Art. 746 – Codice civile – Collazione d’immobili
La collazione di un bene immobile si fa o col rendere il bene in natura [748 c.c.] o con l'imputarne il valore alla propria porzione, a scelta di chi conferisce [2645 c.c.].
Se l'immobile è stato alienato o ipotecato, la collazione si fa soltanto con l'imputazione [747, 749 c.c.].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 15517/2024
La cessione gratuita della quota di partecipazione ad una cooperativa edilizia, finalizzata all'assegnazione dell'alloggio in favore del cessionario, integra donazione indiretta dell'immobile, soggetta, in morte del donante, alla collazione ex art. 746 c.c., giacché tale quota esprime non una semplice aspettativa, ma un vero e proprio credito all'attribuzione dell'alloggio.
Cass. civ. n. 17409/2023
In tema di divisione ereditaria, spetta al coerede donatario la scelta di effettuare la collazione dell'immobile donato in natura, con la conseguenza che se non esercita tale scelta, la collazione deve farsi per imputazione del relativo valore alla quota di sua spettanza.
Cass. civ. n. 23403/2022
In tema di divisione ereditaria, l'istituto della collazione, che, in presenza di donazioni fatte in vita dal "de cuius" e salva apposita dispensa di quest'ultimo, impone il conferimento del bene che ne è oggetto in natura o per imputazione, ha la finalità di assicurare l'equilibrio e la parità di trattamento tra i vari condividenti nella formazione della massa ereditaria, così da non alterare il rapporto di valore tra le varie quote determinate attraverso la sommatoria del "relictum" e del "donatum" al momento dell'apertura della successione, sicché il relativo obbligo sorge automaticamente in seguito ad essa, senza necessità di proporre espressa domanda da parte del condividente, essendo a tal fine sufficiente che sia chiesta la divisione del patrimonio relitto e che sia menzionata, in esso, l'esistenza di determinati beni quali oggetto di pregressa donazione. Tuttavia, in caso di donazione indiretta, è pregiudiziale all'obbligo di collazione la proposizione della domanda di accertamento dell'esistenza della stessa.
Cass. civ. n. 10756/2019
La quota di società è soggetta a collazione per imputazione, prevista dall'art. 750 c.c. per i beni mobili, poiché - non conferendo ai soci un diritto reale sul patrimonio societario riferibile alla società, che è soggetto distinto dalle persone dei soci - attribuisce un diritto personale di partecipazione alla vita societaria. La collazione della quota di azienda, che rappresenta la misura della contitolarità del diritto reale sulla "universitas rerum" dei beni di cui si compone, va compiuta, invece, secondo le modalità indicate dall'art. 746 c.c. per gli immobili, sicché - ove si proceda per imputazione - deve aversi riguardo al valore non delle singole cose, ma a quello assunto dalla detta azienda, quale complesso organizzato, al tempo dell'apertura della successione. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO GENOVA, 30/10/2014).
Cass. civ. n. 23973/2019
La responsabilità indiretta della compagnia assicuratrice per il fatto illecito del sub-agente, fondata, ai sensi dell'art. 2049 c.c., sul nesso di occasionalità necessaria tra le incombenze di quest'ultimo e il danno subìto dal cliente, postula che il fatto dannoso sia stato agevolato o reso possibile dall'inserimento del sub-agente nell'organizzazione dell'impresa e sussiste, pertanto, nonostante la tendenziale autonomia della posizione del sub-agente rispetto all'assicuratore, nell'ipotesi in cui quest'ultimo, quale primo preponente, abbia conferito al sub-agente un autonomo e diretto potere rappresentativo oppure mantenga comunque un controllo diretto anche sul suo operato o, ancora, si avvalga di un'organizzazione imprenditoriale articolata in un reticolo di agenzie che operano di regola a mezzo di sub-agenti abilitati a vendere i suoi prodotti assicurativi, nonché nell'ipotesi in cui ricorra la prova di un'apparenza di rapporto diretto del sub-agente con la compagnia per ottenere prodotti assicurativi in nome e per conto di essa.
Cass. civ. n. 9177/2018
La collazione per imputazione si differenzia da quella in natura per il fatto che i beni già oggetto di donazione rimangono di proprietà del medesimo donatario; sicché, ove il condividente abbia optato per la prima, la somma di denaro corrispondente al valore del bene donato, quale accertato con riferimento alla data di apertura della successione, viene sin da quel momento a far parte della massa ereditaria in sostituzione del bene donato, costituendo in tal modo "ab origine" un debito di valuta a carico del donatario, cui si applica il principio nominalistico, con la conseguenza che anche gli interessi legali vanno rapportati a tale valore e decorrono dal medesimo momento.
Cass. civ. n. 20041/2016
In tema di collazione, ove il "relictum" sia costituito da un unico bene, i prelevamenti devono essere effettuati stralciando dallo stesso la quota corrispondente al valore dei beni oggetto del conferimento per imputazione, atteso che la mancanza, nell'asse ereditario, di beni della stessa natura di quelli che sono stati così conferiti dagli eredi donatari non esclude il diritto degli eredi non donatari al prelevamento, che si attua, ex art. 725 c.c., solo per quanto possibile, con oggetti della stessa natura e qualità di quelli non conferiti in natura.
Cass. civ. n. 5659/2015
Il donante ha solo il potere di dispensare il donatario dalla collazione, ma non può in alcun modo vincolare il donatario stesso, che sia tenuto alla collazione, a conferire l'immobile in natura o attuare la collazione per imputazione.
Cass. civ. n. 20258/2014
La quota di società non conferisce al socio un diritto reale su beni costituenti il patrimonio societario, ma un diritto personale di partecipazione alla vita societaria, la cui misura non è soggetta a cambiamento per effetto di successivi aumenti di capitale, sicché la relativa donazione è soggetta a collazione per imputazione di beni mobili, ai sensi dell'art. 750 cod. civ., e, dunque, sulla base del valore che aveva al tempo di apertura della successione.
Cass. civ. n. 56/2014
La cessione gratuita della quota di partecipazione ad una cooperativa edilizia, finalizzata all'assegnazione dell'alloggio in favore del cessionario, integra donazione indiretta dell'immobile, soggetta, in morte del donante, alla collazione ex art. 746 cod. civ., tale quota esprimendo non una semplice aspettativa, ma un vero e proprio credito all'attribuzione dell'alloggio.
Cass. civ. n. 15062/2008
La norma di cui all'art. 1746, terzo comma, c.c. (nel testo introdotto dall'art. 28, comma 2, della legge n. 65 del 1999) che vieta ogni patto che ponga a carico dell'agente una responsabilità anche solo parziale per l'inadempimento del terzo, consentendo, eccezionalmente ed a precise condizioni, la concessione di apposita garanzia da parte dell'agente con riferimento a singoli affari, si applica, in assenza di una disciplina transitoria che ne preveda l'applicazione retroattiva, unicamente ai patti stipulati successivamente alla sua entrata in vigore o tutt'al più alle obbligazioni nate da tali patti successivamente alla data indicata e non anche alla fase di adempimento di tali obbligazioni.
Cass. civ. n. 10728/2006
Ai sensi dell'art. 1746 c.c. è imposto all'agente di tutelare gli interessi del preponente e di agire con lealtà e buona fede nell'esecuzione dell'incarico. Tuttavia, tale norma non impedisce all'agente — così come al subagente — vincolato da un contratto a tempo indeterminato suscettibile di disdetta, di ricercare soluzioni professionali alternative, che vengano in concreto a risultare pregiudizievoli per il preponente (come nel caso, non infrequente, dell'acquisizione di un mandato di agenzia da parte di un'impresa in concorrenza con l'originario preponente), se non impiega mezzi e modalità che siano di per sé qualificabili come scorretti, vuoi ai fini dell'acquisizione del nuovo incarico professionale, vuoi nell'esecuzione del medesimo, sulla base dei principi di carattere generale in materia contrattuale e, specificamente, di quelli di correttezza e di buona fede nell'esecuzione del rapporto di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., ovvero delle regole in tema di concorrenza sleale tra imprenditori. Né, alla stregua di ciò, può ritenersi di per sé scorretto il comportamento di un subagente che, intenzionato a porre fine al rapporto in corso con l'agente, ne metta al corrente l'imprenditore preponente, offrendo l'occasione al medesimo di valutare le conseguenze di tale ipotesi ed a se stesso la possibilità di comunicare la propria eventuale disponibilità ad assumere un incarico diretto, sempreché non siano posti in essere mezzi di per sé scorretti, poiché, in difetto di precise pattuizioni in proposito, non è ravvisabile un obbligo di fedeltà in capo al subagente nei confronti dell'agente suo preponente che vieti iniziative di questo genere, compiute con il rispetto del principio generale della correttezza. (Nella specie, la S.C., enunciando il richiamato principio, ha rigettato il ricorso proposto dall'agente e confermato la sentenza impugnata, con la quale era stato escluso che il comportamento del subagente avesse comportato violazione di obblighi derivanti dal contratto di subagenzia, considerato che l'obbligo di cooperazione dell'agente ai fini del raggiungimento degli interessi del suo preponente non comprendeva l'obbligo di restare per sempre vincolato al medesimo, così come neanche il canone generale di correttezza e buona fede poteva impedire all'agente, in mancanza di specifiche clausole contrattuali, di cercare una sistemazione migliore ed eventualmente anche di proporre, nel caso del subagente, le proprie prestazioni direttamente al mandante del proprio preponente).
Cass. civ. n. 14646/2004
Il credito assistito da privilegio generale e vantato nei confronti di una società di persone conserva la prelazione anche qualora venga fatto valere nel fallimento in proprio del socio illimitatamente responsabile, non sussistendo diversità di causa tra le pretese azionabili nei confronti della società debitrice e dei soci della stessa illimitatamente responsabili, né sul piano oggettivo — trattandosi del medesimo credito —, né su quello soggettivo, in quanto l'obbligazione della società di persone rappresenta anche l'obbligazione diretta del socio della stessa illimitatamente e personalmente responsabile.
Cass. civ. n. 17254/2004
In tema di rapporto di agenzia con una società di leasing, fra gli obblighi dell'agente vi è quello di promuovere la conclusione di un affare giuridicamente ed economicamente conforme allo schema contrattuale che, per il leasing, presuppone la previa conclusione di un contratto di compravendita del bene e, per i beni mobili registrati, la regolare immatricolazione del veicolo e conseguente iscrizione al Pra, eventi temporalmente e logicamente successivi al contratto di vendita e talvolta successivi alla stipulazione del contratto di leasing. La necessità della verifica della realizzazione del presupposto fondamentale dell'operazione tende a prevenire il maggior rischio cui sono esposte dette società, cioè il rischio che il bene non esista, o sia diverso da quello acquistato e pagato o sia finito in proprietà di terzi, non attenendo, l'obbligo dell'agente, all'esecuzione del contratto di leasing, sibbene al perfezionamento, giuridico ed economico, dell'operazione. Conseguentemente, l'inadempimento del predetto obbligo integra giusta causa di recesso e l'accertamento relativo è riservato al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se congruamente motivato ed esente da vizi logico-giuridici.
Cass. civ. n. 244/1999
La attuabilità in concreto del privilegio speciale presuppone l'acquisizione al fallimento del bene in relazione al quale il privilegio stesso è sorto e sul quale questo deve esercitarsi. Consegue che il giudice, in sede di verifica dei crediti, deve negare l'ammissione (del credito) in via privilegiata — e ciò per la inutilità del relativo provvedimento — se già al momento della verifica stessa sia assolutamente certo che il bene, non acquisito alla massa, non potrà esserlo nemmeno in futuro.
Cass. civ. n. 7644/1996
L'obbligo imposto all'agente dall'art. 1746 c.c. di fornire al preponente informazioni sulle condizioni di mercato nella zona assegnatagli nonché ogni altra informazione utile per valutare la convenienza dei singoli affari, (che si traduce nell'obbligo di informare in generale sullo sviluppo della concorrenza e sulle reali prospettive di penetrazione del mercato) pur avendo carattere secondario e strumentale rispetto all'obbligo principale dell'agente di promuovere la conclusione di affari, può assumere in concreto una rilevanza tale da giustificare, in caso di sua violazione, la risoluzione del rapporto per colpa dell'agente, come avviene quando — secondo la valutazione insindacabile del giudice di merito — l'omissione delle informazioni o l'inesattezza di quelle fornite siano suscettibili di provocare gravi conseguenze negative sull'andamento commerciale dell'impresa preponente. (Nella fattispecie la sentenza impugnata — confermata dalla Suprema Corte — aveva ritenuto che integrasse una inadempienza grave da parte dell'agente la mancata comunicazione del fatto che il proprio figlio aveva intrapreso nella medesima zona un'attività di agente per una ditta concorrente, contattando per conto della nuova società tutti i clienti del padre, ed utilizzando a tale fine l'elenco dei clienti, i locali lavorativi e il recapito telefonico del proprio genitore).
Cass. civ. n. 4381/1982
Il donante ha solo il potere di dispensare il donatario dalla collazione, ma non può in alcun modo vincolare la sua scelta, qualora egli sia tenuto alla collazione, di conferire in natura il bene (immobile) ricevuto ovvero di attuare la collazione per imputazione.