155 quater c.c. in tema di separazione e l'art. 6 della legge sul divorzio subordinano il provvedimento di assegnazione della casa coniugale alla presenza di figli, minori o maggiorenni non autosufficienti economicamente conviventi con i coniugi; in assenza di tale presupposto, sia la casa in comproprietà o appartenga a un solo coniuge, il giudice non potrà adottare, con la sentenza di separazione, un provvedimento di assegnazione della casa coniugale, non essendo la medesima neppure prevista dall'art. 156 c.c. in sostituzione o quale componente dell'assegno di mantenimento. In mancanza di norme ad hoc, la casa familiare in comproprietà resta soggetta alle norme sulla comunione, al cui regime dovrà farsi riferimento per l'uso e la divisione.
Cass. civ. n. 6192/2007
In tema di imposta comunale sugli immobili, il coniuge affidatario dei figli al quale sia assegnata la casa di abitazione posta nell'immobile di proprietà (anche in parte) dell'altro coniuge non è soggetto passivo dell'imposta per la quota dell'immobile stesso sulla quale non vanti il diritto di proprietà ovvero un qualche diritto reale di godimento, come previsto dall'art. 3 del D.L.vo 30 dicembre 1992, n. 504. Con il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa comunale in sede di separazione personale o di divorzio, infatti, viene riconosciuto al coniuge un atipico diritto personale di godimento e non un diritto reale, sicché in capo al coniuge non è ravvisabile la titolarità di un diritto di proprietà o di uno di quei diritti reali di godimento, specificamente previsti dalla norma, costituenti l'unico elemento di identificazione del soggetto tenuto al pagamento dell'imposta in parola sull'immobile. Né in proposito rileva il disposto dell'art. 218 c.c., secondo il quale «Il coniuge che gode dei beni dell'altro coniuge è soggetto a tutte le obbligazioni dell'usufruttuario» in quanto la norma, dettata in tema di regime di separazione dei beni dei coniugi, va intesa solo come previsione integrativa del precedente art. 217 (Amministrazione e godimento dei beni), di guisa che la complessiva regolamentazione recata dalle disposizioni dei due articoli è inapplicabile in tutte le ipotesi in cui il godimento del bene del coniuge da parte dell'altro coniuge sia fondato da un rapporto diverso da quello disciplinato da dette norme, come nell'ipotesi di assegnazione (volontaria o giudiziale) al coniuge affidatario dei figli minori della casa di abitazione di proprietà dell'altro coniuge, atteso che il potere del primo non deriva né da un mandato conferito dal secondo, né dal godimento di fatto del bene (ipotizzante il necessario consenso dell'altro coniuge), di cui si occupa l'art. 218.
Cass. civ. n. 4188/2006
Nel caso di assegnazione della casa familiare al coniuge affidatario, ai sensi dell'art. 155, comma quarto, c.c., in tema di separazione, e 6, comma sesto, della legge 1 dicembre 1970, n. 898 (come sostituito dall'art. 11 della legge 6 marzo 1987, n. 74), in tema di divorzio, deve escludersi qualsiasi obbligo di pagamento di un canone di locazione da parte dell'assegnatario per il godimento della stessa, poiché qualunque forma di corrispettivo snaturerebbe la funzione dell'istituto di cui si tratta, in quanto incompatibile con la sua finalità esclusiva di tutela della prole, ed inciderebbe direttamente sull'assetto dei rapporti patrimoniali tra i coniugi dettato dal giudice della separazione o del divorzio.
Cass. civ. n. 1545/2006
In materia di separazione o divorzio, l'assegnazione della casa familiare, pur avendo riflessi anche economici, particolarmente valorizzati dall'art. 6, sesto comma, della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (come sostituito dall'art. 11 della legge 6 marzo 1987, n. 74), è finalizzata all'esclusiva tutela della prole e dell'interesse di questa a permanere nell'ambiente domestico in cui è cresciuta, e non può quindi essere disposta, come se fosse una componente degli assegni rispettivamente previsti dall'art. 156 c.c. e dall'art. 5 della legge n. 898 del 1970, per sopperire alle esigenze economiche del coniuge più debole, alle quali sono destinati unicamente i predetti assegni. Pertanto, anche nell'ipotesi in cui l'immobile sia di proprietà comune dei coniugi, la concessione del beneficio in questione resta subordinata all'imprescindibile presupposto dell'affidamento dei figli minori o della convivenza con figli maggiorenni ma economicamente non autosufficienti: diversamente, infatti, dovrebbe porsi in discussione la legittimità costituzionale del provvedimento, il quale, non risultando modificabile a seguito del raggiungimento della maggiore età e dell'indipendenza economica da parte dei figli, si tradurrebbe in una sostanziale espropriazione del diritto di proprietà, tendenzialmente per tutta la vita del coniuge assegnatario, in danno del contitolare.
Cass. civ. n. 1198/2006
Al fine dell'assegnazione ad uno dei coniugi separati o divorziati della casa familiare, nella quale questi abiti con un figlio maggiorenne, occorre che si tratti della stessa abitazione in cui si svolgeva la vita della famiglia allorché essa era unita, ed inoltre che il figlio convivente versi, senza colpa, in condizione di non autosufficienza economica.
Cass. civ. n. 18476/2005
In tema di separazione personale, l'assegnazione della casa coniugale esonera l'assegnatario esclusivamente dal pagamento del canone, cui altrimenti sarebbe tenuto nei confronti del proprietario esclusivo (o, in parte qua del comproprietario) dell'immobile assegnato, onde, qualora il giudice attribuisca ad uno dei coniugi l'abitazione di proprietà dell'altro, la gratuità di tale assegnazione si riferisce solo all'uso dell'abitazione medesima (per la quale, appunto, non deve versarsi corrispettivo), ma non si estende alle spese correlate a detto uso (ivi comprese quelle, del genere delle spese condominiali, che riguardano la manutenzione delle cose comuni poste a servizio anche dell'abitazione familiare), onde simili spese – in mancanza di un provvedimento espresso che ne accolli l'onere al coniuge proprietario – sono a carico del coniuge assegnatario.
Cass. civ. n. 13664/2003
Il provvedimento di rilascio della casa familiare emanato nei confronti del coniuge, proprietario esclusivo dell'immobile, non può essere fatto utilmente valere nei confronti del terzo che si trovi nel godimento dell'immobile in forza di un titolo che gli assicuri un possesso autonomo incompatibile con la pretesa fatta valere in via esecutiva, e ciò sin quando il coniuge assegnatario procedente non si sia munito di un titolo esecutivo valido nei confronti del terzo, che cessi così di essere tale.
Cass. civ. n. 12705/2003
Nel caso di assegnazione della casa familiare al coniuge affidatario, ai sensi degli artt. 155, comma quarto, c.c. – in tema di separazione personale –, e 6, comma sesto, della legge 1 dicembre 1970, n. 898 (come sostituito dall'art. 11 della legge 6 marzo 1987, n. 74) – in tema di divorzio –, il terzo acquirente del bene in epoca successiva al provvedimento di assegnazione è tenuto, negli stessi limiti di durata (nove anni dalla data dell'assegnazione, ovvero, nel caso di trascrizione, anche oltre i nove anni) nei quali è a lui opponibile il provvedimento stesso, a rispettare il godimento del coniuge del suo dante causa, nello stesso contenuto e nello stesso regime giuridico propri dell'assegnazione, quale vincolo di destinazione collegato all'interesse dei figli. Ne consegue che è escluso qualsiasi obbligo di pagamento da parte del beneficiario per tale godimento, atteso che ogni forma di corrispettivo verrebbe a snaturare la funzione stessa dell'istituto, in quanto incompatibile con la sua finalità esclusiva di tutela della prole, ed inciderebbe direttamente sull'assetto dei rapporti patrimoniali tra i coniugi dettato dal giudice della separazione o del divorzio.
Cass. civ. n. 13065/2002
L'assegnazione della casa familiare prevista dall'art. 155, quarto comma, c.c. risponde all'esigenza di conservare l'habitat domestico, inteso come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare. Ne consegue che l'istituto di cui si tratta presuppone indefettibilmente la persistenza, al momento della separazione dei coniugi, di una casa coniugale nell'accezione sopra chiarita. Pertanto, ove manchi tale presupposto, per essersi i figli già irrimediabilmente sradicati dal luogo in cui si svolgeva la esistenza della famiglia, non v'è luogo per l'applicazione dell'istituto in questione.
Cass. civ. n. 11096/2002
Ai sensi dell'art. 6, comma 6, della legge 1 dicembre 1970, n. 898 (nel testo sostituito dall'art. 11 della legge 6 marzo 1987, n. 74), applicabile anche in tema di separazione personale, il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa familiare al coniuge affidatario, avendo per definizione data certa, è opponibile, ancorché non trascritto, al terzo acquirente in data successiva per nove anni dalla data dell'assegnazione, ovvero – ma solo ove il titolo sia stato in precedenza trascritto - anche oltre i nove anni.
Cass. civ. n. 9071/2002
La disposizione dell'art. 6 della legge n. 898 del 1970, come sostituito dall'art. 11 della legge n. 74 del 1987 (dettata in materia di divorzio, ma applicabile anche alla separazione personale dei coniugi), ferma restando la tutela dell'interesse dei figli a permanere nell'ambiente domestico nel quale sono cresciuti, prevede, come presupposto necessario ai fini dell'assegnazione della casa coniugale, la valutazione delle condizioni economiche dei coniugi, tale disposizione, tuttavia, non impone l'assegnazione al coniuge economicamente più debole (che non vanti sulla stessa diritti reali o di godimento), neanche se a lui siano affidati figli minori o con lui convivano figli maggiorenni non ancora economicamente autosufficienti, qualora l'equilibrio delle condizioni economiche dei coniugi e la tutela di quello più debole possano essere perseguiti altrimenti (la S.C. ha così cassato la sentenza che aveva sostenuto la decisione unicamente sulla «necessità» di garantire l'esigenza del figlio maggiorenne, incolpevolmente non autosufficiente, a permanere nell'abitazione originaria, insieme con il padre non proprietario della casa).
Cass. civ. n. 5857/2002
In tema di separazione personale tra coniugi, l'art. 155, comma 4, c.c. consente al giudice di assegnare l'abitazione al coniuge non titolare di un diritto di godimento (reale o personale) sull'immobile, solo se a lui risultino affidati i figli minori, ovvero con lui risultino conviventi figli maggiorenni non autosufficienti. La nozione di convivenza rilevante agli effetti di cui si tratta comporta, peraltro, la stabile dimora del figlio presso l'abitazione di uno dei genitori, con eventuali, sporadici allontanamenti per brevi periodi, e con esclusione, quindi, della ipotesi di saltuario ritorno presso detta abitazione per i fine settimana, ipotesi nella quale si configura invece un rapporto di ospitalità, con conseguente esclusione del diritto del genitore ospitante all'assegnazione della casa coniugale in assenza di titolo di godimento della stessa, a prescindere dalla mancanza di autosufficienza economica del figlio, idonea, se mai, ad incidere solo sull'obbligo di mantenimento.
Cass. civ. n. 4558/2000
In ipotesi di separazione personale dei coniugi, l'assegnazione della casa familiare, in presenza di figli minori o maggiorenni non autosufficienti, spetta di preferenza e ove possibile (perciò non necessariamente) al coniuge cui vengano affidati i figli medesimi, mentre, in assenza di figli, può essere utilizzata come strumento per realizzare (in tutto o in parte) il diritto al mantenimento del coniuge privo di adeguati redditi propri; nel primo caso, trattandosi di provvedimento da adottare nel preminente interesse della prole, il giudice può provvedere alla suddetta assegnazione anche in mancanza di una specifica domanda di parte, mentre, nel secondo caso, trattandosi di questione concernente il regolamento dei rapporti patrimoniali tra coniugi, la suddetta assegnazione presuppone un'apposita domanda del coniuge richiedente il mantenimento, onde non è configurabile in ogni caso un dovere (e un potere) del giudice di identificare ed assegnare comunque la casa familiare anche in assenza di qualsivoglia istanza in tal senso.
Cass. civ. n. 822/1998
Nell'ipotesi in cui la casa coniugale appartenga in comproprietà ad entrambi i coniugi, manchino figli minori o figli maggiorenni conviventi con uno dei genitori, ed entrambi i coniugi rivendichino il godimento esclusivo della casa coniugale, l'esercizio del potere discrezionale del giudice della separazione non può trovare altra giustificazione se non quella che, in presenza di una sostanziale parità di diritti, può essere favorito il solo coniuge che non abbia adeguati redditi propri, al fine di consentirgli la conservazione di un tenore di vita corrispondente a quello di cui godeva in costanza di matrimonio. Ne consegue che, laddove entrambi i coniugi comproprietari della casa familiare abbiano adeguati redditi propri, il giudice della separazione dovrà respingere le domande contrapposte di assegnazione del godimento esclusivo della casa stessa, lasciandone la disciplina agli accordi tra comproprietari, i quali, ove non riescano a raggiungere un ragionevole assetto dei propri interessi, restano liberi di chiedere la divisione dell'immobile dopo lo scioglimento della comunione familiare che consegue al passaggio in giudicato della sentenza di separazione.
Cass. civ. n. 8317/1997
In tema di provvedimenti temporanei ed urgenti, l'ordinanza del presidente del tribunale o del giudice istruttore in un processo di separazione personale tra coniugi attributiva, ad uno di essi, del diritto di abitare la casa familiare deve ritenersi soggetta, in mancanza di spontaneo adempimento, ad esecuzione coattiva in via breve (a mezzo del competente ufficiale giudiziario), ovvero alla normale procedura di esecuzione forzata, con la conseguenza che, nella prima ipotesi, giudice competente per l'esecuzione sarà quello che ha emesso il provvedimento (ovvero quello competente per il merito, se risulti iniziato il relativo giudizio), mentre, nella seconda, la competenza si radica in capo al giudice dell'esecuzione, secondo le regole ordinarie.
Cass. civ. n. 7680/1997
Il provvedimento di assegnazione della casa coniugale ad uno dei coniugi all'esito del procedimento di separazione personale non è idoneo a costituire un diritto reale di uso o di abitazione a favore dell'assegnatario, ma solo un diritto di natura personale, opponibile, se avente data certa, ai terzi entro il novennio ai sensi dell'art. 1599 c.c. ovvero anche dopo i nove anni se il titolo sia stato in precedenza trascritto. (V. Corte cost. n. 454 del 1989).
Cass. civ. n. 4061/1997
La decisione di attribuire la casa coniugale al coniuge che ne sia soltanto comproprietario, adottata nel corso del giudizio di separazione, ove non sia riconducibile al disposto dell'art. 155 c.c., deve intendersi adottata sul presupposto che il beneficiario abbia diritto al mantenimento, in quanto la prole vive in una città diversa da quella ove è ubicata la precedente casa familiare. Ne consegue che, ove difetti il diritto al mantenimento deve riconoscersi, nello stesso giudizio di separazione la possibilità di chiedere all'altro coniuge un corrispettivo adeguato al beneficio economico che ha ricevuto senza alcun titolo giustificativo.
Cass. civ. n. 9909/1996
L'art. 155, quarto comma, c.c., nel disporre che l'abitazione della casa familiare spetta di preferenza, e ove possibile, al coniuge cui vengono affidati i figli, non vieta l'assegnazione della casa al coniuge che sia affidatario di uno solo dei figli, ma esclude soltanto che il coniuge non affidatario possa pretenderne l'assegnazione quando tutti i figli sono stati affidati all'altro coniuge. Pertanto, nel caso in cui entrambi i coniugi siano affidatari di figli, non potendo essere soddisfatto contemporaneamente l'interesse dei medesimi a rimanere nella casa coniugale, non può ritenersi inibito al giudice di procedere all'assegnazione della stessa, comportando tale situazione soltanto che debbano essere utilizzati altri criteri diversi da quello dell'«affidamento», insuscettibile di offrire adeguato parametro risolutore.
Cass. civ. n. 8058/1996
La norma di cui all'art. 155, quarto comma, c.c. – secondo cui in caso di separazione l'abitazione nella casa familiare spetta di preferenza e ove sia possibile al coniuge cui vengono affidati i figli – non è applicabile, neppure in via estensiva, all'ipotesi di separazione di coniugi con i quali conviva il figlio nato da un precedente matrimonio di uno di essi e non legato, quindi, da alcun vincolo di filiazione con l'altro coniuge.
Cass. civ. n. 12083/1995
In tema di separazione personale dei coniugi, la norma di cui all'art. 155, comma 4, c.c. prevede che l'assegnazione della casa familiare sia disposta «ove possibile» di preferenza al coniuge affidatario dei figli e quindi, lungi dal porre una regola assoluta che rappresenti una automatica conseguenza del provvedimenti di affidamento, esige una valutazione della necessità, o anche della semplice opportunità, di imporre al coniuge titolare del diritto reale o personale di godimento dell'immobile il sacrificio della sua situazione soggettiva per soddisfare l'interesse del figlio minore (o maggiorenne non autosufficiente) alla conservazione dell'habitat domestico, inteso come centro degli affetti, interessi o consuetudini nei quali si esprime e si articola la vita familiare.
Cass. civ. n. 7865/1994
A seguito della disposizione innovativa introdotta dall'art. 11 della L. 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio) – secondo cui l'abitazione della casa familiare spetta di preferenza al genitore cui vengono affidati i figli o con il quale i figli convivono oltre la maggiore età, fermo restando che in ogni caso ai fini dell'assegnazione il giudice dovrà valutare le condizioni economiche dei coniugi e le ragioni della decisione e favorire il coniuge più debole – applicabile anche alla separazione nonostante la dizione più restrittiva dell'art. 155, comma 4, c.c., l'assegnazione della casa coniugale va configurata non soltanto come strumento di protezione della prole, ma come mezzo atto a garantire anche il conseguimento di altre finalità, quali l'equilibrio delle condizioni economiche dei coniugi e la tutela del coniuge più debole, con la conseguenza che l'attribuzione del diritto di abitazione nella casa familiare costituisce un provvedimento di contenuto economico avente funzione alternativa o sussidiaria rispetto alla determinazione dell'assegno. Pertanto, la restituzione della casa familiare da parte dell'assegnatario all'altro coniuge, rappresentando una utilità economicamente valutabile in misura pari al risparmio occorrente per godere dell'immobile a titolo di locazione, giustifica un aumento dell'assegno di divorzio o di mantenimento dovuto dal beneficiario della restituzione al coniuge rinunciante.
Cass. civ. n. 11508/1993
Il diritto riconosciuto al coniuge, non titolare di un diritto di proprietà o di godimento, sulla casa coniugale, con il provvedimento giudiziale di assegnazione di detta casa in sede di separazione o divorzio, ha natura di diritto personale di godimento e non di diritto reale, essendo i modi di costituzione di questi ultimi tassativamente ed espressamente previsti dalla legge, e non rientrando tra essi un provvedimento del genere.
Cass. civ. n. 5793/1993
Allorquando uno dei coniugi, in sede di separazione o di divorzio, invochi il provvedimento di assegnazione della casa familiare, e l'altro contesti tale qualità all'immobile, ovvero al complesso di beni funzionalmente attrezzato per assicurare l'esistenza domestica della comunità familiare, spetta a chi chiede il predetto provvedimento dimostrare la sussistenza della contestata qualità; in difetto, al giudice è inibita l'applicazione delle speciali norme che disciplinano l'abitazione della casa familiare in caso di separazione o di divorzio, restando il rapporto assoggettato alla disciplina relativa ai diritti reali o personali di godimento degli immobili a seconda di quanto risulti dal titolo.
Cass. civ. n. 4108/1993
In tema di provvedimenti relativi alla separazione personale dei coniugi, l'art. 155, quarto comma c.c. – nel testo introdotto dall'art. 36 della L. 19 maggio 1975, n. 151 – secondo cui l'abitazione nella casa familiare spetta di preferenza al coniuge affidatario di prole minore, anche nel caso in cui la proprietà sia dell'altro coniuge, non esclude che analogo sacrificio dell'interesse del coniuge proprietario possa essere disposto, in estensiva applicazione di quanto al riguardo previsto, con riferimento al divorzio, dall'art. 11 della L. 6 marzo 1987, n. 74, anche nel caso in cui non vi sia luogo alla detta pronunzia di affidamento, per essere i figli maggiorenni, ma si debba, nondimeno, in relazione alle specifiche circostanze – il cui apprezzamento va condotto con rigore proporzionalmente crescente per effetto dell'aumento dell'età e, comunque, presuppone la incolpevole mancanza di autosufficienza economica o anche soltanto psicofisica, da parte dei figli stessi – assicurare a questi ultimi la continuità dell'habitat domestico, inteso come centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si articola la vita della famiglia, con la convivenza con il genitore non proprietario della casa.
Cass. civ. n. 1258/1993
L'opponibilità, nei confronti del terzo titolare del diritto di proprietà, del provvedimento di assegnazione della casa al coniuge divorziato o separato, secondo le previsioni, rispettivamente, dell'art. 11 della L. 6 marzo 1987, n. 74 (modificativo dell'art. 6 della L. 1 dicembre 1970, n. 898), e dell'art. 155 c.c., nel testo risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 454 del 1989 (e della successiva ordinanza della medesima Corte n. 20 del 1990), riguarda le ipotesi in cui detta titolarità sia stata acquisita dopo l'indicato provvedimento, mentre, nel caso in cui l'acquisto della proprietà stessa sia anteriore, il relativo diritto non può essere pregiudicato dall'assegnazione (salva restando la previsione dell'art. 6 della L. 27 luglio 1978, n. 392 sul subingresso nel rapporto di locazione del coniuge assegnatario).
Cass. civ. n. 6348/1991
Il provvedimento emesso dal presidente del tribunale in sede di separazione personale dei coniugi di assegnazione della casa coniugale ad uno di essi – ancorché di proprietà esclusiva dell'altro - conferisce al coniuge assegnatario un diritto personale di abitazione con tutte le facoltà ad esso inerenti con la conseguenza che lo stesso assegnatario può legittimamente provvedere al cambiamento della serratura della porta d'ingresso della detta abitazione senza che ciò possa configurare spoglio, risultando interdetto il godimento del coniuge non assegnatario quale debito e valutato effetto del provvedimento presidenziale di attribuzione del diritto di abitazione all'altro coniuge.
Cass. civ. n. 11787/1990
Il potere del giudice della separazione di assegnare l'abitazione della casa familiare, in deroga al normale regime privatistico, al coniuge affidatario dei figli minori (art. 155 quarto comma c.c., nel testo fissato dall'art. 36 della L. 19 maggio 1975, n. 151) include la facoltà di attribuire alcuni soltanto dei locali di detta casa, quando essi abbiano ampiezza sufficiente per soddisfare le esigenze di detti figli e del genitore cui sono affidati, ed altresì abbiano caratteristiche strutturali e funzionali tali da consentirne il distacco come autonoma unità abitativa, con modesti accorgimenti o piccoli lavori, senza opere edili di trasformazione (nella specie, trattandosi del piano di un villino, che poteva con facilità essere reso indipendente dal resto della costruzione).
Cass. civ. n. 1501/1989
In tema di separazione personale, l'art. 155, quarto comma (nuovo testo) c.c., secondo cui l'abitazione della casa familiare spetta di preferenza al coniuge affidatario dei figli, conferisce al giudice del merito, anche in sede di modificazione delle originarie condizioni della separazione, il potere di assegnare detta casa all'affidatario medesimo, pure se privo di diritti su di essa, ove ciò si renda indispensabile o comunque opportuno per assicurare adeguate condizioni di vita e formazione della prole minore.
Cass. civ. n. 878/1986
In tema di separazione personale dei coniugi, il godimento della casa familiare, oggetto di proprietà comune, può essere assegnato dal giudice della separazione anche al coniuge che non sia affidatario di figli minori (e quindi all'infuori del caso contemplato dall'art. 155 quarto comma, c.c.), qualora tale assegnazione trovi giustificazione in sede di regolamentazione dei rapporti patrimoniali fra i coniugi medesimi, nel senso che configuri una componente in natura dell'obbligo di mantenimento dell'uno in favore dell'altro).