Art. 587 – Codice civile – Testamento
Il testamento è un atto revocabile [679 ss. c.c.] con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse.
Le disposizioni di carattere non patrimoniale, che la legge consente siano contenute in un testamento, hanno efficacia, se contenute in un atto che ha la forma del testamento [601 c.c.], anche se manchino disposizioni di carattere patrimoniale.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 34238/2024
L'effetto estensivo dell'impugnazione, in caso di accoglimento di un motivo di ricorso per cassazione non esclusivamente personale perché relativo all'oggettiva inutilizzabilità degli esiti delle intercettazioni telefoniche, su cui la sentenza impugnata ha fondato il giudizio di responsabilità per i concorrenti in un medesimo reato, giova anche agli altri ricorrenti che non abbiano impugnato il punto della decisione annullato dai giudici di legittimità.
Cass. civ. n. 30666/2024
In tema di impugnazioni cautelari reali, la dichiarazione di incompetenza per territorio resa dal tribunale del riesame, attenendo ad un elemento necessariamente comune a tutti i coindagati, produce i propri effetti, ex art. 587 cod. proc. pen., anche nei confronti del coindagato non impugnante, ove riguardi il medesimo reato e sia divenuta definitiva.
Cass. civ. n. 15985/2024
In tema di espropriazione immobiliare, alla decadenza dell'aggiudicatario per mancato versamento del prezzo nel termine stabilito consegue, quale effetto automatico ed indefettibile, l'emissione del decreto, ex artt. 587, comma 2, c.p.c. e 177 disp. att. c.p.c., di condanna dell'aggiudicatario inadempiente al pagamento della differenza tra il prezzo da lui offerto e quello minore per il quale è avvenuta la vendita (maggiorato della cauzione confiscata), senza che sia necessario che l'avviso di vendita contenga l'avvertimento agli offerenti circa le conseguenze dell'inadempimento, trattandosi di effetto previsto da disposizioni di legge, di inderogabile applicazione, che non incidono sulla formazione del consenso degli interessati all'acquisto, né possono ingenerare un legittimo affidamento di questi ultimi sull'inapplicazione delle norme.
Cass. civ. n. 14027/2024
L'inammissibilità dell'impugnazione non impedisce la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione qualora un diverso impugnante abbia proposto un valido atto di gravame, atteso che l'effetto estensivo dell'impugnazione opera anche con riferimento all'imputato non ricorrente (o il cui ricorso sia inammissibile) e indipendentemente dalla fondatezza dei motivi addotti dall'imputato validamente ricorrente, purché di natura non esclusivamente personale, sia quando la prescrizione sia maturata nella pendenza del ricorso, sia quando sia maturata antecedentemente. (Fattispecie relativa a prescrizione maturata dopo la sentenza di primo grado, estesa negli effetti al coimputato di cui erano stati dichiarati inammissibili l'appello e il ricorso).
Cass. civ. n. 7977/2024
L'accoglimento del ricorso per cassazione proposto da uno dei coimputati per l'errata applicazione dei criteri sul calcolo della pena è estensibile ai coimputati, concorrenti nel medesimo reato, che non l'abbiano proposto ex art. 587, comma 1, cod. proc. pen., in quanto il motivo di impugnazione non ha natura strettamente personale.
Cass. civ. n. 5095/2024
In tema di confisca di prevenzione, non può essere dichiarata la perenzione della misura per non essersi la Corte d'appello pronunciata nel termine di cui all'art. 27, comma 6, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, ove l'appello sia inammissibile, presupponendo tale pronuncia una rituale impugnazione. (Fattispecie in cui la Corte ha altresì escluso che potesse estendersi al proposto l'inefficacia resa nei confronti dei terzi intestatari fittizi del bene, non operando in materia l'effetto estensivo di cui all'art. 587 cod. proc. pen.).
Cass. civ. n. 42185/2023
In tema di spese processuali, ove ricorra per cassazione avverso la sentenza di appello il solo responsabile civile, mentre l'imputato mostri acquiescenza alla sentenza, non esercitando la propria facoltà d'impugnazione, la condanna alle spese dovrà essere pronunciata a carico del solo responsabile civile ricorrente, atteso che non si è realizzata alcuna situazione di soccombenza dell'imputato rimasto inerte.
Cass. civ. n. 34927/2023
La declaratoria di improcedibilità del reato per sopravvenuta remissione di querela, accettata dagli appellanti, ma pronunziata nei confronti di uno solo di essi attesa l'inammissibilità per tardività dell'appello del coimputato, si estende a quest'ultimo ai sensi dell'art. 587 cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 27412/2023
In tema di impugnazioni, l'effetto estensivo previsto dall'art. 587 cod. proc. pen. può verificarsi solo a seguito dell'accoglimento del gravame di un coimputato non fondato su motivi esclusivamente personali, sicché non può essere invocato in relazione ad appello che la corte non abbia vagliato nel merito a causa del decesso del coimputato intervenuto nel corso del giudizio.
Cass. civ. n. 26824/2023
In tema di espropriazione immobiliare, il termine per proporre opposizione agli atti esecutivi avverso il provvedimento del giudice dell'esecuzione che, su richiesta dell'aggiudicatario, abbia prorogato il termine per il versamento del prezzo decorre dall'adozione del provvedimento stesso ovvero dal rigetto dell'istanza per la sua revoca e non dall'emissione del decreto di trasferimento, in quanto non può essere invocata la nullità dell'atto susseguente se non è stato fatto valere il vizio dell'atto presupposto, salvo che l'opponente abbia incolpevolmente ignorato l'esistenza di quest'ultimo.
Cass. civ. n. 4447/2023
In tema di espropriazione immobiliare, il termine per il versamento delle spese dovute per il trasferimento del bene ha natura sostanziale e non processuale e la sua inosservanza non determina - sempre che il giudice non abbia opportunamente previsto (fin dall'ordinanza vendita e con menzione nel relativo avviso) la prioritaria imputazione ad accessori e spese dei versamenti via via eseguiti (anche su conti diversi) dall'aggiudicatario - la decadenza ex art. 587 c.p.c. (norma riguardante esclusivamente il prezzo); tuttavia, l'omesso versamento impedisce l'adozione del decreto ex art. 586 c.p.c. e consente al giudice dell'esecuzione di adottare, senza rigidi automatismi, le iniziative più opportune in relazione alle peculiarità della fattispecie, non escluso, in caso di persistente ed ingiustificato inadempimento, l'estremo rimedio della revoca della aggiudicazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato il rigetto dell'opposizione agli atti esecutivi proposta avverso il decreto di trasferimento e basata sul presupposto del mancato versamento, da parte dell'aggiudicatario e nel termine indicato nell'ordinanza di delega, del saldo del prezzo comprensivo delle spese per il trasferimento del bene, le quali, invece, erano state depositate al professionista delegato, seppure dopo la scadenza).
Cass. civ. n. 3746/2023
Il creditore che agisca esecutivamente su un bene acquistato dal debitore con riserva della proprietà è tenuto a provare l'avvenuto pagamento del prezzo, al quale soltanto è subordinato l'effetto traslativo; in mancanza, il giudice dell'esecuzione, a fronte dell'evidenza del titolo e della relativa opponibilità, deve rilevare anche d'ufficio l'assenza della titolarità dominicale che legittima la vendita in danno del debitore. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva revocato l'aggiudicazione del bene oggetto di vendita forzata, siccome gravato da patto di riservato dominio trascritto anteriormente alla trascrizione del pignoramento).
Cass. civ. n. 25936/2021
Perché un atto costituisca disposizione testamentaria, è necessario che lo scritto contenga la manifestazione di una volontà definitiva dell'autore, compiutamente e incondizionatamente formata, diretta allo scopo di disporre attualmente dei suoi beni, in tutto o in parte, per il tempo successivo alla propria morte; pertanto, ai fini della configurabilità di una scrittura privata come testamento non è sufficiente il riscontro dei requisiti di forma, occorrendo, altresì, l'accertamento dell'oggettiva riconoscibilità nella scrittura della volontà attuale del suo autore di compiere non già un mero progetto, ma un atto di disposizione del proprio patrimonio per il tempo successivo al suo decesso. Siffatto accertamento - che, ove le espressioni contenute nel documento risultino ambigue o di valore non certo, presuppone la necessaria indagine su ogni circostanza, anche estrinseca, idonea a chiarire la portata, le ragioni e le finalità perseguite con la disposizione - involge un apprezzamento di fatto spettante al giudice del merito che, se adeguatamente motivato, è incensurabile in sede di legittimità.
Cass. civ. n. 26988/2020
La dichiarazione unilaterale scritta dal fiduciario, ricognitiva dell'intestazione fiduciaria dell'immobile, può essere contenuta anche in un testamento; essa non costituisce autonoma forma di obbligazione, avendo solo effetto confermativo del preesistente rapporto nascente dal patto fiduciario, con conseguente esonero a favore del fiduciante, destinatario della "contra se pronuntiatio", dell'onere della prova del rapporto fondamentale, che si presume fino a prova contraria.
Cass. civ. n. 10882/2018
L'interpretazione del testamento, cui in linea di principio sono applicabili le regole di ermeneutica dettate dal codice in tema di contratti, con la sola eccezione di quelle incompatibili con la natura di atto unilaterale non recettizio del negozio "mortis causa", è caratterizzata, rispetto a quella contrattuale, da una più penetrante ricerca, aldilà della dichiarazione, della volontà del testatore, la quale, alla stregua dell'art. 1362 c.c., va individuata con riferimento ad elementi intrinseci alla scheda testamentaria, sulla base dell'esame globale della scheda stessa e non di ciascuna singola disposizione. Tuttavia, ove dal testo dell'atto non emergano con certezza l'effettiva intenzione del "de cuius" e la portata della disposizione, il giudice può fare ricorso ad elementi estrinseci al testamento, ma pur sempre riferibili al testatore, quali, ad esempio, la personalità dello stesso, la sua mentalità, cultura o condizione sociale o il suo ambiente di vita. (Rigetta, CORTE D'APPELLO MILANO, 21/05/2014).
Cass. civ. n. 10075/2018
Nell'interpretazione del testamento, la volontà del testatore deve essere ricostruita privilegiando gli elementi intrinseci alla scheda testamentaria, sulla base dell'esame globale della stessa, potendosi ricorrere a elementi estrinseci - quali ad esempio la personalità, la condizione sociale e l'ambiente di vita del testatore – solo in via sussidiaria, ove dal testo dell'atto non emerga con certezza l'effettiva intenzione del "de cuius".
Cass. civ. n. 1993/2016
L'atto contenente disposizioni di carattere esclusivamente non patrimoniale può essere qualificato alla stregua di un testamento purché di questo abbia contenuto, forma e funzione, la quale ultima, in particolare, consiste nell'esercizio, da parte dell'autore, del proprio generale potere di disporre "mortis causa". (Nella specie, la S.C. ha escluso la ricorrenza di un testamento olografo in una scrittura privata contenente il riconoscimento di figlio naturale, non evincendosi univocamente da essa la volontà del "de cuius" di determinare l'effetto accertativo della filiazione dopo la propria morte). (Rigetta, App. Perugia, 08/03/2011).
Cass. civ. n. 15931/2015
In tema di interpretazione di un testamento, la volontà del testatore, alla stregua del principio generale di ermeneutica di cui all'art. 1362 c.c., va individuata sulla base dell'esame globale della scheda testamentaria e non di ciascuna singola disposizione, sicché il giudice di merito può attribuire alle parole usate dal testatore un significato diverso da quello tecnico e letterale, purché non contrastante e antitetico. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto corretta la motivazione del giudice di merito secondo cui l'espressione "somma", utilizzata dal testatore, dovesse intendersi nel significato proprio di "somma di denaro", e la generica dichiarazione di revoca espressa delle precedenti disposizioni dovesse ritenersi circoscritta alla sola frazione mobiliare del patrimonio del "de cuius").
Cass. civ. n. 150/2014
Perché un atto costituisca manifestazione di ultima volontà, riconducibile ai negozi "mortis causa", non è necessario che il dichiarante faccia espresso riferimento alla sua morte ed all'intento di disporre dei suoi beni dopo la sua scomparsa, essendo sufficiente che lo scritto sia espressione di una volontà definitiva dell'autore, compiutamente e incondizionatamente manifestata allo scopo di disporre attualmente dei suoi beni, in tutto o in parte, per il tempo successivo alla propria morte. (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha respinto il ricorso avverso la decisione di merito che aveva qualificato come testamento olografo un biglietto autografo del "de cuius" recante la clausola "nessuno faccia osservazione a questo biglietto essendo scritto di sua propria mano").
Cass. civ. n. 6449/2008
Ai fini dell'attuazione delle disposizioni testamentarie, occorre far riferimento alla situazione patrimoniale esistente al momento dell'apertura della successione, ben potendo il testatore disporre anche di beni che non gli appartengono al momento della redazione del testamento ma rientranti nel suo patrimonio al momento della sua morte.
Cass. civ. n. 21477/2007
L'atto col quale taluno eriga una fondazione, disponendo che i beni ed i redditi di essa siano destinati, dopo la morte del fondatore, ad un proprio erede legittimario, costituisce un legato disposto con un testamento assimilabile a quello olografo, a nulla rilevando che l'atto costitutivo della fondazione non sia stato scritto di pugno del testatore, ove comunque sia incontestabile l'autenticità della sua sottoscrizione. Ne consegue che, nel suddetto caso, l'acquisto effettuato dal beneficiario ha natura successoria ed è assoggettabile all'imposta sulle successioni.
Cass. civ. n. 4022/2007
Nell'interpretazione del testamento il giudice deve accertare, secondo il principio generale di ermeneutica enunciato dall'art. 1362 c.c., applicabile, con gli opportuni adattamenti, anche in materia testamentaria, quale sia stata l'effettiva volontà del testatore comunque espressa, considerando congiuntamente ed in modo coordinato l'elemento letterale e quello logico dell'atto unilaterale mortis causa salvaguardando il rispetto, in materia, del principio di conservazione del testamento. Tale attività interpretativa del giudice del merito, se compiuta alla stregua dei suddetti criteri e con ragionamento immune da vizi logici, non è censurabile in sede di legittimità. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, rilevandone la congruità della motivazione in base alla quale si era ritenuto che il testatore non aveva voluto istituire un erede, ma aveva, invece, previsto soltanto un onere a carico dell'erede, individuato secondo le norme della successione legittima in mancanza di istituzione testamentaria di erede, pur col singolare esito di utilizzazione dell'intero patrimonio ereditario per il soddisfacimento di quell'onere, volto alla realizzazione di un asilo nido, in apposita località, a beneficio di bambini extracomunitari).
Cass. civ. n. 20204/2005
In tema di interpretazione del testamento,qualora dall'indagine di fatto riservata al giudice di merito risulti già chiara,in base al contenuto dell'atto, la volontà del testatore, non è consentito — alla stregua del primario criterio ermeneutico della letteralità — il ricorso ad elementi tratti aliunde ed estranei alla scheda testamentaria.
Cass. civ. n. 15130/2005
In tema di interpretazione del testamento, al fine di stabilire se sia stata prevista l'attribuzione separata e simultanea a soggetti diversi della nuda proprietà e dell'usufrutto dei beni ereditari ovvero se sia configurabile la sostituzione fedecommissaria di colui che, essendo stato designato erede universale, sia obbligato — in virtù di una duplice chiamata secondo un ordine successivo — a conservare e restituire alla propria morte i beni a favore del sostituito, al quale viene trasmesso il medesimo diritto attribuito all'istituito, l'indagine non può limitarsi a valorizzare esclusivamente l'espressione «vita natural durante» usata dal testatore con riferimento alla disposizione a favore di uno dei soggetti onorati; infatti, la durata della vita del beneficiario assume rilievo sia nel caso in cui sia attribuito il diritto di usufrutto, sia nell'ipotesi in cui venga conferito il diritto di proprietà piena a favore dell'istituito nella sostituzione fedecommissaria, atteso che la durata della vita dell'usufruttuario costituisce la misura temporale del diritto reale conferito ed è al termine della vita dell'onorato che diventa operante la chiamata dei sostituiti nella sostituzione fedecommissaria.
Cass. civ. n. 7422/2005
L'interpretazione della volontà del testatore espressa nella scheda testamentaria, risolvendosi in un accertamento di fatto demandato al giudice di merito, è compito esclusivo di questo, nel senso che a lui è riservata la scelta e la valutazione degli elementi di giudizio più idonei a ricostruire la predetta volontà, potendo egli avvalersi in tale attività interpretativa, ovviamente con opportuni adattamenti per la particolare natura dell'atto, delle stesse regole ermeneutiche di cui all'art. 1362 c.c.; con la conseguenza che, se siffatta operazione è compiuta nel rispetto del predette regole e se le conclusioni che vengono tratte sono aderenti alle risultanze processuali e sorrette da logica e convincente motivazione, il giudizio formulato in quella sede non è sindacabile in sede di legittimità.
Cass. civ. n. 14548/2004
Nell'interpretazione di una scheda testamentaria, da condurre essenzialmente sulla base del dato testuale, possono legittimamente assumere rilievo anche elementi estrinseci (purché riferibili al testatore), quali, ad esempio, il grado di cultura del de cuius atteso che l'interpretazione degli atti di ultima volontà è sempre caratterizzata, rispetto all'ermeneutica contrattuale, da una più intensa ricerca della volontà concreta e da un più frequente ricorso all'integrazione con elementi estrinseci ad essi, sicché l'identificazione della persona onorata dalla disposizione testamentaria, fatta dal testatore in modo impreciso ed incompleto, non rende nulla la disposizione stessa quando, dal contesto del testamento o altrimenti, sia possibile determinare, in modo serio e senza possibilità di equivoci, il soggetto che il testatore ha voluto beneficiare.
Cass. civ. n. 3939/2001
L'esistenza o meno di un patrimonio nella disponibilità del de cuius non incide sulla validità del testamento non essendo prescritta detta condizione da alcuna norma di legge. Peraltro, di tale patrimonio possono far parte non solo i beni che appartengono al testatore al momento della morte, ma anche l'eventuale diritto di veder riconosciuta la proprietà su beni che apparentemente appartengono ad altri, nel qual caso l'erede istituito è legittimato a proporre tutte le azioni che avrebbe potuto iniziare il suo dante causa per conseguire la proprietà contestata, nonché a coltivare tutte le azioni che quest'ultimo aveva già proposto.
Cass. civ. n. 12861/1993
L'interpretazione del testamento è caratterizzata, rispetto a quella contrattuale, da una più penetrante ricerca, al di là della mera dichiarazione, della volontà del testatore, la quale, alla stregua delle regole ermeneutiche di cui all'art. 1362 c.c. (applicabili, con gli opportuni adattamenti, anche in materia testamentaria), va individuata sulla base dell'esame globale della scheda testamentaria, con riferimento, essenzialmente casi dubbi, anche ad elementi estrinseci della scheda, come la cultura, la mentalità e l'ambiente i vita del testatore. Ne deriva che il giudice di ferito può attribuire alle parole usate dal testatore un significato diverso da quello tecnico letterale, quando si manifesti evidente, nella valutazione complessiva dell'atto, che esse siano state adoperate in senso diverso, purché non contrastante ed antitetico, e si prestino ad esprimere, in modo più adeguato e coerente, la reale intenzione del de cuius (nel ribadire tali principi, la S.C. ha annullato la decisione di merito che, in relazione ad un'istituzione di erede risolutivamente condizionata, aveva equiparato, al fine dell'avveramento della condizione si sine liberis decesserit, i figli adottivi a quelli legittimi, alla stregua esclusivamente dei parametri normativi di cui agli artt. 536 e 567 c.c.).
Cass. civ. n. 8668/1990
Nell'interpretazione del testamento il ricorso ad elementi estrinseci è consentito soltanto in via sussidiaria, ove cioè dal testo dell'atto non emerga con certezza l'effettiva volontà del de cuius, sempreché trattisi di elementi riferibili allo stesso, quali ad esempio la sua mentalità, cultura, condizione sociale, consuetudine di rapporti ecc., e non anche ai fini dell'indagine volta a stabilire se una lettera, e cioè uno scritto non avente la veste formale di un testamento, abbia il contenuto di una disposizione di ultima volontà dell'autore, senza che al riguardo possa attribuirsi rilevanza ad una dichiarazione resa ad un notaio dal coniuge del de cuius, dovendo l'anzidetta indagine essere condotta alla stregua dell'esclusivo esame dell'atto.
Perché si abbia una disposizione di ultima volontà e quindi esista un negozio mortis causa, è necessario che lo scritto contenga la manifestazione di una volontà definitiva dell'autore nel senso che essa si sia compiutamente ed incondizionalmente formata e manifestata e sia diretta a disporre attualmente, in tutto o in parte, dei propri beni per il tempo successivo alla morte.
Cass. civ. n. 2107/1990
Il giudice del merito, nell'interpretazione del testamento, la quale si risolve in un accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità se immune da vizi logici e giuridici, può attribuire alle espressioni adoperate nell'atto un significato diverso da quello tecnico o letterale, purché non contrastante o antitetico, quando valutando la scheda nel suo complesso e tenendo conto dell'ambiente di vita del de cuius, tale diverso significato si presti ad esprimere in modo più adeguato e coerente la reale intenzione del defunto.
Cass. civ. n. 2632/1984
Per l'esistenza di un legato non basta l'espressione della volontà del testatore che quel determinato bene sia di proprietà del beneficiario, ma occorre la volontà di attribuire il bene per causa di morte, secondo l'espresso disposto dell'art. 587 c.c., con la conseguenza che non può configurarsi un siffatto negozio testamentario, qualora il testatore, nella scheda testamentaria, abbia adottato una dichiarazione di scienza col riconoscere la proprietà attuale di determinati beni in capo ad un determinato soggetto al momento della confezione del testamento. (Nella specie, il testatore nel lasciare in eredità ad un terzo un proprio immobile, aveva dichiarato, nel testamento, che tutto ciò che si trovava in tale immobile era già di proprietà del terzo istituito. In tale dichiarazione il giudice del merito, sulla base del rilievo che intenzione del testatore era quella di attribuire al terzo la proprietà anche di tali mobili, aveva ravvisato l'istituzione di un legato, attesa la consapevolezza del testatore circa la non rispondenza della dichiarazione alla reale situazione e per l'irrilevanza giuridica della formulazione letterale della disposizione. La S.C., sulla base del principio di cui alla massima ha cassato la decisione).