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Art. 158 — Separazione consensuale

Art. 158 — Separazione consensuale

La separazione per il solo consenso dei coniugi non ha effetto senza l’omologazione del giudice [ 150; 711 c.p.c. ].

Quando l’accordo dei coniugi relativamente all’affidamento e al mantenimento dei figli è in contrasto con l’interesse di questi [ 155 ] il giudice riconvoca i coniugi indicando ad essi le modificazioni da adottare nell’interesse dei figli e, in caso di inidonea soluzione, può rifiutare allo stato l’omologazione [ 155 7 ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 9174/2008

In tema di separazione consensuale, il regolamento concordato fra i coniugi ed avente ad oggetto la definizione dei loro rapporti patrimoniali, pur trovando la sua fonte nell’accordo delle parti, acquista efficacia giuridica solo in seguito al provvedimento di omologazione, al quale compete l’essenziale funzione di controllare che i patti intervenuti siano conformi ai superiori interessi della famiglia; ne consegue che, potendo le predette pattuizioni divenire parte costitutiva della separazione solo se questa è omologata, secondo la fattispecie complessa cui dà vita il procedimento di cui all’art. 711 c.p.c. in relazione all’art. 158, primo comma, c.c., in difetto di tale omologazione le pattuizioni convenute antecedentemente sono prive di efficacia giuridica, a meno che non si collochino in una posizione di autonomia in quanto non collegate al regime di separazione consensuale. (Principio affermato dalla S.C. con riguardo ad un accordo, avente ad oggetto la rinuncia alla comproprietà immobiliare da parte di un coniuge a favore dell’altro, ritenuto parte di un progetto di separazione consensuale non andato a buon fine, essendo intervenuta tra i coniugi separazione giudiziale con addebito).

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Cass. civ. n. 20290/2005

Le pattuizioni intervenute tra i coniugi anteriormente o contemporaneamente al decreto di omologazione della separazione consensuale, e non trasfuse nell’accordo omologato, sono operanti soltanto se si collocano, rispetto a quest’ultimo, in posizione di «non interferenza» — perché riguardano un aspetto che non è disciplinato nell’accordo formale e che è sicuramente compatibile con esso, in quanto non modificativo della sua sostanza e dei suoi equilibri, ovvero perché hanno un carattere meramente specificativo — oppure in posizione di conclamata e incontestabile maggiore o uguale rispondenza all’interesse tutelato attraverso il controllo di cui all’art. 158 c.c. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto correttamente motivata la sentenza impugnata, che aveva escluso l’invalidità dell’accordo intervenuto tra i coniugi per l’alienazione della casa coniugale, di proprietà esclusiva del marito ed assegnata alla moglie, e per la ripartizione del ricavato tra loro, in quanto la perdita dell’abitazione da parte del coniuge assegnatario era giustificata dall’intenzione di quest’ultimo di trasferirsi in un’altra città, ed era comunque compensata dal beneficio economico derivante dall’attribuzione di parte del corrispettivo, che avrebbe consentito alla moglie di far fronte più largamente alle proprie esigenze ed a quelle della figlia a lei affidata).

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Cass. civ. n. 6625/2005

La dichiarazione di addebito della separazione personale dei coniugi può essere richiesta e adottata solo nell’ambito del giudizio di separazione, dovendosi escludere l’esperibilità, in tema di addebito, di domande successive a tale giudizio, poiché il capoverso dell’art. 151 c.c. espressamente attribuisce la cognizione della relativa domanda alla competenza esclusiva del giudice della separazione. Ne consegue che, successivamente alla pronuncia di separazione senza addebito, come alla omologazione di separazione consensuale, le parti non possono chiedere, né per fatti sopravvenuti, né per fatti anteriori alla separazione, una pronuncia di addebito, a nulla rilevando, nel caso di separazione consensuale, nemmeno il carattere negoziale della stessa, e la conseguente applicabilità ad essa delle norme generali relative alla disciplina dei vizi della volontà — nei limiti in cui siano compatibili con la specificità di tale negozio di diritto familiare — implicando tale regime solo la possibilità di promuovere il relativo giudizio di annullamento.

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Cass. civ. n. 5741/2004

Gli accordi di separazione personale fra i coniugi, contenenti attribuzioni patrimoniali da parte dell’uno nei confronti dell’altro e concernenti beni mobili o immobili, non risultano collegati necessariamente alla presenza di uno specifico corrispettivo o di uno specifico riferimento ai tratti propri della «donazione», e — tanto più per quanto può interessare ai fini di una eventuale loro assoggettabilità all’
actio revocatoria di cui all’art. 2901 c.c. — rispondono, di norma, ad un più specifico e più proprio originario spirito di sistemazione dei rapporti in occasione dell’evento di «separazione consensuale» (il fenomeno acquista ancora maggiore tipicità normativa nella distinta sede del divorzio congiunto), il quale, sfuggendo — in quanto tale — da un lato alle connotazioni classiche dell’atto di «donazione» vero e proprio (tipicamente estraneo, di per sé, ad un contesto — quello della separazione personale — caratterizzato proprio dalla dissoluzione delle ragioni dell’affettività), e dall’altro a quello di un atto di vendita (attesa oltretutto l’assenza di un prezzo corrisposto), svela, di norma, una sua «tipicità» propria la quale poi, volta a volta, può, ai fini della più particolare e differenziata disciplina di cui all’art. 2901 c.c., colorarsi dei tratti dell’obiettiva onerosità piuttosto che di quelli della «gratuità» in ragione dell’eventuale ricorrenza — o meno — nel concreto, dei connotati di una sistemazione «solutorio-compensativa» più ampia e complessiva, di tutta quell’ampia serie di possibili rapporti (anche del tutto frammentari) aventi significati (o eventualmente solo riflessi) patrimoniali maturati nel corso della (spesso anche lunga) quotidiana convivenza matrimoniale.

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Cass. civ. n. 4306/1997

Sono pienamente valide le clausole dell’accordo di separazione che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni mobili o immobili, overo ne operino il trasferimento a favore di uno di essi al fine di assicurarne il mantenimento. Il suddetto accordo di separazione, in quanto inserito nel verbale d’udienza (redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è attestato), assume forma di atto pubblico ai sensi e per gli effetti dell’art. 2699 c.c., e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo l’omologazione che lo rende efficace, titolo per la trascrizione a norma dell’art. 2657 c.c., senza che la validità di trasferimenti siffatti sia esclusa dal fatto che i relativi beni ricadono nella comunione legale tra coniugi.

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Cass. civ. n. 9393/1994

Le clausole della separazione consensuale omologata in tema di mantenimento, nel loro contenuto originario od in quello ridefinito in esito alla procedura di cui agli artt. 710 e 711 c.p.c., hanno, ai sensi dell’art. 158 c.c. (nel testo risultante dalla pronuncia della Corte costituzionale n. 186 del 18 febbraio 1988), natura di titolo giudiziale, anche ai fini dell’iscrizione d’ipoteca a norma dell’art. 2818 c.c., al pari delle statuizioni in proposito incluse nella sentenza di separazione. Ne discende che l’avente diritto a detto mantenimento non è abilitato, per difetto di interesse, a reclamare, con il rito ordinario o con quello monitorio, una decisione di condanna all’adempimento, la quale si tradurrebbe nella reiterazione di un titolo di cui già gode.

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Cass. civ. n. 4647/1994

Anche nella disciplina dei rapporti patrimoniali tra i coniugi è ammissibile il ricorso alla transazione per porre fine o per prevenire l’insorgenza di una lite tra le parti, sia pure nel rispetto della indisponibilità di talune posizioni soggettive, ed è configurabile la distinzione tra contratto di transazione novativo e non novativo, realizzandosi il primo tutte le volte che le parti diano luogo ad un regolamento d’interessi incompatibile con quello preesistente, in forza di una previsione contrattuale di fatti o di presupposti di fatto estranei al rapporto originario (nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che ha ritenuto novativa e, quindi, non suscettibile di risoluzione per inadempimento, a norma dell’art. 1976 c.c., la transazione con la quale il marito si obbligava espressamente, in vista della separazione consensuale, a far conseguire alla moglie la proprietà di un appartamento in costruzione, allo scopo di eliminare una situazione conflittuale tra le parti).

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Cass. civ. n. 2270/1993

In tema di separazione consensuale, le modificazioni pattuite dai coniugi successivamente all’omologazione, trovando fondamento nell’art. 1322 c.c., devono ritenersi valide ed efficaci, anche a prescindere dallo speciale procedimento disciplinato dall’art. 710 c.p.c., quando non varchino il limite di derogabilità consentito dall’art. 160 c.c.; per contro, alle pattuizioni convenute dai coniugi prima del decreto di omologazione e non trasfuse nell’accordo omologato, può riconoscersi validità solo quando assicurino una maggiore vantaggiosità all’interesse protetto dalla norma (ad esempio concordando un assegno di mantenimento in misura superiore a quella sottoposta ad omologazione), o quando concernano un aspetto non preso in considerazione dall’accordo omologato e sicuramente compatibile con questo in quanto non modificativo della sua sostanza e dei suoi equilibri, o quando costituiscano clausole meramente specificative dell’accordo stesso, non essendo altrimenti consentito ai coniugi incidere sull’accordo omologato con soluzioni alternative di cui non sia certa a priori la uguale o migliore rispondenza all’interesse tutelato attraverso il controllo giudiziario di cui all’art. 158 c.c.

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Cass. civ. n. 2788/1991

L’accordo con il quale i coniugi pongono consensualmente termine alla convivenza può anche riguardare rapporti non immediatamente riferibili, né collegati in relazione causale al regime di separazione o ai diritti ed agli obblighi del perdurante matrimonio (cosiddette convenzioni familiari caratterizzate da un sostanziale parallelismo di volontà ed interessi) e pertanto può anche consistere in una transazione, ove ne rispecchi i requisiti di forma e di sostanza, sempre che non comporti una lesione di diritti inderogabili.

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Cass. civ. n. 1208/1985

In tema di separazione consensuale dei coniugi, l’art. 158 (nuovo testo) c.c., prevedendo il rifiuto dell’omologazione per il caso di accordi sul mantenimento dei figli in contrasto con gli interessi dei medesimi, conferisce al giudice il potere – dovere di controllare i suddetti accordi anche nel merito, e non solo cioè in relazione all’eventuale contrasto con inderogabili principi di ordine pubblico. Ciò comporta che i patti, con cui i coniugi definiscano nel suo complesso il mantenimento del nucleo familiare, includente figli minori, e non si limitino quindi a regolamentare i rapporti patrimoniali fra loro, restano inefficaci qualora vengano sottratti al vaglio dell’omologazione, sia perché non compresi fra le clausole della separazione, sia perché concordati in un momento successivo alla sua omologazione.

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Cass. civ. n. 3940/1984

Poiché ciascuno dei coniugi ha il diritto di condizionare il proprio consenso alla separazione personale ad un soddisfacente assetto dei propri interessi economici, sempre che in tal modo non si realizzi una lesione di diritti inderogabili, è valido un contratto preliminare con il quale uno dei coniugi, in vista di una futura separazione consensuale, promette di trasferire all’altro la proprietà di un immobile, anche se tale sistemazione dei rapporti patrimoniali avviene al di fuori di qualsiasi controllo da parte del giudice che provvede all’omologazione della separazione, purché tale attribuzione non sia lesiva delle norme relative al mantenimento ed agli alimenti e ciò a prescindere dalle condizioni economiche del coniuge beneficiario, una volta che il diritto al mantenimento di quest’ultimo sia stato così riconosciuto dal coniuge obbligato.

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Cass. civ. n. 3323/1982

I fatti antecedenti alla separazione consensuale possono essere invocati da un coniuge, al fine di conseguire un mutamento del titolo della separazione con pronuncia di addebitabilità a carico dell’altro coniuge, solo quando deduca e dimostri di averli conosciuti dopo detta separazione consensuale.

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