Art. 1339 – Codice civile – Inserzione automatica di clausole
Le clausole, i prezzi di beni o di servizi, imposti dalla legge o da norme corporative sono di diritto inseriti nel contratto, anche in sostituzione delle clausole difformi apposte dalle parti [1419].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 20997/2024
Il regime transitorio - dettato dall'art. 6, comma 6, della l. n. 724 del 1994 e relativo al passaggio dei soggetti privati già convenzionati dal regime di convenzionamento esterno al nuovo sistema dell'accreditamento, previsto dal d.lgs. n. 502 del 1992 - consente la prosecuzione dell'attività di erogazione delle prestazioni sanitarie, in attesa dei provvedimenti di accreditamento, subordinatamente alla stipula di un contratto con l'ASL con il quale la struttura accetta il sistema di remunerazione sulla base delle tariffe regionali, con la conseguenza che la fonte del rapporto con l'azienda sanitaria non è più la convenzione precedentemente stipulata in base alla l. n. 833 del 1978. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza che aveva negato a una casa di cura il pagamento di somme, a titolo di differenze tariffarie, per le prestazioni erogate nell'anno 1995, correttamente individuando la fonte regolatrice dei rapporti nell'accordo inter partes, anziché nella convenzione originaria, integrata ex lege, ai sensi dell'art. 1339 c.c., mediante l'inserimento automatico dei nomenclatori tariffari vigenti).
Cass. civ. n. 11574/2024
In tema di edilizia residenziale popolare ed agevolata, in base all'art. 35 l. n. 865 del 1971, la clausola di determinazione del prezzo di cessione del diritto di superficie, nel preliminare tra costruttore e promissario acquirente, è nulla solo nell'ipotesi in cui ecceda il prezzo stabilito nella convenzione tra lo stesso costruttore e l'ente territoriale, sicché, ove il prezzo contrattuale sia inferiore a quest'ultimo, il contratto è valido e il trasferimento del diritto immobiliare mediante pronuncia ex art. 2932 c.c. deve essere subordinato al pagamento dell'importo residuo tra quello indicato in contratto e quello già corrisposto.
Cass. civ. n. 8215/2024
In tema di contratto di fornitura di gas, le norme contenute nell'art. 10 d.lgs. n. 32 del 1998 sono imperative, cioè inderogabili dall'autonomia privata nell'interesse della parte più debole, impedendo la previsione di un diritto di esclusiva o di una libera durata del contratto; ne deriva che la loro violazione, anziché comportare la nullità dell'intero contratto, produce la nullità della singola clausola in contrasto con esse.
Cass. civ. n. 32428/2023
La riduzione del canone prevista dall'art. 3 della l. n. 135 del 2012 non è applicabile agli immobili acquisiti in locazione dagli enti pubblici per far fronte all'esigenza abitativa di nuclei familiari bisognosi, dal momento che il riferimento operato dalla norma alla finalizzazione del contratto di locazione per l'uso istituzionale dell'amministrazione evoca una relazione diretta dell'ente conduttore con l'immobile locato, non configurabile ove quest'ultimo sia affidato a terzi, sebbene per fini di utilità sociale.
Cass. civ. n. 28256/2023
termine per la stipula del definitivo - Inadempimento del promittente venditore - Sussistenza - Esclusione. In tema di vendita di alloggi in regime di edilizia agevolata, la subordinazione dell'effetto traslativo alla definitiva approvazione comunale delle tariffe di determinazione dei prezzi di cessione, secondo le prescrizioni del contratto preliminare che ad esse rinviano, non costituisce inadempimento imputabile al promittente alienante.
Cass. civ. n. 24743/2023
Nei contratti di mutuo, allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell'usura, come determinata in base alle disposizioni della l. n. 108 del 1996, non si verifica la nullità o l'inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso stipulata anteriormente all'entrata in vigore della predetta legge o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia al momento della stipula, né la pretesa del mutuante, di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato, può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di detta soglia, contraria al dovere di buona fede nell'esecuzione del contratto.
Cass. civ. n. 22619/2023
In tema di buoni postali fruttiferi, poiché l'interpretazione del testo contrattuale deve raccordare il senso letterale delle parole alla dichiarazione negoziale nel suo complesso, non potendola limitare a una parte soltanto di essa, l'indicazione, per i buoni postali della serie 'Q/P', di rendimenti relativi alla serie 'P' per l'ultimo periodo di fruttuosità del titolo non è in sé decisivo sul piano interpretativo, in presenza della stampigliatura, sul buono, di una tabella sostitutiva di quella della serie 'P', in cui erano inseriti i detti rendimenti, tanto più ove si consideri che la tabella in questione adotta una modalità di rappresentazione degli interessi promessi che risulta eccentrica rispetto a quella di cui alla precedente tabella, così da rendere evidente l'assenza di continuità tra le diverse previsioni, di talché, in presenza di una incompleta o ambigua espressione della volontà delle parti quanto ai rendimenti del buono postale di nuova emissione rientrante nella previsione dell'art. 173 d.P.R. n. 156 del 1973, opera una integrazione suppletiva che consente di associare al titolo i tassi contemplati, per la serie che interessa, dal decreto ministeriale richiamato dal primo comma del detto articolo.
Cass. civ. n. 18001/2023
In tema di concessione cimiteriale, ove il Comune abbia provveduto al rilascio di una concessione perpetua, antecedentemente all'entrata in vigore del d.P.R. n. 800 del 1975, lo stesso ente territoriale non ne può modificare la disciplina, rideterminando unilateralmente il canone periodico, dal momento che i rapporti patrimoniali tra concedente e concessionario sono regolati dall'atto di concessione e non possono ammettersi interventi successivi dell'Amministrazione, diretti ad incidere negativamente nella sfera giuridica ed economica del destinatario, con l'eccezione della revoca per motivi pubblicistici legati all'insufficienza degli spazi rispetto ai fabbisogni cimiteriali comunali, purchè siano decorsi cinquanta anni dalla tumulazione dell'ultima salma.
Cass. civ. n. 16031/2023
In tema di forniture di farmaci ad aziende sanitarie, deve escludersi che il meccanismo introdotto dalla l. n. 296 del 2006 (cd. "payback"), con finalità di salvaguardia dell'autonomia delle case farmaceutiche sulla fissazione del prezzo dei farmaci al pubblico, abbia natura imperativa e sostitutiva delle previsioni negoziali in corso al momento dell'entrata in vigore della predetta legge, giacché tale disciplina non ha affatto previsto la sostituzione delle condizioni di contratto tra società farmaceutiche e aziende ospedaliere, essendosi limitata, invece, a regolare la facoltà delle prime di lasciare immodificato il prezzo dei farmaci così da bloccarne la riduzione disposta dall'Agenzia del farmaco in cambio del versamento, in favore delle Regioni competenti, di una percentuale pari all'importo di tale riduzione.
Cass. civ. n. 14392/2023
In tema di locazioni ad uso abitativo, la rinnovazione tacita di un contratto con canone ultralegale, intervenuta successivamente all'entrata in vigore della l. n. 431 del 1998, legittima il conduttore ad esercitare l'azione prevista dall'art. 79 della l. n. 392 del 1978 onde ottenere l'applicazione del canone cd. equo, determinato ai sensi degli artt. 12 e ss. della legge da ultimo citata, a decorrere dal momento iniziale del contratto e fino alla sua naturale scadenza, "ivi" compreso il periodo successivo alla rinnovazione tacita avvenuta nel vigore della l. n. 431 del 1998, con sostituzione imperativa del canone convenzionale ai sensi dell'art. 1339 c.c..
Cass. civ. n. 12836/2023
Nei contratti di locazione ad uso non abitativo, il patto con il quale le parti concordino occultamente un canone superiore a quello dichiarato è nullo, anche se la sua previsione attiene al momento genetico, e non soltanto funzionale del rapporto; tale nullità "vitiatur sed non vitiat", con la conseguenza che il solo patto di maggiorazione del canone risulterà insanabilmente nullo, e ciò a prescindere dall'avvenuta registrazione.
Cass. civ. n. 5492/2023
In tema di servizi idrici integrati, il gestore può richiedere all'utente, a titolo di conguaglio, il recupero dei costi sostenuti "ora per allora" solo in relazione ai costi imprevisti ed imprevedibili al momento dell'erogazione e fatturazione, mentre deve escludersi la legittimità della pretesa di recuperare retroattivamente costi non correlati né correlabili con il servizio offerto e con le voci di costo ammissibili rispetto ad una gestione efficiente, dovendosi, in sostanza, escludere i conguagli destinati a scaricare sull'utenza errori di gestione o di previsione collegati alla generale rischiosità del servizio, atteso che, diversamente, il piano tariffario risulterebbe incoerente rispetto alla "ratio" che permea il quadro regolativo dei servizi economici di interesse generale, rappresentata dall'aderenza delle tariffe praticate ai costi effettivamente sostenuti dall'impresa, dalla pertinenza/corrispettività rispetto ai servizi resi, dalla misurabilità oggettiva, dalla congruità rispetto a valutazioni di mercato e di efficienza economica.
Cass. civ. n. 2989/2022
L'art. 28 del d.l. n. 1 del 2012 e l'attuativo regolamento Isvap n. 40 del 2012 vanno interpretati, in forza della sottesa "ratio", nel senso per cui i contratti di assicurazione non conformi al detto regolamento sono nulli - con sostituzione automatica delle clausole ex art. 1339 c.c. - se "connessi" o "condizionati" ad un contratto di mutuo, per tali dovendosi intendere le polizze la cui stipula è stata pretesa, imposta o capziosamente indotta dal mutuante anche in via di mero fatto, a prescindere dall'inserimento nel contratto di mutuo di clausole formali che ne subordinino la validità o l'efficacia alla stipula del contratto assicurativo. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza per non aver la Corte territoriale, rilevata la mancanza di una clausola formale, indagato, anche d'ufficio ed in base alle prove offerte, se nella specie la stipula del contratto di assicurazione sulla vita fu di fatto imposta oppure semplicemente "offerta", lasciando al mutuatario la facoltà di scegliere se accettarla).
Cass. civ. n. 29455/2020
In tema di accertamento pregiudiziale sull'efficacia, validità ed interpretazione dei contratti collettivi ex art. 64 del d.lgs. n. 165 del 2001, il sindacato della Corte di cassazione, adita con ricorso immediato in base al comma 3 dello stesso art. 64, non è limitato alla decisione del giudice di merito sulla questione pregiudiziale, ma si estende, anche d'ufficio, ai presupposti di ammissibilità del subprocedimento ivi disciplinato, atteso che la sentenza della Cassazione mira alla rimozione "erga omnes" della situazione di incertezza sollevata e ha, ai sensi del comma 7, un'efficacia rafforzata sugli altri processi riguardanti la medesima questione, consentendo al giudice dei giudizi futuri di decidere nuovamente su di essa solo se non ritiene di uniformarsi alla pronuncia della Corte. (Cassa con rinvio, TRIBUNALE TORINO, 12/03/2019).
Cass. civ. n. 21683/2019
In materia di rapporto di lavoro a tempo determinato, l'art. 3 del d.lgs. n. 368 del 2001, che sancisce il divieto di stipulare contratti di lavoro subordinato a termine per le imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, costituisce norma imperativa, la cui "ratio" è diretta alla più intensa protezione dei lavoratori rispetto ai quali la flessibilità d'impiego riduce la familiarità con l'ambiente e gli strumenti di lavoro. Ne consegue che, ove il datore di lavoro non provi di aver provveduto alla valutazione dei rischi prima della stipulazione, la clausola di apposizione del termine è nulla e il contratto di lavoro si considera a tempo indeterminato ai sensi degli artt. 1339 e 1419, comma 2, c.c..
Cass. civ. n. 14083/2019
Il principio posto dall'art. 1339 c.c. è invocabile solo nell'ipotesi in cui si prospetti la sostituzione di clausole contrattuali difformi rispetto a norme imperative di legge e non invece, ove si invochi l'integrazione di lacune della manifestazione della volontà negoziale, al fine, peraltro, di ottenere effetti che possono dipendere solo dalle pattuizioni delle parti. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza gravata che, per l'ipotesi di revoca anticipata del mandato al difensore, a fronte di una lacuna nel regolamento negoziale aveva disposto la liquidazione del compenso sulla base dei parametri di cui al D.M. n. 585 del 1994 prescindendo dai criteri fissati dalla convenzione)
Cass. civ. n. 26354/2013
Nei contratti di somministrazione di servizi pubblici essenziali (nella specie, energia elettrica) l'inserimento di diritto di modifiche al regolamento contrattuale in forza dell'art. 1339 cod. civ. determina un nuovo momento genetico del rapporto dal quale discende l'obbligo per il contraente monopolista di applicare uniformemente, ove richiesto, le nuove condizioni generali di utenza anche ai rapporti già in essere, in forza dell'obbligo di parità di trattamento di cui all'art. 2597 cod. civ.
Cass. civ. n. 17746/2009
L'inserzione automatica di clausole, prevista dall'art. 1339 c.c., costituisce una restrizione significativa del diritto di libertà economica consacrato dall'art. 41 Cost. di cui è espressione l'autonomia privata; e deve quindi trovare il suo fondamento in una legge formale o in un altro atto avente valore di legge in senso sostanziale o da esso richiamato tramite rinvio integrativo; pertanto, con riferimento al contratto avente ad oggetto la prestazione di servizi di vigilanza da parte di un istituto privato, tale integrazione non può aver luogo in base al decreto con cui il prefetto approva la relativa tariffa ai sensi dell'art. 135 del R.D. n. 773 del 1931, trattandosi di un mero atto amministrativo espressivo di un sindacato di congruità, avente natura di merito, del prezzo di una prestazione contrattuale, né l'ingerenza con efficacia reale sulla tariffa proposta dall'istituto e liberamente accettata dal committente può trovare fondamento nella generale potestà del prefetto di impartire prescrizioni nell'interesse pubblico, in sede di rilascio di autorizzazioni di polizia, ai sensi dell'art. 9 del R.D. n. 773 cit.
Cass. civ. n. 1689/2006
Relativamente ad un rapporto contrattuale di durata, l'intervento nel corso di essa, di una nuova disposizione di legge diretta a porre, rispetto al possibile contenuto del regolamento contrattuale, una nuova norma imperativa condizionante l'autonomia contrattuale delle parti nel regolamento del contratto, in assenza di una norma transitoria che preveda l'ultrattività della previgente disciplina normativa non contenente la norma imperativa nuova, comporta che la contrarietà a quest'ultima del regolamento contrattuale non consente più alla clausola di operare, nel senso di giustificare effetti del regolamento contrattuale che non si siano già prodotti, in quanto, ai sensi dell'art. 1339 c.c., il contratto, per quanto concerne la sua efficacia normativa successiva all'entrata in vigore della norma nuova, deve ritenersi assoggettato all'efficacia della clausola imperativa da detta norma imposta, la quale sostituisce o integra per l'avvenire (cioè per la residua durata del contratto) la clausola difforme, relativamente agli effetti che il contratto dovrà produrre e non ha ancora prodotto.
Cass. civ. n. 11264/1998
Il principio posto dall'art. 1339 c.c. (inserzione automatica di clausole) non è invocabile nell'ipotesi in cui si prospetti la sostituzione di clausole contrattuali difformi rispetto a norme imperative di legge ma solo l'integrazione di lacune della manifestazione della volontà negoziale, al fine, peraltro, di ottenere non già effetti derivanti dall'applicazione della norma imperativa ma effetti del tutto diversi, che possono dipendere solo dalle pattuizioni delle parti (nella specie, la S.C. ha escluso che la disciplina contrattuale relativa alla distribuzione su cinque giorni del lavoro settimanale dei piazzisti potesse essere integrata con la disciplina in tema di limiti all'orario di lavoro, di cui al R.D. 15 marzo 1923, n. 692, per derivarne la riduzione contrattuale dell'orario a quaranta ore settimanali e quindi il diritto ad un compenso ulteriore per il lavoro svolto — di sabato — oltre l'orario contrattuale ma entro i limiti legali).
Cass. civ. n. 2630/1981
L'inserzione automatica di clausole imposte dalla legge in sostituzione delle clausole contrattuali difformi, postulando che dal testo o dallo spirito della disposizione sia ricavabile l'invalidità di ogni clausola contraria, non è ipotizzabile quando sia prevista, per l'inosservanza del precetto normativo, una sanzione diversa dalla sostituzione o dalla invalidità della clausola contrattuale difforme.