Art. 97 – Codice di procedura civile – Responsabilità di più soccombenti
Se le parti soccombenti sono più, il giudice condanna ciascuna di esse alle spese e ai danni in proporzione del rispettivo interesse nella causa. Può anche pronunciare condanna solidale di tutte o di alcune tra esse, quando hanno interesse comune.
Se la sentenza non statuisce sulla ripartizione delle spese e dei danni, questa si fa per quote uguali.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 369/2025
In materia di spese processuali, la condanna di più parti soccombenti al pagamento in solido può essere pronunciata non solo quando vi sia indivisibilità o solidarietà del rapporto sostanziale, ma pure nel caso in cui sussista una mera comunanza di interessi, che può desumersi anche dalla semplice identità delle questioni sollevate e dibattute, ovvero dalla convergenza di atteggiamenti difensivi diretti a contrastare la pretesa avversaria, con la conseguenza che la condanna in solido è consentita anche quando i vari soccombenti abbiano proposto domanda di valore notevolmente diverso, purché accomunate dall'interesse al riconoscimento di un fatto costitutivo comune, rispetto al quale vi sia stata convergenza di questioni di fatto e di diritto. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la condanna, in solido, al pagamento delle spese processuali dei creditori soccombenti in un giudizio di opposizione al piano di distribuzione dal quale erano stati esclusi per gli stessi motivi, che originariamente avevano incardinato due autonomi giudizi poi riuniti).
Cass. civ. n. 18196/2024
In caso di divisione cd. "endoesecutiva", il termine per la riassunzione del processo esecutivo, sospeso ai sensi dell'art. 601 c.p.c., non decorre dal provvedimento che conclude la fase c.d. dichiarativa del giudizio di divisione bensì dal provvedimento con cui viene dichiarato esecutivo il progetto di divisione, in quanto solo quest'ultimo provvedimento, a differenza del primo, ha carattere definitivo ed efficacia di giudicato ai fini dell'art. 297 c.p.c.
Cass. civ. n. 16116/2024
In tema di regolazione delle spese di lite, la condanna in solido dei soccombenti può giustificarsi anche alla luce di una mera comunanza degli interessi, che si ha anche solo in presenza di una convergenza di atteggiamenti difensivi, quando esista una sostanziale identità delle questioni dibattute tra le parti nel processo; tuttavia, la condanna solidale non è consentita quando i vari soccombenti abbiano proposto domande di valore notevolmente diverso, posto che la solidarietà cessa quando il comune interesse sussiste per una parte della domanda e non per il resto. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva condannato in solido al pagamento delle spese di lite i due soccombenti, uno dei quali aveva avanzato una richiesta di condanna alla restituzione di 900.000 euro, mentre l'altro una richiesta di soli 10.000 euro).
Cass. civ. n. 6873/2024
L'improcedibilità del processo di espropriazione forzata in conseguenza dell'omessa o tardiva trascrizione del pignoramento o dell'omesso o tardivo deposito del documento che la dimostra configura una ipotesi di estinzione "atipica"; pertanto, il provvedimento che dispone la predetta chiusura anticipata o che la nega (anche omettendo di provvedere sulla questione) non può essere impugnato con il reclamo ex art. 630 c.p.c., mezzo che riguarda soltanto le ipotesi di estinzione tipica dell'esecuzione, ma esclusivamente con l'opposizione agli atti esecutivi.
Cass. civ. n. 2028/2024
In tema di sospensione del processo a seguito di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, il dies a quo del termine per la riassunzione del giudizio deve essere diversamente individuato nelle ipotesi di sospensione necessaria e di sospensione anomala del giudizio: nel primo caso - relativo al giudizio da cui è promanato l'incidente di costituzionalità -, esso è rappresentato dal giorno in cui avviene la comunicazione alla parte, ad opera della cancelleria del giudice che ha disposto la sospensione, della pronuncia della Corte costituzionale che ha definito la questione di legittimità costituzionalità ad essa rimessa, mentre, nel secondo caso - di pendenza di un giudizio di legittimità costituzionale sulla disciplina applicabile nella causa a seguito di questione sollevata da altro giudice -, esso è rappresentato dal giorno di pubblicazione della predetta pronuncia nella Gazzetta Ufficiale.
Cass. civ. n. 35365/2023
Nell'espropriazione forzata l'omesso o tardivo deposito dell'istanza di vendita ex art. 497 c.p.c. determina la perdita di efficacia del pignoramento e, quindi, l'estinzione della procedura esecutiva, che la parte interessata deve far valere a norma dell'art. 630 c.p.c. e, in caso di rigetto dell'eccezione, col reclamo previsto dalla citata disposizione, non già con l'opposizione agli atti esecutivi.
Cass. civ. n. 18591/2023
Il giudicato endofallimentare discendente dal decreto di approvazione dello stato passivo, dotato di "vis" imperativa e indisponibilità per le parti, si connota, sia pure nel circoscritto ambito concorsuale, come regola del caso concreto; conseguentemente, la sua interpretazione non può avvenire ricorrendo ai criteri ermeneutici dettati per le manifestazioni di volontà negoziale, bensì, in via analogica, applicando i principi dettati dall'art. 12 e ss. disp. prel. c.c. - in ragione dell'assimilabilità del provvedimento giurisdizionale, per natura ed effetti, agli atti normativi - imponendosi pertanto la ricerca del significato oggettivo della regola o del comando di cui il provvedimento è portatore.
Cass. civ. n. 15142/2023
In caso di apposizione al vincolo matrimoniale di una condizione "pro futuro", ex art. 1102, par. 1, del codice canonico (nella specie consistente nella maggiore affettività "post nuptias" dell'altro coniuge), l'esecutività della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario postula che la condizione sia stata manifestata all'altro coniuge, ovvero sia stata da questi conosciuta o non colpevolmente ignorata; in mancanza, la delibazione è impedita dalla contrarietà all'ordine pubblico italiano, nel cui ambito va ricompreso il principio fondamentale di tutela della buona fede e dell'affidamento del coniuge incolpevole.
Cass. civ. n. 14647/2023
In tema di confisca di prevenzione, nel procedimento di opposizione allo stato passivo promosso dai creditori esclusi, l'iscrizione di riserve (per maggiori oneri e costi) nel registro di contabilità, da parte dell'appaltatore di lavori pubblici, pur avvenuta nel rispetto degli inderogabili oneri formali previsti dalla legge, è condizione necessaria, ma non sufficiente, ai fini del riconoscimento della relativa pretesa, il quale presuppone il previo accertamento giudiziale della sua fondatezza, secondo i criteri di ripartizione dell'onere probatorio di cui all'art. 2697 cod. civ., ove non ricorrano gli alternativi rimedi di cui agli artt. 204 e ss. d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50. (Fattispecie in tema di rapporti tra consorzio appaltante e società consorziata esecutrice delle opere, in cui la Corte ha ritenuto doversi individuare un principio di prova nell'atto di riconoscimento di debito sottoscritto dal direttore dei lavori, nei limiti dell'importo dallo stesso asseverato).
Cass. civ. n. 838/2023
Il giudizio di delibazione della sentenza di nullità del matrimonio pronunciata dal tribunale ecclesiastico, promosso da uno solo dei coniugi, è un ordinario giudizio di cognizione, al quale si applicano gli artt. 796 e 797 c.p.c., essendo pertanto nulla, per violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, la sentenza pronunciata a definizione del procedimento, senza che siano concessi i termini previsti dall'art. 190 c.p.c. (Nella specie, la S.C. ha cassato la statuizione pubblicata pochi giorni dopo l'assunzione in decisione, secondo una tempistica incompatibile con la concessione dei termini per il deposito di comparse conclusionali e repliche).
Cass. civ. n. 149/2023
In tema di delibazione di sentenze ecclesiastiche, la convivenza "come coniugi" - pur costituendo un elemento essenziale del "matrimonio-rapporto" ove protrattasi per almeno tre anni dalla celebrazione ed integrando una situazione giuridica di "ordine pubblico italiano" - non è di ostacolo alla dichiarazione di efficacia della sentenza ecclesiastica di nullità per vizi genetici del "matrimonio-atto" che siano a loro volta presidiati da nullità nell'ordinamento italiano; in particolare, tale limite non opera rispetto alla delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità per un vizio psichico che renda incapaci a contrarre matrimonio, corrispondente a quello pure previsto nell'ordinamento italiano dall'art. 120 c.c.
Cass. civ. n. 27476/2018
In materia di spese processuali, la condanna di più parti soccombenti al pagamento in solido può essere pronunciata non solo quando vi sia indivisibilità o solidarietà del rapporto sostanziale, ma pure nel caso in cui sussista una mera comunanza di interessi, che può desumersi anche dalla semplice identità delle questioni sollevate e dibattute, ovvero dalla convergenza di atteggiamenti difensivi diretti a contrastare la pretesa avversaria. Ne consegue che la condanna in solido è consentita anche quando i vari soccombenti abbiano proposto domanda di valore notevolmente diverso, purché accomunate dall'interesse al riconoscimento di un fatto costitutivo comune, rispetto al quale vi sia stata convergenza di questioni di fatto e di diritto. (Nella specie, la S.C. ha cassato la pronuncia con la quale la corte d'appello, in sede di rinvio, aveva posto le spese processuali, in solido, a carico della parte condannata a corrispondere una somma a titolo di illegittima occupazione di un immobile, e dell'avvocato di quest'ultima, condannato a restituire le spese di lite percepite in qualità di antistatario, in ragione della cassazione e della riforma della sentenza impugnata). (Cassa e decide nel merito, CORTE D'APPELLO BOLOGNA, 14/04/2016).
Cass. civ. n. 12025/2017
Il soggetto che interviene in un giudizio tra altre parti, facendo propria la posizione di uno dei contendenti ed assumendo posizione attiva di contrasto verso l'altro, resta soggetto al principio della soccombenza, ai fini della regolamentazione delle spese, prescindendo da ogni questione sulla legittimazione o sull'interesse ad intervenire, che, peraltro, se ritenuto dal giudice del merito, con accertamento insindacabile in sede di legittimità, comune ad altre parti, può determinarne la condanna alle spese in solido, anziché, secondo la regola di cui all’art. 97, comma 1, c.p.c., in proporzione all'interesse di ciascuna.
Cass. civ. n. 5955/2016
La riassunzione di un processo sospeso, nella specie a seguito del terremoto che ha colpito la città de L'Aquila il 6 aprile 2009, è tempestiva quando il corrispondente ricorso sia stato depositato in cancelleria nel termine perentorio previsto dall'art. 297, comma 1, c.p.c, sicché la mancata successiva notifica del detto ricorso, unitamente al pedissequo decreto di fissazione dell'udienza, non determina l'estinzione del giudizio, dovendo invece il giudice fissare un nuovo termine per la notifica a norma dell'art. 291 c.p.c.
Cass. civ. n. 19283/2014
Nella espropriazione forzata è inammissibile la richiesta al giudice della opposizione all'esecuzione di declaratoria di inefficacia del pignoramento ex art. 497 cod. proc. civ., per mancata o intempestiva proposizione della istanza di vendita, richiedendosi, ai sensi dell'art. 630, secondo comma, cod. proc. civ. (nel testo vigente "ratione temporis", anteriore alle riforme di cui alla legge 18 giugno 2009, n. 69) che la parte interessata sollevi dinanzi al giudice della esecuzione, prima di ogni altra sua difesa, eccezione di estinzione del processo esecutivo.
Cass. civ. n. 18627/2014
Ai sensi dell'art. 797, n. 6, cod. proc. civ., tuttora operante nell'ambito regolato dall'Accordo di revisione del Concordato lateranense (reso esecutivo con legge 28 marzo 1985, n. 121) per l'espresso richiamo, di natura materiale e non formale, agli artt. 796 e 797 cod. proc. civ. ivi contenuto, i rapporti fra giurisdizione ecclesiastica e giurisdizione civile sono disciplinati sulla base di un principio di prevenzione a favore di quest'ultima, essendo venuta meno, giusta l'art. 8, n. 2, dell'Accordo predetto, la riserva di giurisdizione del tribunale ecclesiastico sulle cause di nullità dei matrimoni concordatari. Ne consegue che il giudice italiano, in difetto di delibazione della corrispondente sentenza ecclesiastica, può statuire sulla domanda di nullità del matrimonio concordatario formulata in via riconvenzionale dal coniuge convenuto in giudizio per la cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Cass. civ. n. 11416/2014
La dichiarazione di efficacia nell'ordinamento dello Stato delle sentenze di nullità del matrimonio concordatario emesse da un tribunale ecclesiastico è subordinata all'accertamento della sussistenza dei requisiti cui l'art. 797 cod. proc. civ. condiziona l'efficacia delle sentenze straniere in Italia, tra i quali, il passaggio in giudicato della sentenza secondo la legge del luogo in cui è stata pronunciata. Tale requisito sussiste quando il matrimonio concordatario sia stato dichiarato nullo con sentenza di prima istanza dal tribunale ecclesiastico regionale, confermata con decreto di ratifica dal tribunale ecclesiastico d'appello ed infine dichiarata esecutiva con decreto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, in conformità delle leggi canoniche. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto irrilevante la circostanza che la conferma in appello della pronuncia di primo grado era avvenuta con sentenza, anziché con decreto).
Cass. civ. n. 27958/2013
È ammissibile il regolamento necessario di competenza nei confronti del provvedimento che abbia respinto l'istanza di riassunzione del processo sospeso, proposta ai sensi dell'art. 297 cod. proc. civ., in quanto l'art. 42 cod. proc. civ., pur essendo norma speciale, è suscettibile d'interpretazione estensiva a tale ipotesi, parimenti connotata dal vincolo di necessità della tempestiva riassunzione al fine di reagire contro un'abnorme quiescenza (al limite, "sine die") del processo, non più giustificata dall'esigenza di un accertamento pregiudiziale e che si porrebbe in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo di cui all'art. 111 Cost.
Cass. civ. n. 18652/2013
Nell'espressione "cause civili relative ai procedimenti di opposizione all'esecuzione" - per le quali, ai sensi dell'art. 92 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, richiamato dall'art. 3 della legge 7 ottobre 1969, n. 742, non si applica la sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale - non sono ricompresi i procedimenti esecutivi ed i relativi termini, come quello di efficacia del pignoramento, previsto dall'art. 497 c.p.c., rispetto ai quali si applica dunque la sospensione dei termini durante il periodo feriale, disposta dall'art. 1 della legge n. 742 del 1969.
Cass. civ. n. 7580/2013
Ai fini della tempestiva prosecuzione del processo, sospeso per la pendenza di un giudizio di legittimità costituzionale sulla disciplina applicabile nella causa a seguito di questione sollevata da altro giudice, il termine per la riassunzione decorre dalla data di pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale sulla Gazzetta ufficiale - che integra un idoneo sistema di pubblicità legale per la conoscenza delle sorti del processo costituzionale - e non dalla notificazione operata dalla parte interessata alle controparti a fini sollecitatori, dovendosi ritenere, da un lato, che la sospensione così effettuata vada ricondotta all'art. 296 c.p.c., con necessità di provvedere agli adempimenti per la prosecuzione del processo nei modi e termini previsti dall'art. 297 c.p.c., e, dall'altro, che un meccanismo di riassunzione rimesso alla mera volontà delle parti non sia compatibile con il principio di ragionevole durata ex art. 111 Cost., in quanto suscettibile di provocare una quiescenza "sine die" del processo.
Cass. civ. n. 17286/2013
E inibita al giudice l'assunzione d'ufficio, quale mezzo di prova, di informazioni fornite da un soggetto estraneo al processo, che non rivesta né la qualità di testimone, né quella di consulente tecnico d'ufficio in quello stesso giudizio. (Nella specie, la S.C., in applicazione dell'enunciato principio, ha cassato la sentenza di merito fondata sui chiarimenti resi, in assenza di istanza di parte, dal c.t.u. nominato in diverso procedimento). (Cassa con rinvio, App. Reggio Calabria, 19/07/2006).
Cass. civ. n. 12790/2012
Nel caso di sospensione del processo per pregiudizialità, la parte del processo pregiudicato, quando non sia parte anche di quello pregiudicante, non ha alcun onere di attivarsi per accertarsi se quest'ultimo si sia concluso. Pertanto, incombe su chi intende eccepire la tardiva riassunzione del processo, per inutile decorso del termine di sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza pregiudicante (oggi ridotto a tre mesi dall'art. 46, comma 12, della legge 18 giugno 2009 n. 69), l'onere di provare che la parte, la quale ha proceduto alla riassunzione, avesse avuto in qualunque modo notizia del passaggio in giudicato della sentenza pregiudicante più di sei mesi prima del deposito dell'istanza di prosecuzione.
Cass. civ. n. 17281/2011
La condanna solidale al pagamento delle spese processuali nei confronti di più parti soccombenti può essere pronunciata non solo quando vi sia indivisibilità o solidarietà del rapporto sostanziale, ma pure nel caso in cui vi sia una comunanza di interessi la cui sussistenza, ai fini della ripartizione delle spese o della condanna solidale, non può che essere apprezzata dal giudice di merito con una valutazione non censurabile in sede di legittimità. (Principio enunciato in riferimento a due cause autonome riunite per connessione).
Cass. civ. n. 6302/2007
I termini di decadenza per l'esercizio dell'azione di disconoscimento di paternità concorrono, unitamente ai casi in cui tale azione è consentita, a definire l'ambito nel quale il disconoscimento di paternità è esperibile e, con esso, a delineare il punto di equilibrio tra verità biologica e certezza dello status come presuntivamente attribuito. E siccome tali termini afferiscono a materia sottratta alla disponibilità delle parti, deve ritenersi frutto di collusione ordita per frodare la legge — con conseguente esperibilità dell'impugnazione per revocazione da parte del P.M. — la sentenza emessa a conclusione di un processo nel quale le parti, d'accordo fra loro, per far apparire tempestiva l'azione di disconoscimento di paternità e per conseguentemente superare la decadenza fissata dall'ordinamento a presidio dell'indisponibilità delle situazioni soggettive coinvolte, abbiano, contrariamente al vero, dedotto che l'acquisizione della conoscenza, da parte del figlio maggiorenne, dei fatti che rendono ammissibile il disconoscimento di paternità è avvenuta nell'anno anteriore alla proposizione dell'azione.
Cass. civ. n. 2616/2006
Anche nel vigore della nuova disciplina della Gazzetta Ufficiale, che prevede la pubblicazione, in essa, del testo integrale di tutti i provvedimenti della Corte costituzionale, la pubblicità legale, così migliorativamente attuata, resta comunque diretta a rendere conoscibili alla generalità le decisioni della Corte e non è sufficiente ad assicurare anche la conoscenza legale della sentenza da parte dei soggetti specificamente interessati alla prosecuzione del giudizio, per cui solo la comunicazione di detta sentenza, da parte della cancelleria del giudice che ha disposto la sospensione, determinando la conoscenza concreta della pronunzia medesima, costituisce il dies a quo del termine semestrale di riassunzione del processo, sospeso per trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
Cass. civ. n. 21903/2004
In tema di disciplina della nuova udienza a seguito della sospensione del processo, dall'art. 297 c.p.c., il quale prescrive che l'istanza di fissazione si propone con ricorso, senza richiedere che la stesso abbia il contenuto dell'atto introduttivo, che deve essere semplicemente richiamato, si ricava che dalla formulazione dell'atto in questione non è possibile desumere l'abbandono di domande in precedenza proposte. Tuttavia, l'abbandono di singole domande può sempre desumersi secondo i principi generali, ove vengano formulate conclusioni specifiche nelle quali non si faccia riferimento a domande originariamente proposte.
Cass. civ. n. 2442/2004
Qualora il procedimento sia stato sospeso, ai sensi dell'art. 295 c.p.c., in attesa della definizione di questione pregiudiziale da parte di altro giudice, il provvedimento, che, sull'istanza di riassunzione presentata dopo la sopravvenienza della pronuncia di detto altro giudice, rimetta le parti direttamente al collegio per la discussione, senza autorizzare la produzione di tale pronuncia e la formulazione di nuove conclusioni, comporta violazione del contraddittorio e del diritto di difesa, con la conseguente invalidità della sentenza che venga resa senza aver preventivamente consentito la suddetta attività istruttoria.
Cass. civ. n. 8388/2003
Qualora un giudizio sia stato sospeso, in attesa della definizione di altra controversia, ai sensi dell'art. 295 c.p.c., il giudizio deve essere riassunto, in base alla previsione dell'art. 297 dello stesso codice, entro il termine perentorio di sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce la controversia pregiudicante. Pertanto, qualora detto passaggio in giudicato sia conseguenza di una pronuncia della Corte di cassazione, il termine decorre dalla data in cui le parti hanno conoscenza di tale pronuncia, senza che il termine stesso sia sospeso dalla pendenza del termine per proporre, ai sensi dell'art. 391 bis c.p.c., ricorso per revocazione avverso la sentenza della Cassazione o dalla proposizione del ricorso medesimo.
Cass. civ. n. 10780/2002
In tema di sospensione e riassunzione del processo, deve ritenersi che il procedimento di ricusazione, determinando un incidente di sospensione impropria e non traslativa, consente alla parte la riassunzione con ricorso e non con citazione, atteso che, in linea generale, la riassunzione del processo sospeso è validamente introdotta con ricorso, ex art. 297 c.p.c., tutte le volte in cui la prosecuzione del giudizio non debba avvenire in altra sede, restando, per converso, disciplinate dal disposto dell'art. 125 att. c.p.c. tutte le ipotesi di riassunzione non dipendenti da sospensione (da introdurre, pertanto, con atto di citazione), e dal disposto dell'art. 50 c.p.c. le riassunzioni conseguenti ai procedimenti per regolamento di competenza e di giurisdizione (che postulano, invece, la riassunzione con comparsa).
Cass. civ. n. 6601/2000
Allorché la comunicazione di un provvedimento giurisdizionale serva, oltre che a far conoscere quanto accaduto nel corso del processo, anche a individuare il momento iniziale per la decorrenza di un termine perentorio, contrariamente a quanto avviene negli altri casi in cui la funzione della comunicazione è limitata unicamente a finalità partecipative, il sistema della sola conoscenza di fatto del provvedimento non comunicato non può avere efficacia sanante della nullità dell'atto. Pertanto, nel caso di ordinanza relativa alla sospensione del processo, è necessario che la stessa sia comunicata ai sensi dell'art. 136 e seguenti c.p.c., ovvero in forme equipollenti che non possono in ogni caso prescindere, stante l'esigenza della certezza processuale, da un'attività del cancelliere, organo deputato infungibilmente a tale incombenza, cosicché - in caso di omessa comunicazione nella forma legale suddetta - alla sospensione del processo non può conseguire l'estinzione per inosservanza del termine di riassunzione di cui all'art. 297 c.p.c.
Cass. civ. n. 663/1999
La pronuncia di un'unica condanna alle spese di causa, con liquidazione cumulativa delle medesime, è consentita a carico di più parti soccombenti, secondo la previsione dell'art. 97 c.p.c., ma non anche in favore di più parti vittoriose, che siano state assistite da difensori diversi. Infatti, la solidarietà attiva non essendo espressamente prevista non si presume, per cui la responsabilità delle parti soccombenti comporta che ciascuna delle controparti, ove abbia presentato distinte comparse e memorie, abbia diritto al proprio rimborso, tanto più se la difesa sia stata espletata da difensori diversi.
Cass. civ. n. 4394/1996
Nessuna disposizione di legge prevede la nullità dell'atto di riassunzione di un giudizio sospeso, con ordinanza collegiale, per il solo fatto che esso sia diretto all'istruttore anziché al collegio, trattandosi di una mera violazione di norma riguardante la ripartizione interna di funzioni tra organi appartenenti allo stesso ufficio giudiziario ed alla quale consegue soltanto la necessità di rimessione della causa al collegio da parte dell'istruttore.
Cass. civ. n. 11556/1995
Nell'ipotesi di sospensione necessaria del giudizio in relazione alla pendenza di controversia prevista dall'art. 295 c.p.c. dinanzi allo stesso o ad altro giudice, qualora la suddetta controversia sia venuta ad estinguersi, la riassunzione del giudizio sospeso, in mancanza di contestuale fissazione dell'udienza di prosecuzione, deve avvenire ex art. 297 c.p.c. nel termine perentorio di sei mesi decorrente dal passaggio in giudicato della sentenza dichiarativa dell'estinzione, ovvero, se questa sia dichiarata con ordinanza, dal momento in cui la stessa non è più soggetta al reclamo ex artt. 308 e 178 c.p.c., con la conseguenza che il giudizio sospeso può a sua volta estinguersi solo se non sia stato riassunto nel predetto termine e che fino alla scadenza di questo non corre, ai sensi dell'art. 2945, comma 2, c.c. la prescrizione del diritto fatto valere nel giudizio stesso.
Cass. civ. n. 6850/1993
Nel giudizio con pluralità di parti, e soprattutto quando si tratta di più cause autonome, ancorché connesse e riunite in un solo processo, occorre, ai fini delle spese, considerare distintamente la reciprocità delle loro posizioni processuali e sostanziali con la conseguenza che a carico della parte che è soccombente (o maggiormente soccombente) nei confronti di una sola delle altre, non possono essere poste anche le spese relative alle parti che, ancorché assistite dal medesimo difensore e da questo congiuntamente difese, stiano in giudizio per una distinta ed autonoma causa riunita, nella quale risultino totalmente soccombenti.
Cass. civ. n. 1920/1993
Nel procedimento di istruzione preventiva, che si svolga per ragioni d'urgenza inaudita altera parte, l'onere delle spese, anche con riguardo al procuratore che venga nominato d'ufficio a tutela della parte non presente (art. 697 c.p.c.), deve gravare sul richiedente, quale soggetto interessato, salvo restando il successivo regolamento delle spese medesime.
Cass. civ. n. 536/1993
Ai fini della riattivazione del giudizio di cassazione sospeso in pendenza di quello di revocazione avverso la medesima sentenza, non è necessaria l'istanza di riassunzione di cui all'art. 297 c.p.c., in quanto il giudizio di cassazione è dominato dall'impulso di ufficio il cui concreto esercizio può essere sollecitato dalla parte interessata anche con una mera segnalazione informale della cessazione della causa di sospensione, non collegata all'osservanza dei termini stabiliti dalla legge per il diverso caso della riassunzione del processo sospeso.
Cass. civ. n. 12735/1992
La sospensione del procedimento, disposta per la pendenza di questione di legittimità costituzionale della norma applicabile al rapporto dedotto in causa, sollevata da altro giudice, è di natura facoltativa, di modo che la riassunzione del procedimento stesso, dopo la definizione di detta questione da parte della Corte costituzionale, non è soggetta a termine perentorio, in carenza di una specifica previsione, analoga a quella dettata dall'art. 297, primo comma, c.p.c. con esclusivo riferimento alla sospensione necessaria.
Cass. civ. n. 4780/1991
L'audizione del P.M., richiesta dall'art. 32 della L. 4 maggio 1983, n. 184 per la dichiarazione di efficacia nello Stato, a titolo di affidamento preadottivo, della sentenza di adozione di un minore emessa da un'autorità straniera, è prevista a pena di nullità, il che abilita lo stesso P.M., nell'ipotesi di pronuncia del provvedimento — per il quale è stabilito un procedimento in unico grado — senza che tale audizione sia avvenuta, alla proposizione non del ricorso per cassazione, ma di quello per revocazione ex art. 397 n. 1 c.p.c., a norma dell'ultimo comma dell'art. 72 c.p.c.
Cass. civ. n. 153/1990
La riassunzione della causa, una volta cessata la causa di sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c., va fatta a norma delle disposizioni dell'art. 170 dello stesso codice e dell'art. 125 delle relative norme di attuazione, e cioè mediante notifica dell'atto riassuntivo al procuratore costituito e non già alla parte direttamente e personalmente. Ne consegue che la notifica diretta e personale di tali atti alla parte invece che al procuratore dà luogo ad un difetto che, investendo la regolarità del contraddittorio, importa la nullità di tutto il giudizio svoltosi nella fase di riassunzione e della sentenza emessa a conclusione di esso, esclusa soltanto l'ipotesi che la parte destinataria della notifica si sia costituita in detta fase, nel qual caso il vizio è sanato ai sensi dell'art. 156, terzo comma, c.p.c.
Cass. civ. n. 1536/1987
Al fine della condanna in solido di più soccombenti alle spese del giudizio, ai sensi dell'art. 97 c.p.c., il requisito dell'«interesse comune» non postula la loro qualità di parti in un rapporto sostanziale indivisibile o solidale, ma può anche discendere da una mera convergenza di atteggiamenti difensivi, rispetto alle questioni dibattute in causa, ovvero da identità di interesse personale, con riguardo al provvedimento richiesto al giudice.
Cass. civ. n. 1595/1984
La presenza in camera di consiglio del consulente tecnico non è prescritta in maniera inderogabile ma è sufficiente che egli esprima per iscritto il suo parere, che va unito al processo verbale di udienza.