Art. 505 – Codice civile – Decadenza dal beneficio
L'erede che, in caso di opposizione, non osserva le norme stabilite dall'articolo 498 o non compie la liquidazione o lo stato di graduazione nel termine stabilito dall'articolo 500, decade dal beneficio d'inventario [490, 493, 494, 509 c.c.].
Parimenti decade dal beneficio d'inventario l'erede che, nel caso previsto dall'art. 503, dopo l'invito ai creditori di presentare le dichiarazioni di credito, esegue pagamenti prima che sia definita la procedura di liquidazione o non osserva il termine che gli è stato prefisso a norma dell'articolo 500.
La decadenza non si verifica quando si tratta di pagamenti a favore di creditori privilegiati o ipotecari [503].
In ogni caso la decadenza dal beneficio d'inventario può essere fatta valere solo dai creditori del defunto e dai legatari [509 c.c.].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 30247/2019
In tema di liquidazione concorsuale dell'eredità beneficiata, il termine previsto dall'art. 498, comma 2, c.c., entro il quale l'erede deve invitare i creditori e i legatari a presentare le dichiarazioni di credito, ha natura perentoria, in quanto coerente con l'esigenza di procedere in tempi ragionevoli alla liquidazione dell'eredità; in funzione della medesima necessità è perentorio anche il termine, fissato dal notaio, entro il quale i creditori e i legatari possono presentare le dichiarazioni di credito. (Cassa con rinvio, TRIBUNALE ASCOLI PICENO, 31/05/2016).
Cass. civ. n. 8104/2016
In pendenza della procedura concorsuale di liquidazione dell'eredità beneficiata, il divieto posto dall'art. 506 c.c. di promuovere procedure individuali concerne unicamente le azioni esecutive, sicché non impedisce ai creditori ereditari di promuovere nei confronti dell'erede azioni di accertamento e di condanna per procurarsi un titolo giudiziale - accertativo o esecutivo - azionabile per soddisfarsi sul residuo della procedura concorsuale. (Rigetta, App. Lecce, Sez. Dist. di Taranto, 01/10/2010).
Cass. civ. n. 19847/2010
La fusione per incorporazione nella disciplina previgente alla riforma del diritto societario di cui al d.l.vo n. 6 del 2003, applicabile "ratione temporis" comporta l'estinzione automatica delle società fuse od incorporate, con confusione dei patrimoni delle società preesistenti. Ne consegue che, la cessazione dalla carica dell'amministratore è automatica e - anche a prescindere dalla previsione generale di cui all'art. 1722, primo comma, n. 4, c.c. - costituisce conseguenza obbligata della creazione della nuova società, senza che tale evenienza sia assimilabile al fenomeno della revoca tacita da parte dell'assemblea, atteso che per effetto della fusione cessa di esistere un'assemblea della società incorporata.
Cass. civ. n. 2637/2006
Ai sensi del nuovo art. 2505 bis c.c., conseguente alla riforma del diritto societario (D.L.vo 17 gennaio 2003, n. 6), la fusione tra società non determina, nelle ipotesi di fusione per incorporazione, l'estinzione della società incorporata, né crea un nuovo soggetto di diritto nell'ipotesi di fusione paritaria, ma attua l'unificazione mediante l'integrazione reciproca delle società partecipanti alla fusione, risolvendosi in una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo. Deve pertanto escludersi che la fusione per incorporazione determini l'interruzione del processo ai sensi dell'art. 300 c.p.c.
Cass. civ. n. 7226/2006
In tema di accettazione dell'eredità, ai fini dell'applicabilità dell'art. 485 c.c., che prevede l'ipotesi della cosiddetta " accettazione presunta" per effetto della mancata effettuazione dell'inventario entro tre mesi dall'apertura della successione da parte di chi sia in possesso dei beni ereditari, l'onere della prova di tale possesso incombe su colui che lo abbia dedotto. (Rigetta, Trib. Como, 28 marzo 2001).
Cass. civ. n. 3791/2003
La riassunzione dei giudizi promossi dal de cuius e la gestione dell'impresa commerciale relativa all'azienda commerciale caduta nell'eredità, se contenuta nei limiti del normale esercizio, effettuate dall'erede che abbia accettato l'eredità con beneficio di inventario costituiscono atti di ordinaria amministrazione e, conseguentemente, non cagionano la decadenza dell'erede da detto beneficio.
Cass. civ. n. 2716/2002
Nell'ipotesi in cui una società incorpori altra società da essa interamente o parzialmente posseduta, il disavanzo di fusione esprime la differenza tra il valore del patrimonio netto dell'incorporata ed il prezzo pagato per l'acquisto delle partecipazioni che lo rappresentano: la sua utilizzazione è diretta a «riallineare» il valore contabile del patrimonio netto dell'incorporata al costo delle partecipazioni, facendo emergere valori, come quello relativo all'avviamento, che nel bilancio di esercizio dell'incorporata non erano stati, né potevano essere, considerati.