Art. 263 – Codice civile – Impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità
Il riconoscimento [250] può essere impugnato [268] per difetto di veridicità dall'autore del riconoscimento, da colui che è stato riconosciuto o da chiunque vi abbia interesse [100 c.p.c.].
L'azione è imprescrittibile [2934] riguardo al figlio.
L'azione di impugnazione da parte dell'autore del riconoscimento deve essere proposta nel termine di un anno che decorre dal giorno dell'annotazione del riconoscimento sull'atto di nascita. Se l'autore del riconoscimento prova di aver ignorato la propria impotenza al tempo del concepimento, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto conoscenza; nello stesso termine, la madre che abbia effettuato il riconoscimento è ammessa a provare di aver ignorato l'impotenza del presunto padre. L'azione non può essere comunque proposta oltre cinque anni dall'annotazione del riconoscimento.
L'azione di impugnazione da parte degli altri legittimati deve essere proposta nel termine di cinque anni che decorrono dal giorno dall'annotazione del riconoscimento sull'atto di nascita. Si applica l'articolo 245.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 26415/2024
In tema di delitto di infedeltà patrimoniale, l'atto di disposizione negoziale posto in essere dall'amministratore che, con un interesse in conflitto con quello della società, cagioni intenzionalmente un danno patrimoniale a quest'ultima, integra un cd. reato-contratto in quanto frutto di una determinazione illecita "ab origine" che produce l'immedesimazione del reato nel negozio giuridico, con l'effetto che il relativo profitto è conseguenza immediata e diretta del reato ed è, pertanto, assoggettabile interamente a confisca diretta ai sensi dell'art. 2641, comma primo, cod. civ.
Cass. civ. n. 23410/2024
Il graduato delle Forze armate in posizione di aspettativa per infermità non riveste la qualifica di "militare in servizio alle armi" - a differenza degli ufficiali e dei sottufficiali di carriera, considerati dalla legge in servizio anche in costanza di aspettativa - e, pertanto, non è assoggettabile alla legge penale militare.
Cass. civ. n. 22996/2024
Il decreto di archiviazione contenente statuizioni accessorie non è un provvedimento abnorme e, pertanto, non risulta impugnabile con ricorso per cassazione, che, ove proposto, dev'essere diversamente qualificato in termini di incidente di esecuzione, con conseguente trasmissione degli atti al giudice competente.
Cass. civ. n. 21543/2024
A seguito dell'irrevocabilità della sentenza di condanna, nel caso in cui le indagini difensive funzionali all'eventuale richiesta di revisione comportino un intervento dell'autorità giudiziaria, è, in generale, competente a provvedere il giudice dell'esecuzione, pur in assenza di specifica previsione nelle disposizioni di cui agli artt. 665 e ss. cod. proc. pen., disciplinanti la fase esecutiva.
Cass. civ. n. 18180/2024
Integra il reato di appropriazione indebita la condotta del liquidatore di una società di capitali che, distraendole dagli scopi a cui sono effettivamente destinate, versi somme di denaro dell'ente per il pagamento di compensi per incarichi di consulenza non necessari e, comunque, inidonei, anche solo indirettamente, a perseguire gli interessi societari, giustificando dette erogazioni mediante documentazione apparentemente legittimante la spesa.
Cass. civ. n. 14368/2024
Avente diritto alla restituzione indicato nel provvedimento di dissequestro - Mezzi di tutela a disposizione di quest'ultimo - Fattispecie.
Cass. civ. n. 1662/2024
In tema di sequestro preventivo, il giudice del riesame è tenuto a devolvere al giudice civile l'eventuale controversia sulla proprietà della cosa esclusivamente quando ritenga che debba essere restituita, avendo disposto l'annullamento, per qualsiasi ragione, del provvedimento genetico. (In motivazione, la Corte ha precisato che, in caso contrario, ai sensi dell'art. 2 cod. proc. pen., il giudice del riesame decide in via incidentale le questioni sulla titolarità del bene oggetto di sequestro rilevanti ai fini della sussistenza del vincolo cautelare). (Diff.: n. 2468 del 1993,
Cass. civ. n. 51692/2023
È inoppugnabile il provvedimento con cui il giudice dell'esecuzione, investito dell'opposizione avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di restituzione di beni sequestrati, rimette le parti dinanzi al giudice civile per la risoluzione della questione sulla proprietà, in quanto esso non ha contenuto decisorio, ma natura interlocutoria e non pregiudica i diritti delle parti, che possono essere fatti valere nel giudizio civile.
Cass. civ. n. 39179/2023
Le prescrizioni alle quali può essere condizionata, ex art. 85 disp. att. cod. proc. pen., la restituzione di cose sottoposte a sequestro probatorio devono essere funzionali alla natura e al contenuto dello specifico sequestro cui ineriscono e logicamente orientate a realizzarne le medesime finalità. (Fattispecie in tema di sequestro probatorio, in cui la Corte ha censurato l'ordinanza applicativa della misura cautelare reale in quanto le prescrizioni impartite, richiamando il "periculum" attuale e concreto derivante dall'utilizzo del bene, ove non messo in sicurezza, rispondevano alle diverse finalità del sequestro preventivo).
Cass. civ. n. 32938/2023
Il provvedimento del giudice dell'udienza preliminare di rigetto della richiesta di dissequestro di beni sottoposti a sequestro probatorio non è impugnabile dall'interessato.
Cass. civ. n. 30968/2023
Il provvedimento del giudice per le indagini preliminari che, ex art. 263, comma 5, cod. proc. pen., decide sull'opposizione al decreto del pubblico ministero di rigetto della richiesta di restituzione delle cose in sequestro deve essere assunto in conformità al disposto dell'art. 127, comma 1, cod. proc. pen., sicché, ove adottato "de plano", risulta affetto da nullità ai sensi dell'art. 127, comma 5, cod. proc. pen., salvo che nel caso di inammissibilità dell'atto introduttivo.
Cass. civ. n. 28311/2023
Nell'esercizio dell'azione di impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità, ex art. 263 c.c., nel testo previgente alla riforma della filiazione, il giudice non può limitarsi ad accertare l'assenza di un legame biologico tra le parti, ma deve altresì valutare e comparare gli interessi in gioco e, più specificamente, la prevalenza o meno, sull'interesse del richiedente, di quello del figlio a mantenere lo status giuridico sociale acquisito e consolidato nel tempo. A tal fine, acquista rilevanza il comportamento di colui che ha operato il riconoscimento, allorché, nonostante la consapevolezza della non veridicità, abbia trascurato di agire per un lasso di tempo sufficientemente lungo da far consolidare l'identità giuridica e sociale del soggetto che ha riconosciuto come figlio.
Cass. civ. n. 21878/2023
Il delitto di ostacolo all'esercizio delle funzioni dell'autorità di vigilanza, di cui al secondo comma dell'art. 2638 cod. civ., è reato di evento a forma libera e a dolo generico diretto, dovendosi escludere, tra le forme di dolo idonee a integrare la fattispecie incriminatrice, il dolo eventuale atteso l'utilizzo nella disposizione incriminatrice dell'avverbio "consapevolmente".
Cass. civ. n. 2514/2023
In tema di bancarotta, la qualifica di amministratore di fatto di una società non richiede l'esercizio di tutti i poteri tipici dell'organo di gestione, essendo necessaria e sufficiente una significativa e continua attività gestoria o cogestoria, svolta in modo non episodico o occasionale, anche solo in specifici settori, pur se non interessati dalle condotte illecite, tale da fornire indici sintomatici dell'organico inserimento del soggetto, quale "intraneus", nell'assetto societario.
Cass. civ. n. 1826/2023
In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, qualora a seguito di azione revocatoria fallimentare sia stata dichiarata l'inefficacia di un atto dispositivo del fallito nei confronti di un terzo, la legittimazione a impugnare i provvedimenti relativi al sequestro preventivo impeditivo del bene distratto spetta solo al curatore, e non anche al terzo proprietario, poiché, in caso di accoglimento dell'impugnazione, il destinatario esclusivo del bene è il solo curatore.
Cass. civ. n. 1160/2023
In tema di infedeltà patrimoniale, il dolo del delitto si configura sotto la duplice forma di dolo specifico, riferito alla finalità di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o altro vantaggio, anche di natura non patrimoniale, e di dolo intenzionale, riferito alla volontà e rappresentazione di un danno patrimoniale alla società quale conseguenza diretta dell'azione od omissione.
Cass. civ. n. 18333/2022
In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la natura distrattiva di un'operazione infra-gruppo può essere esclusa in presenza di vantaggi compensativi che riequilibrino gli effetti immediatamente negativi per la società fallita e neutralizzino gli svantaggi per i creditori sociali.
Cass. civ. n. 16800/2022
Quello di cui all'art. 2638, comma secondo, cod. civ. è un delitto di evento, che richiede la causazione di un effettivo ostacolo alla funzione di vigilanza, quale conseguenza di una condotta che può assumere qualsiasi forma, ivi compresa l'omessa comunicazione di informazioni dovute. (Fattispecie in materia di conflitto di competenza, in cui il reato è stato ritenuto consumato nel luogo in cui gli organi di vigilanza avevano ricevuto le false informazioni sulla situazione economica di un istituto di credito).
Cass. civ. n. 35998/2022
Nel giudizio di impugnazione del riconoscimento del figlio per difetto di veridicità, trattandosi di un giudizio sullo status filiationis, fortemente caratterizzato dal principio di prossimità della prova, le dichiarazioni della madre possono assumere un valore probatorio quantomeno indiziario all'interno di un quadro istruttorio più ampio complessivamente considerato.
Nell'azione di impugnazione per difetto di veridicità del riconoscimento di un figlio nato da genitori non uniti in matrimonio, già maggiorenne ed economicamente indipendente al momento della instaurazione del giudizio, il genitore di cui non si discute lo status non è un litisconsorte necessario, perché l'eventuale pronuncia caducatoria dello "status filiationis" del soggetto maggiorenne non produce effetti rilevanti di alcun genere nei suoi confronti, sotto il profilo della responsabilità genitoriale, come pure degli obblighi morali di crescita, educazione ed istruzione e di quelli materiali al mantenimento del figlio, ormai non più ipotizzabili. Ove, invece, l'azione di impugnazione coinvolga un figlio minorenne, la rilevante modifica della situazione familiare, in termini di obblighi morali e materiali verso il figlio, giustifica il litisconsorzio necessario del predetto genitore.
Cass. civ. n. 3252/2022
Nell'azione, intrapresa da un terzo interessato, di impugnazione per difetto di veridicità del riconoscimento di un figlio nato da genitori non uniti in matrimonio e già maggiorenne al momento della instaurazione del corrispondente giudizio ex art. 263 cod. civ., il bilanciamento che il giudice adito è tenuto ad effettuare tra il concreto interesse del soggetto riconosciuto ed il favore per la verità del rapporto di filiazione non può costituire il risultato di una valutazione astratta e predeterminata, né può implicare, ex se, il sacrificio dell'uno in nome dell'altro, ma impone di tenere conto di tutte le variabili del caso concreto, tra cui il diritto all'identità personale, correlato non solo alla verità biologica, ma anche ai legami affettivi e personali interni alla famiglia, al consolidamento della condizione identitaria acquisita per effetto del falso riconoscimento e all'idoneità dell'autore del riconoscimento allo svolgimento del ruolo di genitore.
Cass. civ. n. 16547/2021
Nel giudizio di impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità, il giudice di merito può legittimamente escludere, in quanto superfluo, l'ascolto del figlio minore, qualora, da un lato, il minore stesso non possa riferire nessuna circostanza realmente rilevante (per essere il presunto padre deceduto solo un anno dopo la sua nascita, senza che si potesse instaurare una relazione consapevole di natura affettiva duratura e profonda, in grado di conferire al minore una certa stabilità emotiva ed in grado di creare ricordi certi sul rapporto con il presunto genitore) e, dall'altro, l'attività istruttoria (mediante consulenze genetico-ematologiche) abbia con certezza escluso l'esistenza di un rapporto di filiazione biologica.
Cass. civ. n. 95/2021
Nell'azione di impugnazione per difetto di veridicità del riconoscimento di un figlio nato da genitori non uniti in matrimonio, l'altro genitore, che pure abbia operato il riconoscimento, è litisconsorte necessario nel giudizio, secondo la regola dettata all'art. 250 c.c., che pone un principio di natura generale da applicarsi, pertanto, anche nell'ipotesi disciplinata dall'art. 263 c.c.
Cass. civ. n. 10775/2019
Nell'azione di impugnazione per difetto di veridicità del riconoscimento di un figlio nato da genitori non uniti in matrimonio, l'altro genitore, che pure abbia operato il riconoscimento, è litisconsorte necessario nel giudizio, secondo la regola dettata all'art. 250 c.c. che pone un principio di natura generale da applicarsi, pertanto, anche nell'ipotesi disciplinata dall'art. 263 c.c., perché l'acquisizione di un nuovo "status" da parte del minore è idonea a determinare una rilevante modifica della situazione familiare, della quale resta in ogni caso partecipe l'altro genitore.
Deve ritenersi sussistere il litisconsorzio necessario dell'altro genitore anche nel giudizio di impugnazione per difetto di veridicità del riconoscimento del minore, ai sensi dell'art. 263 c.c., pur in mancanza di una espressa previsione normativa, ma sulla base della stessa ratio di cui all'art. 250 c.c.
Cass. civ. n. 20953/2018
Nel giudizio di impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità ex art. 263 c.c., il presunto padre naturale non è legittimato ad intervenire nel giudizio, né in qualità di interveniente autonomo né di interveniente adesivo, essendo egli portatore di un mero interesse di fatto all'esito del giudizio, e non di un interesse giuridico a sostenere le ragioni dell'una o dell'altra parte, direttamente correlato ai vantaggi ed agli svantaggi che il giudicato potrebbe determinare nella sua sfera giuridica.
Cass. civ. n. 30122/2017
In tema di azione di impugnazione del riconoscimento del figlio naturale per difetto di veridicità, stante la nuova disciplina introdotta dalle riforme del 2012 e 2013 in materia di filiazione, la prova dell'"assoluta impossibilità di concepimento" non è diversa rispetto a quella che è necessario fornire per le altre azioni di stato, richiedendo il diritto vigente che sia il "favor veritatis" ad orientare le valutazioni da compiere in tutti i casi di accertamento o disconoscimento della filiazione, sicché, essendo la consulenza tecnica genetica l'unica forma di accertamento attendibile nella ricerca della filiazione, deve valorizzarsi, anche per l'azione ex art. 263 c.c., il contegno della parte che si opponga al suo espletamento.
Cass. civ. n. 23290/2015
In materia di impugnazione del riconoscimento del figlio naturale per difetto di veridicità, la consulenza tecnica ematologica è uno strumento istruttorio officioso rivolto verso l'unica indagine decisiva in ordine all'accertamento della verità del rapporto di filiazione e, pertanto, la sua richiesta, da un lato, non può essere ritenuta esplorativa, intendendosi come tale l'istanza rivolta a supplire le deficienze allegative ed istruttorie di parte, così da aggirare il regime dell'onere della prova sul piano sostanziale o i tempi di formulazione delle richieste istruttorie sul piano processuale, e, dall'altro, non essendo soggetta al regime processuale delle istanze di parte, non può essere oggetto di rinuncia, anche implicita.
Cass. civ. n. 6136/2015
Il giudizio di impugnazione della veridicità del riconoscimento di figlio naturale è suscettibile di produrre rilevanti effetti sullo "status" della persona del bambino e di incidere su diritti personalissimi, sicché il giudice deve accertare rigorosamente le ragioni che facciano escludere la veridicità del riconoscimento della filiazione anche se non è applicabile il principio, proprio del giudizio penale, secondo cui la prova deve essere fornita "al di là di ogni ragionevole dubbio".
L'impugnazione del riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio per difetto di veridicità può essere accolta, alla luce del principio del "favor veritatis", non solo quando l'attore provi che l'autore del riconoscimento, all'epoca del concepimento, era affetto da "impotentia generandi" o non aveva la possibilità di avere rapporti con la madre, ma anche quando fornisca la prova di essere il vero genitore, così dimostrando nello stesso tempo sia la propria legittimazione che la fondatezza della domanda.
Cass. civ. n. 17095/2013
L'azione di impugnazione del riconoscimento del figlio naturale per difetto di veridicità postula, a norma dell'art. 263 c.c., la dimostrazione della assoluta impossibilità che il soggetto che abbia inizialmente compiuto il riconoscimento sia, in realtà, il padre biologico del soggetto riconosciuto come figlio.
Cass. civ. n. 14462/2008
In tema di impugnazione del riconoscimento del figlio naturale, l'efficacia delle indagini ematologiche ed immunogenetiche sul DNA non può essere esclusa per la ragione che esse sono suscettibili di utilizzazione solo per compiere valutazioni meramente probabilistiche, in quanto tutte le asserzioni delle scienze fisiche e naturalistiche hanno natura probabilistica (anche quelle solitamente espresse in termini di «leggi») e tutte le misurazioni (anche quelle condotte con gli strumenti più sofisticati) sono ineluttabilmente soggette ad errore, sia per ragioni intrinseche (cosiddetto errore statistico), che per ragioni legate al soggetto che esegue o legge le misurazioni (cosiddetto errore sistematico), spettando al giudice di merito, nell'esercizio del suo potere discrezionale, la valutazione dell'opportunità di disporre indagini suppletive o integrative di quelle già espletate, di sentire a chiarimenti il consulente tecnico di ufficio ovvero di disporre la rinnovazione delle indagini, ed il mancato esercizio di tale potere, così come il suo esercizio, non è censurabile in sede di legittimità.
Cass. civ. n. 3563/2006
In materia di accertamenti relativi alla paternità e alla maternità, la consulenza tecnica ha funzione di mezzo obbiettivo di prova, costituendo lo strumento più idoneo, avente margini di sicurezza elevatissimi, per l'accertamento del rapporto di filiazione; essa, pertanto, in tal caso, non è un mezzo per valutare elementi di prova offerti dalle parti, ma costituisce strumento per l'acquisizione della conoscenza del rapporto di filiazione. Pertanto, è legittima la sua ammissione, quale fonte di prova, nel giudizio di impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità, promosso dal curatore speciale nominato dal tribunale per i minorenni, ai sensi dell'art. 74 della legge 4 maggio 1983, n. 184, a seguito delle indagini conseguenti all'avvenuto riconoscimento, da parte di persona coniugata, di un figlio naturale non riconosciuto dall'altro genitore.
Cass. civ. n. 5533/2001
Il conflitto di interessi nel rapporto processuale tra genitore esercente la potestà e figlio è ipotizzabile non già in presenza di un interesse comune, sia pure distinto ed autonomo, di entrambi al compimento di un determinato atto, ma soltanto allorché i due interessi siano nel caso concreto incompatibili tra loro, nel senso che l'interesse del rappresentante, rispetto all'atto da compiere, non si concili con quello del rappresentato; l'esistenza di una siffatta situazione di conflitto, il cui apprezzamento è rimesso al giudice di merito, non è normativamente presunta nel caso dell'azione di impugnazione del riconoscimento del figlio naturale per difetto di veridicità, la quale non rientra tra le ipotesi, tassativamente indicate dal legislatore, nelle quali il giudizio deve essere proposto, in rappresentanza del minore, nei confronti di un curatore speciale nominato al riguardo dal giudice; ne consegue che, in ordine a tale azione, trova applicazione, in mancanza della deduzione di una concreta situazione di conflitto di interessi, la regola secondo cui il genitore esercente la potestà è legittimato, nell'interesse del figlio minore, a resistere al giudizio da altri intentato.
Per la sospensione necessaria del processo ex art. 295 c.p.c. non è sufficiente che tra due liti sussista una mera pregiudizialità logica, ma è necessario un rapporto di pregiudizialità giuridica, che ricorre soltanto quando la definizione di una controversia costituisca l'indispensabile antecedente logico giuridico dell'altra il cui accertamento debba avvenire con efficacia di giudicato. (In applicazione del principio di cui in massima, la S.C. ha confermato la pronuncia del giudice di merito, il quale aveva escluso che ricorressero le condizioni per la sospensione necessaria del giudizio di impugnazione del riconoscimento del figlio naturale per difetto di veridicità in attesa della definizione di quello avente ad oggetto la querela di falso dell'atto di nascita relativamente alla regolarità del procedimento della sua formazione).
Cass. civ. n. 12085/1995
L'azione di impugnazione del riconoscimento del figlio naturale per difetto di veridicità (art. 263 c.c.) può essere accolta non solo quando l'attore provi che l'autore del riconoscimento, all'epoca del concepimento, era affetto da impotentia generandi o non aveva la possibilità di avere rapporti con la madre, ma anche quando fornisca la prova di essere il vero genitore, così provando nello stesso tempo sia la propria legittimazione che la fondatezza della domanda.
Cass. civ. n. 2269/1993
L'impugnazione del riconoscimento di figlio naturale, per difetto di veridicità, da parte del suo autore a norma dell'art. 263 c.c., ancorché non richieda la sopravvenienza di elementi di conoscenza nuovi rispetto a quelli noti al momento del riconoscimento, non ne costituisce una revoca, di cui l'art. 256 c.c. sancisce il divieto, poiché l'autore che impugna il riconoscimento, è tenuto alla giudiziale dimostrazione della non rispondenza del riconoscimento al vero.
Cass. civ. n. 7700/1990
La impugnazione per difetto di veridicità del riconoscimento del figlio naturale prevista dall'art. 263 c.c. postula la dimostrazione (che può essere data attraverso qualsiasi mezzo di prova, anche presuntivo) della assoluta impossibilità che il soggetto il quale ha effettuato il riconoscimento sia il padre del soggetto riconosciuto come figlio.
Cass. civ. n. 4201/1989
Nelle controversie in tema di impugnazione del riconoscimento di figlio naturale (e di contestazione della legittimità), trova applicazione, in mancanza di una deroga esplicita, la regola generale prevista dall'art. 70, n. 3, c.p.c., secondo la quale nelle cause riguardanti lo stato e la capacità delle persone il P.M. deve (soltanto) intervenire sotto pena di nullità e non può, quindi, (anche) esercitare l'azione e proporre impugnazione. Né l'espressione «chiunque vi abbia interesse», usata dall'art. 263 c.c. per indicare i soggetti legittimati ad impugnare il riconoscimento, può ritenersi comprensiva del P.M., essendo essa riferibile ai soli soggetti privati che abbiano un interesse individuale qualificato (concreto, attuale e legittimo) sul piano del diritto sostanziale, di carattere patrimoniale o morale, allo essere o al non essere dello status, del rapporto, dell'atto dedotto in giudizio (ad es. gli eredi e di parenti di chi risulti il genitore legittimo o l'autore del riconoscimento, colui che allega di essere il vero genitore, ecc.).