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Art. 524 — Impugnazione della rinunzia da parte dei creditori

Art. 524 — Impugnazione della rinunzia da parte dei creditori

Se taluno rinunzia, benché senza frode, a un’eredità con danno dei suoi creditori, questi possono farsi autorizzare ad accettare l’eredità in nome e luogo del rinunziante [ 2652 n. 1 c.c. ], al solo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza dei loro crediti.

Il diritto dei creditori si prescrive in cinque anni dalla rinunzia [ 2934 ss. c.c. ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 8519/2016

Per l’impugnazione della rinunzia ereditaria ai sensi dell’art. 524 c.c., è richiesto il solo presupposto oggettivo del prevedibile danno ai creditori, che si verifica quando, al momento dell’esercizio dell’azione, fondate ragioni (nella specie, l’intervenuta dichiarazione di fallimento) facciano apparire i beni personali del rinunziante insufficienti a soddisfare del tutto i suoi creditori.

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Cass. pen. n. 1740/2011

In tema di documentazione degli atti, non determina la nullità, ex art. 142 c.p. p., la mancata sottoscrizione del verbale di udienza in ogni foglio, in quanto tale sanzione è prevista solo per il caso in cui manchi del tutto la sottoscrizione da parte del pubblico ufficiale redigente, determinando incertezza assoluta sulle persone intervenute nella formazione dell’atto, ma non riguarda ogni inosservanza delle formalità indicate dall’art. 137 c.p.p.

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Cass. civ. n. 20562/2008

L’azione ex art. 524 cod. civ., mediante la quale i creditori del rinunciante all’eredità chiedono di essere autorizzati all’accettazione con beneficio d’inventario, in nome e luogo del rinunciante stesso, non può essere esperita quando la rinuncia provenga dal legittimario pretermesso, non potendo quest’ultimo essere qualificato chiamato all’eredità, prima dell’accoglimento dell’azione di riduzione che abbia rimosso l’efficacia preclusiva delle disposizioni testamentarie.

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Cass. civ. n. 7735/2007

In caso di rinuncia all’eredità o di inutile decorso del termine all’uopo fissato, per impugnare la rinuncia e renderla inefficace i creditori debbono esperire l’azione prevista dall’art. 524 c.c., proponendo e trascrivendo la domanda anche nei confronti di chi si affermi quale avente causa degli altri chiamati all’eredità rispetto al medesimo immobile. Poiché tale azione produce in rapporto ai creditori del chiamato rinunciante i sostanziali effetti dell’azione revocatoria, al sequestro richiesto per assicurare gli effetti dell’accoglimento della domanda prevista dall’art. 524 applicabile la disciplina dettata dall’art. 2905 c.c., potendosi trascrivere il sequestro tanto nei confronti del dante causa del debitore che nei confronti di quest’ultimo al solo scopo di far accertare l’esistenza del credito vantato verso di lui; non è invece idonea al medesimo fine la semplice richiesta di sequestro conservativo dei beni oggetto della delazione ereditaria, atteso che verrebbe altrimenti elusa la disciplina degli effetti della trascrizione, la quale ha riguardo a situazioni tipiche, e considerato che detti beni non appartengono a chi è chiamato all’eredità. (Fattispecie anteriore all’entrata in vigore delle norme sul procedimento cautelare uniforme).

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Cass. pen. n. 5043/2004

In tema di misure cautelari personali, poiché i gravi indizi di colpevolezza sono quegli elementi a carico, di natura logica o rappresentativa, idonei a fondare il convincimento di qualificata probabilità di colpevolezza, l’individuazione fotografica effettuata dinanzi alla polizia giudiziaria, indipendentemente dall’accertamento delle modalità e quindi della rispondenza alla metodologia prevista per la formale ricognizione a norma dell’art. 213 c.p.p., ben può essere posta a fondamento di una misura cautelare, perché lascia fondatamente ritenere che sbocchi in un atto di riconoscimento, formale o informale, o in una testimonianza che tale riconoscimento confermi.

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Cass. civ. n. 17866/2003

Il debitore rinunciante all’eredità è il solo soggetto passivamente legittimato all’azione intentata dai creditori ex art. 524 c.c., con la conseguenza che, al suo decesso, legittimato passivo risulta il suo erede quale persona che gli succede in universum ius, e, quindi, nella situazione di debitore rinunciante all’eredità, da cui scaturisce la legittimazione passiva de qua.

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Cass. civ. n. 3548/1995

L’azione esercitata dal creditore ai sensi dell’art. 524 c.c. per essere autorizzato ad accettare l’eredità in nome ed in luogo del debitore rinunziante ha una funzione strumentale per il soddisfacimento del credito, in quanto mira a rendere inopponibile al creditore la rinunzia e a consentirgli di agire sul patrimonio ereditario, rendendogli estranea la delazione del terzo chiamato per effetto della rinunzia da lui impugnata. Ne deriva che la legittimazione passiva spetta unicamente al debitore rinunciante, mentre i successivi chiamati che hanno accettato l’eredità possono considerarsi portatori di un interesse idoneo a consentire unicamente un intervento in causa adesivo dipendente, per sostenere le ragioni del debitore rinunziante, senza poter proporre domande proprie, diverse da quella di appoggio alla domanda della parte adiuvata.

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Cass. civ. n. 2394/1974

Per l’esercizio dell’impugnazione della rinunzia ad un’eredità da parte dei creditori è richiesto un unico presupposto di carattere oggettivo, ossia che la rinunzia all’eredità da parte del debitore importi un danno per i suoi creditori, in quanto il suo patrimonio personale non basti a soddisfarli e l’eredità presenti un attivo. Non è necessario che siano consapevoli di tale danno i successivi chiamati all’eredità, i quali, a seguito della rinunzia del primo, l’abbiano accettata; né è necessario che la rinunzia all’eredità sia stata preordinata allo specifico scopo d’impedire ai creditori di soddisfarsi, e neppure occorre da parte del debitore la consapevolezza del pregiudizio loro arrecato. Quanto al presupposto del danno, basta che al momento della proposizione dell’azione di cui all’art. 524 c.c. il danno sia sicuramente prevedibile, nel senso che ricorrano fondate ragioni per ritenere per i beni personali del debitore possano non risultare sufficienti per soddisfare del tutto i suoi creditori. Diversamente dalla revocatoria, l’impugnazione della rinunzia da parte del debitore ad un’eredità di cui all’art. 524 c.c. non mira a rendere inefficace un atto di disposizione del patrimonio del debitore, che abbia ridotto la garanzia generica dei suoi creditori, in quanto, non avendo la delazione ereditaria natura patrimoniale, non essendo cioè un bene del patrimonio del chiamato, al quale attribuisce soltanto un potere, la di lui rinunzia non costituisce un atto di rinunzia in senso proprio, ma un semplice rifiuto, e non produce l’effetto della dismissione di beni entrati nel suo patrimonio, ma quello d’impedirne l’ingresso. L’azione dei creditori per farsi autorizzare ad accettare l’eredità in nome e luogo del debitore rinunziante (art. 524 c.c.), differisce dalla surrogatoria, giacché non mira a far entrare i beni dell’eredità rinunziata nel patrimonio del debitore, il quale per effetto di essa non li acquista nemmeno fino alla concorrenza dei crediti fatti valere, e tuttavia risulta più vantaggiosa per i creditori che non l’azione surrogatoria, il cui esercizio non sarebbe ipotizzabile in caso di rinunzia non revocabile a norma dell’art. 525 c.c. I creditori, prima di esercitare l’azione di impugnazione della rinunzia all’eredità da parte del debitore, cui all’art. 524 c.c. non sono tenuti ad interpellare i successivi chiamati ed accettanti l’eredità, per sapere se intendano pagare i debiti del rinunziante, né costoro hanno un diritto di poter vendere essi stessi i beni ereditari, per poter esercitare la facoltà di provvedere a un tale pagamento mediante il ricavato.

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