Art. 557 – Codice civile – Soggetti che possono chiedere la riduzione
La riduzione delle donazioni e delle disposizioni lesive della porzione di legittima non può essere domandata [2652 n. 8, 2690 n. 5 c.c.] che dai legittimari [536 c.c.] e dai loro eredi o aventi causa.
Essi non possono rinunziare a questo diritto, finché vive il donante, né con dichiarazione espressa, né prestando il loro assenso alla donazione [458 c.c.].
I donatari e i legatari non possono chiedere la riduzione, né approfittarne. Non possono chiederla né approfittarne nemmeno i creditori del defunto, se il legittimario avente diritto alla riduzione ha accettato con il beneficio d'inventario [484 ss., 564, 2652 n. 8, 2690 n. 5 c.c.].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale nei casi di discordanza rispetto al presente.
Massime correlate
Cass. civ. n. 12764/2025
La conferma delle disposizioni testamentarie o la volontaria esecuzione di esse non opera rispetto a quelle lesive della legittima, in quanto gli effetti convalidativi di cui all'art. 590 c.c. si riferiscono alle sole disposizioni testamentarie nulle: ne deriva che in dette ipotesi non è preclusa al legittimario l'azione di riduzione, salvo che egli non abbia manifestato in modo non equivoco la volontà di rinunciare a far valere la lesione mediante un comportamento concludente incompatibile con la stessa.(Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione che aveva escluso come la sottoscrizione da parte dell'erede pretermesso del preliminare di vendita di un bene caduto in successione, con il quale l'erede istituito aveva promesso di consegnare parte del prezzo anche all'erede pretermesso, costituisse rinuncia all'azione di riduzione da parte di quest'ultimo).
Cass. civ. n. 366/2024
E' nulla per contrasto con il divieto di cui all'art. 458 c.c. la transazione con la quale uno dei futuri eredi, quando è ancora in vita il de cuius, rinunci ai diritti vantati, anche quale legittimario, sulla futura successione, ivi incluso il diritto a fare accertare la natura simulata degli atti di disposizione posti in essere dalla de cuius in quanto idonei a dissimulare una donazione.
Cass. civ. n. 31125/2023
L'accoglimento dell'azione di riduzione da parte del legittimario pretermesso determina una comunione tra il predetto e l'erede istituito nella quale la quota del primo è corrispondente al valore della quota di legittima non soddisfatta, determinata in proporzione al valore dell'intera massa, la cui stima va compiuta alla data di apertura della successione ovvero, qualora debba procedersi alla divisione, alla data di effettivo scioglimento della comunione.
Cass. civ. n. 29821/2023
In caso di insufficienza del relictum a soddisfare i diritti dei legittimari, per avere il de cuius effettuato in vita donazioni eccedenti la quota disponibile, la riduzione delle stesse, pronunciata su istanza del legittimario, ha funzione integrativa del contenuto economico della quota ereditaria spettantegli ex lege, determinando il concorso della successione legittima con quella necessaria. Ne consegue che la domanda di accertamento della simulazione di atti dispositivi compiuti dal de cuius, avanzata dall'erede legittimario in riferimento alla quota di successione ab intestato, non implica che egli abbia fatto valere i diritti di erede, piuttosto che quelli di legittimario, allorché, dall'esame complessivo della domanda, risulti che l'accertamento era stato comunque richiesto per il recupero o la reintegrazione della quota di legittima lesa, sicché, in tali casi, non possono trovare applicazione le limitazioni probatorie previste per le parti originarie in materia di prova della simulazione, ponendosi l'erede in posizione antagonista a quella del de cuius e potendosi giovare, perciò, del regime più favorevole di cui all'art. 1417 c.c.
Cass. civ. n. 23036/2023
La rinuncia del coniuge all'azione di riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della quota di legittima può comportare un arricchimento nel patrimonio della figlia beneficiata, nominata erede universale, tale da integrare gli estremi di una donazione indiretta, se corra un nesso di causalità diretta tra donazione e arricchimento.
Cass. civ. n. 36990/2022
Il legittimario che agisca in riduzione ha l'onere di precisare entro quali limiti sia stata lesa la sua quota di riserva, indicando gli elementi patrimoniali che contribuiscono a determinare il valore della massa ereditaria nonché, di conseguenza, quello della quota di legittima violata. L'onere di allegazione è soddisfatto una volta che, richiamata la quota di legittima prevista per legge, il legittimario assuma che, per effetto delle disposizioni testamentarie ovvero in conseguenza delle donazioni poste in essere in vita in favore di altri soggetti, ed al netto di quanto ricevuto dall’erede, residui una lesione. Non può, invece, imporsi anche la quantificazione in termini di valore dei vari elementi destinati ad essere presi in considerazione ai fini della precisazione del relictum e del donatum, né che l'individuazione della lesione debba avvenire in termini aritmetici con una sua precisa indicazione numerica, essendo viceversa sufficiente che si sostenga che, proprio alla luce del complesso assetto patrimoniale del defunto, quale scaturente dalle vicende successorie, il valore attivo pervenuto al legittimario sia inferiore a quanto gli compete per legge. Il giudice deve procedere alle operazioni di riunione fittizia prodromiche al riscontro della lesione sulla base delle indicazioni complessivamente provenienti dalle parti, nei limiti processuali segnati dal regime delle preclusioni per l'attività di allegazione e di prova. Deve ritenersi, dunque, irritualmente proposta la domanda di riduzione ove difetti l’indicazione della massa e del valore e dell’entità della lesione.
Cass. civ. n. 4694/2020
L'azione di riduzione proposta contro un soggetto che è legittimario al pari del legittimario attore implica che il convenuto abbia ricevuto una donazione o debba beneficiare di una disposizione testamentaria per la quale venga ad ottenere, oltre la rispettiva legittima, che è anche a suo favore intangibile, qualcosa di più, che contribuisce a privare, in tutto o in parte, della legittima il legittimario attore. In tal caso, il convenuto con l'azione di riduzione non deve proporre alcuna domanda o eccezione per contenere la riduzione nei limiti di quanto eventualmente sopravanzi a ciò che gli compete come legittimario, conseguendo tale risultato dall'applicazione delle norme di legge, senza che rilevi minimamente che la riduzione, così operata, non sia sufficiente a reintegrare la legittima dell'attore. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO MESSINA, 20/08/2018).
Cass. civ. n. 16535/2020
Quando la successione legittima si apre su un "relictum" insufficiente a soddisfare i diritti dei legittimari alla quota di riserva, avendo il "de cuius" fatto in vita donazioni che eccedono la disponibile, la riduzione delle donazioni pronunciata su istanza del legittimario ha funzione integrativa del contenuto economico della quota ereditaria di cui il legittimario stesso è già investito "ex lege", determinando il concorso della successione legittima con la successione necessaria. Pertanto, la circostanza che il legittimario, nel chiedere l'accertamento della simulazione di atti compiuti dal "de cuius", abbia fatto riferimento alla quota di successione "ab intestato" non implica che egli abbia inteso far valere i suoi diritti di erede piuttosto che quelli di legittimario, qualora dall'esame complessivo della domanda risulti che l'accertamento sia stato comunque richiesto per il recupero o la reintegrazione della quota di legittima lesa.
Cass. civ. n. 3389/2016
La rinuncia all'azione di riduzione da parte del legittimario totalmente pretermesso diverge, sul piano funzionale e strutturale, dalla rinuncia all'eredità, non potendo il riservatario essere qualificato chiamato all'eredità prima dell'accoglimento dell'azione di riduzione volta a rimuovere l'efficacia delle disposizioni testamentarie lesive dei suoi diritti, sicché il creditore del legittimario totalmente pretermesso che intenda esperire l'azione ex art. 524 c.c., deve previamente impugnare la rinunzia di costui all'azione di riduzione. (Cassa con rinvio, App. Roma, 27/10/2010).
Cass. civ. n. 18692/2015
La richiesta di pubblicazione della sentenza che accerti gli atti concorrenziali in violazione dell'obbligo di non concorrenza derivante dalla cessione di azienda è riconducibile all'art. 2557 c.c. e non all'art. 2600 c.c., sicché il relativo provvedimento integra una forma di riparazione del pregiudizio subito dall'imprenditore - che, al pari del risarcimento, richiede la prova della diminuzione patrimoniale o del mancato guadagno cagionati dalla violazione del divieto - e non una sanzione autonoma, volta a portare a conoscenza del pubblico la reintegrazione del diritto leso, rimessa alla discrezionalità del giudice di merito, nonché indipendente dalla prova di un danno attuale.
Cass. civ. n. 13407/2015
In tema di successione necessaria, qualora la lesione della legittima derivi da donazioni, il termine decennale di prescrizione dell'azione di riduzione decorre dalla data di apertura della successione non essendo sufficiente il "relictum" a garantire al legittimario il soddisfacimento della quota di riserva, senza che rilevi, a tal fine, che la riduzione sia domandata, ai sensi dell'art. 557, primo comma, cod. civ., dall'erede del legittimario, a cui non spetta un diritto autonomo rispetto al suo dante causa, sicché, ove al momento dell'apertura della successione del legittimario risulti già maturata la prescrizione dell'azione di riduzione, resta preclusa all'erede la possibilità di domandare utilmente la stessa, non potendo la morte del legittimario comportare la reviviscenza di un diritto che quest'ultimo aveva già perduto. (Rigetta, App. Milano, 08/03/2012).
Cass. civ. n. 14471/2014
In tema di divieto di concorrenza, l'art. 2557 cod. civ. non ha natura eccezionale poiché non è diretto a derogare al principio di libera concorrenza, ma solo a disciplinare, nel modo più congruo, la portata degli effetti connaturali al rapporto contrattuale intercorso tra le parti, sicché ne è consentita l'estensione analogica all'ipotesi del cedente l'azienda che abbia poi intrapreso un'attività commerciale concorrente avvalendosi della partecipazione in un'impresa familiare per dissimulare la propria posizione. (Omissis).
Cass. civ. n. 20143/2013
Il legittimario leso può rinunciare all'azione di riduzione delle disposizioni lesive della sua quota di riserva, anche tacitamente, purché in base ad un comportamento inequivoco e concludente, dovendosi tuttavia escludere che la mancata costituzione nel giudizio di scioglimento della comunione ereditaria, promosso da altro coerede, esprima di per sé la volontà della parte convenuta contumace di rinunciare a far valere, in separato giudizio, il suo diritto alla reintegrazione della quota di eredità riservatale per legge.
Cass. civ. n. 8001/2012
In tema di successione necessaria, l'esecuzione volontaria delle disposizioni testamentarie lesive della legittima non preclude al legittimario l'azione di riduzione, salvo che egli non abbia manifestato in modo non equivoco la volontà di rinunciare a far valere la lesione. (Nella specie, in applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva ritenuto che l'adesione della legittimaria ad un accordo transattivo intercorso fra le parti del procedimento di divisione giudiziale del bene in contesa esprimesse inequivocamente la sua volontà di rinunciare a far valere il diritto alla reintegrazione della quota di eredità riservatale per legge). (Rigetta, App. Bolzano, 20/11/2009).
Cass. civ. n. 24450/2009
Configurano un patto successorio - per definizione non suscettibile di conversione in un testamento, ai sensi dell'art. 144 c.c., in quanto in contrasto col principio del nostro ordinamento secondo cui il testatore è libero di disporre dei propri beni fino al momento della morte - sia le convenzioni aventi ad oggetto una vera istituzione di erede rivestita della forma contrattuale, sia quelle che abbiano ad oggetto la costituzione, trasmissione o estinzione di diritti relativi ad una successione non ancora aperta, tali da far sorgere un "vinculum iuris" di cui la disposizione ereditaria rappresenti l'adempimento. (Nella specie, la S.C. ha riconosciuto la natura di patto successorio e non di transazione - come erroneamente ritenuto dal giudice di merito - alla scrittura privata con la quale una sorella aveva consentito al trasferimento in favore dei fratelli della proprietà di immobili appartenenti al padre, a fronte dell'impegno, assunto dai medesimi, di versarle una somma di denaro, da considerare, in relazione allo specifico contesto, come una tacitazione dei suoi diritti di erede legittimario).
Cass. civ. n. 26254/2008
A norma dell'art. 557, primo comma, c.c., l'azione di riduzione delle disposizioni lesive della quota di legittima, avendo natura patrimoniale, può essere proposta non solo dai legittimari ma anche dai loro eredi o aventi causa dal momento che il carattere personale dell'azione non incide sulla trasmissibilità del diritto ma esclusivamente sull'accertamento della lesione che deve essere limitata alla quota di colui che agisce.
Cass. civ. n. 10062/2008
In tema di cessione d'azienda, il divieto di concorrenza, posto a carico dell'alienante dall'art. 2557, primo comma, c.c., non persegue un interesse pubblico, trattandosi di una norma di natura dispositiva che, prima dell'entrata in vigore della legge 12 agosto 1993, n. 310, con la quale è stato imposto l'obbligo della forma scritta ad probationem ai contratti di trasferimento della proprietà o del godimento dell'azienda, poteva essere derogata anche mediante un patto tacito, desumibile per facta concludentia dalla condotta delle parti.
Cass. civ. n. 9682/2000
In tema di divieto di concorrenza, la disposizione contenuta nell'art. 2557 c.c., la quale stabilisce che chi aliena l'azienda deve astenersi, per un periodo di cinque anni dal trasferimento, dall'iniziare una nuova impresa che per l'oggetto, l'ubicazione o altre circostanze, sia idonea a sviare la clientela dell'azienda ceduta, non ha il carattere dell'eccezionalità, in quanto essa non deroga ad un principio di libertà, esprimendo, al contrario, un principio generale di libertà giuridica. Pertanto, non è esclusa l'applicabilità in via analogica del citato art. 2557 c.c. all'ipotesi di cessione di quote di partecipazione societaria, ove detto trasferimento realizzi il presupposto di un pericolo concorrenziale analogo a quello conseguente alla cessione di azienda vera e propria, in quanto attraverso la forma della cessione di quote si pervenga, in realtà, a cedere una precipua attività di impresa. Spetta al giudice di merito di accertare, caso per caso, se il predetto pericolo concorrenziale si sia realizzato anche nel caso di cessione di quote di partecipazione.
Cass. civ. n. 1373/2000
In materia di successione necessaria, il diritto, patrimoniale (e perciò disponibile) e potestativo, del legittimario di agire per la riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della sua quota di riserva, dopo l'apertura della successione, è rinunciabile anche tacitamente, sempre che detta rinuncia sia inequivocabile, occorrendo a tal fine un comportamento concludente del soggetto interessato che sia incompatibile con la volontà di far valere il diritto alla reintegrazione (nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, in relazione a donazioni compiute da una madre in favore del proprio figlio, aveva ritenuto che il padre, passato a nuove nozze dopo la morte della prima moglie, avesse rinunciato tacitamente al proprio diritto di agire in riduzione di tali donazioni per il solo fatto di non aver agito in vita in tal senso, mentre l'azione di riduzione era stata poi promossa dalla seconda moglie, dopo la morte del medesimo). (Cassa con rinvio, App. Napoli, 2 luglio 2004).
Cass. civ. n. 1311/1996
Poiché, secondo quanto risulta dal disposto dell'art. 2557 primo comma c.c., la violazione del divieto di concorrenza non richiede un danno effettivo o una effettiva concorrenza, essendo sufficiente un danno potenziale per conseguire la risoluzione del contratto o l'inibitoria, l'accertamento di tale violazione non è correlato necessariamente alla verificazione concreta del danno, il quale, comunque, se accertato, dà luogo alla condanna al risarcimento dell'autore di esso.
Cass. civ. n. 10105/1995
In tema di affitto di azienda, il mero fatto che l'affittuario dopo la scadenza del contratto non abbia restituito l'azienda al locatore, ed abbia continuato egli stesso a gestirla, può determinare l'insorgere di responsabilità dell'affittuario per violazione dello specifico obbligo di restituzione, ma non comporta violazione del divieto di concorrenza stabilito dal penultimo comma dell'art. 2557 c.c. (estensivamente interpretato nel senso che il divieto di concorrenza, oltre che a carico del locatore dell'azienda, sussiste anche a carico dell'affittuario dopo la scadenza del contratto di affitto), essendo tale ultima violazione configurabile solo dopo l'avvenuta restituzione dell'azienda al locatore.
Cass. civ. n. 4358/1985
La disciplina del terzo comma dell'art. 557 c.c., secondo cui i donatari non possono chiedere la riduzione né approfittarne, riguarda solo i donatari ed i legatari non legittimari; pertanto, l'azione di riduzione è esperibile anche dal donatario legittimario, il quale, ai sensi del secondo comma dell'art. 564 c.c., è obbligato (salva espressa dispensa) ad imputare alla propria porzione di legittima le donazioni e i legati ricevuti, con la conseguente impossibilità di richiedere la riduzione di alcuna donazione (o disposizione testamentaria) ove l'importo di quanto ricevuto per i titoli predetti superi quello della quota di legittima spettantegli.
Cass. civ. n. 6270/1984
La clausola, con la quale il testatore preveda la «caducazione» delle proprie disposizioni in caso d'impugnazione del testamento da parte dell'erede, non vale a privare quest'ultimo del diritto di agire per la riduzione delle disposizioni lesive della propria quota di riserva, essendo essa fissata direttamente dalla legge quale limite alla volontà del testatore medesimo, né può impedirgli di chiedere l'accertamento della simulazione della vendita di determinati beni, al fine della loro inclusione nel patrimonio relitto e della loro successiva divisione.
Cass. civ. n. 1114/1982
Il creditore del de cuius è privo dell'interesse idoneo a legittimare il suo intervento ex art. 105 c.p.c. nel processo per azione di riduzione esperita dal legittimario, ove questi abbia accettato l'eredità con il beneficio dell'inventario, poiché in tale ipotesi, quegli, a norma dell'art. 557 c.c., non può proporre in via surrogatoria l'indicata azione o approfittarne. Né detto interesse è ravvisabile in previsione di una eventuale decadenza dell'erede dal beneficio, giacché in tal caso l'estensione della responsabilità dello stesso coinvolgerebbe tutto il suo patrimonio e non soltanto i beni ottenuti mediante l'azione di riduzione, né in relazione ai vantaggi derivanti al creditore del de cuius dall'esperimento vittorioso dell'azione in questione da parte dell'erede beneficiato, trattandosi di vantaggi postulanti l'insufficienza del patrimonio personale del medesimo a sopportare i pesi riflettentisi su di esso in alcune evenienze relative all'eredità beneficiata (art. 492 c.c.) e comunque connessi ad un incremento del patrimonio del debitore, configurante di per sé un interesse del creditore generico e di mero fatto.
Cass. civ. n. 905/1978
L'accettazione dell'istituzione di erede universale non estingue o preclude nell'accettante legittimario il diritto avente a oggetto la quota di riserva né il suo esercizio, a meno che l'accettazione della chiamata più ampia abbia assunto, per le circostanze in cui è fatto o per le modalità da cui scaturisce, il valore di rinuncia alla situazione soggettiva collegata alla qualità di legittimatario. Pertanto — fuori dell'indicata ipotesi di rinuncia — il legittimatario, che ha accettato l'istituzione di erede universale, può, al fine di conseguite la quota di riserva, provare in giudizio con testimoni o mediante presunzioni, senza limiti, la simulazione assoluta del negozio dispositivo, lesivo di detta quota, posto in essere dal de cuius.