Art. 636 – Codice civile – Divieto di nozze
È illecita la condizione [1353 c.c.] che impedisce le prime nozze o le ulteriori [634 c.c.].
Tuttavia il legatario di usufrutto o di uso, di abitazione o di pensione, o di altra prestazione periodica per il caso o per il tempo del celibato o della vedovanza, non può goderne che durante il celibato o la vedovanza.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 26135/2024
Il delitto di illecita influenza sull'assemblea, che è reato di evento, è posto a tutela dell'interesse al corretto funzionamento dell'organo assembleare, sicché gli atti fraudolenti o simulati devono effettivamente alterare la formazione delle maggioranze assembleari, il che presuppone che l'assemblea sia stata non virtualmente, ma effettivamente tenuta.
Cass. civ. n. 17939/2014
In tema di delitto di illecita influenza sull'assemblea, ex art. 2636, cod. civ., la condotta tipizzata dalla norma incriminatrice richiede - rispetto al previgente art. 2630, comma primo, n. 3, cod. civ. - un elemento di frode integrato da comportamenti artificiosi aventi carattere simulatorio idoneo a realizzare un inganno, sicché il precetto sanzionato si configura come reato a forma vincolata; inoltre - essendo il reato posto a tutela dell'interesse al corretto funzionamento dell'organo assembleare - per la sua consumazione è necessario che la condotta abbia effettivamente inciso sulla formazione della maggioranza, trattandosi di fattispecie criminosa costruita come reato di evento, diversamente da quella contemplata dal previgente art. 2630 cod. civ.
Cass. civ. n. 555/2012
L'elemento oggettivo del reato di illecita influenza sull'assemblea - art. 2636 c.c. nel testo introdotto dalla L. n. 61 del 2000 - è integrato da qualsiasi operazione che artificiosamente consenta di alterare la formazione delle maggioranze assembleari, rendendo così di fatto possibile il conseguimento di risultati vietati dalla legge o non consentiti dallo statuto della società. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito ha affermato la responsabilità - in ordine al delitto di cui all'art. 2636 c.c. - dell'imputato, il quale, in qualità di amministratore unico di una s.r.l., aveva ripetutamente determinato le maggioranze nelle assemblee sociali con atti fraudolenti, rappresentando falsamente la presenza della maggioranza dei soci alle assemblee, in particolare, facendo figurare come presente una socia assente mediante la falsificazione della relativa firma sul verbale nonché attestando in capo alla socia presente, moglie dello stesso imputato, la titolarità di un numero di quote sufficiente a costituire la maggioranza per niente corrispondenti alla titolarità reale, con il risultato di determinare la maggioranza per il funzionamento della assemblea, altrimenti interdetto).
Cass. civ. n. 19102/2004
La nuova figura di reato prevista dall'art. 2636 c.c. (illecita influenza sull'assemblea), pur differenziandosi sotto vari profili, attinenti tanto alla condotta quanto all'elemento soggettivo, dalla precedente, analoga previsione di cui all'art. 2630, comma primo, n. 3, c.c., rimane contenuta all'interno di detta più ampia previsione, per cui può dirsi che vi sia tra l'una e l'altra una continuità normativa, con la conseguenza che, tra le due norme, va applicata quella più favorevole, sicuramente individuabile nell'attuale art. 2636, sempre che, di fatto, nella contestazione siano contenuti tutti gli elementi caratteristici della nuova fattispecie. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la Corte ha ritenuto che erroneamente fosse stata esclusa a priori la persistente configurabilità del reato in un caso in cui, secondo l'accusa, l'imputato, con l'artifizio consistito nello stipulare, senza oggettiva necessità, pochi giorni prima della convocazione dell'assemblea societaria, un contratto di mutuo personale con un istituto di credito, costituendo in pegno la sua quota di partecipazione alla società, sì da consentire al suddetto istituto di esercitare il diritto di voto, aveva in tal modo impedito che venisse raggiunta la maggioranza necessaria all'approvazione di una proposta di azione di responsabilità nei di lui confronti).
Cass. civ. n. 7317/2004
In tema di reati societari, l'art. 2636 c.c. (illecita influenza sull'assemblea), nella nuova formulazione introdotta dal D.L.vo n. 61 del 2002, prevede una condotta di frode caratterizzata da comportamenti artificiosi, rappresentati da una componente simulatoria idonea a realizzare un inganno, si configura come reato di evento, posto che per la consumazione del reato è richiesta l'effettiva determinazione della maggioranza nell'assemblea, ed è preordinato a tutelare l'interesse al corretto funzionamento dell'organo assembleare. (Nella specie, la Corte ha ritenuto che integri il delitto in questione la condotta dell'amministratore unico di una società che, al fine di aggirare il divieto di voto per conflitto di interessi, stabilito dall'art. 2373, comma terzo, c.c., abbia simulato la vendita della propria quota a due dipendenti, per consentire l'esercizio di voto legato a tale quota, impedendo, tramite il voto contrario espresso dagli apparenti acquirenti, l'adozione della delibera per il promovimento dell'azione di responsabilità nei suoi confronti, che altrimenti sarebbe stata approvata).
Cass. civ. n. 150/1985
Per il combinato disposto degli artt. 636 e 785 c.c. non incorre nell'illiceità della condizione, che impedisce le prime nozze o le ulteriori, la condizione di contrarre matrimonio apposta dal testatore alle attribuzioni fatte all'erede e neppure la condizione di non contrarre matrimonio con persona determinata.
Cass. civ. n. 1834/1973
La disposizione dell'art. 636, secondo comma c.c. riguardante la condizione che impedisce le prime nozze o le ulteriori, è applicabile indipendentemente dal fatto che il legatario sia un uomo o una donna. Il primo comma dell'art. 636 c.c. detta una disciplina di carattere generale, secondo cui la condizione che impedisce le prime o le ulteriori nozze, riferita ad una disposizione testamentaria, tanto a titolo universale che a titolo particolare, è da considerarsi illecita e quindi non apposta (tranne che non si tratti del motivo unico e determinante risultante dal testamento: art. 626 c.c.). In contrapposizione ad esso, ed in via di eccezione rispetto alla disciplina da esso dettata, il secondo comma contempla le sole disposizioni a titolo particolare aventi per oggetto l'attribuzione di diritti limitati nel tempo ed intrasmissibili a terzi, e detta una disciplina oggettiva del condizionamento della disposizione medesima al tempo del celibato o della vedovanza, considerandolo lecito indipendentemente da ogni indagine sulla volontà del singolo testatore, ed anche nel caso in cui la disposizione risulti determinata dalla volontà di quest'ultimo di restringere la libertà matrimoniale del legatario. Ai sensi dell'art. 636, secondo comma c.c., l'evento delle nozze del legatario realizza non la scadenza di un termine, ma il verificarsi di una condizione risolutiva, che fa venir meno il diritto legato ex nunc, e cioè per l'avvenire, lasciando definitivamente acquisiti in capo al legatario gli effetti antecedenti.