Art. 500 – Codice civile – Termine per la liquidazione
L'autorità giudiziaria, su istanza di alcuno dei creditori o legatari, può assegnare un termine all'erede per liquidare le attività ereditarie e per formare lo stato di graduazione [488, 496, 505 c.c., 749 c.p.c.].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale nei casi di discordanza rispetto al presente.
Massime correlate
Cass. civ. n. 14465/2024
In tema di imposta di registro, la trasformazione eterogenea regressiva è soggetta all'imposta in misura fissa, ai sensi dell'art. 4, lett. c), della Parte Prima della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, integrando l'ultima modifica statutaria della società, non riconducibile al successivo art. 9 della stessa tariffa, che ha natura residuale e si applica solo agli atti aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale con previsione di un corrispettivo, non ravvisabile ove una società di capitali si trasformi in società non lucrativa o ente non societario. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto correttamente corrisposta l'imposta in misura fissa, poiché nella trasformazione di una società in fondazione il capitale sociale resta impiegato, sia pure con modalità e fini diversi, e non viene restituito ai soci a titolo di corrispettivo).
Cass. civ. n. 29119/2023
In tema di contenzioso tributario, l'avviso di accertamento emesso e notificato nei confronti della società contribuente, nella forma risultante successivamente ad un'operazione di trasformazione societaria, è valido anche ove la verifica fiscale si riferisca a periodi ad essa antecedenti, poiché la trasformazione non comporta l'estinzione di un soggetto e la creazione di un altro, ma solo la modifica della struttura e dell'organizzazione dell'ente, lasciandone immutata l'identità soggettiva. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto invalidi gli avvisi di accertamento emessi e notificati nei confronti di una s.r.l., sebbene la verifica fiscale fosse riferita ad un periodo di imposta in cui l'ente, prima di un'operazione di trasformazione, aveva la forma di s.a.s.).
Cass. civ. n. 17473/2023
In tema di trasformazione di una società di persone in una società di capitali (c.d. "trasformazione omogenea progressiva"), l'art. 2500-quinquies c.c. richiede necessariamente, ai fini della liberazione dei soci illimitatamente responsabili per le obbligazioni sorte anteriormente ad essa, una comunicazione formale da parte della società debitrice nei confronti dei creditori sociali, in assenza della quale il consenso di questi ultimi non può in alcun modo presumersi.
Cass. civ. n. 5017/2023
In tema di fideiussione per obbligazione futura, la liberazione del garante ex art. 1956 c.c., non si determina per la sola circostanza che il debitore garantito si sia successivamente trasformato da società di persone in società di capitali, atteso che tale solo evento, di per sé, in ragione degli effetti della trasformazione di cui all'art. 2498 c.c., non determina alcun peggioramento delle condizioni patrimoniali della società debitrice in riferimento alla responsabilità dei soci della società trasformata, in quanto delle obbligazioni sociali passive anteriori alla trasformazione i soci continuano a rispondere personalmente e illimitatamente (salvo che creditori sociali non abbiano prestato il proprio consenso alla trasformazione) e per le obbligazioni sociali sorte dopo la trasformazione l'insussistenza di una responsabilità solidale e illimitata dei soci della società di capitali non determina alcun mutamento della consistenza quantitativa e qualitativa dell'indebitamento della società e del suo patrimonio anteriore alla trasformazione.
Cass. civ. n. 11040/2022
Il secondo comma dell'art. 2500 quinquies c.c. prevede un'ipotesi di presunzione di consenso abdicativo del creditore nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, che non può essere estesa oltre le ipotesi ivi espressamente contemplate di trasformazione da società di persone a società di capitali, comportando un atto di rinuncia ad un diritto nei confronti di un condebitore solidale con conseguente diminuzione della garanzia patrimoniale sottostante il credito. Ne consegue che la norma citata, nella parte in cui presume il consenso del creditore alla liberazione dei soci illimitatamente responsabili sulla base di un comportamento non oppositivo, non è suscettibile di interpretazione analogica e non può applicarsi anche all'ipotesi di trasformazione di una società di persone da società in nome collettivo a società in accomandita semplice.
Cass. civ. n. 23174/2020
In caso di trasformazione di una società di capitali in comunione di azienda, i creditori muniti di titolo anteriore alla trasformazione beneficiano dell'originario regime di responsabilità della società, la quale nel termine di cui all'art. 10 l.fall. potrà essere dichiarata fallita, dovendo escludersi che l'opposizione dei creditori, ex art. 2500 novies c.c., costituisca un rimedio sostitutivo al fallimento, trattandosi piuttosto di uno strumento aggiuntivo che appronta una tutela di intensità inferiore.
Cass. civ. n. 29745/2020
Ai sensi dell'art. 2500 quinquies c.c. la trasformazione di una società non libera i soci a responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali anteriori alla iscrizione della delibera di trasformazione nel registro delle imprese, se non risulta che i creditori sociali hanno dato il loro consenso alla trasformazione; quest'ultimo si presume se i creditori, ai quali la deliberazione di trasformazione sia stata comunicata, non hanno espressamente negato la loro adesione nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione, la quale deve avere come oggetto specifico la trasformazione della società. Ne consegue che, ai fini della operatività della presunzione di consenso, all'omessa comunicazione non possono supplire né la conoscenza acquisita "aliunde" della trasformazione da parte dei creditori, né l'invio di atti ai medesimi dai quali l'avvenuta trasformazione sia riconoscibile, né la notizia legale dell'avvenuta trasformazione che deriva dalla pubblicità della delibera.
Cass. civ. n. 16511/2019
La trasformazione eterogenea di una società di capitali in comunione di azienda, ai sensi dell'art. 2500 septies c.c., non preclude la dichiarazione del fallimento della medesima società entro un anno dalla sua cancellazione dal registro delle imprese, trattandosi pur sempre di un fenomeno successorio tra soggetti distinti.
Cass. civ. n. 27444/2018
In materia societaria, la vendita di una quota di partecipazione con opzione di riacquisto per un corrispettivo da quantificarsi secondo l'andamento della società al momento dell'adesione alla dichiarazione di offerta di riacquisto, diversamente dalla vendita con patto di riscatto, integra un contratto aleatorio in cui l'alea, che può colpire entrambe le parti, è insita nella variazione che il valore della partecipazione può subire entro il termine pattuito per l'esercizio del diritto di opzione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto non integrante violazione dell'art. 1500, comma 2, c.c. il contratto con il quale un socio di una società fallita aveva ceduto la propria quota con opzione di riacquisto della partecipazione alla società tornata "in bonis", da esercitarsi entro un certo termine e per un prezzo, determinabile entro un minimo ed un massimo, da quantificarsi secondo l'andamento della società al momento dell'adesione alla dichiarazione di offerta di riacquisto).
Cass. civ. n. 13820/2016
In tema di eredità con beneficio d'inventario, il decreto con cui il tribunale, accertata la difficoltà dei coeredi di completare la liquidazione, autorizzi la vendita concorsuale non è impugnabile con ricorso straordinario per cassazione, in quanto, pur riguardando posizioni di diritto soggettivo, tale decreto chiude un procedimento non contenzioso, privo di vero e proprio contraddittorio, senza statuire su dette posizioni in via decisoria e definitiva.
Cass. civ. n. 6144/2016
In tema di vendita con patto di riscatto, la nullità, per l'eccedenza, della clausola con cui le parti subordinano l'esercizio del riscatto al pagamento di un prezzo superiore a quello fissato per la vendita colpisce anche la pattuizione relativa al pagamento di interessi sul prezzo medesimo, quand'anche a titolo compensativo di utilità che il venditore abbia potuto trarre in ragione di particolari accordi intervenuti con l'acquirente (nella specie, per avere previsto una riserva di usufrutto, in proprio favore, sul bene compravenduto), giacché tale utilità, secondo un criterio di ragionevolezza, deve ritenersi scontata nel prezzo originario fissato dalle parti.
Cass. civ. n. 20132/2014
In tema di accettazione con beneficio d'inventario, il decreto con cui il tribunale rigetta l'istanza di proroga del termine ex art. 500 cod. civ. per completare la procedura di liquidazione non è impugnabile con ricorso per cassazione a norma dell'art. 111 Cost., in quanto, pur riguardando posizioni di diritto soggettivo, chiude un procedimento di tipo non contenzioso privo di un vero e proprio contraddittorio e non statuisce in via decisoria e definitiva attesa la sua revocabilità e modificabilità alla stregua dell'art. 742 cod. proc. civ.
Cass. civ. n. 10643/2007
In tema di eredità giacente, il rigetto, da parte del tribunale in composizione monocratica, della richiesta di fissazione di un termine per il rendiconto e per la liquidazione delle attività (artt. 500 c.c. ) può essere impugnato, sotto forma di reclamo, al competente collegio del tribunale, mentre la successiva decisione di rigetto di quest'ultimo non è impugnabile con il rimedio straordinario del ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., poichè l'ordinanza emessa dall'organo collegiale è inidonea (in quanto non destinata ad incidere su diritti soggettivi ) a produrre effetti di diritto sostanziale, ed è altresì inidonea a passare in cosa giudicata, avendo la medesima natura (non decisoria ) del provvedimento pretorile di volontaria giurisdizione, con conseguente facoltà, per l'interessato, di ricorrere nuovamente al giudice per chiedere un altro provvedimento di fissazione del termine.
Cass. civ. n. 15963/2007
È valido l'accordo negoziale stipulato tra soci e terzi avente ad oggetto la ricapitalizzazione di una società a responsabilità limitata e la sua trasformazione in società per azioni anche se la delibera societaria possa astrattamente ritenersi viziata perché assunta sulla base di una situazione patrimoniale non corrispondente a quella reale. I patti parasociali, in quanto destinati a disciplinare convenzionalmente l'esercizio di diritti e facoltà dei soci, non sono vietati e possono essere stipulati non solo tra soci ma anche tra soci e terzi. Pur essendo vincolanti esclusivamente tra le parti contraenti e non potendo incidere direttamente sull'attività sociale, i patti parasociali devono ritenersi illegittimi solo quando il contenuto dell'accordo si ponga in contrasto con norme imperative o sia idoneo a consentire l'elusione di norme o principi generali dell'ordinamento inderogabili ma non quando sia destinato a realizzare un risultato pienamente consentito dall'ordinamento. (Rigetta, App. Torino, 26 novembre 2003).
Cass. civ. n. 9569/2007
Il principio secondo cui la trasformazione di una società di persone in società di capitali non dà luogo ad un nuovo ente, ma integra una mera mutazione formale di un'organizzazione, che sopravvive alla vicenda della trasformazione senza soluzione di continuità, trova applicazione anche al fenomeno inverso (trasformazione, c.d. regressiva, di società di capitali in società di persone), ed anche ai mutamenti intervenuti nell'ambito di ognuno dei due tipi di società, come nell'ipotesi di trasformazione di una società in accomandita semplice in una società che, essendo rimasta ferma l'identità e l'integrità dell'impresa commerciale già gestita nella forma precedente, deve qualificarsi come irregolare, ancorché nel relativo atto sia stata qualificata "semplice", dovendo escludersi, in ogni caso, la possibilità di equiparare il soggetto risultante dalla trasformazione ad una persona fisica, in quanto tale assimilazione comporterebbe uno stravolgimento dei principi che regolano la diversità dei soggetti di diritto e dei relativi statuti. (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Venezia, 17 maggio 2000).
Cass. civ. n. 9065/2006
Ai sensi dell'art. 2499 c.c., la trasformazione di una società non libera i soci a responsabilità illimitata dalla responsabilità per le obbligazioni sociali anteriori all'iscrizione della deliberazione di trasformazione nel registro delle imprese, se non risulta che i creditori sociali abbiano dato il loro consenso alla trasformazione stessa, il quale si presume se i creditori, ai quali la suddetta deliberazione sia stata comunicata, non abbiano negato espressamente la loro adesione nel termine di trenta giorni dalla ricezione della comunicazione medesima.
Cass. civ. n. 26826/2006
La trasformazione di una società da un tipo ad un altro previsto dalla legge, ancorché connotato di personalità giuridica, non si traduce nell'estinzione di un soggetto e correlativa creazione di uno nuovo in luogo di quello precedente, ma configura una vicenda meramente evolutiva e modificativa del medesimo soggetto; essa comporta, in particolare, soltanto una variazione di assetto e di struttura organizzativa, la quale non incide sui rapporti sostanziali e processuali facenti capo alla originaria organizzazione societaria. Pertanto, la circostanza che nell'atto introduttivo dell'impugnazione sia stata indicata come parte istante la società anteriore alla trasformazione è ininfluente, purché non induca incertezza sull'identificazione della parte impugnante e l'impugnazione sia stata proposta da procuratore dotato di "ius postulandi" per averne avuto il relativo potere dal legale rappresentante all'epoca abilitato a rilasciare la procura in nome e per conto della società. (Nella specie, la Corte, sulla scia del principio come sopra affermato, ha ritenuto in concreto ininfluente che nel ricorso per cassazione figurasse come istante la precedente società, in quanto proprio il controricorrente, nel contestare la validità e l'ammissibilità dell'iniziativa avversaria, aveva richiamato la "trasformazione", mostrando di averne piena contezza). (Rigetta, App. Lecce, 31 gennaio 2002).
Cass. civ. n. 16500/2004
In caso di trasformazione di una società di fatto (nella specie, uno studio associato tra professionisti) in società in accomandita semplice, si è in presenza di un medesimo soggetto giuridico, sia pure dotato di una nuova veste societaria; ne consegue che il rapporto di lavoro dipendente iniziato con il primo soggetto prosegue con il secondo, e comporta la responsabilità della società di persone per tutti gli obblighi derivanti da tale rapporto di lavoro.
Cass. civ. n. 11994/2002
In tema di trasformazione societaria, la norma di cui all'art. 2499 c.c., a mente della quale, dell'avvenuta trasformazione di un ente (nella specie, da società in accomandita semplice in Srl), va data «comunicazione» ai soci, deve essere interpretata nel senso che la predetta comunicazione non ha funzione di portare a conoscenza del socio destinatario l'intero contenuto della deliberazione di trasformazione, essendo, per converso, sufficiente che essa contenga la semplice notizia dell'avvenuta trasformazione ovvero il semplice richiamo degli estremi della delibera stessa , atteso che, sulla base di tale notizia, il socio destinatario è in condizione di tutelare i propri interessi manifestando il proprio dissenso alla liberazione dei soci illimitatamente responsabili.
Cass. civ. n. 5141/2002
In caso di conferimento di un'azienda individuale ad una società si verifica un fenomeno traslativo non soggetto alla disciplina dell'art. 2498 c.c. (concernente esclusivamente il caso di trasformazione di società da un tipo in un altro, con conseguente passaggio ipso iure dalla prima alla seconda di diritti ed obblighi), in virtù del quale, se l'alienante non è liberato dai debiti inerenti all'esercizio dell'azienda ceduta, anteriori al trasferimento salvo che non risulti il consenso dei creditori permane la sua legittimazione a contestame l'esistenza, con la quale concorre quella dell'acquirente solo ove si tratti di debiti aziendali che risultino dai libri contabili obbligatori. (Nella specie, alla stregua del principio di cui in massima, la S.c. ha confermato, sia pure correggendone la motivazione nel senso di escludere la legittimazione attiva della ricorrente, la decisione pretorile che aveva rigettato nel merito la opposizione ad ordinanza-ingiunzione prefettizia emessa nei confronti di una ditta individuale, poi conferita alla opponente società a responsabilità limitata, la quale aveva dedotto la ritenuta successione in universum ius alla ditta in essa conferita, dolendosi della mancata notificazione nei propri confronti della ordinanza).
Cass. civ. n. 15583/2001
Il provvedimento di fissazione del termine per la liquidazione dell'eredità beneficiata previsto dall'art. 500 c.c. ha natura volontaria e non contenziosa e va assunto con ordinanza, impugnabile con reclamo, ove si limiti a concedere o negare le previste disposizioni sull'incontestato presupposto della ricorrenza o meno delle condizioni di legge pre la sua adozione; quando, invece, vi siano contestazioni tra le parti in ordine al diritto dell'istante di chiedere la fissazione del termine o all'obbligo dell'erede di procedere alla liquidazione, la decisione del giudice sul punto viene ad incidere sui diritti soggettivi delle parti, onde il relativo provvedimento, quale che sia la forma adottata, finisce per assumere contenuto sostanziale di sentenza. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto l'ammissibilità dell'appello proposto avverso il provvedimento emesso ai sensi dell'art. 500 c.c., avendo rilevato che detto provvedimento aveva non solo la forma, ma anche la natura di sentenza).
Cass. civ. n. 13862/2001
In tema di accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, in caso di proroga del termine assegnato agli eredi per la liquidazione delle attività ereditarie ex art. 500 c.c. — proroga che, in assenza di espressa disposizione contraria, ben può essere dall'A.G. disposta in virtù della regola generale di cui agli artt. 742 e 742 bis c.p.c., nonché della natura non perentoria del termine, desumentesi anche dall'ultimo comma dell'art. 505 c.c. secondo cui la decadenza dal beneficio d'inventario può essere fatta valere soltanto dai creditori del defunto e dai legatari —, la mancata partecipazione al procedimento concernente la proroga di soggetti che avevano preso parte al procedimento di assegnazione del termine non dà luogo a nullità per violazione del contraddittorio, ben potendo la parte pretermessa adire il giudice per la revoca o modifica della proroga concessa in sua assenza, stante la non definitività dei provvedimenti concernenti i termini, mentre le altre parti, non verificandosi incapienza, non ne ricevono concreto pregiudizio e non hanno pertanto interesse a dolersene. All'erede accettante con beneficio d'inventario non può pertanto riconoscersi alcuna posizione di diritto soggettivo, sia in ordine alla mancata osservanza da parte degli altri coeredi del termine in questione originariamente assegnato dal giudice che relativamente alla proroga del medesimo.
Cass. civ. n. 6810/2001
L'art. 2499 c.c., secondo il quale la trasformazione di una società libera i soci illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali anteriori alla trasformazione, ove risulti che i creditori sociali hanno dato il loro consenso alla trasformazione stessa, non trova applicazione per i crediti contributivi previdenziali, i quali, nascendo da un rapporto disciplinato dal regime di previdenza sociale, non diversamente dalle altre forme di finanziamento delle prestazioni di assistenza sociale, per il comune carattere pubblico ed obbligatorio dei rispettivi regimi correlati a finalità di ordine costituzionale (art. 38 Cost.), hanno natura inderogabile e sono perciò indisponibili.
Cass. civ. n. 10254/2000
In tema di società, ogni specie di trasformazione comporta soltanto il mutamento formale di un'organizzazione societaria già esistente, non la creazione di un nuovo ente che si distingua dal vecchio; sicché, l'ente trasformato, quand'anche consegua la personalità giuridica della quale era sprovvisto, non si estingue per rinascere sotto altra forma, né dà luogo ad un nuovo centro di im-putazione di rapporti giuridici, ma sopravvive alla vicenda modificativa senza soluzione di continuità e senza perdere la sua identità soggettiva, con la conseguenza che tutto il patrimonio (mobile ed immobile) della società trasformata deve essere considerato, automaticamente e senza possibilità d'eccezione alcuna, di proprietà della medesima società, pur nella nuova veste e denominazione. (La S.C. ha così cassato la sentenza impugnata che, pur riconoscendo il principio sopra enunciato, aveva ritenuto di potervi derogare, non attribuendo alla società «regolarizzata» la legittimazione ad impugnare perché il bene oggetto della controversia non risultava conferito alla società nelle forme dell'art. 1350, n. 9, c.c., ma era rimasto nella sfera giuridica patrimoniale individuale dei due soci fratelli).
Cass. civ. n. 1240/2000
Nel caso di trasformazione di una società di persone in una società di capitali, la relazione di stima del patrimonio della società trasformanda da parte dell'esperto nominato dal presidente del tribunale è imposta dagli artt. 2498 e 2343 c.c. nell'interesse dei creditori sociali e dei soci futuri, i quali sono legittimati ad agire per il risarcimento dei danni da essi subiti per effetto della condotta di detto esperto.
Cass. civ. n. 3244/1998
In tema di eredità giacente, il rigetto, da parte del pretore, della richiesta di fissazione di un termine per il rendiconto e per la liquidazione delle attività (artt. 496 e 500 c.c.) può essere impugnato, sotto forma di reclamo, al competente tribunale, mentre la successiva decisione di rigetto del tribunale stesso non è impugnabile con il rimedio straordinario del ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., poiché l'ordinanza emessa dall'organo collegiale è inidonea (in quanto non destinata ad incidere su diritti soggettivi) a produrre effetti di diritto sostanziale e processuale, riguardando soltanto la mancata fissazione di un termine per il rendiconto e la liquidazione di attività, senza determinare alcuna ipotesi di incapienza per il creditore istante, ed è altresì inidonea a passare in cosa giudicata, attesane la medesima natura (non decisoria) del provvedimento pretorile di volontaria giurisdizione, con conseguente facoltà, per l'interessato, di ricorrere nuovamente al giudice per chiedere un altro provvedimento di fissazione del termine.
Cass. civ. n. 4816/1998
Il criterio distintivo tra vendita fiduciaria a scopo di garanzia e vendita dissimulante un mutuo con patto commissorio deve individuarsi nel fatto che nella prima la proprietà si trasferisce, effettivamente ed immediatamente, al compratore il quale può assumere l'impegno, derivante da accordo interno con efficacia meramente obbligatoria, di ritrasferire il bene al venditore se questi estinguerà il debito garantito entro il termine previsto, mentre nella seconda le parti, pur dichiarando formalmente di volere comprare e vendere, concordano in concreto che il creditore-compratore diventerà proprietario soltanto se il debitore-venditore non estinguerà il debito nel termine stabilito, così ponendo in essere una vendita sotto condizione sospensiva.
Cass. civ. n. 7385/1986
La vendita con patto di riscatto o de retrovendendo, ex art. 1500 c.c.; anche se stipulata a scopo di garanzia, sempreché sia vera e reale, non incorre nella sanzione di nullità stabilita per il patto commissorio vietato dagli artt. 1963, 2744 c.c., stante la strutturale non assimilabilità al patto commissorio (che determina l'effetto traslativo in danno del debitore, in dipendenza e in conseguenza, anche cronologica, del suo inadempimento) del patto di riscatto che attribuisce al venditore soltanto il potere di conseguire a pena di decadenza nel termine e con le modalità fissate dalla legge — il riacquisto del bene, ma prescinde da qualsiasi incidenza sull'effetto reale della vendita, che avviene immediatamente e direttamente per effetto del solo consenso dei contraenti ex art. 1376 c.c., indipendentemente dal mancato esercizio del riscatto. Né, d'altra parte, lo scopo di garanzia può, di per sé, determinare la nullità della vendita con patto di riscatto sotto il profilo della illiceità del motivo ai sensi dell'art. 1345 o del negozio in frode alla legge ex art. 1344 c.c.
Cass. civ. n. 3843/1983
La vendita fiduciaria a scopo di garanzia si distingue dalla vendita con patto di riscatto dissimulante un mutuo con patto commissorio perché nel negozio fiduciario la proprietà si trasferisce al compratore che, però, assume l'obbligo, derivante dal patto interno ad efficacia meramente obbligatoria, di ritrasferire il bene al venditore se questi estinguerà il debito garantito, mentre nel negozio simulato, pur essendo apparentemente convenuto il trasferimento immediato della proprietà (sottoposto a condizione risolutiva a favore del venditore che voglia riprendere la cosa mediante la tempestiva restituzione del prezzo), le parti concordano in concreto, ponendo in essere un patto commissorio, che il compratore-creditore diverrà proprietario dell'immobile solo se il debitore non adempierà il suo debito nel termine stabilito. Data la nullità di tale patto, la prova di siffatta simulazione può essere data con testimoni e presunzioni anche inter partes.
Cass. civ. n. 2498/1974
La vendita con patto di riscatto, stipulata al fine di garantire la restituzione di una somma mutuata dal compratore al venditore entro il termine previsto per l'esercizio del riscatto, è una vendita vera e reale. Essa integra un negozio sottoposto a condizione risolutiva potestativa, per la cui validità si esige il trasferimento immediato della proprietà della cosa dal venditore al compratore, salvo l'obbligo di ritrasferire la cosa al venditore nel caso di tempestiva estinzione del debito garantito. A tale negozio non è applicabile, neanche in via analogica, la norma dell'art. 2744 c.c. che vieta il patto commissorio. Tuttavia, se i contraenti sono d'accordo per stipulare una compravendita sotto condizione sospensiva, nel senso che il compratore-creditore diverrà proprietario della cosa soltanto se nel termine stabilito non otterrà dall'altra parte il soddisfacimento del proprio credito, in tal caso si ha un negozio simulato; e, poiché il negozio dissimulato avente per oggetto un immobile, adempie alla funzione economica e giuridica della costituzione di ipoteca con patto commissorio, esso è nullo.