Art. 497 – Codice civile – Mora nel rendimento del conto
L'erede non può essere costretto al pagamento con i propri beni, se non quando è stato costituito in mora [1219 c.c.] a presentare il conto e non ha ancora soddisfatto a quest'obbligo [496 c.c.].
Dopo la liquidazione del conto, non può essere costretto al pagamento con i propri beni se non fino alla concorrenza delle somme di cui è debitore [263 c.c.].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 11076/2025
La cessione delle azioni o delle quote di una società di capitali o di persone fisiche ha come oggetto immediato la partecipazione sociale e solo quale oggetto mediato la quota parte del patrimonio sociale che tale partecipazione rappresenta; pertanto, le carenze o i vizi relativi alle caratteristiche e al valore dei beni ricompresi nel patrimonio sociale e, di conseguenza, alla consistenza economica della partecipazione, possono giustificare la risoluzione del contratto di cessione per difetto di "qualità" della cosa venduta ai sensi dell'art.1497 c.c. solo se il cedente abbia fornito a tale riguardo specifiche garanzie contrattuali. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva respinto la domanda di risoluzione di un preliminare di vendita di quote sociali evidenziando che la garanzia di assenza di pesi riguardava la quota oggetto di contratto preliminare e non gli immobili della società).
Cass. civ. n. 22509/2024
Il collegamento economico-funzionale tra imprese di un medesimo gruppo non comporta il venir meno dell'autonomia delle singole società dotate di distinta personalità giuridica e non determina, di per sé, l'estensione degli obblighi inerenti al rapporto di lavoro con una di esse alle altre imprese del gruppo, mentre la codatorialità - che implica la sussistenza di un unico centro d'imputazione del rapporto - presuppone l'inserimento del lavoratore nell'organizzazione economica complessiva a cui appartiene il datore di lavoro formale, nonché la condivisione della prestazione del medesimo, al fine di soddisfare l'interesse di gruppo, da parte delle diverse società, le quali diventano datori di lavoro sostanziali, anche ai fini dell'applicazione delle norme sul rapporto di lavoro del dirigente.
Cass. civ. n. 13214/2024
In tema di vendita, sussiste consegna di aliud pro alio, che dà luogo all'azione contrattuale di risoluzione ai sensi dell'art. 1453 c.c. e di risarcimento del danno, qualora il bene consegnato sia completamente eterogeneo rispetto a quello pattuito, per natura, individualità, consistenza e destinazione, cosicché, appartenendo ad un genere diverso, si riveli funzionalmente del tutto inidoneo ad assolvere allo scopo economico-sociale della res promessa e, quindi, a fornire l'utilità presagita. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza che aveva ritenuto integrata la consegna di aliud pro alio in relazione ad una fornitura di calcestruzzo in considerazione della sola minore resistenza rispetto a quello commissionato, pur non emergendo dalla motivazione il grado di incidenza della predetta minore resistenza sulla capacità del bene fornito di assolvere alle sue funzioni).
Cass. civ. n. 4245/2024
In caso di vendita di un bene mancante di qualità promesse o essenziali, la tutela giurisdizionale consentita al compratore ricomprende, fra le azioni esperibili, anche l'azione "quanti minoris", posto che l'art. 1497 c.c. - nel ricordare l'applicabilità della disciplina in tema di risoluzione contrattuale - non esclude che il compratore possa avere interesse a mantenere ferma in capo a lui la proprietà del bene conseguita attraverso il contratto. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che l'interesse dell'attore fosse stato manifestato attraverso una consentita graduazione delle domande che prevedeva, in via prioritaria, "la riduzione del prezzo e/o il risarcimento del danno" e, in via subordinata, la risoluzione del contratto, cassando con rinvio la decisione di merito che aveva accolto la pretesa subordinata).
Cass. civ. n. 39139/2023
Non integrano il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale i pagamenti tra società infragruppo riconducibili all'operatività del contratto di "cash pooling", purché i consigli di amministrazione delle società interessate abbiano deliberato il contenuto dell'accordo, definendone l'oggetto, la durata, i limiti di indebitamento, le aliquote relative agli interessi attivi e passivi e le commissioni applicabili.
Cass. civ. n. 29450/2023
In tema di compravendita di beni mobili, la mancanza del certificato di qualità, contrattualmente previsto, rileva, ex art. 1497 c.c., sotto il profilo del difetto delle qualità promesse e dà all'acquirente il diritto alla risoluzione del contratto per inadempimento, dovendosi escludere che la mancanza della certificazione di qualità, ove non siano dimostrati specifici vizi della cosa, possa essere ritenuta di scarsa importanza ex art. 1455 c.c.
Cass. civ. n. 22075/2023
In tema di cessione di azienda, l'avviamento non è un bene compreso nell'azienda - del quale quindi si possa ipotizzare un vizio ai sensi dell'art. 1490 c.c. in tema di vizi della cosa venduta - ma è una qualità immateriale dell'azienda stessa, che può essere promessa nel contratto di vendita e il cui difetto dà luogo alla fattispecie di inadempimento di cui all'art. 1497 c.c. in tema di mancanza di qualità promesse, con la conseguenza che la sua mancanza o il suo valore inferiore a quello pattuito non possono essere poste a fondamento dell'azione di riduzione del prezzo di cui all'art. 1492 c.c., ma solo, eventualmente, di una di risoluzione ex art. 1453 c.c.
Cass. civ. n. 14895/2023
In tema di compravendita, ove venga esperita l'azione di risoluzione ex art. 1497 c.c. per mancanza delle qualità promesse della cosa venuta, vale la regola dell'onere della prova a carico del compratore, perché si tratta di azione tipica rientrante nell'ambito della garanzia della vendita sul modello delle tradizionali azioni edilizie, riguardo alle quali il requisito della gravità è prevalutato dal legislatore e compenetrato nella ricorrenza dei presupposti delineati dell'incidenza dei vizi sull'idoneità all'uso cui la cosa è destinata, ovvero sulla diminuzione in modo apprezzabile del suo valore, per cui una diversa disciplina creerebbe una distonia di sistema, oltre a non avere alcuna ragione di differenziazione.
Cass. civ. n. 7262/2023
Nell'azione risarcitoria ex art. 2497 c.c. nei confronti di società che svolga attività di direzione e coordinamento di altra società, il "dies a quo" del termine di prescrizione quinquennale decorre dal momento in cui il pregiudizio per gli interessi sociali sia conoscibile da parte dei soci della società eterodiretta e non dalla realizzazione dei singoli atti concretanti l'illecita condotta di direzione e coordinamento.
Cass. civ. n. 2064/2023
Nella vendita forzata l'esclusione della garanzia per vizi della cosa, prevista dall'art. 2922 c.c., è limitata ai casi in cui la cosa presenti imperfezioni che la rendano inidonea all'uso cui dovrebbe essere destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore, ovvero appartenga per caratteristiche strutturali ad un tipo o ad una specie diversa da quella pattuita, e non riguarda, quindi, l'ipotesi di consegna di "aliud pro alio" che è configurabile sia quando la cosa appartenga ad un genere del tutto diverso da quello indicato nella ordinanza di vendita, ovvero manchi delle particolari qualità necessarie per assolvere alla sua naturale funzione economico-sociale, sia quando risulti del tutto compromessa la destinazione della cosa all'uso che, preso in considerazione nell'ordinanza di vendita, abbia costituito elemento determinante per l'offerta di acquisto. (In applicazione del principio la Corte ha respinto il ricorso avverso l'ordinanza di rigetto dell'opposizione agli atti esecutivi proposta dall'aggiudicatario di un autocarro in ragione della diversa data di immatricolazione dello stesso rispetto a quella indicata negli atti della procedura).
Cass. civ. n. 18333/2022
In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la natura distrattiva di un'operazione infra-gruppo può essere esclusa in presenza di vantaggi compensativi che riequilibrino gli effetti immediatamente negativi per la società fallita e neutralizzino gli svantaggi per i creditori sociali.
Cass. civ. n. 7262/2023
Nell'azione risarcitoria ex art. 2497 c.c. nei confronti di società che svolga attività di direzione e coordinamento di altra società, il "dies a quo" del termine di prescrizione quinquennale decorre dal momento in cui il pregiudizio per gli interessi sociali sia conoscibile da parte dei soci della società eterodiretta e non dalla realizzazione dei singoli atti concretanti l'illecita condotta di direzione e coordinamento.
Cass. civ. n. 4784/2023
La supersocietà di fatto si differenzia dalla holding di fatto perché, mentre nella prima tutti i soci perseguono un comune intento sociale, nella seconda le singole società perseguono l'interesse delle persone fisiche che ne hanno il controllo, le quali, oltre a rispondere, ex art. 2497 c.c., dell'abuso di attività di direzione e coordinamento ai curatori dei fallimenti delle singole società sottoposte a tale attività, possono anche essere, a loro volta, dichiarate fallite, ove ne sia accertata l'insolvenza, a richiesta dei soggetti legittimati.
Cass. civ. n. 23398/2022
In tema di successione ereditaria, l'accettazione con beneficio di inventario produce l'effetto di tener distinto il patrimonio del defunto da quello dell'erede, consentendo a quest'ultimo di pagare i debiti ereditari e i legati nel limite del valore dei beni a lui pervenuti e soltanto con questi stessi beni, senza conformare il diritto di credito azionato, che resta immutato nella sua natura, portata e consistenza, ma segnando i confini della sua soddisfazione attraverso la limitazione della responsabilità dell'erede, in deroga al più generale principio della tendenziale illimitatezza della responsabilità patrimoniale ex art. 2740, comma 2, c.c.. Ne deriva che, detto istituto, incidendo sulla qualità del rapporto, assume rilievo soltanto nel giudizio di cognizione avente ad oggetto l'accertamento del credito e la condanna del debitore al relativo adempimento, prima che si instauri la fase dell'esecuzione forzata. (Nella specie, la S.C., in applicazione di tale principio, ha cassato la sentenza impugnata, con la quale i giudici d'appello avevano confermato l'accoglimento dell'opposizione a decreto ingiuntivo, proposta dall'erede beneficiato, e rigettato la domanda del creditore, ritenendo che quest'ultimo non avesse azione di accertamento e condanna in danno del coerede, sia pure nei limiti dell'accettazione condizionata).
Cass. civ. n. 21441/2022
In tema di compravendita, qualora l'acquisto abbia riguardato un immobile per l'edificazione di un fabbricato, attuabile, sotto il profilo urbanistico, in virtù di progetto ceduto dal venditore, la sopravvenuta irrealizzabilità dell'edificio, conseguente ad azioni ripristinatorie proposte da terzi per violazione delle norme sulle distanze, non costituisce violazione dell'impegno traslativo del diritto di proprietà sulla cosa venduta, né dunque consente l'applicazione della disciplina sulla garanzia per l'evizione parziale (perché non si tratta di vendita di cosa parzialmente altrui ex art 1480 c.c.) , né quella sulla garanzia per vendita di cosa gravata da oneri o da diritti reali di godimento non apparenti di terzi (la quale riguarda la diversa ipotesi di cosa venduta come libera, ma che poi risulti gravata da taluno dei pesi anzidetti ex art. 1489 c.c.), ma può piuttosto integrare il difetto di qualità promesse o essenziali ai sensi dell'art. 1497 c.c., la cui domanda rientra nella disciplina degli adempimenti contrattuali.
Cass. civ. n. 25459/2021
L'accettazione dell'eredità con beneficio di inventario non fa venir meno l'obbligazione dell'erede intra vires, in quanto l'erede accettante beneficiato rimane erede, benché nei limiti del patrimonio ereditario e diviene destinatario della pretesa impositiva nei limiti del valore dell'asse ereditario oggetto di accettazione beneficiata.
Cass. civ. n. 29252/2020
A seguito dell'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, prescritta, a pena di inammissibilità dell'azione, dall'art. 564 c.c., l'erede beneficiato risponde dei debiti ereditari e dei legati non solo "intra vires hereditatis", e cioè non oltre il valore dei beni a lui pervenuti a titolo di successione, ma altresì esclusivamente "cum viribus hereditatis", con esclusione cioè della responsabilità patrimoniale in ordine a tutti gli altri suoi beni, che i creditori ereditari e i legatari non possono aggredire, sicchè già in fase antecedente l'esecuzione forzata è preclusa ogni misura anche cautelare sui beni propri dell'erede, vale a dire diversi da quelli a lui provenienti dalla successione. (Rigetta, CORTE D'APPELLO FIRENZE, 21/03/2016).
Cass. civ. n. 24943/2019
In tema di responsabilità da attività di direzione e coordinamento ex art. 2497 c.c., ai fini della configurazione di un gruppo è certamente necessaria la presenza di più società, ma le formalità attinenti alla loro costituzione, come pure l'iscrizione e le altre forme di pubblicità previste dall'art. 2497-bis c.c., non hanno efficacia costitutiva del gruppo, per l'esistenza del quale non è neppure necessario che le società unitariamente controllate operino simultaneamente. Ciò che prevale è, invece, il principio di effettività, in virtù del quale assume rilievo la situazione di fatto esistente al momento dell'inizio, dello svolgimento e della cessazione dell'attività del gruppo.
Cass. civ. n. 29139/2017
L'art. 2497, comma 3, c.c. non prevede una condizione di procedibilità dell'azione di responsabilità - promossa dal socio o dal creditore sociale nei confronti della società che esercita l’attività di direzione e coordinamento - consistente nella infruttuosa escussione del patrimonio della controllata o nella previa formale richiesta risarcitoria ad essa rivolta, avendo il legislatore posto unicamente in capo alla società capogruppo l’obbligo di risarcire i soci e i creditori sociali danneggiati dall’abuso dell'attività di direzione e coordinamento.
Cass. civ. n. 26765/2016
La responsabilità della società o dell’ente che abbia abusato dell'attività di direzione e coordinamento, per aver agito nell'interesse proprio in violazione dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale delle società eterodirette, si estende, in via solidale, alla persona fisica che abbia preso parte al fatto lesivo.
Cass. civ. n. 6596/2016
In tema di compravendita, il vizio redibitorio (art. 1490 c.c.), e la mancanza di qualità promesse o essenziali (1497 c.c.) pur presupponendo l'appartenenza della cosa al genere pattuito, si differenziano in quanto il primo riguarda le imperfezioni e i difetti inerenti il processo di produzione, fabbricazione, formazione e conservazione della cosa, mentre la seconda è inerente alla natura della merce e concerne tutti gli elementi essenziali e sostanziali che influiscono, nell'ambito di un medesimo genere, sull'appartenenza ad una specie piuttosto che a un'altra; entrambe le ipotesi differiscono dalla consegna di "aliud pro alio" che si ha quando la cosa venduta appartenga ad un genere del tutto diverso o presenti difetti che le impediscano di assolvere alla sua funzione naturale o a quella ritenuta essenziale dalle parti. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, in tema di inadempimento ad un contratto di compravendita, aveva ritenuto non integrante un "aliud pro alio" ma una mancanza di qualità promesse, la consegna di una sonda idonea allo specifico uso che il compratore doveva farne ma priva di un requisito di precisione, non costituente un elemento di identificazione del bene).
Cass. civ. n. 12254/2015
L'art. 2497 cod. civ. prevede un'unica azione di responsabilità che può essere esercitata dai creditori sociali della società eterodiretta (e, in caso di fallimento, dal curatore) nei confronti dell'ente o della società che ha abusato dell'attività di direzione e coordinamento, al fine di ottenere il ristoro del pregiudizio conseguente alla lesione cagionata all'integrità del patrimonio sociale. Pertanto, il terzo comma della menzionata disposizione, nel prevedere che il creditore sociale può agire nei confronti dell'ente o della società che svolge attività di direzione e coordinamento solo se non sia stato soddisfatto dalla società soggetta a tale attività, si limita ad individuare una condizione di ammissibilità dell'azione di responsabilità prevista dal primo comma, ma non costituisce il fondamento normativo di un'ulteriore responsabilità sussidiaria tipica della cd. "holding" per il pagamento dei debiti insoddisfatti della società eterodiretta.
Cass. civ. n. 8102/2015
Il compratore può sollevare l'eccezione d'inadempimento per mancanza delle qualità promesse dal venditore a prescindere dalla responsabilità di quest'ultimo, essendo meritevole di tutela l'interesse dell'acquirente a non eseguire la prestazione in assenza della controprestazione e a non trovarsi in una situazione di diseguaglianza rispetto all'alienante.
Cass. civ. n. 2952/2015
La formale esistenza di un gruppo, con conseguente assetto giuridico predisposto per una direzione unitaria, e l'amministrazione di fatto di singole società del gruppo stesso non sono situazioni incompatibili poiché mentre la prima corrisponde ad una situazione di diritto nella quale la controllante svolge l'attività di direzione della società controllata nel rispetto della relativa autonomia e delle regole che presiedono al suo funzionamento, la seconda, invece, corrisponde ad una situazione di fatto in cui i poteri di amministrazione sono esercitati direttamente da chi sia privo di una qualsivoglia investitura, ancorché irregolare o implicita. Ne consegue che un soggetto, cui pure siano attribuiti poteri di direzione in quanto amministratore di una "holding" (o in quanto socio di una società di fatto che ne svolge le funzioni), può, di fatto, esercitare poteri di amministrazione e, al contempo, disattendendo l'autonomia della società controllata e riducendo i relativi amministratori a meri esecutori dei suoi ordini, comportarsi come se ne fosse l'amministratore, pur utilizzando, formalmente, gli strumenti propri della direzione unitaria, quali le direttive, sicché egli risponde delle condotte relative all'amministrazione delle società controllate.
Cass. civ. n. 20996/2013
In tema di compravendita, l'ipotesi di "aliud pro alio" si verifica quando la cosa consegnata sia completamente diversa da quella pattuita, appartenendo ad un genere diverso e rivelandosi del tutto inidonea ad assolvere la destinazione economico-sociale della "res" dedotta come oggetto del contratto. Pertanto, integra "aliud pro alio" la consegna di un'autovettura con impianto a GPL non omologato, in quanto chi acquista un'autovettura alimentata a GPL lo fa con l'evidente scopo di risparmiare sui costi del carburante, sicché la mancata omologazione dell'impianto fa venir meno la specifica utilità insita nell'acquisto, essendo irrilevante che il mezzo possa essere utilizzato a benzina.
Cass. civ. n. 26953/2008
In tema di vendita, è configurabile la consegna di aliud pro alio non solo quando la cosa consegnata è completamente difforme da quella contrattata, appartenendo ad un genere del tutto diverso, ma anche quando è assolutamente priva delle caratteristiche funzionali necessarie a soddisfare i bisogni dell'acquirente o abbia difetti che la rendano inservibile, ovvero risulti compromessa la destinazione del bene all'uso che abbia costituito elemento determinante per l'offerta di acquisto. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ricompreso in tale istituto la consegna, da parte di un concessionario, di un veicolo poi sottoposto a sequestro penale in quanto munito di un motore rubato).
Cass. civ. n. 18859/2008
Si ha vizio redibitorio oppure mancanza di qualità essenziali della cosa consegnata qualora questa presenti imperfezioni che la rendano inidonea all'uso cui dovrebbe essere destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore, ovvero appartenga ad un tipo diverso o ad una specie diversa da quella pattuita; si ha, invece, consegna di "aliud pro alio", che dà luogo all'azione contrattuale di risoluzione o di adempimento ai sensi dell'art. 1453 cod. civ., svincolata dai termini di decadenza e prescrizione, qualora il bene consegnato sia completamente diverso da quello pattuito, in quanto appartenendo ad un genere diverso, si riveli funzionalmente del tutto inidoneo ad assolvere la destinazione economico-sociale della "res" promessa e, quindi, a fornire l'utilità richiesta. (La S.C., sulla scorta dell'enunciato principio, ha rigettato il ricorso proposto ritenendo che, poiché nella specie, in base alla stessa prospettazione del ricorrente, era stato pur sempre allo stesso consegnato un fondo agricolo sfruttato effettivamente perla conduzione agricola, doveva escludersi che si era di fronte alla consegna di "aliud pro alio").
Cass. civ. n. 1092/2007
In tema di vendita, è configurabile la consegna di aliud pro alio non solo quando la cosa consegnata è completamente difforme da quella contrattata, appartenendo ad un genere del tutto diverso, ma anche quando è assolutamente priva delle caratteristiche funzionali necessarie a soddisfare i bisogni dell'acquirente, o abbia difetti che la rendano inservibile; in tale ultimo caso, è necessario che la particolare utilizzazione della cosa sia stata espressamente contemplata, da entrambe le parti, nella negoziazione. (Nella specie, la sentenza impugnata aveva rigettato la domanda di risarcimento dei danni proposta dall'acquirente per la assoluta inidoneità dei contenitori di cartone utilizzati per il trasporto di uva, giunta a destinazione schiacciata e deteriorata, ritenendo non accertato che la venditrice fosse a conoscenza dell'uso al quale i medesimi contenitori dovevano essere destinati; la S.C. ha cassato la decisione sul rilievo che i giudici di appello non avevano compiuto, alla stregua degli elementi acquisiti, la necessaria indagine in ordine alla volontà dei contraenti circa lo specifico contenuto delle obbligazioni assunte dalle parti e, in particolare, di quella a carico della venditrice).
Cass. civ. n. 7561/2006
La vendita di aliud pro alio (come, nella specie, la vendita di una autovettura immatricolata con falsa documentazione e recante il numero di telaio contraffatto) configura una ipotesi di inadempimento contrattuale, diversamente dalle ipotesi di vendita di cosa affetta da vizi o mancante delle qualità promesse, che integrano la fattispecie dell'inesatto adempimento; nel primo caso al compratore spetta l'azione generale di risoluzione contrattuale per inadempimento, con conseguente rilevanza della colpa ai fini del giudizio di inadempimento, mentre negli altri casi, operando la speciale garanzia di cui agli artt. 1492 e 1497 c.c., la colpa rileva soltanto ai fini dell'eventuale risarcimento dei danni.
Cass. civ. n. 10922/2005
In tema d'interpretazione della domanda, il giudice ha il potere-dovere di qualificare giuridicamente l'azione dando al rapporto dedotto in giudizio il nomen iuris anche in difformità rispetto alla prospettazione formulata dalle parti, purché lasci inalterati il petitum e la causa petendi azionati e, quindi, non attribuisca un bene diverso da quello domandato e non introduca nel tema controverso nuovi elementi di fatto; pertanto, incorre nel vizio d'extrapetizione la decisione che, in presenza di una domanda di risoluzione per vizi della cosa venduta, accolga la domanda, ritenendo la cosa - sulla base dell'esame di corrispondenza intercorsa fra le parti - priva delle qualità pattuite per l'uso al quale la stessa era destinata, poiché, a differenza della garanzia per vizi - che ha la finalità di assicurare l'equilibrio contrattuale in attuazione del sinallagma funzionale indipendentemente dalla colpa del venditore - l'azione di cui all'art. 1497 c.c., rientrando in quella disciplinata in via generale dall'art. 1453 c.c., postula che l'inadempimento posto a base della domanda di risoluzione e/o di risarcimento del danno sia imputabile a colpa dell'alienante ed abbia non scarsa importanza, tenuto conto dell'interesse della parte non inadempiente; inoltre, poiché nell'ipotesi di mancanza delle qualità pattuite o promesse assume rilievo decisivo il ruolo della volontà negoziale, l'indagine che il giudice deve compiere ha necessariamente ad oggetto un elemento fattuale diverso ed estraneo rispetto alla fattispecie relativa alla presenza di un vizio o difetto che rendono la cosa venduta inidonea all'uso al quale la stessa è «normalmente» destinata. (Nella specie la sentenza impugnata, nell'accogliere la domanda di risoluzione della vendita di un impianto telefonico intercomunicante nello stabilimento industriale dell'acquirente perché privo della segretezza interna delle comunicazioni, aveva ritenuto che tale requisito non configurasse un vizio dell'apparecchiatura, come dedotto dall'attrice a fondamento dell'azione, ma rientrasse fra le qualità essenziali pattuite dai contraenti in relazione alla specifica destinazione d'uso dell'impianto).
Cass. civ. n. 16707/2004
In tema di responsabilità degli amministratori di società di capitali verso la società stessa, appartenente ad un gruppo societario, ha rilievo (anche a prescindere dal testo dell'art. 2497 c.c. come novellato dall'art. 5 D.L.vo 17 gennaio 2003, n. 6) la considerazione dei cosidetti vantaggi compensativi derivanti dall'operato dell'amministratore, riflettentisi sulla società in conseguenza della sua appartenenza al gruppo e idonei a neutralizzare, in tutto o in parte, il pregiudizio cagionato direttamente alla società amministrata; tuttavia non è sufficiente, al fine di escludere corrispondentemente la responsabilità, la mera ipotesi della sussistenza dei detti vantaggi, ma l'amministratore ha l'onere di allegare e provare gli ipotizzati benefici indiretti, connessi al vantaggio complessivo del gruppo, e la loro idoneità a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi dell'operazione compiuta.
Cass. civ. n. 14586/2004
In tema di compravendita, qualora la res tradita sia completamente diversa da quella pattuita — in quanto, appartenendo a un genere diverso, si riveli del tutto inidonea ad assolvere la destinazione economico — sociale del bene venduto — ricorre l'ipotesi non della mancanza delle qualità promesse ma della consegna di aliud pro alio che dà luogo a un'ordinaria azione di risoluzione ex art. 1453 c.c., svincolata dai termini di decadenza e prescrizione previsti dall'art. 1495 c.c. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che ricorresse la vendita di aliud pro alio avendo il venditore consegnato dei macchinari diversi per modello, provenienza e prestazioni da quelli pattuiti).
Cass. civ. n. 14870/2000
La circostanza che un socio disponga, direttamente e/o indirettamente nella specie attraverso un'Anstalt dal medesimo fondata dell'intero capitale sociale di una società di capitale, non comporta la confusione del patrimonio personale del primo con quello della seconda, e perciò i creditori dell'uno, pur se socio sovrano o tiranno, non possono aggredire i beni dell'altra, sottraendoli alla loro primaria funzione di garanzia dell'adempimento delle obbligazioni sociali. Invece, proprio per rafforzare questa funzione, a norma dell'art. 2497, secondo comma, c.c., nella formulazione previgente a quella introdotta dall'art. 7 del D.L.vo 3 marzo 1993 n. 88, nel caso di insolvenza di una società a responsabilità limitata, per le obbligazioni sorte nel periodo in cui le quote sociali siano appartenute ad un solo socio, questi ne rispondeva illimitatamente con il suo patrimonio.
Cass. civ. n. 2712/1999
I vizi redibitori e la mancanza di qualità si distinguono dall'ipotesi di consegna di aliud pro alio che dà luogo ad una ordinaria azione di risoluzione contrattuale svincolata dai termini e dalle condizioni di cui all'art. 1495 c.c. la quale ricorre quando la diversità fra la cosa venduta e quella consegnata incide sulla natura e, quindi, sulla individualità, consistenza e destinazione di quest'ultima, sì da ritenere che appartenga ad un genere del tutto diverso da quello posto a base della decisione dell'acquirente di effettuare l'acquisto o che presenti i difetti che le impediscano di assolvere alla sua funzione naturale o a quella concreta assunta come essenziale dalle parti (cosiddetta inidoneità ad assolvere la funzione economico-sociale).
Cass. civ. n. 4657/1998
Ai fini della risoluzione di un contratto di compravendita per mancanza di qualità promesse, non è necessario accertare se esse fossero o meno essenziali per l'uso tipico o normale a cui la cosa è destinata, perché la volontà delle parti, nel prevederle, ha già attribuito loro tale carattere, per un uso o finalità particolari, e pertanto, se è dimostrato che le dimensioni di un veicolo sono state pattuite per consentirne il passaggio nell'autorimessa dell'acquirente, è superfluo accertarne l'idoneità alla circolazione.
Cass. civ. n. 244/1997
In tema di compravendita, il vizio redibitorio (art. 1490 c.c.) e la mancanza di qualità promesse o essenziali (art. 1497 c.c.), pur presupponendo entrambi l'appartenenza della cosa al genere pattuito, si differenziano in quanto il primo riguarda le imperfezioni ed i difetti inerenti al processo di produzione, fabbricazione, formazione e conservazione della cosa medesima, mentre la seconda è inerente alla natura della merce e concerne tutti quegli elementi essenziali e sostanziali che, nell'ambito del medesimo genere, influiscono sulla classificazione della cosa in una specie, piuttosto che in un'altra. Vizi redibitori e mancanza di qualità si distinguono, a loro volta, dall'ipotesi della consegna aliud pro alio, la quale ricorre quando la cosa venduta appartenga ad un genere del tutto diverso, o presenti difetti che le impediscono di assolvere alla sua funzione naturale o a quella concreta assunta come essenziale dalle parti (c.d. inidoneità ad assolvere la funzione economico-sociale), facendola degradare in una sottospecie del tutto diversa da quella dedotta in contratto (il giudice di merito aveva ritenuto trattarsi di vizi redibitori in una fattispecie in cui i difetti di alcune resistenze elettriche consegnate erano inerenti al processo di produzione o di fabbricazione ed aveva escluso l'ipotesi della consegna dell'aliud pro alio, in quanto la merce stessa apparteneva al genere ordinato dall'acquirente ed il riscontrato difetto di funzionalità era risultato rimediabile attraverso il procedimento di «essicazione» appositamente prescritto dalla casa costruttrice per rimuoverlo e ricondurre l'anomalia in percentuali ammissibili. La S.C., in applicazione dell'enunciato principio di diritto, ha confermato la pronuncia del merito).
Cass. civ. n. 3550/1995
La qualità della cosa compravenduta, qualora sia espressamente promessa, assume, per volontà dei contraenti, un carattere di essenzialità di per se stesso incompatibile con la tollerabilità della sua mancanza, la quale comporta il diritto del compratore di ottenere la risoluzione del contratto.
Cass. civ. n. 593/1995
In tema di vendita il criterio distintivo tra la consegna di aliud pro alio — che dà luogo all'ordinaria azione di risoluzione per inadempimento ex art. 1453 c.c., svincolata da termini di decadenza e di prescrizione ai quali sono soggette le azioni ex artt. 1490 e 1497 — e la mancanza delle qualità essenziali della cosa compravenduta va individuato sotto il duplice profilo del riferimento sia al genus, sia alla destinazione economico-sociale del bene, valendo quest'ultimo ad ampliare l'ambito di operatività del criterio del genus, nei casi in cui il bene consegnato sia del tutto insuscettibile di assolvere alla funzione del bene contratto, in relazione ai bisogni dell'acquirente, in particolare nel caso di vendita di prodotti naturali nei quali l'origine o la varietà sono frequentemente più significativi del mero richiamo al genus. (Nella specie, erano state consegnate all'acquirente delle piantine di arancio di una varietà diversa e meno pregiata di quella pattuita; si da incidere sulla stessa commerciabilità del prodotto nella zona in cui le piante erano state acquistate in vista del loro impianto in un agrumeto).
Cass. civ. n. 4681/1992
Quando la compravendita abbia ad oggetto una cosa mobile infungibile o già determinata in contratto, la stessa deve essere consegnata nuova e non usata, in conformità a quella presentata a campione al momento della conclusione del contratto, rispondendo ciò all'intento dell'acquirente, ancorché non manifestato in apposita clausola del contratto, trattandosi di una qualità promessa quantunque solo implicitamente, con la conseguenza che, ove venga consegnata una cosa usata, il venditore ne risponde non con la garanzia per vizi o per la consegna di aliud pro alio, ma a norma dell'art. 1497 c.c. per la mancanza di detta essenziale qualità, senza che rilevi che la cosa usata possa servire per l'uso al quale era destinata non presentando difetti funzionali in relazione all'impiego prefissosi dal compratore, che, pertanto, è facultato a proporre l'azione di risoluzione del contratto.
Cass. civ. n. 1261/1981
Sussiste il vizio redibitorio — di cui all'art. 1490 cod. civ. — qualora esso concerna il processo di produzione, fabbricazione o formazione della cosa venduta e comporti l'inidoneità della stessa per l'uso al quale era destinata ovvero un'apprezzabile diminuzione di valore; vi è invece la mancanza di qualità — di cui all'art. 1497 cod. civ. — qualora la cosa venduta per sua natura, per gli elementi che la compongono o per le caratteristiche strutturali appartenga ad un tipo diverso da quello dedotto in contratto. (Nella specie, è stato reputato vizio redibitorio e non mancanza di qualità di «patate da semina» il fatto che esse, a causa di uno stato sanitario imperfetto dell'organo di moltiplicazione, non erano germogliate).