Art. 724 – Codice civile – Collazione e imputazione
I coeredi tenuti a collazione [747 c.c.], a norma del capo II di questo titolo [737 ss. c.c.], conferiscono tutto ciò che è stato loro donato.
Ciascun erede deve imputare alla sua quota le somme di cui era debitore verso il defunto e quelle di cui è debitore verso i coeredi in dipendenza dei rapporti di comunione.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 10459/2025
In ipotesi di simulazione relativa concernente un contratto a forma libera non opera la limitazione di cui all'art. 2725 c.c., sicché, nel rapporto tra le parti, potrà essere invocata la prova per testimoni o per presunzioni, sia quando la prova venga richiesta per dimostrare l'illiceità del contratto dissimulato ex art. 1417 c.c., sia quando ricorra una delle condizioni prescritte dall'art. 2724 c.c., che costituiscono eccezioni al divieto di prova testimoniale del patto aggiunto o contrario al contenuto del documento simulato, per il quale si alleghi che la stipulazione è stata anteriore o contestuale ex art. 2722 c.c.
Cass. civ. n. 9362/2025
Gli effetti dichiarativi della divisione ereditaria, comportanti che ciascun condividente debba considerarsi successore immediato del de cuius nei beni di cui diviene titolare, non determinano anche l'automatica attribuzione dei frutti (naturali o civili) al condividente che risulti assegnatario dei beni che li abbiano prodotti, giacché i frutti, ove non distribuiti fra i coeredi, formano una massa indivisa, sulla quale ciascun partecipante ha un diritto di natura e consistenza identiche a quelle del diritto sui beni della comunione; ne consegue che, nel caso in cui uno degli eredi si sia appropriato dei frutti maturati durante la comunione, ancorché prodotti da beni poi assegnatigli, sorge un corrispondente suo debito verso gli altri coeredi (art. 724, comma 2, c.c.), qualora i frutti non siano più esistenti al momento della divisione.
Cass. civ. n. 19319/2024
In sede di accertamento di costi non documentati, lo smarrimento della contabilità non esonera il contribuente dalla prova a suo carico, avendo, tuttavia, la facoltà di dimostrare di essere nell'incolpevole impossibilità di produrla a causa di un furto e di non potere neppure acquisire copia delle fatture presso i fornitori dei beni o dei servizi, in applicazione della regola generale prevista dall'art. 2724, n. 3, c.c. secondo cui la perdita incolpevole del documento, occorrente alla parte per attestare una circostanza a lei favorevole, non costituisce motivo di esenzione dall'onere della prova, né trasferisce lo stesso a carico dell'Ufficio, ma autorizza soltanto il ricorso alla prova per testimoni o per presunzioni, in deroga ai limiti per essa stabiliti.
Cass. civ. n. 17198/2024
Nel caso in cui il testatore ha disposto per testamento delle sue sostanze prevedendo a favore dei legittimari esclusivamente la quota di riserva, senza dispensa dalla collazione, l'obbligo di restituzione alla massa ereditaria di quanto ricevuto in eccedenza, rispetto al valore dei beni donati in vita, è una conseguenza legale della collazione imposta dal testatore ai legittimari e non richiede l'esperimento dell'azione di riduzione per lesione di legittima da parte dei coeredi testamentari.
Cass. civ. n. 15517/2024
La cessione gratuita della quota di partecipazione ad una cooperativa edilizia, finalizzata all'assegnazione dell'alloggio in favore del cessionario, integra donazione indiretta dell'immobile, soggetta, in morte del donante, alla collazione ex art. 746 c.c., giacché tale quota esprime non una semplice aspettativa, ma un vero e proprio credito all'attribuzione dell'alloggio.
Cass. civ. n. 28955/2023
In tema di successione ereditaria, il coerede, che abbia pagato un debito ereditario in misura maggiore di quanto corrisponda alla propria quota o un debito trasmissibile del defunto sorgente in conseguenza della sua morte (quali le spese funerarie, quelle per l'apposizione dei sigilli o quelle per imposte di successione), non può vantare un diritto a una quota maggiore di quella spettantegli, ma, acquistando un mero diritto di credito nei confronti degli altri coeredi, può esperire l'azione di ripetizione, pur in pendenza dello stato di indivisione, o chiedere che ciascun coerede imputi alla propria quota la somma di cui è debitore verso il coerede, così da procedere, prima della divisione, al prelevamento, dalla massa comune, di quanto anticipato per il pagamento del debito, che viene, così, ripartito pro quota fra tutti i coeredi, lui compreso.
Cass. civ. n. 14274/2023
In tema di donazione, è legittima la clausola con la quale il donante dispensi espressamente e parzialmente il donatario dalla collazione per la sola parte eccedente la quota di legittima spettante al donatario non essendoci ragione per negare al donante la facoltà di esplicare la propria autonomia anche con il prevedere una dispensa parziale da collazione.
Cass. civ. n. 2588/2023
Nella imposizione di registro della divisione ereditaria ex art. 34 del d.P.R. 131 del 1986, al fine di stabilire la massa comune e, di conseguenza, al fine di accertare la eventuale divergenza tra quota di fatto-quota di diritto e la presenza di eccedenze-conguagli tra coeredi tassabili come vendita-trasferimento, si deve tenere conto del valore del bene donato in vita dal "de cuius" ad uno dei coeredi condividenti e come tale oggetto di collazione ex artt. 724 e 737 c.c.
Cass. civ. n. 717/2023
Ai sensi dell'art. 2233 c.c., come modificato dall'art. 2, d.l. n. 223 del 2006, conv., con modif., dalla l. n. 248 del 2006, l'accordo di determinazione del compenso professionale tra avvocato e cliente deve rivestire la forma scritta "ad substantiam" a pena di nullità, senza che rilevi la disciplina introdotta dall'art. 13, comma 2, l. n. 247 del 2012, che, nell'innovare il solo profilo del momento della stipula del negozio individuato, di regola, nella data del conferimento dell'incarico, ha lasciato invariato quello sul requisito di forma, con la conseguenza che, da un lato, l'accordo, quando non trasfuso in un unico documento sottoscritto da entrambe le parti, si intende formato quando la proposta, redatta in forma solenne, sia seguita dall'accettazione nella medesima forma e, dall'altro, che la scrittura non può essere sostituita con mezzi probatori diversi e la prova per presunzioni semplici, al pari della testimonianza, sono ammissibili nei soli casi di perdita incolpevole del documento ex artt. 2724 e 2725 c.c.
Cass. civ. n. 2588/2023
Nella imposizione di registro della divisione ereditaria ex art. 34 del d.P.R. 131 del 1986, al fine di stabilire la massa comune e, di conseguenza, al fine di accertare la eventuale divergenza tra quota di fatto-quota di diritto e la presenza di eccedenze-conguagli tra coeredi tassabili come vendita-trasferimento, si deve tenere conto del valore del bene donato in vita dal "de cuius" ad uno dei coeredi condividenti e come tale oggetto di collazione ex artt. 724 e 737 c.c.
Cass. civ. n. 509/2021
La collazione presuppone l'esistenza di una comunione ereditaria e, quindi, di un asse da dividere, mentre, se l'asse é stato esaurito con donazioni o con legati, o con le une e con gli altri insieme, sicché viene a mancare un "relictum" da dividere, non vi è luogo a divisione e, quindi, neppure a collazione, salvo l'esito dell'eventuale azione di riduzione.
Cass. civ. n. 20706/2021
In relazione ai crediti sorti in dipendenza del rapporto di comunione (quale tipicamente il credito per il godimento esclusivo della cosa comune esercitato da uno solo dei comproprietari) poiché la legge (artt. 724 e 725 c.c.) consente ai compartecipi creditori il soddisfacimento del credito al momento della divisione, mediante prelevamenti in natura dai beni comuni, il comunista creditore, il quale abbia ottenuto la revoca per frode di un atto di disposizione della quota comune compiuto dal proprio debitore, può far valere il credito nel giudizio di divisione anche nei confronti dei cessionari, i quali debbono subire l'imputazione alla quota acquistata delle somme di cui era debitore il cedente in dipendenza del rapporto di comunione. Pertanto, il comunista che abbia vittoriosamente esperito l'azione revocatoria, al quale la cosa comune sia stata assegnata per intero in esito alla divisione, è tenuto a versare ai cessionari il conguaglio ridotto e commisurato alla minor quota spettante al cedente in conseguenza dell'imputazione del debito maturato per l'occupazione dell'immobile oggetto della stessa divisione.
Cass. civ. n. 22123/2021
In tema di imposta di registro dovuta sugli atti di divisione ereditaria, l'art. 34 del d.P.R. n. 131 del 1986, prevedendo che la massa comune è costituita dal valore dell'asse ereditario netto determinato a norma dell'imposta di successione, va interpretato in accordo con la disciplina civilistica, nel senso di comprendere i beni del compendio successorio tenendo conto anche del valore delle donazioni collazionate e con imputazione dei debiti secondo quanto prescritto dall'art. 724 c.c.; pertanto la base imponibile per calcolare l'imposta di registro sulla divisione deve essere determinata sulla somma del valore del bene caduto in successione e del valore del bene collazionato per imputazione. Ne consegue che l'assegnazione dell'unico bene rimasto nell'asse ereditario a un condividente, se il relativo valore coincide con la sua quota di diritto sull'intera massa, non comporta l'emersione di conguagli nè tantomeno l'imposizione di alcunché secondo le regole della vendita.
Cass. civ. n. 24306/2017
In tema di contratti per i quali sia richiesta, per legge o per volontà delle parti, la forma scritta "ad probationem" ovvero "ad substantiam", colui che intenda avvalersi del documento in giudizio ha, ove la sottoscrizione non sia stata autenticata al momento dell'apposizione né riconosciuta, ancorché tacitamente, dalla controparte, l'onere di avviare, pur senza formule sacramentali, il procedimento di verificazione, producendo in giudizio il contratto in originale, non potendosi avvalere della prova testimoniale né di quella per presunzioni per dimostrare l'esistenza, il contenuto e la sottoscrizione del documento medesimo, salvo che ne abbia previamente dedotto e dimostrato la perdita incolpevole dell'originale.
Cass. civ. n. 17022/2017
In tema di collazione per imputazione, la mancanza, nell'asse ereditario, di beni della stessa natura di quelli che sono stati conferiti dagli eredi donatari, non esclude il diritto al prelevamento da parte degli eredi non donatari, da effettuarsi solo per quanto possibile con oggetti della stessa natura e qualità di quelli non conferiti in natura. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione impugnata che, a seguito della collazione per imputazione di un immobile ad opera del coerede donatario ed in presenza di un compendio ereditario relitto composto da partecipazioni societarie, aveva attribuito, in favore del coerede non donatario, a titolo di prelevamenti ed in mancanza di beni nell'asse ereditario omogenei a quello conferito, un determinato numero di dette quote, sì da renderne, all'esito delle operazioni divisionali, la partecipazione societaria superiore a quella del coerede donatario).
Cass. civ. n. 7093/2017
In tema di simulazione assoluta di un negozio soggetto a forma scritta a pena di nullità, il documento che può costituire principio di prova per iscritto deve provenire dalla controparte e non dalla parte che chiede la prova, né da un terzo, e non è necessario un preciso riferimento al fatto controverso, ma l'esistenza di un nesso logico tra lo scritto ed il fatto stesso, dal quale scaturisca la verosimiglianza del secondo. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che un assegno circolare costituiva principio di prova scritta, ex art. 2724 c.c., perché era proveniente dalla controparte in quanto sottoscritto dalla stessa "a girata" e che, in ordine al nesso logico con il fatto, esso era integrato dal riferimento al percorso del denaro che avrebbe dovuto servire al pagamento del prezzo).
Cass. civ. n. 3932/2016
I beni oggetto di trasferimento a titolo oneroso (anche se a favore del coerede) sono soggetti a collazione ereditaria solo se sia accertata la natura simulata del relativo atto dispositivo in accoglimento di un'apposita domanda formulata in tal senso dal coerede che chiede la divisione. In tal caso il "dies a quo" del termine di prescrizione dell'azione di simulazione varia in rapporto all'oggetto della domanda: se questa è proposta dall'erede quale legittimario, facendo valere il proprio diritto alla riduzione della donazione (che si asserisce dissimulata) lesiva della quota di riserva, il termine di prescrizione decorre dal momento dell'apertura della successione; mentre se l'azione sia esperita al solo scopo di acquisire il bene oggetto di donazione alla massa ereditaria per determinare le quote dei condividenti e senza addurre alcuna lesione di legittima, il termine di prescrizione decorre dal compimento dell'atto che si assume simulato, subentrando in tal caso l'erede, anche ai fini delle limitazioni probatorie ex art. 1417 c.c., nella medesima posizione del "de cuius".
Cass. civ. n. 11467/2016
In tema di simulazione del contratto, il principio di prova scritta che, ai sensi dell'art. 2724, n. 1, c.c. consente eccezionalmente la prova per testi (e, quindi, presuntiva) deve consistere in uno scritto, proveniente dalla persona contro la quale la domanda è diretta, diverso dalla scrittura le cui risultanze si intendono così sovvertire e contenente un qualche riferimento al patto che si deduce in contrasto con il documento, sicché lo stesso non può desumersi dal medesimo atto impugnato per simulazione, non ricorrendo alcun riferimento o collegamento logico, in contrasto con il documento, tra il negozio asseritamente simulato e quello sottostante.
Cass. civ. n. 13857/2016
L'impossibilità morale di procurarsi la prova scritta che, ai sensi dell'art. 2724, comma 1, n. 2, c.c., rende ammissibile il ricorso alla prova testimoniale, non è configurabile a fronte della mera astratta posizione di preminenza della persona dalla quale la dichiarazione scritta doveva essere pretesa, o di un vincolo affettivo con la persona stessa, ma non è comunque esigibile l'allegazione di circostanze ostative assolute, sicché tale situazione non può essere negata in presenza di circostanze, anche di dettaglio, particolari o speciali, concorrenti a specificare la situazione di oggettivo impedimento psicologico, dovendosi volgere l'operato del giudice, con specifica sensibilità, alla valutazione delle circostanze allegate, sia in relazione al tipo di rapporto dedotto "inter partes", sia alla possibile incidenza di eventi o situazioni particolari.
Cass. civ. n. 15845/2015
Il principio di prova per iscritto (art. 2724, n. 1, c.c.) idoneo a consentire l'ammissione della prova testimoniale per accertare, tra le parti, la simulazione assoluta (art. 1417 c.c.) può anche essere costituito da una scrittura non firmata (nella specie, un'intervista rilasciata dalla parte ad un giornalista) purché le dichiarazioni in essa contenute siano state espressamente o tacitamente accettate dal dichiarante, del quale non è necessaria la sottoscrizione.
Cass. civ. n. 20633/2014
Qualora la donazione di danaro fatta in vita dal "de cuius" sia dichiarata nulla, la relativa somma diviene oggetto di un credito dal "de cuius" verso l'erede donatario, alla cui quota la somma stessa deve essere imputata, a norma dell'art. 724, secondo comma, cod. civ.
Cass. civ. n. 9082/2014
In tema di condominio negli edifici, l'assemblea può nominare un nuovo amministratore senza avere preventivamente revocato l'amministratore uscente, applicandosi la norma sulla revoca tacita del mandato, di cui all'art. 1724 cod. civ.
Cass. civ. n. 18554/2013
In tema di prova testimoniale, per la ricorrenza della condizione dell'impossibilità morale di procurarsi la prova scritta, di cui all'art. 2724, n. 2, c.c., non è sufficiente una situazione di astratta influenza, di autorità o di prestigio della persona dalla quale lo scritto dovrebbe essere preteso, nè di vincolo di amicizia, di parentela o di affinità di quest'ultima nei confronti della parte interessata all'acquisizione della prova, occorrendo, altresì, ulteriori speciali e particolari circostanze confluenti e concorrenti a determinarla.
Cass. civ. n. 12830/2013
L'istituto della collazione, limitato al conferimento nella massa ereditaria delle donazioni non contenenti espressa dispensa, è incompatibile con la divisione con la quale il testatore abbia ritenuto effettuato, ai sensi dell'art. 734 cod. civ., la spartizione dei suoi beni (o di parte di essi), distribuendoli mediante l'assegnazione di singole e concrete quote ("divisio inter liberos"), evitando così la formazione della comunione ereditaria e, con essa, la necessità di dar luogo al relativo scioglimento, in funzione del quale soltanto si giustificherebbe il conferimento nella massa previsto dagli artt. 724 e 737 cod. civ.
Cass. civ. n. 17766/2012
Gli estremi richiesti dall'art. 2724, n. 1, c.c. perché un documento possa costituire principio di prova per iscritto - così eccezionalmente consentendo l'ammissione, come nella specie, della prova per testimoni - non esigono un preciso riferimento al fatto controverso, ma l'esistenza di un nesso logico tra lo scritto e il fatto stesso, da cui scaturisca la verosimiglianza del secondo, alla stregua di un apprezzamento di merito insindacabile nella sede di legittimità, se non sotto il profilo del vizio di motivazione.
Cass. civ. n. 25646/2008
Nel giudizio di divisione ereditaria, la collazione per imputazione nella quale il giudice, a norma degli artt. 724 e 725 c.c., imputa alla quota del coerede le somme di denaro delle quali il medesimo sia debitore verso gli altri coeredi, per poi disporre, a favore dei condividenti che siano creditori a tale titolo, il prelievo di beni dalla massa in proporzione delle rispettive quote non comporta una divisione parziale dell'eredità, bensì realizza un'attività di carattere meramente prodromico alle attività strettamente divisionali che non determina lo scioglimento anticipato della comunione ereditaria.
Cass. civ. n. 5092/2006
Ai sensi dell'art. 724, secondo comma, c.c., il coerede debitore del de cuius, al fine di assolvere alla propria obbligazione, deve conferire alla massa l'intero debito, imputandolo alla sua quota, e non anche pagare direttamente agli altri coeredi, che ne abbiano fatto richiesta, in proporzione alle quote loro spettanti.
Cass. civ. n. 3869/2004
Il documento che può costituire principio di prova per iscritto (art. 2724, n. 1 c.c.), sì da consentire l'ammissione della prova testimoniale per accertare, tra le parti, la simulazione assoluta (art. 1417 c.c.) di un contratto con forma scritta ad substantiam (art. 1350 c.c.), deve provenire dalla controparte e non dalla parte che chiede la prova, né da un terzo e non è necessario un preciso riferimento al fatto controverso, ma l'esistenza di un nesso logico tra lo scritto e il fatto stesso, da cui scaturisca la verosimiglianza del secondo. L'accertamento, circa la sussistenza e l'idoneità di un principio di prova scritta a rendere verosimile il fatto allegato, costituisce un apprezzamento di merito insindacabile in sede di legittimità, se congruamente e logicamente motivato.
Cass. civ. n. 10558/2002
In materia di procedimento civile, poiché l'art. 2724 c.c. indica solamente i casi in cui la prova testimoniale è sempre ammissibile, indipendentemente da valutazioni discrezionali del giudice di merito, non è escluso che, anche là dove tali ipotesi legislativamente previste non ricorrano, detta prova possa essere validamente ammessa dal giudice di merito nell'esercizio dei suoi poteri discrezionali nei casi di cui agli artt. 2721, secondo comma, e 2723 c.c. (non anche, invece, nella fattispecie dei patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento prevista dall'art. 2722 c.c.).
Cass. civ. n. 15760/2001
Ai fini della configurabilità della situazione di impossibilità morale di procurarsi la prova scritta che, ai sensi dell'art. 2724, n. 2, c.c., rende ammissibile il ricorso alla prova testimoniale, non è sufficiente la deduzione di una astratta posizione di preminenza della persona dalla quale la dichiarazione scritta doveva essere pretesa, o di un vincolo affettivo con la persona stessa. Tuttavia, la relativa valutazione va sempre riferita al caso concreto, non potendosi pretendere l'allegazione di circostanze ostative assolute. In particolare, ove a generiche deduzioni si accompagni anche quella di altre particolari circostanze concorrenti a determinare una specifica situazione di oggettivo impedimento psicologico alla richiesta di una dichiarazione siffatta, il giudice è tenuto alla valutazione delle circostanze dedotte in relazione sia al rapporto inter partes, sia alla possibile incidenza di eventi o situazioni particolari.
Cass. civ. n. 426/2000
L'art. 2724 n. 1 c.c., nel consentire in ogni caso la prova testimoniale in presenza di un «principio di prova scritta» — che sia tale da far apparire verosimile il fatto allegato — postula la esistenza di un nesso logico fra lo scritto ed il fatto controverso, sì che quest'ultimo risulti verosimile per ragionevole relazione e non per mera congettura o illazione: è, cioè, necessario che il documento contenga un qualche riferimento al patto che si deduce in contrasto con il precedente accordo scritto, non essendo, all'uopo, sufficiente, che, in base al documento, si possa ritenere possibile o plausibile la conclusione di un nuovo patto contrastante con il precedente accordo.
Cass. civ. n. 3120/1999
Ai fini dell'ammissibilità della prova testimoniale ai sensi dell'art. 2724 n. 1 c.c., possono costituire principio di prova scritta anche le risposte rese dalla controparte nel corso dell'interrogatorio e consacrate nel relativo verbale, il quale dà la certezza con la sottoscrizione, che l'ammissione proviene dalla stessa parte contro la quale è stata proposta la domanda.
Cass. civ. n. 7976/1994
Ai fini dell'ammissione della prova testimoniale ai sensi dell'art. 2724 c.c., la deduzione della impossibilità di procurarsi la prova scritta costituisce un onere della parte, che intenda giovarsene, per cui il giudice di merito non può rilevare di ufficio una situazione di impossibilità non dedotta né appare idonea e sufficiente ad integrare una deduzione in tal senso il generico assunto, nell'atto introduttivo del giudizio, della impossibilità morale e materiale di procurarsi un documento, senza alcun riferimento alle istanze istruttorie, formulate soltanto successivamente con l'atto di appello, nel quale l'assunto suesposto non veniva assolutamente richiamato.
Cass. civ. n. 4044/1994
Il semplice, ancorché prolungato, silenzio del mandante non comporta l'estinzione del mandato, né la revoca tacita dello stesso a norma dell'art. 1724 c.c., comportando bensì, per l'incertezza circa la prosecuzione o non del mandato, il dovere del mandatario (art. 1710 c.c.) di interpellare formalmente il proprio mandante al fine di conoscere se questo intenda o non continuare a servirsi della sua opera e nel contempo, fino a quando l'incarico non gli sia revocato, il compimento di tutti gli adempimenti occorrenti per evitare che siano compromessi i suoi diritti.
Cass. civ. n. 4522/1993
Il principio di prova scritta (art. 2724 n. 1 c.c.) — che giustifica la deroga al divieto di prova testimoniale stabilito dall'art. 2722 stesso codice — può desumersi dalle risposte date dalla parte all'interrogatorio, in quanto la verbalizzazione e la successiva sottoscrizione danno l'assoluta certezza che l'ammissione proviene dalla parte stessa e tale ammissione rende almeno verosimili i fatti che si dovranno poi ulteriormente provare a mezzo di testimoni.
Cass. civ. n. 6071/1990
L'eccezione alla generale inammissibilità della prova testimoniale e per presunzione di cui all'art. 2724, n. 2, c.c. è condizionata dall'esistenza di un principio di prova scritta proveniente dalla persona contro la quale è stata proposta la domanda giudiziale. Ne consegue che un documento proveniente dal de cuius non può essere invocato agli effetti della norma citata nei confronti degli eredi, ancorchè suoi aventi causa, quando la situazione soggettiva dedotta in giudizio facente capo a questi ultimi sia stata da loro acquistata non jure haereditario bensì autonomamente, cioè prima ed indipendentemente dall'apertura della successione ereditaria.
Cass. civ. n. 3617/1987
Dal combinato disposto del secondo comma dell'art. 724 e del primo comma dell'art. 725 c.c. si evince che nel giudizio di divisione, il giudice, prima della formazione delle singole porzioni, deve imputare alla quota del coerede le somme di danaro delle quali il medesimo sia debitore verso gli altri coeredi in dipendenza dei rapporti di comunione e poi disporre, a favore dei condividenti che siano creditore a tale titolo, il prelievo di beni dalla massa in proporzione delle loro rispettive quote, ripartendo infine i beni ereditari residui tra i partecipanti alla comunione.
Cass. civ. n. 720/1987
L'art. 2724, n. 1, c.c., il quale introduce un'eccezione al divieto della prova testimoniale, quando vi sia un «qualsiasi scritto, proveniente dalla persona contro la quale la domanda è diretta o dal suo rappresentante, che faccia apparire verosimile il fatto allegato», si riferisce a documenti che siano inidonei, per il loro oggetto e contenuto, a dimostrare direttamente quel fatto, ma che siano muniti della sottoscrizione del soggetto da cui provengono, integrando questa il requisito indispensabile dello «scritto», cioè della scrittura privata. Al fine dell'applicazione della citata norma, pertanto, non pilò essere invocata una bozza contrattuale priva delle sottoscrizioni delle parti, indipendentemente dalla circostanza che tale bozza sia compilata a mano da una delle parti medesime.
Cass. civ. n. 398/1985
Con riguardo a divisione ereditaria allorquando i crediti e i debiti tra coeredi derivano dallo stato di comunione ereditaria, l'imputazione di essi allo scopo di assicurare il soddisfacimento delle ragioni creditorie, mediante il prelevamento dei beni dalla massa ereditaria nell'ambito delle operazioni divisionali, pur facendo parte del procedimento divisorio, non si identifica con la divisione vera e propria dei beni oggetto dei prelevamenti stessi, con la conseguenza che, al fine di accertare se le porzioni corrispondano alle rispettive quote ereditarie, occorre fare sempre riferimento al valore dei beni al momento della divisione e non a quello dell'apertura della successione.