Art. 132 – Codice di procedura civile – Contenuto della sentenza
La sentenza reca l'intestazione «Repubblica italiana», ed è pronunciata «In nome del popolo italiano». Essa deve contenere:
1) l'indicazione del giudice che l'ha pronunciata;
2) l'indicazione delle parti e dei loro difensori;
3) le conclusioni del pubblico ministero e quelle delle parti;
4) la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione [disp. att. 118];
5) il dispositivo, la data della deliberazione e la sottoscrizione del giudice [disp. att. 119].
La sentenza emessa dal giudice collegiale è sottoscritta soltanto dal presidente e dal giudice estensore. Se il presidente non può sottoscrivere per morte o per altro impedimento, la sentenza viene sottoscritta dal componente più anziano del collegio, purché prima della sottoscrizione sia menzionato l'impedimento; se l'estensore non può sottoscrivere la sentenza per morte o altro impedimento è sufficiente la sottoscrizione del solo presidente, purché prima della sottoscrizione sia menzionato l'impedimento.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 2033/2025
La mancata o incompleta trascrizione nella sentenza delle conclusioni delle parti costituisce, di norma, una mera irregolarità formale, irrilevante ai fini della sua validità, salvo che abbia in concreto inciso sull'attività del giudice, traducendosi in tal caso in vizio con effetti invalidanti della sentenza stessa, per omessa pronuncia sulle domande o eccezioni delle parti, oppure per difetto di motivazione in ordine ai punti decisivi prospettati dalle parti.
Cass. civ. n. 1995/2025
In materia di contratti, si ha presupposizione quando una determinata situazione di fatto o di diritto - comune ad entrambi i contraenti ed avente carattere certo e obiettivo - sia stata elevata dai contraenti stessi a presupposto condizionante il negozio, in modo tale da assurgere a fondamento, pur in mancanza di un espresso riferimento, dell'esistenza ed efficacia del contratto. (Nella specie, la S.C. ha confermato la pronuncia di merito che aveva escluso la possibilità di qualificare la qualità di socio della debitrice principale in termini di presupposto implicito delle fideiussioni prestate, onde inferirne la sopravvenuta inefficacia in conseguenza del suo venir meno, trattandosi di situazione di fatto priva di carattere obiettivo, dipendendo dalla volontà ed attività del socio).
Cass. civ. n. 1770/2025
In sede di legittimità, le censure rivolte avverso argomentazioni contenute nella motivazione della sentenza impugnata e svolte "ad abundantiam" o costituenti "obiter dicta" sono inammissibili per difetto di interesse, poiché esse, in quanto prive di effetti giuridici, non determinano alcuna influenza sul dispositivo della decisione.
Cass. civ. n. 1677/2025
La notifica di copia incompleta di una sentenza impugnata, perché priva di una delle pagine di cui consta la motivazione, non comporta alcuna difformità rispetto al modello descritto dall'art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. per carenza motivazionale, quando la decisione impugnata fornisce comunque un quadro logico che consente di ricostruire l'esatto ragionamento sul quale essa si fonda.
Cass. civ. n. 865/2025
Nel contratto autonomo di garanzia il garante, una volta che abbia pagato nelle mani del creditore beneficiario, non può agire in ripetizione nei confronti di quest'ultimo in caso di successivo venir meno della causa del rapporto principale, potendo esperire azione di regresso ex art. 1950 c.c. unicamente nei confronti del debitore garantito, il quale a sua volta - ove vittoriosamente escusso dal garante - potrà agire in rivalsa nei confronti del garantito, perché al momento dell'escussione della garanzia il garante non avrebbe potuto eccepire la mancanza della causa originaria del rapporto al di fuori dell'ipotesi di escussione fraudolenta della garanzia. (Nella specie, in cui il garante autonomo aveva effettuato un pagamento in favore dell'Agenzia delle Entrate, prima dell'annullamento dell'avviso di accertamento emesso nei confronti del garantito, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di appello, la quale, pur avendo escluso l'escussione fraudolenta della garanzia da parte del creditore beneficiario, aveva erroneamente ammesso, nei confronti di quest'ultimo, l'esercizio da parte del garante dell'azione di ripetizione ex art. 2033 c.c.).
Cass. civ. n. 660/2025
indicato dalla norma richiamata - Configurabilità - Conseguenze - Possibilità di evitare la decadenza con una mera richiesta stragiudiziale - Ammissibilità. In tema di contratto autonomo di garanzia, ove le parti abbiano convenuto che il pagamento debba avvenire "a prima richiesta", l'eventuale rinvio pattizio alla previsione della clausola di decadenza di cui all'art. 1957, comma 1, c.c., deve intendersi riferito - giusta l'applicazione del criterio ermeneutico previsto dall'art. 1363 c.c. - esclusivamente al termine semestrale indicato dalla predetta disposizione; pertanto, deve ritenersi sufficiente ad evitare la decadenza la semplice proposizione di una richiesta stragiudiziale di pagamento, non essendo necessario che il termine sia osservato mediante la proposizione di una domanda giudiziale.
Cass. civ. n. 25767/2024
In tema di ricorso per cassazione, l'omessa valutazione, da parte del giudice di merito, dei rilievi tecnici mossi alla consulenza tecnica del P.M. in sede penale è deducibile ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., in relazione all'art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. se la motivazione, pur aderendo alle conclusioni rassegnate dal consulente, omette qualsivoglia menzione delle osservazioni a quelle svolte.
Cass. civ. n. 20681/2024
In tema di IVA, le prestazioni rese dal massofisioterapista, diplomatosi dopo il 17 marzo 1999, non sono esentate dall'imposta, poiché tale figura professionale non è equiparabile a quella del massaggiatore, a cui fa riferimento l'art. 99, comma 2, del TULS, richiamato, ai fini dell'esenzione dell'IVA, dall'art. 10, comma 1, n. 18, del d.P.R. n. 633 del 1972, e poiché l'equipollenza con il diploma di fisioterapista è limitata a coloro che si sono diplomati in epoca antecedente alla data suindicata, ciò non essendo in contrasto con i principi di eguaglianza, ragionevolezza e neutralità fiscale, in quanto il complessivo riordino della disciplina delle professioni sanitarie, finalizzato ad elevare il livello di formazione degli operatori e la qualità della prestazione sanitaria, richiede il conseguimento di titoli di studio di tipo universitario, così escludendo la possibilità di comparazione con coloro che hanno acquisito il diploma sulla base del precedente ordinamento.
Cass. civ. n. 20392/2024
Nell'ipotesi in cui il giudice d'appello rigetti il gravame proponendo una interpretazione della sentenza diversa da quella dell'appellante, ma conforme a diritto, non si ha violazione dei principi di cui agli artt. 112, 342 e 345 c.p.c. ed il soccombente, se intende ricorrere per cassazione avverso la sentenza di secondo grado, ha l'onere di proporre specifica e valida impugnazione della lettura della sentenza di primo grado adottata dal giudice di appello, a pena di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso una sentenza d'appello che aveva interpretato la sentenza di primo grado come accertamento, ex art. 615 c.p.c., dell'estinzione dei crediti erariali per prescrizione quinquennale, in quanto il ricorrente non aveva censurato la lettura data dal giudice d'appello).
Cass. civ. n. 17927/2024
Il divieto previsto dall'art. 30, comma 15, della l. n. 289 del 2002, che colpisce con la sanzione della nullità i contratti che comportino un indebitamento per finanziare spese diverse da quelle di investimento, si applica solo agli enti territoriali indicati dall'art. 119, comma 6, Cost. e dall'art. 3, comma 16, della l. n. 289 del 2002, mentre non si estende alle società di capitali partecipate, in tutto o in parte, dagli enti predetti, costituiti per l'esercizio, anche in via esclusiva, di servizi pubblici, alle quali si applicano le norme del codice civile, con conseguente possibilità di porre in essere qualsiasi atto o rapporto giuridico, in mancanza di specifiche limitazioni stabilite dalla legge.
Cass. civ. n. 17157/2024
Il contratto di licenza d'uso di una banca dati non è soggetto a rigore di forme e, pertanto, la prova della sua stipulazione può essere data anche mediante presunzioni vertenti sull'effettiva esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto medesimo.
Cass. civ. n. 16446/2024
Il provvedimento, emesso in forma di ordinanza, con il quale il giudice collegiale di appello dichiari l'estinzione del processo, ha natura sostanziale di sentenza ed è pertanto necessario, ai fini della sua validità, che esso sia sottoscritto dal presidente e dal giudice relatore, salvo che il presidente sia anche il relatore e l'estensore del provvedimento.
Cass. civ. n. 16445/2024
Nel regime previgente all'entrata in vigore della l. n. 154 del 1992, che ha imposto l'obbligo della forma scritta ai contratti relativi alle operazioni e ai servizi bancari, era consentita la conclusione per facta concludentia di un contratto di apertura di credito, con la conseguenza che la prova della concessione dell'affidamento, per questi contratti, può essere fornita con ogni mezzo, ivi compreso il ricorso alle presunzioni, atteso che il divieto sancito dall'art. 2725 c.c., a cui si riporta l'art. 2729, comma 2, c.c., è inapplicabile ai contratti di apertura di credito conclusi in un periodo in cui i medesimi non dovevano stipularsi per iscritto a pena di nullità.
Cass. civ. n. 15804/2024
Se, in via generale, il giudice di merito che aderisce alle conclusioni del consulente tecnico esaurisce l'obbligo di motivazione con l'indicazione delle fonti del suo convincimento, non dovendo necessariamente soffermarsi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte che, sebbene non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili, ove, invece, le censure all'elaborato peritale si rivelino non solo puntuali e specifiche, ma evidenzino anche la totale assenza di giustificazioni delle conclusioni dell'elaborato, la sentenza che ometta di motivare la propria adesione acritica alle predette conclusioni risulta affetta da nullità. (Nella specie, la consulenza disposta in ordine alla determinazione dell'indennità provvisoria di esproprio era stata oggetto di una prima stesura e di un successivo immotivato ripensamento ad opera del consulente d'ufficio, pur a fronte delle specifiche contestazioni delle parti e dei loro consulenti).
Cass. civ. n. 15438/2024
In tema di reato continuato, non sussiste illegalità della pena nel caso in cui, nel determinarla, il giudice, pur indicando una pena base che esorbiti dalla cornice edittale normativamente prevista, non ecceda i limiti generali sanciti dagli artt. 23 e ss. 65, 71 e ss. e 81, commi terzo e quarto, cod. pen., in quanto si deve aver riguardo alla misura finale della pena, a nulla rilevando che i passaggi intermedi che conducono alla sua determinazione siano caratterizzati da computi effettuati in violazione di legge. (Fattispecie in cui la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso del Procuratore Generale che lamentava l'illegalità della pena, in quanto la pena base per il delitto di rapina, ritenuto il più grave tra quelli avvinti dalla continuazione, era stata individuata nella reclusione di durata inferiore di un anno, in violazione del disposto dell'art. 628 cod. pen.).
Cass. civ. n. 14359/2024
La sentenza emessa dal giudice in composizione collegiale, sottoscritta solo dall'estensore e non dal presidente del collegio, è affetta da nullità sanabile ai sensi dell'art. 161, comma 1, c.p.c., trattandosi di sottoscrizione insufficiente e non mancante, sicché il relativo vizio si converte in motivo di impugnazione ed è preclusa al medesimo giudice la possibilità di rinnovare l'atto viziato.
Cass. civ. n. 14318/2024
In tema di vizio di costituzione del giudice collegiale, è al momento della pronuncia della sentenza, ossia della sua deliberazione in camera di consiglio, che il magistrato deve essere legittimamente preposto all'ufficio per poter validamente esercitare la potestas iudicandi, mentre i successivi momenti dell'iter formativo, e cioè la stesura della motivazione, la sottoscrizione e la pubblicazione, non incidono sulla sostanza della pronuncia, pertanto diviene irrilevante che dopo la decisione uno dei componenti dell'organo collegiale, sia trasferito, collocato fuori ruolo o a riposo.
Cass. civ. n. 13957/2024
Nel rapporto di lavoro alle dipendenze della P.A. la riammissione in servizio non dà luogo alla reviviscenza del rapporto di lavoro cessato, ma alla costituzione di uno nuovo, anche se disposizioni di legge, quali l'art. 132 d.P.R. n. 3 del 1957, o di contratto collettivo, prevedono la riammissione nel ruolo precedentemente ricoperto oppure, come l'art. 115, comma 3, d.P.R. n. 417 del 1974 per il comparto scuola, l'attribuzione dell'anzianità pregressa. (Nella fattispecie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, con riferimento a dipendente della scuola pubblica riammesso in servizio nel 2004, sei anni dopo le dimissioni, aveva escluso la reviviscenza del rapporto di lavoro cessato e applicato la disciplina inderogabile di cui all'art. 2, comma 5, l. n. 335 del 1995, che aveva superato il disposto dell'art. 4 d.P.R. n. 1032 del 1973 in materia di riliquidazione e supplemento dell'indennità di buonuscita).
Cass. civ. n. 9925/2024
In tema di ricorso per cassazione, l'omessa valutazione da parte del giudice di merito dei rilievi tecnici mossi alla C.T.U. è deducibile ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., in relazione all'art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., se la motivazione, pur aderendo alle conclusioni rassegnate dal consulente d'ufficio, omette qualsivoglia menzione delle osservazioni a quelle svolte.
Cass. civ. n. 9577/2024
In tema di leasing finanziario, nel quale si verifica una scissione tra soggetto destinato a ricevere, dal fornitore, la prestazione di consegna e soggetto destinato ad adempiere, nei confronti del fornitore, l'obbligazione di pagamento del prezzo, utilizzatore e concedente hanno, nei confronti del fornitore, un interesse comune (sicché su entrambi grava un onere di collaborazione), di talché il concedente deve far in modo di salvaguardare l'interesse dell'utilizzatore all'esatto adempimento, mentre questi è, dal suo canto, gravato, nei confronti del concedente, dell'onere di comportarsi, rispetto al momento della consegna, in modo diligente, sì che non ne risulti sacrificato l'interesse che anche il concedente ha all'esatto adempimento da parte del fornitore, secondo un modello comportamentale comune improntato alla reciproca cooperazione; con la conseguenza che il rischio del modo in cui la consegna della cosa è compiuta dal fornitore al cliente può essere ripartito tra il concedente e l'utilizzatore, se ambedue abbiano concorso a dare causa al danno che ne è risultato, in applicazione della regola dettata dall'art. 1227 c.c., per cui mentre il concedente, rispetto alla obbligazione assunta di concedere in uso la cosa verso un canone, risponde del mancato o difettoso adempimento se questo è dipeso da causa a lui imputabile, l'utilizzatore non ha diritto a che gli sia risarcito il danno che ha concorso a cagionare. (Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che aveva imputato la responsabilità esclusiva, circa l'inutilizzabilità del bene concesso in leasing, all'utilizzatore, per aver ricevuto in consegna, senza riserve, un'auto di provenienza estera con un certificato di circolazione provvisorio e priva dei documenti necessari per l'immatricolazione definitiva, senza considerare l'obbligazione espressamente assunta dal venditore di effettuare le operazioni di trascrizione e immatricolazione e di consegnare al concedente i documenti attestanti la proprietà).
Cass. civ. n. 8635/2024
In tema recupero dei costi sostenuti dall'ente locale per il pagamento dei suoli destinati alla realizzazione del piano di edilizia economica e popolare (PEEP), nonché dei connessi oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, la natura reale c.d. "propter rem" dell'obbligazione riguarda i soli soggetti che hanno stipulato o richiesto la relativa convenzione, o che hanno realizzato l'edificazione avvalendosi della concessione rilasciata al loro dante causa, risultando invece esclusi da tale novero i soggetti resisi successivi acquirenti, per i quali ultimi la fonte dell'obbligazione deve essere rinvenuta sul piano negoziale, occorrendo pertanto ai fini della esigibilità della relativa prestazione, che gli stessi abbiano assunto una espressa pattuizione contrattuale.
Cass. civ. n. 8129/2024
Il provvedimento giurisdizionale firmato con un segno grafico indecifrabile e privo di capacità identificativa della persona fisica del giudice va equiparato a quello mancante di sottoscrizione, a meno che il segno non sia riconducibile ad un autore determinato tramite l'esame di altre parti dello stesso atto, e, conseguentemente, è da considerare inesistente ed inidoneo a fondare l'esecuzione forzata.
Cass. civ. n. 8116/2024
In tema di accertamento dell'alea nella rendita vitalizia, la cui mancanza, trattandosi di elemento essenziale del contratto, ne determina la nullità, è necessario verificare, sulla base delle pattuizioni negoziali, se sussisteva o meno tra le parti il requisito della "equivalenza del rischio", cioè se al momento della conclusione del contratto era configurabile per il vitaliziato ed il vitaliziante un'uguale probabilità di guadagno o di perdita, dovendosi tenere conto, a tal fine, con riferimento alle prestazioni delle parti, sia dell'entità della rendita che della presumibile durata della stessa, in relazione alla possibilità di sopravvivenza del beneficiario; ne consegue che l'alea deve ritenersi mancante e, per l'effetto, nullo il contratto se, per l'età e le condizioni di salute del vitaliziato, già al momento del contratto era prefigurabile, con ragionevole certezza, il tempo del suo decesso e quindi possibile calcolare, per entrambe le parti, guadagni e perdite. (Nella specie, la S.C. nel confermare la statuizione di nullità della sentenza impugnata, ha ritenuto insussistente l'equivalenza di rischio sul rilievo che la vitaliziata, al momento della conclusione del contratto, aveva solo 48 anni e, quale dipendente da molti anni della società vitaliziante, aveva buona conoscenza della situazione economica della stessa).
Cass. civ. n. 6839/2024
Il contratto di ormeggio, pur rientrando nella categoria dei contratti atipici, é sempre caratterizzato da una struttura minima essenziale, consistente nella semplice messa a disposizione ed utilizzazione delle strutture portuali con conseguente assegnazione di un delimitato e protetto spazio acqueo; il suo contenuto può, tuttavia, estendersi anche ad altre prestazioni, quali la custodia del natante o delle cose in esso contenute, nel qual caso compete a chi fonda un determinato diritto o la responsabilità dell'altro contraente, sullo specifico oggetto della convenzione, fornire, anche a mezzo presunzioni, la relativa prova. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, in relazione ad un furto di un natante ormeggiato presso un circolo nautico, aveva escluso la sussistenza di un'obbligazione di custodia senza valutare, ai fini della prova presuntiva dell'inclusione del servizio di guardiania nel contratto, tutti gli elementi indiziari acquisiti in giudizio, quali la previsione di uno specifico costo, con doppio pagamento per il noleggio e per la guardiania, e la presenza di una sottoscrizione, risultata apocrifa, di una clausola di esonero da responsabilità del circolo nell'ipotesi di furto).
Cass. civ. n. 6490/2024
In tema di assicurazione della responsabilità civile con clausola "claims made", la mancata previsione di una "sunset clause" non rende di per sé nullo il contratto per difetto di causa concreta, spettando al giudice del merito verificare in concreto la conformazione del regolamento contrattuale al fine di stabilire se la combinazione tra copertura pregressa e periodo di ultrattività previsto, riguardata alla luce del rapporto tra rischio e premio, sia tale da svuotare di ogni ragion pratica il contratto. (Affermando tale principio in relazione a clausola claims made con previsione di ultrattività annuale, la S.C. ha cassato la decisione di merito che ne aveva dichiarato la nullità senza valutare la specifica determinazione temporale della ultrattività della copertura assicurativa).
Cass. civ. n. 6343/2024
In tema di intermediazione finanziaria, l'estensione degli obblighi di forma per la conclusione dei contratti, ai sensi dell'art. 25 del d.lgs. n. 58 del 1998, anche ai servizi di investimento alla sottoscrizione e al collocamento dei prodotti finanziari emessi dalle banche, nonché, in quanto compatibili, dalle imprese di assicurazione, voluta dall'art. 11 l. n. 262 del 2005 con l'introduzione dell'art. 25-bis del predetto d.lgs., va riguardata in uno con il perdurante potere della Consob di prevedere, con regolamento, che gli stessi possano o debbano essere stipulati in altra forma. (In applicazione del citato principio, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva dichiarato la nullità di un contratto assicurativo finanziario per difetto del requisito di forma scritta, senza considerare che la Consob, con la delibera del 30 maggio 2007, n. 15691, applicabile ratione temporis, aveva esteso l'esclusione del requisito della forma scritta per i prodotti finanziari emessi dalla banche anche agli omologhi prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazione).
Cass. civ. n. 6042/2024
In caso di decisione collegiale di appello, la stesura del provvedimento non è riferibile al solo relatore - nella specie giudice ausiliario - ma all'intero organo giudicante in forza della sottoscrizione del Presidente, che conferisce paternità collegiale alla decisione stessa.
Cass. civ. n. 5749/2024
In tema di procedura di mobilità ex art. 30 d.lgs. n. 165 del 2001, la P.A. di appartenenza, una volta prestato il suo consenso al passaggio diretto del dipendente, non può più revocarlo dopo che questo è giunto a conoscenza della P.A. di destinazione, trovando applicazione il disposto dell'art. 1328, comma 2, c.c., salvo che sia diversamente stabilito in maniera espressa dalla legge o dal bando o che, in presenza di sopravvenienze normative, la procedura anzidetta sia divenuta illegittima.
Cass. civ. n. 5102/2024
Qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l'intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa. (In applicazione del principio la S.C., stante l'inammissibilità del motivo di ricorso con cui veniva censurata una delle due motivazioni della sentenza impugnata, per violazione dell'art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., in ragione della mancata localizzazione della sentenza di primo grado su cui si fondava, ha dichiarato altresì inammissibili gli altri motivi aventi ad oggetto la motivazione alternativa).
Cass. civ. n. 4166/2024
È apparente, in quanto carente del giudizio di fatto, la motivazione basata su una affermazione generale e astratta. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, la quale - affermando che la relazione parentale tra sorelle unilaterali è "attenuata" rispetto a quella tra sorelle germane - aveva liquidato il danno parentale, subito dalle sorelle unilaterali della vittima deceduta in conseguenza di un sinistro stradale, nella misura del minimo tabellare, con totale obliterazione delle circostanze del caso concreto).
Cass. civ. n. 3265/2024
Nell'ipotesi di stipulazione di un contratto a cui sia stata apposta la firma apocrifa del legale rappresentante della società, non ricorre la fattispecie del falsus procurator, in quanto quest'ultima presuppone che lo stipulante abbia agito come rappresentante della parte senza esserlo - ossia che sia stato esercitato il potere rappresentativo in capo a chi ha speso il nome altrui, in difetto del suo effettivo conferimento -, e non già che questi abbia falsificato la firma della parte, apponendovi indebitamente la sua sottoscrizione, anziché la propria, con la conseguenza che, non ricorrendo i presupposti per la ratifica ex art. 1399 c.c., il contratto stesso deve ritenersi nullo per difetto del consenso.
Cass. civ. n. 2510/2024
In tema di leasing immobiliare, l'inserimento della clausola di "rischio cambio" per la indicizzazione dei canoni, non comporta il mutamento della causa del contratto, in quanto è una normale clausola di valore diretta alla individuazione della prestazione del debitore, che non altera lo schema tipico del contratto meritevole di tutela per lo scopo perseguito dalle parti. (Nella specie, la S.C. ha escluso che la clausola di doppia indicizzazione del canone, apposta ad un contratto di leasing immobiliare, costituisse uno strumento finanziario derivato, trattandosi unicamente di una modalità tecnica di adeguamento della prestazione pecuniaria del contratto di finanziamento, priva di autonomia causale).
Cass. civ. n. 2321/2024
Non integra un accordo integrativo del provvedimento amministrativo, ai sensi dell'art. 11 della l. n. 241 del 1990, il contratto intercorso tra gestore e utente del servizio idrico integrato che, accedendo al provvedimento che autorizzi quest'ultimo allo scarico di acque reflue industriali, regoli il corrispettivo del servizio medesimo.
Cass. civ. n. 1795/2024
Il delitto di esercizio abusivo di attività finanziaria, di cui all'art. 132, d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, ha natura di reato eventualmente abituale, potendosi risolvere tanto in un'unica condotta idonea a configurarlo, quanto nella reiterazione di più condotte omogenee che danno vita a uno stesso illecito, sicché, in quest'ultimo caso, coincidendo il momento della consumazione delittuosa con la cessazione dell'abitualità, il termine di prescrizione decorre dal compimento dell'ultimo atto antigiuridico.
Cass. civ. n. 47201/2023
In tema di mezzi di prova, la messaggistica relativa a "chat" di gruppo sulla piattaforma "SKY ECC", acquisita mediante ordine europeo di indagine da autorità giudiziaria straniera che ne abbia eseguito la decriptazione, costituisce dato informativo documentale conservato all'estero, utilizzabile ai sensi dell'art. 234-bis cod. proc. pen., e non flusso comunicativo, sicché non trova applicazione la disciplina delle intercettazioni di cui agli artt. 266 e 266-bis cod. proc. pen. (In motivazione, la Corte ha chiarito che è irrilevante che i messaggi siano stati acquisiti dall'autorità giudiziaria straniera "ex post" o in tempo reale, posto che al momento della richiesta i flussi di comunicazione non erano in atto).
Cass. civ. n. 47034/2023
In tema di acquisizione dei dati esterni del traffico telefonico e telematico, la disciplina transitoria introdotta dall'art. 1-bis d.l. 30 settembre 2021, n. 132, inserito, in sede di conversione, nella legge 23 novembre 2021, n. 178, contempla una regola legale di valutazione della prova che, derogando espressamente al principio del "tempus regit actum", ha efficacia retroattiva ed è, pertanto, applicabile anche ai tabulati acquisiti in procedimenti penali prima dell'entrata in vigore del citato d.l., sicché questi ultimi possono essere utilizzati a carico dell'imputato solo unitamente ad altri elementi di prova ed esclusivamente in relazione ai reati indicati dal riscritto art. 132, comma 3, d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto corretta la decisione che, pur non avendo fatto formale applicazione della disciplina transitoria, risultava in linea con la regola di valutazione dell'efficacia probatoria dei tabulati, in quanto aveva affermato la penale responsabilità dell'imputato in base non solo ai dati del traffico telefonico, ma anche di elementi di prova ulteriori, dotati di autonoma forza dimostrativa).
Cass. civ. n. 44155/2023
In tema di ordine europeo di indagine, l'oggetto dell'acquisizione all'estero della messaggistica criptata sulla piattaforma "SKY-ECC" non costituisce dato informatico utilizzabile ai sensi dell'art. 234-bis cod. proc. pen., sicché, in tale ipotesi, l'attività acquisitiva, se riguardante comunicazioni avvenute nella fase "statica", deve essere inquadrata nelle disposizioni in materia di perquisizione e sequestro e, in particolare, in quella di cui all'art. 254-bis cod. proc. pen., mentre se avente ad oggetto comunicazioni avvenute nella fase "dinamica", deve essere inquadrata nella disciplina degli artt. 266 e ss. cod. proc. pen. in materia di intercettazioni telematiche.
Cass. civ. n. 39139/2023
Non integrano il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale i pagamenti tra società infragruppo riconducibili all'operatività del contratto di "cash pooling", purché i consigli di amministrazione delle società interessate abbiano deliberato il contenuto dell'accordo, definendone l'oggetto, la durata, i limiti di indebitamento, le aliquote relative agli interessi attivi e passivi e le commissioni applicabili.
Cass. civ. n. 36562/2023
Gli accordi di separazione personale fra i coniugi, contenenti reciproche attribuzioni patrimoniali e concernenti beni mobili o immobili, rispondono, di norma, a uno specifico spirito di sistemazione dei rapporti in occasione dell'evento di separazione consensuale, che svela una sua tipicità propria, la quale, ai fini della più particolare e differenziata disciplina di cui all'art. 2901 c.c., può connotarsi dei tratti dell'obiettiva onerosità oppure di quelli della gratuità, in ragione dell'eventuale ricorrenza, o meno, nel concreto, dei connotati di una sistemazione solutorio-compensativa più ampia e complessiva, di tutta quella serie di possibili rapporti aventi significati, anche solo riflessi, patrimoniali, maturati nel corso della quotidiana convivenza matrimoniale. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che, ai fini dell'azione revocatoria ex art. 2901 c.c., aveva qualificato come gratuita l'attribuzione patrimoniale con cui, nell'ambito dell'accordo per la separazione consensuale, il marito aveva ceduto alla moglie la propria quota indivisa di alcuni immobili cointestati, senza tener conto delle risultanze istruttorie comprovanti la provenienza dall'eredità paterna della donna delle somme utilizzate per l'edificazione degli stessi).
Cass. civ. n. 36127/2023
c.c., non solo l'esecuzione della prestazione principale, ma anche l'osservanza degli obblighi di correttezza e buona fede, che impongono al contraente di metterlo a conoscenza delle condizioni contrattuali e degli eventuali limiti posti dalle stesse all'esercizio del diritto all'indennizzo. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva escluso l'obbligo dell'assicuratore di informare il terzo beneficiario del mancato pagamento del premio da parte dello stipulante, dal quale era scaturita la sospensione dell'efficacia del contratto ai sensi dell'art. 1901 c.c.).
Cass. civ. n. 35032/2023
Al difetto del requisito della sottoscrizione del giudice, previsto dall'art. 132, n. 5, comma 2, c.p.c. (che deve ritenersi estendibile anche a quello della sottoscrizione – imposto dall'art. 134, comma 1, c.p.c. - delle ordinanze, incluse anche quelle di tipo decisorio, tra le quali rientra l'ordinanza di cui all' art. 186-quater c.p.c.) è equiparato anche il caso della sottoscrizione illeggibile, allorché dal contenuto del provvedimento, non rilevando eventuali elementi ab estrinseco, non emerga alcuna idonea indicazione della persona del giudice che l'abbia pronunciata, onde rimanga impedita ogni possibilità di identificabilità del decidente stesso.(Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza che aveva ritenuto validamente sottoscritta l'ordinanza ex art. 186-quater c.p.c. contenente la mera sigla illeggibile preceduta da una generica dicitura "il G.O.T.", senza che il provvedimento fosse risultato munito di un'intestazione con gli estremi identificativi del giudice o che altre indicazioni, idonee allo scopo, valorizzando ai fini della individuazione della paternità dell'atto le risultanze del registro storico della cancelleria).
Cass. civ. n. 32514/2023
In tema di vendita di beni di consumo, il compratore che esercita l'azione di risoluzione del contratto o di riduzione del prezzo ha l'onere di provare l'esistenza dei vizi che le giustifichino, non essendo applicabili alle azioni edilizie le agevolazioni probatorie di cui all'art. 132, comma 3, c.cons.
Cass. civ. n. 32337/2023
Al fine di soddisfare il requisito della forma scritta ad substantiam, i contratti conclusi dalla P.A. non postulano la necessaria contestualità di proposta e accettazione, essendo sufficiente che le stesse, pur se contenute in documenti distinti, siano consacrate in un unico testo. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva ritenuto non integrato il suddetto requisito nel caso di una convenzione, sottoscritta dai professionisti proponenti, che era stata allegata e richiamata quale parte integrante dalla delibera con cui la giunta comunale, presieduta dal sindaco, aveva proceduto al conferimento del relativo incarico).
Cass. civ. n. 31296/2023
La promessa di pagamento, avendo carattere meramente confermativo di un rapporto obbligatorio preesistente, non è fonte autonoma di obbligazione e non può pertanto produrre una modificazione soggettiva dell'obbligazione, con la conseguenza che la promessa unilaterale di pagamento di un debito altrui è da considerarsi assolutamente nulla, in quanto non rientra nello schema di cui all'art. 1988 c.c., che ha per oggetto il debito dello stesso promittente e non quello di altri soggetti.
Cass. civ. n. 30556/2023
In tema di contratto di mutuo, la clausola che prevede un tasso di interesse variabile ed indicizzato al rapporto di cambio tra una valuta straniera (nella specie, il franco svizzero) e la valuta domestica non è nulla per immeritevolezza della causa, né trasforma il contratto di mutuo in uno strumento finanziario derivato implicito.
Cass. civ. n. 28160/2023
Il contratto di cessione al Comune di un terreno da destinare a discarica di rifiuti integra un contratto atipico, il cui contenuto dev'essere ricostruito attraverso l'interpretazione della concreta volontà delle parti, anche in relazione alla determinazione della relativa durata. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, con riguardo a un contratto che prevedeva l'esecuzione di opere di bonifica da parte del conduttore anche dopo la chiusura della discarica, aveva escluso che sulla previsione convenzionale del termine di durata annuale dovesse prevalere la disciplina imperativa di cui all'art. 42 della l. n. 392 del 1978, alla cui stregua la rinnovazione del contratto, di anno in anno, dopo i primi sei ne avrebbe comportato l'automatica rinnovazione per un ulteriore sessennio).
Cass. civ. n. 26507/2023
L'assorbimento "proprio" postula che la decisione della domanda assorbita divenga superflua per effetto della decisione sulla domanda assorbente, con conseguente sopravvenuta carenza di interesse all'esame della domanda rimasta assorbita; l'assorbimento "improprio" presuppone che la decisione assorbente escluda la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto della domanda formulata e dichiarata assorbita. Quale che sia la forma di assorbimento, la relativa declaratoria implica la specifica indicazione, da parte del giudice, dei presupposti in fatto e in diritto che la legittimano sicché, ove ciò non avvenga, si è in presenza di una omissione di pronuncia, comportante la nullità della decisione sul punto.
Cass. civ. n. 25743/2023
CONTRATTO) - IN GENERE Clausole contemplanti uno "scoperto" in valore percentuale - Vessatorietà - Esclusione - Ragioni.
Cass. civ. n. 25635/2023
Non è consentito fare ricorso alle presunzioni semplici per desumere, ai sensi dell'art. 2729 c.c., dal fatto noto uno ignoto, quando quest'ultimo ha costituito oggetto di prova diretta, in quanto, da un lato, ciò esclude che il fatto possa considerarsi "ignoto" e, dall'altro, lo stesso contrasto fra le risultanze di una prova diretta e le presunzioni semplici priva queste dei caratteri di gravità e precisione, con la conseguenza che il giudice di merito, il quale intenda basare la ricostruzione del fatto su presunzioni semplici, ha prima l'obbligo di illustrare le ragioni per cui ritiene inattendibili le prove dirette che depongono in senso contrario, non potendosi limitare ad una generica valutazione di maggiore persuasività delle dette presunzioni. (Nella specie, relativa alla responsabilità di un intermediario finanziario ex art. 23, comma 6, TUB, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva rigettato la domanda risarcitoria del cliente, ritenendo di poter trarre la prova presuntiva che egli non avesse fornito specifiche istruzioni volte a indirizzare gli investimenti verso operazioni non rischiose dalla mera circostanza che aveva effettuato ulteriori acquisti di titoli ad alto rischio, in tal modo obliterando le risultanze di segno contrario evincibili dalle prove testimoniali raccolte nel processo).
Cass. civ. n. 25460/2023
In tema di formazione del contratto, l'accettazione non può essere desunta dal mero silenzio serbato su una proposta, pur quando questa faccia seguito a precedenti trattative intercorse tra le parti, delle quali mostri di aver tenuto conto, assumendo il silenzio valore negoziale soltanto se, in date circostanze, il comune modo di agire o la buona fede, nei rapporti instauratisi tra le parti, impongano l'onere o il dovere di parlare, ovvero se, in un dato momento storico e sociale, avuto riguardo alla qualità dei contraenti e alle loro relazioni di affari, il tacere di uno possa intendersi come adesione alla volontà dell'altro.
Cass. civ. n. 24867/2023
In tema di giudicato l'esatto contenuto della sentenza va individuato non alla stregua del solo dispositivo, bensì integrando questo con la motivazione nella parte in cui la medesima riveli l'effettiva volontà del giudice. Ne consegue che va ritenuta prevalente la parte del provvedimento maggiormente attendibile e capace di fornire una giustificazione del "dictum" giudiziale.
Cass. civ. n. 23893/2023
È apparente, in quanto atomistica ed intrinsecamente contraddittoria e comunque frutto di insanabile incongruenza logica con le premesse, la motivazione della decisione che escluda la valenza diffamatoria della notizia, pur smentita dagli interessati, di una condotta riservata asseritamente tenuta da un'organizzazione sindacale e dalla sua segretaria generale in aperto ed inconciliabile contrasto con la linea ufficiale di critica e ferma opposizione nella trattativa in corso con il Governo, senza tener conto della valenza attribuita dallo stesso sindacato al rigore nella coerente difesa di tale indirizzo.
Cass. civ. n. 23506/2023
In caso di parte contrattuale unica plurisoggettiva, il recesso può essere validamente esercitato soltanto collettivamente da tutti i contraenti, restando inefficace quello esercitato solo da alcuni di essi. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione che in relazione ad un contratto preliminare di compravendita immobiliare, in difetto di domanda congiunta di tutti i promittenti venditori, aveva respinto quella formulata da alcuni di essi diretta ad ottenere sentenza costitutiva del trasferimento ex art. 2932 c.c., senza trarre le medesime conseguenze in ordine alla richiesta degli altri convenuti del riconoscimento del loro diritto a trattenere la caparra confirmatoria ricevuta).
Cass. civ. n. 22762/2023
In presenza di nota spese specifica prodotta dalla parte vittoriosa, il giudice non può limitarsi ad una globale determinazione dei compensi, in misura inferiore a quelli esposti, ma ha l'onere di dare adeguata motivazione della riduzione o eliminazione delle voci da lui operata; onere che si traduce nell'esporre le ragioni di fatto e diritto della pronuncia in modo conciso, ovvero, succinto ma non nel dovere di rispondere esplicitamente e pedissequamente ad ogni singola indicazione.
Cass. civ. n. 22559/2023
In tema di separazione consensuale, l'accordo raggiunto dai coniugi in sede di separazione, se non attribuisce direttamente la proprietà di un bene ad uno dei sottoscrittori o ad un figlio, ma ne prevede soltanto il trasferimento, costituisce un contratto a contenuto obbligatorio, non avente contenuto donativo, in quanto la cessione trova la sua causa in relazione alla sistemazione degli aspetti economici della separazione o divorzio e, più in generale, della vicenda familiare, suscettibile di ricevere tutela anche nelle forme dell'art. 2932 c.c., a condizione che il bene che ne costituisce oggetto sia identificato con certezza all'interno dell'accordo, non potendosi integrare il contenuto di quest'ultimo con ricorso a documenti esterni. (In applicazione del principio, la S.C. ha annullato la sentenza di merito che aveva respinto la domanda ex art. 2932 c.c. sul presupposto che il verbale di separazione consensuale non conteneva alcuna identificazione catastale degli immobili oggetto degli accordi intervenuti tra i coniugi, senza tenere conto che il giudizio era stato introdotto in forma giudiziale, successivamente trasformato in ricorso consensuale, essendo indicati nel ricorso introduttivo i riferimenti catastali identificativi degli immobili in comproprietà tra i due coniugi).
Cass. civ. n. 21491/2023
In tema di gestione dei rifiuti, le ordinanze prefettizie contingibili e urgenti con cui sia stato disposto il conferimento a discarica rappresentano uno strumento alternativo e sostitutivo del contratto, scaturito dalle situazioni di criticità verificatisi nella gestione dello smaltimento dei rifiuti urbani, così che, laddove siano adottate, non può dubitarsi della debenza del corrispettivo da parte del Comune destinatario in favore del titolare della discarica, senza che in contrario assuma alcuna rilevanza l'assenza di un contratto avente forma scritta.
Cass. civ. n. 20713/2023
La designazione convenzionale di un foro territoriale come esclusivo presuppone una pattuizione espressa, che non può essere desunta in via di argomentazione logica da elementi presuntivi, dovendo per converso essere inequivoca e non lasciar adito ad alcun dubbio circa l'intenzione delle parti di escludere la competenza degli altri fori contemplati dalla legge; in tal caso, la parte che eccepisca l'incompetenza del giudice adito non è tenuta a contestare ulteriormente tutti i fori alternativamente concorrenti.
Cass. civ. n. 20267/2023
Il contratto di somministrazione di energia elettrica non richiede la forma scritta né "ad substantiam", né "ad probationem": la sua conclusione può avvenire anche per "facta concludentia" e ne può essere data prova con ogni mezzo, anche attraverso presunzioni semplici.
Cass. civ. n. 19959/2023
Il termine per l'impugnazione di una sentenza di cui è stata chiesta la correzione decorre dalla notificazione della relativa ordinanza, ex art. 288, ultimo comma, c.p.c., se con essa sono svelati "errores in iudicando" o "in procedendo" evidenziati solo dal procedimento correttivo, oppure l'errore corretto sia tale da ingenerare un obbiettivo dubbio sull'effettivo contenuto della decisione, interferendo con la sostanza del giudicato ovvero, quando con la correzione sia stata impropriamente riformata la decisione, dando luogo a surrettizia violazione del giudicato; diversamente, l'adozione della misura correttiva non vale a riaprire o prolungare i termini di impugnazione della sentenza che sia stata oggetto di eliminazione di errori di redazione chiaramente percepibili dal contesto della decisione, in quanto risolventisi in una mera discrepanza tra il giudizio e la sua espressione. (Nella specie, la S.C. ha escluso il differimento del termine per l'impugnativa, riguardando il procedimento di correzione l'erronea indicazione, in un capo del dispositivo, del nome di battesimo di una parte processuale, correttamente indicato in altra parte dello stesso dispositivo, oltre che nell'intestazione e nella motivazione).
Cass. civ. n. 19846/2023
In tema di sequestro di prevenzione e di diritti dei terzi, la risoluzione del contratto preliminare di compravendita stipulato dal proposto, quale promissario acquirente, dichiarata previa autorizzazione giudiziale ai sensi dell'art. 56 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, comporta la restituzione della somma percepita e ritenuta dal promittente venditore a titolo di caparra confirmatoria, costituendo la caparra l'oggetto di una clausola accessoria al negozio principale e non invece di una pattuizione ad effetti reali, traslativa della proprietà su tale somma.
Cass. civ. n. 19492/2023
In tema di appalto pubblico, ove lo scioglimento del contratto sia dipeso dall'annullamento delle delibere di approvazione del progetto e di adozione delle relative varianti per la mancanza o l'inadeguatezza della verifica di compatibilità ambientale e la carenza di adeguate indagini geologiche e geognostiche, e ove siano altresì riscontrate carenze del progetto, viene in considerazione, ai fini delle reciproche responsabilità, il principio di cui all'art. 2055 c.c., e ciò che rileva è sempre il fatto nella sua unicità, a prescindere dalla identità delle norme giuridiche violate da ciascuno; in questi casi è possibile escludere il nesso di causalità rispetto ad alcune delle condotte quando, motivando caso per caso, possa riconoscersi a uno degli antecedenti causali un'efficienza non semplicemente preponderante, ma determinante e assorbente, tale da escludere ogni effettivo nesso tra l'evento e gli altri fatti ridotti al semplice rango di occasioni.
Cass. civ. n. 18277/2023
L'offerta al pubblico di parcheggio meccanizzato - relativa ad un'area recintata accessibile mediante ritiro di biglietto e superamento di una sbarra di accesso - ingenera il legittimo affidamento da parte chi vi accede che in in essa sia compresa la custodia, cosicché deve ritenersi che nell'oggetto del contratto sia ricompresa la relativa obbligazione, rispetto alla quale risultano irrilevanti eventuali clausole di esonero di responsabilità in capo al gestore del parcheggio contenute nel biglietto di ingresso o nel regolamento affisso all'interno del parcheggio, in quanto tali indicazioni attengono tutte ad una fase diversa e successiva alla conclusione del contratto, che, invece deve individuarsi esclusivamente nel momento in cui l'utente si presenta innanzi alla sbarra di accesso e fa ingresso nell'area di parcheggio.
Cass. civ. n. 17943/2023
Non sono applicabili i criteri ermeneutici previsti in materia contrattuale dagli artt. 1362 ss. c.c. nell'interpretazione del precetto, atto di natura non processuale che preannuncia l'esecuzione forzata e ha un contenuto legale tipico, consistente nell'assegnazione al destinatario di un termine per il pagamento e nella correlata minaccia di agire coattivamente in mancanza di quello.
Cass. civ. n. 17836/2023
Non può essere identificato un nuovo esercizio di potere giurisdizionale nella motivazione dell'ordinanza che rigetta l'istanza di correzione dell'errore materiale, atteso che il principio secondo cui la portata precettiva del provvedimento va individuata tenendo conto anche delle enunciazioni della motivazione trova applicazione solo quando il dispositivo contenga comunque una statuizione positiva, e non quando si limiti al rigetto dell'istanza; in tal caso, infatti, il tenore della motivazione può valere unicamente ad integrare l'interesse ad agire per l'impugnazione della sentenza di cui si è chiesta invano la correzione, ricorrendone gli ulteriori presupposti, mentre resta esclusa l'applicabilità dell'art. 288, comma 4, c.p.c. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso la statuizione di inammissibilità di un'istanza di correzione di errore materiale, sul presupposto che il relativo provvedimento, al di là della motivazione, non fosse impugnabile, nemmeno ex art. 111, comma 7, Cost., siccome preordinato ad emendare errori di redazione non suscettibili di intaccare il contenuto decisionale assunto).
Cass. civ. n. 16367/2023
In tema di "sale and lease back", contratto socialmente tipico, ai fini della violazione del divieto di patto commissorio non è necessaria la congiunta ricorrenza dei tre indici sintomatici, quali l'esistenza di una situazione di credito e debito tra la società finanziaria e l'impresa venditrice utilizzatrice, le difficoltà economiche di quest'ultima e la sproporzione tra il valore del bene trasferito ed il corrispettivo versato dall'acquirente, in quanto assume rilevo fondamentale che la complessiva operazione negoziale sia finalizzata a realizzare una causa concreta di garanzia, in luogo dell'effettivo trasferimento dei beni, il cui accertamento è rimesso al giudice di merito, anche sulla base di altri idonei indici rivelatori.
Cass. civ. n. 16316/2023
Il conferimento di un incarico ad un istituto di patronato non richiede, ai fini della validità, la forma scritta, atteso che, in mancanza di espressa indicazione di legge in riferimento al rispetto di specifici obblighi formali, trova applicazione il generale principio di libertà delle forme, sicché è sufficiente che tra l'istituto e l'assistito si sia instaurato un rapporto di fatto, basato su un accordo verbale ovvero su comportamenti concludenti, in forza del quale il patronato sia stato incaricato del compito di svolgere attività di informazione, assistenza e consulenza in favore dell'interessato.
Cass. civ. n. 15836/2023
In tema di acquisizione di dati contenuti in tabulati telefonici, non sono utilizzabili nel giudizio abbreviato i dati di geolocalizzazione relativi a utenze telefoniche o telematiche, contenuti nei tabulati acquisiti dalla polizia giudiziaria in assenza del decreto di autorizzazione dell'Autorità giudiziaria, in violazione dell'art. 132, comma 3, d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, in quanto prove lesive del diritto alla segretezza delle comunicazioni costituzionalmente tutelato e, pertanto, affette da inutilizzabilità patologica, non sanata dalla richiesta di definizione del giudizio con le forme del rito alternativo.
Cass. civ. n. 15071/2023
In tema di emolumenti assimilati a lavoro dipendente, non sono soggette a tassazione separata le somme maturate in un determinato anno ed erogate nell'anno successivo, purché entro un termine considerato congruo, o perché necessario al calcolo del compenso maturato o perché, nell'ipotesi di convenzioni disciplinanti la singola voce aggiuntiva, pattuito tra le parti in autonomia contrattuale, la quale integra la norma e costituisce presupposto del successivo inquadramento fiscale.
Cass. civ. n. 14561/2023
Il collegamento negoziale, al fine di assumere rilievo sul piano causale, tanto da imporre la considerazione unitaria della fattispecie, esige non solo la presenza del requisito oggettivo costituito dal nesso teleologico tra i negozi, volti alla regolamentazione degli interessi reciproci delle parti nell'ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario, ma anche quella del requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere, insieme all'effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici. (Fattispecie in tema di vendita di azioni ed impegno a sottoscrivere aumento di capitale con sovrapprezzo).
Cass. civ. n. 14106/2023
L'omessa indicazione del nome di una delle parti, nell'intestazione della sentenza, ne comporta la nullità qualora sussista una situazione di incertezza assoluta, non eliminabile a mezzo della lettura dell'intero provvedimento, in ordine ai soggetti cui la decisione si riferisce. (In applicazione del detto principio, la S.C. ha cassato la decisione di merito che, nell'intestazione e nel dispositivo, aveva omesso la denominazione di una delle parti appellanti, senza che i motivi di detta omissione potessero essere ricostruiti attraverso la lettura dell'intero provvedimento, inidoneo a divenire, a causa di detta incertezza, "legge del caso concreto", secondo quella che è l'essenziale funzione della decisione giurisdizionale).
Cass. civ. n. 14000/2023
In tema di rapporti bancari, il cd. "documento di sintesi", nel riportare in modo sintetico e riassuntivo gli aspetti più significativi del contratto, vale a consentire al cliente una più agevole e rapida lettura delle sue clausole; esso assolve ad una funzione meramente informativa senza rientrare nel contenuto strutturale del contratto stesso, con la conseguenza che l'inosservanza dell'obbligo di consegna del documento non comporta la nullità del negozio, potendo esclusivamente rivelarsi fonte di responsabilità pre-contrattuale o contrattuale.
Cass. civ. n. 13849/2023
Se privo della forma scritta prevista "ad substantiam", il contratto d'opera professionale stipulato con la P.A. (ancorché rientrante in attività svolta "iure privatorum") è affetto da nullità, la quale rileva nel rapporto tra l'amministrazione e il professionista, ma giammai può costituire causa di esclusione della responsabilità di quest'ultimo nei confronti dei terzi.
Cass. civ. n. 13425/2023
In tema di procedure concorsuali, nell'ipotesi di concordato fallimentare con assunzione nel quale il proponente si sia obbligato a pagare i creditori chirografari e gli eventuali terzi revocati in misura non superiore alla percentuale residua spettante ai creditori chirografari per effetto di pregressi piani di riparto, il creditore di regresso, soccombente nel giudizio di revocatoria fallimentare, non può chiedere all'assuntore del concordato il pagamento della differenza tra l'intero credito e la quota residua ridotta in percentuale per effetto dei pregressi riparti che il proponente si era obbligato a corrispondere a tutti i creditori chirografari.
Cass. civ. n. 10328/2023
Il principio per cui il giudice innanzi al quale sia stata proposta domanda di nullità contrattuale deve rilevare d'ufficio l'esistenza di un diverso vizio di nullità, ove emergente dagli atti, è suscettibile di applicazione anche nell'ipotesi di azione volta a far valere una discriminazione in danno di lavoratori, qualora l'atto di cui si predica la nullità abbia natura negoziale e ricorra un interesse generale tutelato e sempre che la domanda di accertamento della nullità risulti autodeterminata in relazione al "petitum". (In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che - in relazione a domanda, proposta da alcuni dipendenti pubblici, di accertamento della nullità, per discriminazione di genere, di avvisi di selezione relativi all'accesso alle progressioni professionali orizzontali - aveva escluso la rilevabilità d'ufficio della nullità degli avvisi in questione sotto il diverso profilo della discriminazione dei lavoratori a tempo parziale rispetto a quelli a tempo pieno).
Cass. civ. n. 10291/2023
In caso di morte dell'ex coniuge, il diritto del coniuge superstite alla pensione di reversibilità ai sensi dell'art. 9, comma 2, l. n. 898 del 1970, che scaturisce, assieme agli altri presupposti, dal riconoscimento giudiziale, in suo favore, dell'assegno di divorzio, non viene meno per effetto della rinuncia stragiudiziale a detto assegno da parte del suo titolare, essendo necessario un provvedimento giurisdizionale che accerti l'effettiva e definitiva rinuncia a tale emolumento.
Cass. civ. n. 9616/2023
Il giudice che dichiara la nullità di una clausola del contratto ai sensi dell'art. 1419, comma 2, c.c. deve indicare la norma imperativa con la quale sostituire la predetta clausola dichiarata nulla. (Fattispecie in tema di clausola "claims made" apposta ad un contratto di assicurazione per la responsabilità civile).
Cass. civ. n. 8574/2023
Il contratto d'opera professionale con la pubblica amministrazione deve rivestire forma scritta "ad substantiam" e l'osservanza di tale forma richiede la redazione di un atto recante la sottoscrizione del professionista e dell'organo della P.A. legittimato ad esprimerne la volontà all'esterno, nonché l'indicazione dell'oggetto della prestazione e dell'entità del compenso; ne consegue che non rispetta detti requisiti formali l'adozione da parte dell'organo collegiale dell'ente di un'autorizzazione al conferimento dell'incarico, trattandosi di mero atto interno. (Nella specie, la S.C. ha affermato che la proroga dell'incarico di un contratto di consulenza esterna non può essere disposta con delibera dell'ente pubblico).
Cass. civ. n. 7530/2023
Nel caso di vendita delle partecipazioni sociali, ove al pagamento di una parte del corrispettivo si affianchi, al fine del pagamento del prezzo residuo, l'assunzione a carico dell'acquirente dell'obbligo di eseguire un finanziamento in favore della società compravenduta, con l'accordo che il socio entrante si attivi affinché quest'ultima paghi la relativa somma non allo stesso socio entrante, ma ai soci alienanti, al fine di tenerli indenni degli esborsi in precedenza eseguiti in favore della società a titolo di versamenti in conto aumento capitale sociale, tale accertata natura (di versamenti in conto aumento del capitale e non di finanziamenti) degli originari versamenti dei soci alienanti alla società non rende di per sé nulla, per violazione dell'art. 2423 c.c. o per preteso rimborso del capitale di rischio, la clausola che l'assunzione di quell'obbligo preveda.
Cass. civ. n. 7245/2023
Il capitolato generale di appalto del 1962 ha valore normativo e vincolante (e si applica quindi direttamente e indipendentemente dal richiamo che ne abbiano fatto le parti nel contratto) esclusivamente per gli appalti stipulati dallo Stato nonché dagli altri enti pubblici tenuti "ex lege" ad adottarlo; ne consegue la necessità di operare una distinzione tra gli appalti dello Stato (ovvero degli enti pubblici tenuti per legge all'osservanza dei capitolati generali per le opere statali) e gli altri appalti pubblici, giacché, in tale ipotesi, il richiamo operato dalle parti alle norme del capitolato assume la stessa natura e portata negoziale dell'atto giuridico in cui è contenuto, perdendo qualsiasi collegamento con la fonte normativa richiamata e conferendo al capitolato generale un valore negoziale tale da renderla insensibile alle modifiche normative intervenute successivamente alla stipulazione.
Cass. civ. n. 6838/2023
In tema di licenziamento ritorsivo, l'accoglimento della domanda di accertamento della nullità è subordinata alla verifica che l'intento di vendetta abbia avuto efficacia determinativa esclusiva della volontà di risolvere il rapporto di lavoro, anche rispetto ad altri fatti rilevanti ai fini della configurazione di una giusta causa o di un giustificato motivo di recesso, rispetto ai quali va quindi escluso ogni giudizio comparativo.
Cass. civ. n. 6075/2023
In tema di modelli di utilità, nell'oggetto di un incarico professionale orientato al deposito della documentazione da allegare ad una domanda di brevetto non può ritenersi compresa, salva apposita pattuizione, un'attività di ricerca di eventuali anteriorità brevettuali, essendo quest'ultima un'attività che, nella prassi commerciale, risulta oggetto di specifica richiesta.
Cass. civ. n. 2221/2023
In tutti i casi nei quali il presidente sia anche l'estensore (come accade quando egli stesso abbia proceduto all'istruzione e abbia poi effettuato la relazione al collegio) la sentenza non può che essere sottoscritta soltanto da lui.
Cass. civ. n. 717/2023
Ai sensi dell'art. 2233 c.c., come modificato dall'art. 2, d.l. n. 223 del 2006, conv., con modif., dalla l. n. 248 del 2006, l'accordo di determinazione del compenso professionale tra avvocato e cliente deve rivestire la forma scritta "ad substantiam" a pena di nullità, senza che rilevi la disciplina introdotta dall'art. 13, comma 2, l. n. 247 del 2012, che, nell'innovare il solo profilo del momento della stipula del negozio individuato, di regola, nella data del conferimento dell'incarico, ha lasciato invariato quello sul requisito di forma, con la conseguenza che, da un lato, l'accordo, quando non trasfuso in un unico documento sottoscritto da entrambe le parti, si intende formato quando la proposta, redatta in forma solenne, sia seguita dall'accettazione nella medesima forma e, dall'altro, che la scrittura non può essere sostituita con mezzi probatori diversi e la prova per presunzioni semplici, al pari della testimonianza, sono ammissibili nei soli casi di perdita incolpevole del documento ex artt. 2724 e 2725 c.c.
Cass. civ. n. 22453/2021
Il decreto decisorio emesso dal Tribunale in composizione collegiale deve essere sottoscritto dal solo Presidente, anche quando la relazione della causa e l'estensione del provvedimento siano state affidate ad un altro membro del collegio. (Fattispecie in tema di opposizione allo stato passivo di un'amministrazione straordinaria) (Rigetta, TRIBUNALE ROMA, 21/05/2015).
Cass. civ. n. 6494/2021
La sottoscrizione di una sentenza emessa da un organo collegiale ad opera di un magistrato che non componeva il collegio giudicante, in luogo del magistrato (nella specie, il presidente) che ne faceva parte e che avrebbe dovuto sottoscriverla, integra l'ipotesi della mancanza della sottoscrizione della sentenza da parte del giudice, disciplinata dagli artt. 132 e 161, comma 2, c.p.c. Il difetto di detta sottoscrizione, se rilevato, anche d'ufficio, nel giudizio di cassazione, comporta la dichiarazione di nullità della sentenza ed il rinvio della causa, ai sensi degli artt. 354, comma 1, 360, comma 1, n. 4, e 383, comma 4, c.p.c., al medesimo giudice che ha emesso la sentenza carente di sottoscrizione, il quale viene investito del potere-dovere di riesaminare il merito della causa stessa e non può limitarsi alla mera rinnovazione della sentenza. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 25/07/2015).
Cass. civ. n. 29721/2019
In tema di contenuto della sentenza, la concisione della motivazione non può prescindere dall'esistenza di una pur succinta esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione impugnata, la cui assenza configura motivo di nullità della sentenza quando non sia possibile individuare il percorso argomentativo della pronuncia giudiziale, funzionale alla sua comprensione e alla sua eventuale verifica in sede di impugnazione. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto nulla la sentenza gravata la cui motivazione, costituita da una sola pagina, era priva dell'esposizione degli elementi in base ai quali la Corte territoriale ha ritenuto che "l'appello non contesti la sentenza del tribunale nella parte rilevante della decisione").
Cass. civ. n. 24585/2019
L'omessa o inesatta indicazione del nominativo di uno dei magistrati componenti il collegio giudicante nell'intestazione del provvedimento impugnato è causa di nullità, per difetto del requisito prescritto dall'art. 132, comma 2, n. 1), c.p.c., soltanto nell'ipotesi in cui ne derivi un'assoluta incertezza sull'identificazione dei componenti del collegio, la quale non sussiste quando il nominativo del magistrato sia desumibile dal verbale d'udienza o dal decreto del capo dell'ufficio giudiziario redatto trimestralmente ai sensi degli artt. 113 e 114 disp. att. c.p.c. ovvero dai criteri prefissati nella tabella di organizzazione dell'ufficio, sicché incombe alla parte che faccia valere la nullità l'onere di dimostrare la detta incertezza, allegando e provando che, alla luce di tali riscontri, non è possibile in alcun modo risalire all'esatta composizione del collegio. (Nella specie, la S.C. ha rigettato la censura di nullità di un decreto adottato in sede di opposizione allo stato passivo la cui intestazione recava soltanto l'indicazione del presidente e del relatore, non anche del terzo componente del collegio, il cui nominativo non era desumibile neppure dalla parte motiva).
Cass. civ. n. 20960/2019
In tema di sottoscrizione delle sentenze civili, l'art. 132 c.p.c., nel consentire al giudice anziano la firma in sostituzione del presidente, postula, a pena di nullità del provvedimento, non soltanto l'esistenza di un impedimento tale da rendere impossibile od eccessivamente difficoltoso l'incombente, ma anche l'esplicita (ancorché generica) menzione della natura dell'impedimento stesso contestualmente all'apposizione della firma sostitutiva. Ne consegue, da un canto, l'insufficienza della semplice annotazione, in calce alla sentenza, della dicitura, precedente la firma, che si limiti a richiamare, senza ulteriore specificazione, il cit. art. 132 c.p.c., e, dall'altro, l'impossibilità di porre riparo a tale insufficienza in epoca successiva al deposito della sentenza, anche nell'ipotesi in cui (come in caso di morte pregressa del presidente) l'impedimento stesso risulti obbiettivamente rilevabile e si sottragga ad ogni possibilità di valutazione ed apprezzamento.
Cass. civ. n. 19323/2019
La sentenza emessa dal giudice in composizione collegiale priva di una delle due sottoscrizioni (nella specie, del componente più anziano che avrebbe dovuto firmare in luogo del presidente deceduto) non è inesistente bensì nulla in quanto la sottoscrizione non è omessa ma solo insufficiente.
Cass. civ. n. 16195/2019
L'omessa o inesatta indicazione del nome di una delle parti nell'intestazione della sentenza ne comporta la nullità, se riveli l'irregolarità del contraddittorio o generi incertezza circa i soggetti ai quali si riferisce la decisione, e mero errore materiale, se dal contesto della decisione e dagli atti processuali e dai provvedimenti da essa richiamati o, comunque, compiuti o intervenuti nel corso del processo sia inequivocamente individuabile la parte pretermessa o inesattamente indicata e sia, pertanto, possibile stabilire che la pronuncia è stata emessa anche nei suoi confronti. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva dichiarato il difetto di legittimazione attiva dei ricorrenti per l'equo indennizzo ex l. n. 89 del 2001 asserendo che gli stessi non avessero partecipato al giudizio presupposto, nonostante il contrario risultasse provato per documenti).
Cass. civ. n. 3877/2019
L'art. 132, comma 2, lett. a), c.p.c., nel prescrivere l'indicazione del giudice che ha pronunciato il provvedimento, postula che, dalla formulazione dell'atto, debba potersi individuare con certezza il giudice decidente (monocratico o collegiale), tanto da desumersene l'esatta collocazione gerarchica e territoriale nella struttura organizzativa dell'autorità giudiziaria ordinaria e il nome delle persone fisiche in concreto deliberanti.
Cass. civ. n. 2861/2019
La motivazione "per relationem" della sentenza, ai sensi dell'art. 118, comma 1, disp. att. c.p.c., può fondarsi anche su precedenti di merito, e non solo di legittimità, allo scopo di massimizzare, in una prospettiva di riduzione dei tempi di definizione delle controversie, l'utilizzazione di riflessioni e di schemi decisionali già compiuti per casi identici o caratterizzati dalla decisione di identiche questioni.
Cass. civ. n. 32307/2018
Nel caso in cui risulti, in calce alla sentenza, che la stessa è stata redatta con la collaborazione di un magistrato ordinario in tirocinio, non può considerarsi la sentenza stessa affetta da nullità ne' tanto meno da inesistenza, rilevabile anche d'ufficio in sede di impugnazione, in quanto con tale annotazione non si vuole intendere che il procedimento sia stato deciso dal magistrato senza funzioni, ma solo che, nell'espletamento del tirocinio, il magistrato senza funzioni abbia collaborato col giudice all'esame della controversia e alla stesura della minuta della motivazione, di cui il secondo, con la sottoscrizione, ha assunto la paternità.
Cass. civ. n. 28139/2018
La sentenza d'appello può essere motivata "per relationem", purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione impugnata, nella quale era stata integralmente trascritta la sentenza di primo grado, senza alcun riferimento a quanto accaduto nel corso del giudizio di appello ovvero ai motivi di gravame, con l'inserimento, nella parte finale, di un'integrazione fondata su un presupposto fattuale palesemente errato).
Cass. civ. n. 21978/2018
La motivazione della sentenza "per relationem" è ammissibile, purché il rinvio venga operato in modo tale da rendere possibile ed agevole il controllo della motivazione, essendo necessario che si dia conto delle argomentazioni delle parti e dell'identità di tali argomentazioni con quelle esaminate nella pronuncia oggetto del rinvio. (Nella specie, la S.C. ha cassato, con rinvio, la sentenza di appello che non aveva neppure sinteticamente, risposto alle censure proposte con l'atto di appello).
Cass. civ. n. 24600/2017
Nell'ordinario giudizio di cognizione, l'esatto contenuto della sentenza va individuato non alla stregua del solo dispositivo, bensì integrando questo con la motivazione, nella parte in cui la medesima riveli l'effettiva volontà del giudice. Ne consegue che va ritenuta prevalente la parte del provvedimento maggiormente attendibile e capace di fornire una giustificazione del "dictum" giudiziale. (Nella specie, la S.C., a fronte di un dispositivo che rigettava l’appello avverso la sentenza anziché dichiararlo inammissibile, ha ritenuto prevalente la motivazione la quale affermava chiaramente la carenza del requisito di specificità ex art. 342 c.p.c. nel gravame).
Cass. civ. n. 22022/2017
Deve considerarsi nulla la sentenza di appello motivata "per relationem" alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d'appello sia pervenuto attraverso l'esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello.
Cass. civ. n. 19956/2017
Sussiste il vizio di nullità della sentenza per omessa motivazione allorché essa sia priva dell'esposizione dei motivi in diritto sui quali è basata la decisione. (Nella specie, la motivazione della sentenza pronunciata dalla commissione tributaria regionale si era limitata a rinviare genericamente a quanto accertato dai giudici di primo grado - la cui motivazione non risultava, peraltro, neanche richiamata "per relationem" -, senza dare conto dell'esame dei motivi di appello dell'amministrazione fiscale e senza dimostrare di avere esaminato le circostanze specifiche del caso concreto).
Cass. civ. n. 15846/2017
Nella concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto della decisione, il giudice non deve dimostrare esplicitamente l'infondatezza o la non pertinenza di eventuali precedenti giurisprudenziali difformi (neppure se si tratti di cd. autoprecedenti e, cioè, decisioni rese in fattispecie analoghe o simili dallo stesso ufficio), poiché i motivi della decisione, in tanto possono essere viziati, in quanto siano di per sé erronei, in fatto o in diritto, in relazione alla fattispecie concreta, non già perché eventualmente in contrasto con quelli addotti in decisioni riguardanti altre fattispecie analoghe, simili o addirittura identiche.
Cass. civ. n. 11227/2017
In tema di provvedimenti giudiziali, la motivazione "per relationem" ad un precedente giurisprudenziale esime il giudice dallo sviluppare proprie argomentazioni giuridiche, ma il percorso argomentativo deve comunque consentire di comprendere la fattispecie concreta, l’autonomia del processo deliberativo compiuto e la riconducibilità dei fatti esaminati al principio di diritto richiamato, dovendosi ritenere, in difetto di tali requisiti minimi, la totale carenza di motivazione e la conseguente nullità del provvedimento.
Cass. civ. n. 7546/2017
La sentenza è "inesistente" per omessa sottoscrizione solo quando questa sia del tutto mancante, con conseguente non riconducibilità dell'atto al giudice, e non anche quando la stessa sia solo insufficiente, come nel caso della sottoscrizione con firma illeggibile, ricorrendo, in detta ipotesi, una mera nullità.(Nella specie, la S.C. ha ritenuto affetta da nullità la sentenza con sottoscrizione illeggibile, in quanto riconducibile al giudice in forza dell'intestazione e della dicitura “il giudice” sulla quale era stata apposta la sottoscrizione).
Cass. civ. n. 5772/2017
In tema di sottoscrizione della sentenza da parte del giudice, non costituisce motivo di nullità del provvedimento l'illeggibilità della firma, salvo che essa non consista in un segno informe privo di qualsiasi identità, al punto da risolversi in una vera e propria mancanza di sottoscrizione, né la presunzione di identità tra l'autore del segno grafico indistinguibile e la persona del giudice indicato in sentenza è inficiata dalla mera deduzione dell'assoluta indecifrabilità del segno, ove fra questo e l'indicazione nominativa del giudice contenuta nell'atto sussistano adeguati elementi di collegamento. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto insussistente una tale nullità in un’ordinanza emessa ex art. 348-ter c.p.c., atteso che la sottoscrizione non era comunque priva di identità grafologica, costando in un’apparente sequenza di nome e cognome, e che, essendo stata l’ordinanza pronunciata a scioglimento di una riserva formulata in udienza, per superare la presunzione di corrispondenza tra il giudice di quest'ultima e l'estensore del provvedimento, il ricorrente avrebbe dovuto dedurre e dimostrare la totale incompatibilità tra la sottoscrizione del verbale d’udienza e quella dell’ordinanza impugnata).
Cass. civ. n. 24951/2016
La non corrispondenza del collegio, così come riportato nell’epigrafe della sentenza, con quello innanzi al quale sono state precisate le conclusioni è causa di nullità della decisione solo in caso di effettivo mutamento del collegio medesimo; l'onere della prova di tale divergenza grava sulla parte che se ne dolga, dovendosi altrimenti presumere, in mancanza di elementi contrari ed in difetto di autonoma efficacia probatoria dell'intestazione della sentenza, che i magistrati che hanno partecipato alla deliberazione coincidano con quelli indicati nel verbale d’udienza, e che, pertanto, la pronunzia sia affetta da mero errore materiale.
Cass. civ. n. 23461/2016
Non va dichiarata la nullità della sentenza nell'ipotesi in cui la sottoscrizione apposta dal giudice estensore svolge le necessarie funzioni identitarie e di riferibilità soggettiva, essendo supportata da elementi, come l'indicazione del relatore nella intestazione della decisione, che permettono l'identificazione tra segno grafico ed indicazione nominativa. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto la piena identificabilità dell'estensore della sentenza di appello, sebbene la firma "Silvia Matteo" fosse diversa dalle corrette indicazioni del consigliere estensore di cui all'epigrafe "Silvia Di Matteo").
Cass. civ. n. 22232/2016
La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da "error in procedendo", quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto tale una motivazione caratterizzata da considerazioni affatto incongrue rispetto alle questioni prospettate, utilizzabili, al più, come materiale di base per altre successive argomentazioni, invece mancate, idonee a sorreggere la decisione).
Cass. civ. n. 18754/2016
La sentenza la cui motivazione si limiti a riprodurre il contenuto di un altro atto processuale (nella specie, un'ordinanza del giudice risultante dal verbale di causa), senza niente aggiungervi, non è nulla qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all'organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo.
Cass. civ. n. 22242/2015
Non adempie il dovere di motivazione il giudice che si limiti a richiamare principi giurisprudenziali asseritamene acquisiti, senza tuttavia formulare alcuna specifica valutazione sui fatti rilevanti di causa e, dunque, senza ricostruire la fattispecie concreta ai fini della sussunzione in quella astratta; in una situazione di tal tipo, infatti, il sillogismo che distingue il giudizio finisce per essere monco della premessa minore e, di conseguenza, privo della conclusione razionale.
Cass. civ. n. 21285/2015
Il provvedimento giudiziale sottoscritto dal giudice con firma digitale non è inesistente, trattandosi di modalità equiparabile alla sottoscrizione manuale.
Cass. civ. n. 20648/2015
La sentenza motivata "per relationem", mediante mera adesione acritica all'atto d'impugnazione, senza indicazione né della tesi in esso sostenuta, né delle ragioni di condivisione, è affetta da nullità, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per violazione dell'art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., in quanto corredata da motivazione solo apparente.
Cass. civ. n. 19074/2015
La portata precettiva di una sentenza va individuata tenendo conto non solo del dispositivo, ma anche della motivazione, quando il primo, contenga comunque una decisione che, pur di contenuto incompleto e indeterminato, si presti ad essere integrata dalla seconda. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata la quale aveva escluso la ricorrenza del vizio di omessa pronuncia relativamente ad un lodo arbitrale il cui dispositivo non conteneva alcuna espressa statuizione di rigetto di una domanda risarcitoria ritenuta non meritevole di accoglimento in motivazione).
Cass. civ. n. 12864/2015
L'omessa od erronea trascrizione delle conclusioni delle parti nella intestazione della sentenza importa la sua nullità solo quando le conclusioni formulate non siano state prese in esame, mancando in concreto una decisione sulle domande o eccezioni ritualmente proposte. Quando invece dalla motivazione della sentenza risulti che le conclusioni delle parti, nonostante l'omessa o erronea trascrizione, siano state esaminate e decise, il vizio si risolve in una semplice imperfezione formale, irrilevante ai fini della validità della sentenza.
Cass. civ. n. 1815/2015
Il giudice di merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l'obbligo della motivazione con l'indicazione delle fonti del suo convincimento, e non deve necessariamente soffermarsi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte, che, sebbene non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili, senza che possa configurarsi vizio di motivazione, in quanto le critiche di parte, che tendono al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, si risolvono in mere argomentazioni difensive.
Cass. civ. n. 4448/2014
È meramente apparente la motivazione della sentenza in cui il giudice richiami le conclusioni raggiunte dal consulente tecnico d'ufficio, senza ulteriori specificazioni, non illustrando né le ragioni né l'"iter" logico seguito per pervenire, partendo da esse, al risultato enunciato in sentenza, ciò che integra una sostanziale inosservanza dell'obbligo imposto dall'art. 132, secondo comma, n. 4), cod. proc. civ. di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione. (Principio enunciato dalla S.C. con riferimento ad una pronuncia di merito che, in ordine alla liquidazione del cosiddetto "danno biologico permanente", nel recepire le indicazioni della consulenza tecnica d'ufficio quanto all'importo da liquidare, non aveva specificato quali fossero le tabelle di calcolo utilizzate per pervenire alla liquidazione e la percentuale d'invalidità permanente riscontrata, non consentendo, pertanto, di ricostruire come e perché fosse arrivata a tale quantificazione).
Cass. civ. n. 12123/2013
L'obbligo di motivazione del giudice è ottemperato mediante l'indicazione delle ragioni della sua decisione, ossia del ragionamento da lui svolto con riferimento a ciascuna delle domande o eccezioni (nel giudizio di primo grado) o a ciascuno dei motivi di impugnazione (nei giudizi di impugnazione), mentre non è necessario che egli confuti espressamente - pur dovendoli prendere in considerazione - tutti gli argomenti portati dalla parte parte interessata a sostegno delle proprie domande, eccezioni o motivi disattesi e cioè anche gli argomenti assorbiti o incompatibili con le ragioni espressamente indicate dal giudice stesso, dovendosi ritenere, diversamente, che la motivazione non possa qualificarsi come "succinta" nel senso voluto dall'art. 118 disp. att. cod. proc. civ., tanto più ove venga in rilievo una ordinanza pronunziata dalla Suprema Corte ai sensi dell'art. 375 cod. proc. civ.
Cass. civ. n. 8702/2013
In tema di motivazione della sentenza, l'onere del giudice quanto alle ragioni che lo inducano a disattendere, anziché accogliere, le conclusioni di una consulenza tecnica resa in altro giudizio si configura in modo analogo rispetto all'obbligo per lo stesso di dare risposta alle argomentazioni difensive poste dalle parti a sostegno di una domanda.
Cass. civ. n. 3340/2013
La motivazione "per relationem" di una sentenza, in linea di principio ammissibile, deve permettere tuttavia un agevole reperimento della sentenza citata mediante riproduzione dei suoi contenuti, oggetto di autonoma valutazione critica, così da consentire la verifica di compatibilità logico-giuridica del richiamo operato; pertanto, quando il rinvio ad una sentenza di merito di commissione tributaria, relativa ad un altro processo, avvenga con la sola indicazione del numero della sentenza e dell'anno, ma senza indicazione della sezione, tale rinvio deve considerarsi illegittimo, perché le sentenze di merito non sempre sono facilmente reperibili ed, inoltre, la relativa numerazione viene effettuata per ciascuna sezione e non per commissione, né la parte può essere obbligata a ricerche di documenti extraprocessuali.
Cass. civ. n. 22557/2012
Quando la data di deposito di una sentenza sia inintelligibile il giudice deve determinarla (nella specie, al fine di accertare la tempestività dell'impugnazione) ricorrendo ad altri documenti o certificazioni, che siano oggettivi ed attendibili (come ad esempio il biglietto di cancelleria contenente la comunicazione dell'avvenuto deposito della sentenza).
Cass. civ. n. 16535/2012
L'omessa indicazione nell'epigrafe della sentenza del nome di una delle parti rende nulla la sentenza quando né dallo "svolgimento del processo", né dai "motivi della decisione", sia dato desumere la sua effettiva partecipazione al giudizio, con conseguente incertezza assoluta nell'individuazione del soggetto nei cui confronti la sentenza è destinata a produrre i suoi effetti.
Cass. civ. n. 7364/2012
In tema di motivazione della sentenza, il principio secondo il quale non è carente di motivazione la sentenza che recepisce "per relationem" le conclusioni ed i passi salienti di una relazione di consulenza tecnica d'ufficio di cui dichiari di condividere il merito, può trovare applicazione anche con riferimento a consulenze disposte ed esperite in altro giudizio, anche aventi funzione non solo deducente ma anche percipiente, sebbene in tale caso la valutazione del giudice deve essere più rigorosa, e devono essere rese chiaramente ostensibili in motivazione le ragioni per le quali, nonostante la oggettiva diversità dei fatti storici esaminati dalla c.t.u. e quelli esaminati nel giudizio pendente, i rilevamenti di fatto compiuti dall'ausiliario e le conclusioni da questo raggiunte possano essere in tutto od in parte trasposti anche nel nuovo giudizio. (Nella specie, la c.t.u. di altro giudizio, su cui si era fondata "per relationem" la decisione impugnata, aveva avuto ad oggetto la rilevazione dell'ubicazione di fondi soggetti ad opere di bonifica, la individuazione di tali opere e la verifica della funzionalità ad arrecare beneficio ai fondi, sebbene i giudizi si riferissero a periodi ed a fatti storici diversi; la S.C., nel cassare la sentenza impugnata, ha affermato il principio su esteso).
Cass. civ. n. 7269/2012
È valida la sentenza deliberata dal magistrato prima del suo collocamento a riposo per raggiunti limiti di età, a nulla rilevando che il deposito in cancelleria sia avvenuto successivamente a tale momento.
Cass. civ. n. 4326/2012
In tema di sottoscrizione delle sentenze civili, in caso di collocamento in pensione, dimissioni, o comunque in tutte le ipotesi (diverse dal trasferimento ad altra sede o ad altro incarico) in cui il magistrato abbia cessato di fare parte dell'ordine giudiziario, la sottoscrizione della sentenza da parte del medesimo - pur non sussistendo un impedimento assoluto alla sua materiale apposizione - non è coercibile, e ben può essere rifiutata, senza che egli ne debba rispondere penalmente o disciplinarmente. Alla norma di cui all'art. 132, ultimo comma, c.p.c. (secondo cui, se il giudice non può sottoscrivere la sentenza "per morte o altro impedimento", questa è sottoscritta dal componente più anziano del collegio) non può, infatti, riconoscersi natura eccezionale, risultando, pertanto, senz'altro consentita l'applicazione analogica ed estensiva dell'ipotesi di "altro impedimento" ivi contemplata, la quale deve considerarsi integrata anche dal collocamento a riposo del magistrato. Ne consegue che, ove il presidente del collegio, che ha emesso la sentenza, venga successivamente a cessare dal servizio o rifiuti per qualsiasi motivo di porre in essere gli adempimenti di competenza in ragione delle funzioni già esercitate (verifica della conformità dell'originale della sentenza alla minuta e della rispondenza dei principi indicati nella motivazione della sentenza a quelli affermati nel corso della camera di consiglio; sottoscrizione della sentenza), non è nulla, né tanto meno inesistente, la sentenza sottoscritta dal giudice componente anziano del collegio giudicante, che a tale stregua ne esplichi le relative incombenze, con l'annotazione di avere sottoscritto in vece del presidente "impedito", senza che sia peraltro necessario indicare la causa dell'impedimento, sufficiente essendo che egli ne attesti l'esistenza, con una statuizione non censurabile nei successivi gradi di giudizio, non risultando al riguardo prevista alcuna possibilità di impugnazione.
Cass. civ. n. 23670/2011
La mancata indicazione espressa della parte nella sentenza - non prescritta a pena di nullità dall'art. 132, secondo comma, n. 2, c.p.c. - non ne determina la nullità per inidoneità al raggiungimento dello scopo ove l'atto abbia indicato un provvedimento intervenuto nel corso del processo il cui contenuto consenta di individuare "per relationem" la parte non indicata nella sentenza stessa, dovendosi ritenere, in applicazione dei principi di cui all'art. 156, secondo e terzo comma, c.p.c., che quest'ultima, pur carente di un requisito formale, sia idonea ad assicurare il soddisfacimento dello scopo a cui è preposta l'indicazione delle parti. (Nella specie, la S.C., in applicazione dell'anzidetto principio, ha escluso che l'omessa indicazione nella sentenza della Cassa Nazionale di Assistenza e Previdenza Forense, litisconsorte necessario, comportasse l'invalidità dell'atto atteso l'espresso richiamo nella motivazione al provvedimento di integrazione del contraddittorio nei confronti della suddetta Cassa Forense, nonché al successivo reclamo avverso un provvedimento provvisorio, di cui erano state riportate anche le conclusioni formulate in quella sede nei confronti della medesima parte).
Cass. civ. n. 7477/2011
È conforme al disposto dell'art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., con riferimento al requisito dell'esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, la sentenza di merito la cui motivazione, pur riportando ampi stralci del percorso logico risultante dalla comparsa depositata nell'interesse di una delle parti, così recependo in modo prevalente l'impostazione difensiva adottata dalla parte, risulti tuttavia supportata da idonei e critici spunti di ragionamento logico-giuridico sui vari aspetti della vicenda sottoposta al vaglio del giudice.
Cass. civ. n. 3367/2011
La motivazione della sentenza "per relationem" è ammissibile, dovendosi giudicare la sua completezza e logicità sulla base degli elementi contenuti nell'atto al quale si opera il rinvio e che, proprio in ragione dello stesso, diviene parte integrante dell'atto rinviante, fermo restando, tuttavia, secondo un principio generale dell'ordinamento, desumibile dagli artt. 3 della legge n. 241 del 1990, e 7, comma 1, della legge n. 212 del 2000, per gli atti amministrativi (e valido, a maggior ragione, in forza dell'art. 111 Cost., per l'attività del giudice), che il rinvio va operato in modo tale da rendere possibile ed agevole il controllo della motivazione "per relationem". Ne consegue che non incorre nella violazione degli artt. 111 Cost., 118 disp. att. c.p.c. e 132 c.p.c. la motivazione della sentenza che, richiamando testualmente un precedente del medesimo ufficio reso su una questione analoga, dopo aver esaminato specificamente le singole censure proposte dall'appellante, concluda nel senso che le argomentazioni della sentenza richiamata "rispondono a tutti i motivi d'impugnazione dedotti dagli appellanti".
Cass. civ. n. 22845/2010
In tema di contenuto della sentenza, la concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei motivi in fatto della decisione, richiesta dall'art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. nella versione anteriore alla modifica da parte dell'art. 45, comma 17, della legge 18 giugno 2009, n. 69, non rappresenta un elemento meramente formale, ma un requisito da apprezzarsi esclusivamente in funzione della intelligibilità della decisione e della comprensione delle ragioni poste a suo fondamento, la cui mancanza costituisce motivo di nullità della sentenza solo quando non sia possibile individuare gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione, stante il principio della strumentalità della forma, per il quale la nullità non può essere mai dichiarata se l'atto ha raggiunto il suo scopo (art. 156, comma 3, c.p.c.), e considerato che lo stesso legislatore, nel modificare l'art. 132 cit., ha espressamente stabilito un collegamento di tipo logico e funzionale tra l'indicazione in sentenza dei fatti di causa e le ragioni poste dal giudice a fondamento della decisione.
Cass. civ. n. 22278/2010
L'art. 132, ultimo comma, c.p.c., a norma del quale la sentenza, nel caso di impedimento del presidente, può essere sottoscritta dal giudice più anziano ed, in caso di impedimento dell'estensore, dal presidente soltanto, purché sia fatta menzione nella sentenza dell'impedimento, richiede solo la generica indicazione, prima della firma del presidente o, nel caso che l'impedimento riguardi quest'ultimo, del giudice più anziano, dell'attualità di un ostacolo non di breve durata e non anche la formale attestazione o certificazione amministrativa di tale ostacolo.
Cass. civ. n. 7343/2010
L'omessa o inesatta indicazione del nome di una delle parti nell'intestazione della sentenza va considerata un mero errore materiale, emendabile con la procedura di cui agli artt. 287 e 288 c.p.c., quando dal contesto della sentenza risulti con sufficiente chiarezza l'esatta identità di tutte le parti; comporta, viceversa, la nullità della sentenza qualora da essa si deduca che non si è regolarmente costituito il contraddittorio, ai sensi dell'art. 101 c.p.c., e quando sussiste una situazione di incertezza, non eliminabile a mezzo della lettura dell'intera sentenza, in ordine ai soggetti cui la decisione si riferisce. (Nella specie, in riferimento ad un procedimento in cui era parte l'Agenzia delle Entrate, la S.C. ha stabilito che, benché non indicata nell'intestazione della sentenza, l'avvenuta partecipazione al giudizio dell'Agenzia fosse inequivocabilmente desumibile da suo contenuto, laddove si indicava la sua costituzione in giudizio già in primo grado e la proposizione dell'appello da parte della medesima).
Cass. civ. n. 24542/2009
Nella redazione della motivazione della sentenza, il giudice non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione delle parti, essendo necessario e sufficiente, in base all'art. 132, n. 4, c.p.c. (nel testo "ratione temporis" vigente), che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con il percorso argomentativo seguito.
Cass. civ. n. 16920/2009
La diversità fra la data di deliberazione della sentenza indicata in calce alla medesima e la data dell'udienza collegiale fissata per tale deliberazione non è di per sé sola sufficiente a far ritenere, nel caso che quest'ultima sia successiva, che la sentenza sia stata deliberata prima di tale udienza, cioè a far ritenere superata la presunzione di rituale decisione della causa da parte del collegio, configurandosi, invece, come frutto di mero errore materiale non invalidante, anche in mancanza di attivazione del procedimento di correzione, salvo che non ricorrano altri specifici elementi dimostrativi della rispondenza al vero della indicazione e, quindi, di distorsioni verificatesi nell'"iter" processuale.
Cass. civ. n. 11603/2009
L'omesso esame di specifici elementi probatori idonei a fornire la rappresentazione dei fatti oggetto di accertamento e che risultano suscettibili di determinare una diversa decisione della causa da parte del giudice comporta un vizio di motivazione su un punto decisivo della domanda; ne consegue che il giudice, cui spetta di individuare le fonti del proprio convincimento, deve dar conto, con motivazione adeguata, delle ragioni per le quali ritenga di non valutare l'istanza di esibizione ritualmente formulata dalla parte, ove la stessa sia pertinente e rilevante. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che non aveva dato corso ad una istanza di esibizione formulata da alcuni lavoratori, volta a dimostrare, nonostante il subentro di diversi committenti, la presenza di una clausola sociale in un precedente contratto di appalto stipulato dalla cooperativa presso la quale prestavano servizio).
Cass. civ. n. 161/2009
La sentenza è nulla ai sensi dell'art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., ove risulti del tutto priva dell'esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda ovvero la motivazione sia solo apparente, estrinsecandosi in argomentazioni non idonee a rivelare la "ratio decidendi". Ne consegue che non può ritenersi affetta da nullità la sentenza per il solo fatto che si limiti a recepire, trascrivendola, la motivazione di un altro provvedimento giudiziale adottato sulla medesima questione, ferma la necessità che la motivazione trascritta non presenti, essa stessa, i vizi della motivazione apparente.
Cass. civ. n. 18237/2008
Se al momento della decisione della causa risulti la mancanza di taluni atti da un fascicolo di parte, il giudice è tenuto a disporne la ricerca o, eventualmente, la ricostruzione solo se sussistano elementi per ritenere che tale mancanza sia involontaria, ovvero dipenda da smarrimento o sottrazione. Ove, pur in presenza di tali elementi, il giudice ometta di disporre la ricerca o la ricostruzione degli atti mancanti, tale omissione può tradursi in un vizio della motivazione, ma la parte che intenda censurare tale vizio in sede di legittimità ha l'onere di richiamare nel ricorso il contenuto dei documenti dispersi e dimostrarne la rilevanza ai fini di una decisione diversa.
Cass. civ. n. 17957/2007
Poiché l'art. 132, secondo comma, n. 2 c.p.c. non prevede il requisito della indicazione delle parti a pena di nullità, la mancanza della indicazione espressa di una delle parti o di tutte nella sentenza (e precisamente tanto nella sua intestazione, quanto nella parte descrittiva dello svolgimento processuale, quanto nella parte motivazionale) può determinare una nullità solo ai sensi del secondo comma dell'art. 156 c.p.c., cioè se l'atto-sentenza è inidoneo al raggiungimento dello scopo. Sotto tale profilo, viceversa, deve escludersi che il raggiungimento dello scopo e, quindi, la sanatoria della relativa nullità possa configurarsi attraverso la mera considerazione di quelle che erano le parti del giudizio per il tramite dell'esame degli atti del processo, allorché nella sentenza manchi qualsiasi riferimento indiretto.
Cass. civ. n. 16999/2007
L'erronea trascrizione nella sentenza delle conclusioni delle parti, mentre costituisce, di norma, una semplice irregolarità formale irrilevante ai fini della validità della sentenza, determina un effetto invalidante della medesima allorché abbia in concreto violato il principio del contraddittorio, impedendo la pronuncia del giudice sull'effettivo contenuto del dibattito processuale e sulle reali conclusioni delle parti. (Nella specie, la S.C. ha accolto il ricorso rilevando che l'erronea trascrizione delle conclusioni del P.M., di rigetto invece che di accoglimento, ne aveva impedito l'esame da parte della Corte di appello).
Cass. civ. n. 10033/2007
La trascrizione e condivisione della difesa di una delle parti senza esplicitarne le ragioni non costituisce motivazione della sentenza, ma è sufficiente, affinché si eviti la nullità della sentenza per mancanza di motivazione che nel recepire gli argomenti della parte il giudice fornisca, anche sinteticamente, le ragioni per le quali la tesi condivisa è preferibile alla tesi avversaria.
Cass. civ. n. 7943/2007
Quando la motivazione richiama un orientamento giurisprudenziale consolidato — tra l'altro riportando le massime in cui esso si è espresso — la motivazione deve ritenersi correttamente espressa da tale richiamo, che rinvia — in evidente ossequio al principio di economia processuale (che oggi trova legittimazione formale nel principio della ragionevole durata del processo, il quale giustifica ampiamente che non si debbano ripetere le argomentazioni di un orientamento giurisprudenziale consolidato, ove condivise dal giudicante e non combattute dal litigante con argomenti nuovi) — appunto alla motivazione risultante dai provvedimenti richiamati, di modo che il dovere costituzionale di motivazione risulta adempiuto per relationem per essere detta motivazione espressa in provvedimenti il cui contenuto è conoscibile.
Cass. civ. n. 3840/2007
Il giudice che definisce la causa su una questione pregiudiziale non può pronunciarsi anche sul merito di essa. Il giudice che abbia pregiudizialmente dichiarato inammissibile la domanda o il gravame non ha il potere di esaminare la domanda nel merito, e le eventuali argomentazioni ad abundantiam relative al merito contenute nella sentenza sono da ritenere giuridicamente irrilevanti; ne consegue che è ammissibile l'impugnazione che si limiti a censurare la statuizione pregiudiziale di inammissibilità mentre è inammissibile per difetto di interesse l'impugnazione nella parte relativa alla pronuncia sul merito. (Mass. redaz.).
Cass. civ. n. 17145/2006
La conformità della sentenza al modello di cui all'art. 132 n. 4 c.p.c., e l'osservanza degli artt. 115 e 116, c.p.c., non richiedono che il giudice di merito dia conto dell'esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettate dalle parti, essendo necessario e sufficiente che egli esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, offrendo una motivazione logica ed adeguata, evidenziando le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l'iter argomentativo seguito.
Cass. civ. n. 11860/2006
La mancanza della sottoscrizione o della sigla dell'estensore e del presidente in alcuna delle pagine che compongono la sentenza non integra violazione dell'art. 132, terzo comma, n. 5, c.p.c., il quale richiede la sottoscrizione del giudice come sigillo conclusivo del testo in cui è documentata la decisione, che implica, come è confermato dal secondo comma dell'art. 119 att. c.p.c. (che riflette l'ipotesi in cui il testo originale sia stato formato dal cancelliere) la verifica analitica della corrispondenza del testo scritto, in ogni sua parte, a quello steso dal relatore ed approvato dal presidente; sicché l'autenticità della sentenza sottoscritta (a conclusione del testo originale) dal giudice può essere contestata soltanto con la querela di falso per materiale contraffazione in ipotesi attuata in tempo successivo al deposito in cancelleria a norma dell'art. 133 c.p.c.
Cass. civ. n. 2268/2006
È legittima la motivazione per relationem della sentenza pronunciata in sede di gravame, purché il giudice d'appello, facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, in modo che il percorso argomentativo desumibile attraverso la parte motiva delle due sentenze risulti appagante e corretto. Deve viceversa essere cassata la sentenza d'appello allorquando la laconicità della motivazione adottata, formulata in termini di mera adesione, non consenta in alcun modo di ritenere che alla affermazione di condivisione del giudizio di primo grado il giudice di appello sia pervenuto attraverso l'esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame. (Nella fattispecie, relativa a sinistro stradale derivato dallo scontro di due autoveicoli, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza del giudice di appello la quale, a fronte del gravame sulle circostanze che avevano portato il primo giudice a ritenere la colpa esclusiva di uno dei due conducenti al fine di ottenere una diversa ricostruzione del sinistro ovvero una diversa graduazione di colpa dei protagonisti dello stesso, si era limitata ad affermare che «la ricostruzione in proposto operata dal primo giudice risulta certamente corretta, in quanto fondata sulle risultanze probatorie tutte di cui in atti»).
Cass. civ. n. 1236/2006
Ai fini della sufficienza della motivazione della sentenza, il giudice non può, quando esamina i fatti di prova, limitarsi ad enunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione, perché questo è il solo contenuto «statico» della complessa dichiarazione motivazionale, ma deve impegnarsi anche nella descrizione del processo cognitivo attraverso il quale è passato dalla sua situazione di iniziale ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio, che rappresenta il necessario contenuto «dinamico» della dichiarazione stessa. (Sulla base dell'enunciato principio, la S.C. ha quindi cassato con rinvio la sentenza impugnata, la quale aveva ritenuto che gli elementi addotti dall'amministrazione finanziaria a sostegno della pretesa tributaria oggetto di giudizio, pure diligentemente elencati, fossero inidonei a provare la tesi dell'Ufficio, senza tuttavia illustrare le ragioni di tale conclusiva valutazione).
Cass. civ. n. 26040/2005
La sottoscrizione della sentenza da parte del giudice - e, nel caso del giudice collegiale, del presidente e dell'estensore (ovvero di uno dei due), secondo quanto disposto dall'art. 132, ultimo comma, c.p.c. - costituisce un requisito essenziale del provvedimento, la cui mancanza ne determina la nullità assoluta e insanabile, senza che possa ovviarsi né con il procedimento di correzione degli errori materiali (che postula un provvedimento dal contenuto affetto da omissioni od errori, ma ormai completo nel suo procedimento di formazione), né tantomeno con la rinnovazione della pubblicazione da parte dello stesso organo che - emessa la pronunzia - ha ormai esaurito la sua funzione giurisdizionale. Il suddetto vizio di nullità, rilevabile anche d'ufficio, comporta la rimessione della causa al medesimo giudice che ha emesso la sentenza carente di sottoscrizione, il quale viene investito del potere dovere di riesaminare il merito della causa stessa e non può limitarsi ad una semplice rinnovazione della sentenza.
Cass. civ. n. 21193/2005
L'omessa sottoscrizione della sentenza da parte del giudice (o, nell'ipotesi di sentenza emessa da un giudice collegiale, da parte di uno dei magistrati tenuti a sottoscriverla ai sensi dell'art. 132, terzo comma c.p.c.) determina, qualora non risulti menzionato un impedimento del magistrato, la nullità assoluta ed insanabile della sentenza, equiparabile all'inesistenza del provvedimento, e quindi deducibile, ai sensi dell'art. 161, secondo comma c.p.c., fuori dei limiti e delle regole dei mezzi d'impugnazione, nonché rilevabile d'ufficio, ove non venga allegata dalla parte, anche nel giudizio di cassazione, con la conseguente rimessione della causa al medesimo giudice che ha pronunciato la sentenza carente di sottoscrizione; la nullità in questione, in quanto non coperta dal giudicato formale, può essere fatta valere, anche al di fuori dell'impugnazione nello stesso processo, con un'autonoma azione di accertamento, non soggetta a termini di prescrizione o decadenza, ovvero in via di eccezione, ed altresì in sede di opposizione all'esecuzione; ad essa non può ovviarsi, dopo il deposito in cancelleria, attraverso l'integrazione dell'originale mediante le sottoscrizioni dei giudicanti, in quanto alla pubblicazione della sentenza fa riscontro la consumazione del potere-dovere del giudice adito di pronunciare sulla domanda oggetto della decisione, né attraverso il procedimento di correzione degli errori materiali, il quale postula un provvedimento dal contenuto affetto da omissioni od errori, ma ormai completo nel procedimento di formazione; tale incompletezza, peraltro, impedendo di ricollegare alla pubblicazione della sentenza l'effetto di concludere la fase decisoria del processo, non esclude l'integrale rinnovazione del provvedimento da parte dello stesso giudice che l'ha pronunciato, il quale, rilevata l'inesistenza dell'atto, può ben addivenire ad una nuova deliberazione e redazione della sentenza stessa, senza che assuma alcun rilievo l'avvenuta proposizione, medio tempore dell'azione di nullità, in quanto la rinnovazione non fa altro che anticipare, nell'ambito del principio di economia processuale, l'accertamento dell'invalidità della pregressa decisione. (Nella specie, trattandosi dell'omessa sottoscrizione di una sentenza da essa stessa pronunciata, la S.C. ha rilevato che la rinnovazione sarebbe valsa anche ad impedire che, per l'assenza di mezzi d'impugnazione, l'azione di nullità conducesse alla sola rimozione della decisione invalida, senza che potesse pervenirsi ad una pronuncia sostitutiva della stessa).
Cass. civ. n. 10420/2005
Le argomentazioni ultronee, che non hanno lo scopo di sorreggere la decisione già basata su altre decisive ragioni, sono improduttive di effetti giuridici e, come tali, non sono suscettibili di censura in sede di legittimità.
Cass. civ. n. 9019/2005
Qualora sia denunziata la nullità di sentenza collegiale nella cui intestazione risulti il nominativo del magistrato relatore ed estensore con errata indicazione del prenome e che contenga il nominativo di altro magistrato diverso da quello che asseritamente avrebbe partecipato all'udienza di discussione, va esclusa la sussistenza del vizio ove nulla riporti il verbale di udienza (che nella specie recava la dizione «avanti il Collegio») e il ricorrente produca certificato di cancelleria attestante semplicemente una composizione del Collegio diversa da quella risultante dall'intestazione. Va infatti rilevato che: a) la mancata indicazione del nome dei componenti del collegio nel verbale di udienza costituisce mera irregolarità; b) un certificato di cancelleria che non indichi in base a quale risultanza sia attestata quale fosse la composizione del collegio non ha efficacia probatoria superiore a quella della sentenza recante in calce la firma del Presidente e dell'estensore; c) l'eventuale errore riguardante il nome di battesimo di quest'ultimo sarebbe irrilevante, non impedendone la concreta identificazione.
Cass. civ. n. 20597/2004
In tutti i casi nei quali il presidente sia anche l'estensore (come accade quando egli stesso abbia proceduto all'istruzione ex art. 168 bis c.p.c. ed abbia dunque effettuato la relazione come stabilito dall'art. 275, ultimo comma, c.p.c., ovvero quando, pur non essendo stato il relatore, abbia tuttavia provveduto alla stesura della motivazione ex art. 276, ultimo comma, c.p.c.), la sentenza non può che essere sottoscritta soltanto da lui.
Cass. civ. n. 13074/2004
Non è affetta da nullità la sentenza in cui nell'intestazione del dispositivo, letto in udienza, è lasciato in bianco lo spazio per l'indicazione della data di udienza ed il nome di una della parti sia riportato in modo errato, qualora tali irregolarità non determinino alcuna incertezza sulla data del dispositivo o sul soggetto a cui esso si riferisce.
Cass. civ. n. 12114/2004
In mancanza di un'espressa comminatoria non è configurabile nullità della sentenza nell'ipotesi di mera difficoltà di comprensione del testo stilato in forma autografa dall'estensore, di sua difficile leggibilità, atteso che in tali casi la sentenza non può ritenersi priva di uno dei requisiti di validità per essa stabiliti; qualora invece il provvedimento non si presenti soltanto di difficile lettura, ma sia addirittura pressoché incomprensibile, al punto da richiedere, per la sua decifrazione, una operazione il cui stesso esito è dubbio, poiché, nonostante gli sforzi cui eventualmente si sottoponga il lettore più attento, risulta impossibile avere certezza in ordine all'esatta comprensione del testo, è integrata l'ipotesi di assoluta carenza della motivazione, ricorrente appunto quando la sentenza, in violazione degli artt. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. e 118, primo comma, disp. att. c.p.c., manca delle argomentazioni atte a palesare le ragioni della decisione, perché una siffatta carenza, incidendo sul modello della sentenza descritto da tali disposizioni — costituenti attuazione del principio costituzionale (art. 111 Cost.) secondo il quale tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati —, ne determina la nullità, prevista come motivo di ricorso per cassazione dall'art. 360, n. 4, c.p.c.
Cass. civ. n. 10633/2004
L'art. 132, secondo comma, c.p.c. disciplina solo l'ipotesi di morte o altro impedimento del presidente del collegio, o del giudice estensore, a sottoscrivere la sentenza e non riguarda il caso in cui eventi siffatti si verifichino dopo la sottoscrizione. Pertanto, una volta che la sentenza sia stata regolarmente sottoscritta dal presidente, a nulla rileva il decesso del presidente stesso anteriormente alla data della sua pubblicazione, atteso anche che la consegna materiale del documento — debitamente sottoscritto — al cancelliere per la pubblicazione certamente non postula l'esistenza in vita del presidente.
Cass. civ. n. 9035/2004
Il requisito della sottoscrizione della sentenza da parte del giudice che l'ha pronunciata, la cui mancanza comporta la nullità insanabile e rilevabile d'ufficio ex art. 161, capoverso, c.p.c., va verificato con riferimento alla «sentenza» completa di motivazione e di dispositivo, con irrilevanza, per quanto concerne le sentenze dei giudici di merito in materia di lavoro, della sussistenza o insussistenza della sottoscrizione del dispositivo letto in udienza, ritualmente inserito in un verbale di cui il segretario d'udienza abbia attestato la regolarità formale.
Cass. civ. n. 4015/2004
L'omessa trascrizione delle conclusioni delle parti e l'inadeguata esposizione dello svolgimento del processo di per sé non costituiscono motivo di nullità della sentenza, se le omissioni e le carenze espositive non hanno inciso in concreto sul processo decisionale del giudice, determinando una mancata pronunzia sulle domande o eccezioni proposte dalle parti, oppure un difetto di motivazione in ordine a punti decisivi della controversia.
Cass. civ. n. 12214/2003
Nel caso in cui risulti, in calce alla sentenza, che la stessa è stata redatta con la collaborazione di un uditore giudiziario, non può considerarsi la sentenza stessa affetta da nullità né tanto meno da inesistenza, rilevabile anche d'ufficio in sede di impugnazione, in quanto con tale annotazione non si vuole intendere che il procedimento sia stato deciso dal magistrato senza funzioni, ma solo che, nell'espletamento del tirocinio, il magistrato senza funzioni abbia collaborato col giudice all'esame della controversia e alla stesura della minuta della motivazione, di cui il secondo, con la sottoscrizione, ha assunto la paternità.
Cass. civ. n. 9616/2003
In tema di sottoscrizione delle sentenze civili, in caso di collocamento in pensione, dimissioni, o comunque in tutte le ipotesi (diverse dal trasferimento ad altra sede o ad altro incarico) in cui il magistrato abbia cessato di fare parte dell'ordine giudiziario, la sottoscrizione della sentenza da parte del medesimo — pur non sussistendo un impedimento assoluto alla sua materiale apposizione — non è coercibile, e ben può essere rifiutata senza che egli ne debba rispondere penalmente o disciplinarmente. Alla norma di cui all'art. 132, ultimo comma, c.p.c. (secondo cui, se il giudice non può sottoscrivere la sentenza “per morte o altro impedimento”, questa è sottoscritta dal componente più anziano del collegio) non può infatti riconoscersi natura eccezionale, risultando pertanto senz'altro consentita l'applicazione analogica ed estensiva dell'ipotesi di “altro impedimento” ivi contemplata, la quale deve considerarsi integrata (anche) dal collocamento a riposo del magistrato. Ne consegue che, ove il presidente del collegio che ha emesso la sentenza venga successivamente a cessare dal servizio e rifiuti per qualsiasi motivo di porre in essere gli adempimenti di competenza in ragione delle funzioni già esercitate (verifica della conformità dell'originale della sentenza alla minuta e della rispondenza dei principi indicati nella motivazione della sentenza a quelli affermati nel corso della camera di consiglio; sottoscrizione della sentenza), non è nulla la sentenza sottoscritta dal giudice componente anziano del collegio giudicante (con l'annotazione di avere sottoscritto invece del presidente “impedito”, senza che sia peraltro necessario indicare — neppure sommariamente — la causa dell'impedimento, sufficiente essendo che egli ne attesti l'esistenza, con una statuizione non censurabile nei successivi gradi di giudizio, non risultando al riguardo prevista alcuna possibilità di impugnazione), che a tale stregua ne esplichi le relative incombenze, giacché risultano a tale stregua osservati (oltre alla funzione di presidenza del collegio) i principi di (estrema) semplificazione degli atti processuali e di eccezionalità delle ipotesi di nullità ed inesistenza posti dalla legge n. 532 del 1977 (la quale ha introdotto la regola secondo cui la sentenza emessa dal giudice collegiale è sottoscritta solo dal presidente e dal giudice estensore).
Cass. civ. n. 7058/2003
La conformità della sentenza al modello di cui all'art. 132 n. 4 c.p.c., e l'osservanza degli artt. 115 e 116 c.p.c., non richiedono che il giudice di merito dia conto dell'esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettate dalle parti, essendo necessario e sufficiente che egli esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, offrendo una motivazione logica ed adeguata, evidenziando le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l'iter argomentativo seguito.
Cass. civ. n. 15249/2002
La mancata sottoscrizione della sentenza da parte di un magistrato collocato a riposo successivamente alla deliberazione costituisce motivo di nullità della pronuncia ai sensi dell'art. 161 c.p.c., attesa la natura eccezionale della norma di cui all'art. 132 secondo comma stesso codice (a mente della quale, se il giudice non può sottoscrivere la sentenza «per morte o altro impedimento», questa è sottoscritta dal componente più anziano del collegio), tale, cioè, da non consentire alcuna interpretazione estensiva della locuzione «altro impedimento», che non si realizza, pertanto, con la semplice collocazione a riposo del magistrato tenuto alla sottoscrizione.
Cass. civ. n. 10793/2002
L'omessa, incompleta o inesatta indicazione, in sentenza, di tutte le parti in causa (nella specie, omessa indicazione degli eredi di una delle parti, deceduta, nonché omessa indicazione della qualità di erede di altra parte costituita) non integra l'ipotesi dell'errore materiale emendabile con la procedura di cui agli artt. 287, 288 c.p.c. tutte le volte che le indicazioni mancanti non siano direttamente ricavabili dalla sentenza stessa (nella specie, totale assenza, nella sentenza impugnata, tanto di riferimenti alla morte di una parte, quando dell'intervenuta successione nel processo degli eredi per la rituale interruzione e riassunzione), ma ciò non comporta alcuna nullità della pronuncia — bensì una mera difficoltà nella sua eseguibilità nei confronti dei soggetti non indicati ed apparentemente pretermessi — qualora l'omissione non si risolva in un autonomo vizio di essa (nella specie, la nullità è stata in concreto esclusa dalla Suprema Corte in relazione ad una vicenda in cui, nel corso del giudizio, si era realizzata sia l'interruzione del processo, sia la sua prosecuzione nei confronti dei successori universali evocati ritualmente in causa con l'atto di riassunzione).
Cass. civ. n. 3132/2002
L'art. 132 c.p.c., stabilendo che la sentenza deve contenere l'indicazione del giudice che l'ha pronunciata, non impone, al riguardo, che l'esatta collocazione territoriale del giudice nella struttura organizzativa dell'autorità giudiziaria ordinaria risulti già nell'intestazione della sentenza, essendo sufficiente che dal contesto dell'atto risulti comunque tale indicazione, in modo tale da non ingenerare incertezza alcuna in ordine alla provenienza di questo. (Nella specie si è ritenuto che la specificazione di carattere territoriale del giudice di pace decidente, omessa nella intestazione della sentenza, fosse possibile attraverso l'indicazione della località di pubblicazione della sentenza e la presenza del timbro con l'espressa menzione del riferimento completo dell'ufficio).
Cass. civ. n. 15949/2001
La motivazione per relationem ad altre decisioni si può considerare carente o meramente apparente — e come tale censurabile in sede di legittimità — solo quando il decisum si fonda esclusivamente sul mero rinvio a precedenti o a massime giurisprudenziali richiamati in modo acritico e non ricollegati esplicitamente alla fattispecie controversa, di tal che venga impedito un controllo sul procedimento logico seguito dal giudice proprio per impossibilità di individuare la ratio decidendi. (Nella specie la S.C. ha considerato legittima la motivazione della sentenza impugnata nella quale il giudice aveva fatto esplicito riferimento ad una propria precedente decisione relativa ad una controversia simile a quella attualmente sub iudice sul principale rilievo che il suddetto rinvio non aveva esaurito la motivazione della sentenza nella quale, invece, la relativa ratio decidendi era stata esplicitata in modo chiaro e con specifico riferimento alla fattispecie esaminata).
Cass. civ. n. 13087/2001
Deve ritenersi inammissibile la motivazione per relationem della sentenza pronunziata in grado di appello contenente solo il generico richiamo alla comparsa di risposta dell'appellato e alle argomentazioni in essa esposte, senza che il giudice prenda posizione in modo critico in ordine al provvedimento censurato ed ai motivi di appello.
Cass. civ. n. 7059/2001
È affetta da nullità insanabile, rilevabile d'ufficio anche in sede di legittimità, la sentenza collegiale che rechi la sottoscrizione del solo presidente, del quale deve presumersi il difetto della qualità di estensore, ove risulti che altro membro del collegio sia indicato come relatore della causa, manchi un apposito provvedimento con cui lo stesso presidente si sia attribuito tale incarico, ex art. 276 c.p.c., e manchi altresì la specifica indicazione della qualità di estensore che in tal caso deve accompagnare la sottoscrizione del solo presidente (art. 119, comma terzo, disp. att. c.p.c.), mentre resta ininfluente, al riguardo, che questi abbia sottoscritto alcune pagine intermedie della stessa sentenza; né vale ad escludere tale nullità l'eventuale apposizione di “sigle”, ipoteticamente attribuibili all'estensore, su alcuni fogli del documento, posto che, in ogni caso, la disposizione di cui all'art. 132 c.p.c., nel prevedere la sottoscrizione del giudice, esige che la firma sia apposta in calce alla sentenza, solo in tal modo potendosi individuare il magistrato autore del provvedimento nella sua globalità.
Cass. civ. n. 3677/2001
È nulla per vizio di sottoscrizione la sentenza che definisce un procedimento di primo grado dinanzi al giudice unico qualora quest'ultimo, designato con decreto presidenziale a sostituire il titolare del procedimento, abbia tenuto alcune udienze di trattazione, nonché l'udienza di precisazione delle conclusioni, assumendo, per l'effetto, la causa in decisione, ma non abbia, poi, emesso la decisione stessa, né redatto la relativa sentenza, in conseguenza del rientro in servizio del magistrato da lui sostituito (che, nella specie, aveva poi assunto la decisione ed emesso il conseguente provvedimento). In tal caso, difatti, giusta disposto dell'art. 161 c.p.c., la radicale nullità della pronuncia consegue alla sottoscrizione apposta da giudice diverso da quello che avrebbe dovuto apporla (rendendosi, nella specie, necessario un provvedimento di rimessione della causa sul ruolo, onde consentire alle parti una nuova precisazione delle conclusioni), senza che, in contrario, possa utilmente invocarsi il disposto dell'art. 174 del codice di rito, funzionale alla sola sostituzione del giudice istruttore nel corso dell'istruttoria — ovvero (art. 174, secondo comma) alla sua sostituzione “tout court” nel solo caso di assoluto impedimento.
Cass. civ. n. 15424/2000
La sottoscrizione della sentenza da parte del giudice — e, nel caso del giudice collegiale, del presidente e dell'estensore, secondo quanto disposto dall'art. 132, ultimo comma, c.p.c. — costituisce un requisito essenziale della giuridica esistenza del provvedimento, la cui mancanza ne determina la nullità assoluta e insanabile, senza che assuma alcun rilievo che il magistrato di cui manca la sottoscrizione abbia partecipato o meno alla deliberazione della sentenza stessa. Il suddetto vizio, rilevabile anche di ufficio, comporta, anche in esito al giudizio di cassazione, la rimessione della causa al medesimo giudice che ha emesso la sentenza carente di sottoscrizione, il quale viene investito del potere-dovere di riesaminare il merito della causa stessa e non può limitarsi ad una semplice rinnovazione della sentenza.(Nella specie la S.C. ha dichiarato l'inesistenza giuridica di una sentenza, emessa nel 1997 dal tribunale di Ivrea, non sottoscritta dal presidente, e ha rinviato la causa alla Corte di appello di Torino).
Cass. civ. n. 13292/2000
L'esposizione in sentenza dei fatti di causa non deve necessariamente tradursi nella narrazione completa ed analitica dello svolgimento del processo ed in un particolareggiato resoconto delle deduzioni delle parti, essendo sufficiente che essa riassuma concisamente il contenuto sostanziale della controversia, con l'indicazione che può risultare tanto dall'esposizione del fatto che dalla parte motiva, degli elementi rilevanti per la decisione.
Cass. civ. n. 8364/2000
La mancata indicazione della parte contumace nell'epigrafe della sentenza, e la mancata dichiarazione di contumacia della stessa, non incidono sulla regolarità del contraddittorio ove risulti che la parte sia stata regolarmente citata in giudizio, configurando un mero errore materiale, emendabile con la apposita procedura.
Cass. civ. n. 7928/2000
La sottoscrizione della sentenza da parte del giudice, costituente requisito della sua esistenza giuridica a norma dell'art. 162, secondo comma, c.p.c., deve essere costituita da un segno grafico che abbia caratteristiche di specificità sufficienti e possa quindi svolgere funzioni identitarie e di riferibilità soggettiva, pur nella sua eventuale illeggibilità (la quale non inficia la idoneità della sottoscrizione se sussistono adeguati elementi per il collegamento del segno grafico con un'indicazione nominativa contenuta nell'atto). (Nella specie, in una sentenza d'appello in materia di lavoro, in corrispondenza della firma del presidente era rilevabile solo una breve linea, impercettibilmente ondulata; la S.C. rilevata — anche d'ufficio — la conseguente nullità radicale della sentenza, l'ha dichiarata — osservato anche che la firma del cancelliere in calce alla sentenza non vale ad autenticare la firma del giudice — e ha rimesso la causa al giudice a quo).
Cass. civ. n. 5855/2000
L'esistenza della sentenza civile è determinata (salvo ipotesi particolari, quale quella del rito del lavoro, ovvero dei riti ad esso legislativamente equiparati o specialmente disciplinati), dalla sua pubblicazione mediante deposito nella cancelleria del giudice che l'ha pronunziata, ed il suo dispositivo è atto privo di rilevanza giuridica esterna e di definitività. Ne consegue che, nell'ipotesi di entrata in vigore una nuova normativa (dispiegante effetti sostanziali o processuali sul rapporto controverso) nell'intervallo di tempo intercorrente tra la deliberazione e la pubblicazione della sentenza, è dovere del giudice applicare immediatamente la disciplina sopravvenuta mediante i necessari, consequenziali adempimenti (principio affermato con riferimento a fattispecie in cui il giudice di merito, pur essendo entrata in vigore, tra la deliberazione e la pubblicazione della sentenza, la norma di cui all'art. 1 della legge n. 241 del 1997 in tema di mandato alle liti, aveva erroneamente dichiarato l'inammissibilità del gravame proposto da difensore al quale la procura risultava rilasciata su foglio spillato alla copia della sentenza impugnata).
Cass. civ. n. 3049/2000
L'omessa intestazione con la mancanza delle parole «Repubblica italiana» e «In nome del popolo italiano», indicate nel comma 1 dell'articolo 132 del c.p.c., è irregolarità formale non incidente sulla validità della sentenza di primo grado sottoscritta dal presidente estensore.
Cass. civ. n. 13505/1999
L'indicazione della data di deliberazione della sentenza non è (a differenza dell'indicazione della data di pubblicazione, che ne segna il momento di acquisto della rilevanza giuridica) elemento essenziale dell'atto processuale, e la sua mancanza non integra, pertanto, gli estremi di alcuna ipotesi di nullità deducibile con l'impugnazione, costituendo, per converso, fattispecie di mero errore materiale emendabile ex artt. 287, 288 c.p.c.
Cass. civ. n. 12475/1999
La mancata trascrizione delle conclusioni delle parti non costituisce di per sé motivo di nullità della sentenza, occorrendo a tale fine che l'omissione abbia in concreto inciso sull'attività del giudice nel senso cioè di avere determinato o la mancata pronuncia sulle domande od eccezioni oppure un difetto di motivazione in ordine a punti decisivi prospettati. In particolare, se dalla motivazione della sentenza risulta che le conclusioni delle parti siano state effettivamente esaminate, il vizio si risolve in una semplice imperfezione formale irrilevante ai fini della validità della sentenza.
Cass. civ. n. 8297/1999
La mancanza della data di pubblicazione della sentenza non è causa di nullità (ovvero di inesistenza) della sentenza stessa tutte le volte in cui la cancelleria del tribunale abbia annotato l'avvenuta pubblicazione della sentenza nel registro cronologico, l'abbia altresì trasmessa all'ufficio del registro atti giudiziari, ed abbia, infine, comunicato alle parti costituite l'avvenuto deposito della decisione, così che la parte interessata abbia potuto tempestivamente impugnare la pronuncia a lei sfavorevole. La data di pubblicazione della sentenza, difatti, indica il dies a quo per l'impugnazione nel termine indicato dall'art. 327 c.p.c., e non assume, pertanto, rilievo tutte le volte in cui l'impugnazione stessa risulti tempestivamente proposta (a prescindere, ancora, dalla considerazione che, secondo quanto disposto dall'art. 156 c.p.c., le formalità di pubblicazione della sentenza indicate nel primo comma dell'art. 133 stesso codice non sono previste dalla legge a pena di nullità).
Cass. civ. n. 5101/1999
La circostanza che il giudice non abbia formalmente suddivisa la sentenza in due parti, una delle quali esclusivamente dedicata allo svolgimento del processo, non implica nullità se dalla lettura dell'atto sia comunque possibile individuare i tratti essenziali della lite e gli elementi di fatto considerati nella decisione.
Cass. civ. n. 4771/1999
La ratio del combinato disposto degli artt. 132, comma terzo, e 161, comma secondo, c.p.c. consiste nell'esigenza di sicura identificazione della sentenza pubblicata come decisione riferibile al collegio che l'ha, con quella motivazione deliberata; sicché, l'erroneo apprezzamento dell'impedimento dell'estensore, compiuto dal presidente del collegio (nella specie, l'estensore era stato trasferito ad altro ufficio in epoca successiva al deposito della minuta), non comporta la sanzione dell'inesistenza della sentenza che, per quella ragione, sia stata sottoscritta dal solo presidente.
Cass. civ. n. 3282/1999
La mancata esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti di causa e l'estrema concisione della motivazione in diritto danno luogo a nullità della sentenza allorquando rendono impossibile l'individuazione del thema decidendum e delle ragioni che stanno a fondamento del dispositivo. (Nella specie il giudice di secondo grado aveva omesso di indicare i motivi di impugnazione e le questioni trattate nel giudizio di merito e il dispositivo era difforme dalla motivazione).
Cass. civ. n. 1771/1999
È nulla, per carenza del requisito della motivazione (artt. 132 n. 4 e 156, comma secondo c.p.c.), la sentenza contenente l'indicazione del giudice che l'ha pronunciata, delle parti e dei loro difensori, del dispositivo, della data di deliberazione e della sottoscrizione del giudice, ma priva dell'enunciazione delle conclusioni delle parti, dell'esposizione dello svolgimento del processo e dei motivi in fatto ed in diritto della decisione (non enucleabili, nella specie, neanche dal dispositivo).
Cass. civ. n. 10095/1998
Il principio dell'interpretazione del dispositivo della sentenza mediante la motivazione, benché applicabile anche nel rito del lavoro, non può tuttavia valere a sanare contrasti irriducibili tra le due parti della sentenza (come quello che si determina allorché la motivazione contenga statuizioni mancanti del dispositivo o in contrasto con lo stesso) dovendo in tal caso darsi la prevalenza al secondo che, acquistando pubblicità con la lettura fattane in udienza, cristallizza stabilmente la statuizione emanata nella concreta fattispecie.
Cass. civ. n. 5612/1998
Adempie all'obbligo di motivazione il giudice del gravame che si richiami per relationem alla sentenza impugnata di cui condivida le argomentazioni logico-giuridiche, purché dia conto di aver valutato criticamente sia il provvedimento censurato che le censure proposte.
Cass. civ. n. 538/1998
In ipotesi di ius superveniens dopo la deliberazione della sentenza ma prima della sua pubblicazione, solo l'originario collegio deliberante, riconvocato dal suo presidente, può provvedere ad una nuova deliberazione che tenga conto della normativa sopravvenuta; ne consegue che, ove l'originario collegio non possa più riconvocarsi per il venir meno di uno o più degli originari componenti (nella specie, per trasferimento ad altro ufficio giudiziario), è da escludersi la possibilità di una nuova deliberazione ed è altresì da escludere che, in siffatta situazione, il presidente titolare della sezione possa rimettere sul ruolo il processo, essendo egli estraneo al collegio deliberante al quale, in via esclusiva, è riservata la valutazione dell'incidenza della normativa sopravvenuta sulla decisione già adottata; un provvedimento in tal senso da parte del presidente di sezione va pertanto disapplicato, attesane l'illegittimità e la natura oggettivamente amministrativa, con la conseguenza che, pur non essendo ancora intervenuta la pubblicazione della sentenza, l'originaria deliberazione diviene irretrattabile, e, come tale, insensibile alla normativa sopravvenuta.
Cass. civ. n. 9157/1997
La portata e il valore della pronuncia giurisdizionale vanno individuati tenendo conto non soltanto delle statuizioni finali formalmente contenute nel dispositivo, ma anche delle enunciazioni contenute nella motivazione, le quali incidono sul momento precettivo della pronuncia e devono considerarsi parte integrante del dispositivo, in quanto rivelatrici d'effettiva volontà del giudice. (Nella specie, il giudice del rinvio aveva nel dispositivo confermato l'originaria pronuncia di merito, che aveva riconosciuto l'obbligo di una società immobiliare di rispettare gli impegni assunti nei confronti di tutti i prenotatari di appartamenti, mentre in motivazione tale obbligo era stato escluso nei confronti di alcuni di essi. In applicazione del suesposto principio, la Suprema Corte ha ritenuto di poter superare in via interpretativa il dedotto vizio di contraddittorietà tra motivazione e dispositivo).
Cass. civ. n. 1481/1997
Nel rito del lavoro, allorquando la motivazione della sentenza si limiti alla mera esplicitazione di statuizioni già sostanzialmente argomentabili dalla struttura logico-semantica del dispositivo, non può invocarsi il principio della non integrabilità del dispositivo con la motivazione della sentenza (principio che presuppone l'effettiva carenza nell'uno di statuizioni rinvenibili formalmente solo nell'altra), bensì bisogna fare riferimento all'altro principio per il quale la portata precettiva di una pronuncia giurisdizionale va individuata non solo tenendo conto delle statuizioni formalmente contenute nel dispositivo, ma coordinando questo con la motivazione, le cui enunciazioni, se dirette univocamente all'esame di una questione dedotta in causa, incidono sul momento precettivo e vanno considerate come integrative del contenuto formale del dispositivo, con la conseguenza che il giudicato risulta simmetricamente esteso.
Cass. civ. n. 1028/1997
La sottoscrizione della sentenza da parte del giudice anziano del collegio con la menzione da parte del medesimo dell'impedimento «cagionato da motivi di salute» del presidente estensore è rituale ai sensi dell'art. 132 c.p.c. (così come modificato dall'art. 6 della legge 8 agosto 1977, n. 532 al fine di abbreviare i tempi necessari alla pubblicazione della decisione e di mitigare l'incidenza del principio della nullità insanabile della sentenza per mancata sottoscrizione), poiché la legge, se attribuisce al giudice anziano di valutare la natura e l'entità dell'impedimento, non richiede una più specifica indicazione dell'impedimento in occasione della sottoscrizione della sentenza, né attribuisce al giudice dell'impugnazione un potere di sindacato sulla funzione certificatrice del giudice anziano.
Cass. civ. n. 10095/1996
È affetto da nullità assoluta, rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio, il provvedimento collegiale che, pur avendo carattere sostanziale di sentenza, sia stato emesso nella forma del decreto (nella specie, ordinanza di rigetto dell'istanza di annullamento del concordato fallimentare, emessa in luogo della sentenza prevista dall'art. 138, terzo comma, l. fall.) e non rechi, proprio perché emesso sull'erroneo presupposto della sua natura di decreto, oltre alla sottoscrizione del presidente del collegio, anche quella del giudice estensore, così violando la regola di cui all'art. 132 c.p.c.
Cass. civ. n. 10045/1996
L'assenza della concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa vale ad integrare un motivo di nullità della sentenza solo se tale omissione impedisca totalmente, non risultando richiamati in alcun modo i tratti essenziali della lite neppure nella parte motiva, di individuare gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione, nonché di controllare che siano state osservate le forme indispensabili poste dall'ordinamento a garanzia del regolare esercizio della giurisdizione.
Cass. civ. n. 6439/1996
L'omessa indicazione, nell'epigrafe della sentenza, del conferimento della procura alle liti costituisce un'irregolarità formale emendabile con la procedura della correzione degli errori materiali, e non un motivo di nullità della sentenza.
Cass. civ. n. 6161/1996
Ad eccezione di particolari ipotesi (come nel rito del lavoro, ovvero nei riti ad esso legislativamente equiparati e specialmente disciplinati), l'esistenza della sentenza civile è determinata dalla sua pubblicazione mediante deposito nella cancelleria del giudice che l'ha pronunziata ed il suo dispositivo è atto privo di rilevanza giuridica esterna e di definitività. Ne consegue che, nell'ipotesi in cui nell'intervallo di tempo intercorrente tra la deliberazione e la pubblicazione della sentenza entri in vigore una nuova normativa che esplichi effetti sostanziali o processuali sul rapporto controverso, è dovere del giudice applicare immediatamente la disciplina sopravvenuta, mediante i necessari, conseguenziali adempimenti. (Nella specie, il giudice di merito, essendo entrati in vigore, tra la deliberazione e la pubblicazione della sentenza, i nuovi criteri di liquidazione dell'indennità di espropriazione ed occupazione legittima previsti dall'art. 5 bis della legge n. 359 del 1992, aveva omesso di tenerne conto. La Suprema Corte, in applicazione dell'enunciato principio ha cassato la sentenza impugnata, rilevando che il giudice di merito avrebbe dovuto, invece, applicare detti criteri, previa adozione di ordinanza ai sensi del combinato disposto degli artt. 359, comma primo, 356, comma primo, e 279, comma primo, c.p.c.).
Cass. civ. n. 6143/1996
L'omessa trascrizione delle conclusioni delle parti nell'epigrafe della sentenza non è causa di nullità, ma può rilevare come vizio di motivazione su un punto decisivo o come omessa pronuncia su un capo di domanda, qualora dalla motivazione stessa non risulti che il giudice abbia portato il proprio esame sul contenuto delle conclusioni non trascritte.
Cass. civ. n. 3232/1996
La domanda giudiziale diretta alla ripartizione tra gli aventi diritto della pensione di reversibilità spettante all'ex coniuge deceduto deve essere decisa con un provvedimento che rivesta la forma della sentenza, secondo quanto testualmente previsto dall'art. 9, comma 5, della legge 1 dicembre 1970, n. 898 (come sostituito dall'art. 13 della legge 6 marzo 1987, n. 74), sicché tale provvedimento deve presentare comunque (a prescindere dalla forma contenziosa o camerale del procedimento), i requisiti formali essenziali della sentenza, tra cui la sottoscrizione a mente dell'art. 132 comma 2 c.p.c. Ne consegue che il provvedimento, ove sia stato erroneamente assunto con la forma del decreto ed il presidente del collegio che lo ha pronunciato non ne sia anche l'estensore, deve essere sottoscritto, oltre che dal presidente del collegio, anche dall'estensore, a pena di nullità assoluta ed insanabile, rilevabile di ufficio, anche in sede di legittimità.
Cass. civ. n. 2911/1996
L'impedimento che, ai sensi dell'art. 132 c.p.c., autorizza la sottoscrizione della sentenza da parte del giudice anziano al posto del presidente, deve avere carattere assoluto, quale quello determinato da uno stato fisico o psichico o da una situazione irreparabile, ovvero da una prolungata assenza dal territorio dello Stato, mentre rimangono giuridicamente irrilevanti gli impedimenti determinati da momentanea assenza o da occasionali e transeunti difficoltà, quali il trasferimento ad altra sede giudiziaria.
Cass. civ. n. 6494/1995
L'omessa indicazione, nell'intestazione della sentenza resa da un giudice collegiale e sottoscritta dal presidente e dall'estensore, del terzo giudice partecipante alla deliberazione, ogni qual volta tale partecipazione non sia desumibile, ai sensi dell'art. 132, secondo comma, c.p.c., dalla sentenza medesima, rende la stessa affetta non da un mero errore materiale, emendabile con il procedimento di correzione, ma da nullità assoluta per vizio attinente alla costituzione del giudice, senza che possano rilevare in contrario né la generica menzione dell'ufficio giudiziario collegiale che ha censurato il provvedimento, né le indicazioni ricavabili dal verbale dell'udienza di discussione, che fa fede in ordine alla composizione del collegio stesso nel momento della discussione della causa e non anche in quello, successivo, della sua decisione.
Cass. civ. n. 4564/1995
La nullità insanabile della sentenza collegiale derivante dall'omessa sottoscrizione della stessa da parte di uno dei magistrati tenuti a sottoscriverla ai sensi dell'art. 132 c.p.c. (come modificato dall'art. 6 della L. 8 agosto 1977, n. 532) sussiste — con conseguente rimessione della causa allo stesso giudice che ha emesso la decisione — anche nell'ipotesi in cui la firma di tale magistrato sia stato apposta su ciascun foglio della sentenza ma non in calce alla stessa, atteso che la disposizione di cui all'art. 132 citato, nel prevedere la «sottoscrizione» del giudice, esige che la firma sia apposta in calce al documento, in quanto unicamente in tal modo la firma stessa individua il magistrato quale autore del provvedimento nella sua globalità.
Cass. civ. n. 3268/1995
La sentenza nella cui intestazione risulti il nominativo di un magistrato non tenuto alla sottoscrizione, diverso da quello indicato nel verbale dell'udienza collegiale di discussione, deve presumersi affetta da errore materiale, come tale emendabile con la procedura di correzione di cui agli artt. 287, 288 c.p.c., considerato che detta intestazione è priva di autonoma efficacia probatoria, esaurendosi nella riproduzione dei dati del verbale d'udienza e che, in difetto di elementi contrari, si devono ritenere coincidenti i magistrati indicati da tale verbale come componenti del collegio giudicante con quelli che in concreto hanno partecipato alla deliberazione della sentenza medesima.
Cass. civ. n. 2865/1995
La decisione del giudice di merito, quando si basa solo su prove indirette, deve essere sorretta, perché possa considerarsi soddisfatta l'esigenza di motivazione della sentenza, da un apparato argomentativo logicamente congruo che colleghi, da un lato, la premessa, costituita dall'indizio o dagli indizi, alla conclusione nella quale si sostanzia l'accertamento del fatto o dei fatti costitutivi della fattispecie (c.d. fatti principali) e che dia conto, dall'altro, della valenza sintomatologica degli indizi stessi, in modo da permettere la verifica della congruità logica dei motivi che hanno sostenuto le sue scelte nella valutazione delle contrapposte piste probatorie di cui disponeva. (Nella specie, il giudice di merito aveva tratto la prova della incapacità naturale del testatore da alcuni elementi che indirettamente denunciavano solo una generica riduzione della capacità di intendere e di volere senza analizzare la valenza sintomatologica di questi elementi, in rapporto a quelli di altri elementi di prova contrari, e senza indicare l'ulteriore passaggio logico necessario per la prova della assoluta carenza della coscienza dei propri atti e della capacità di autodeterminarsi, in cui si concreta la incapacità naturale).
Cass. civ. n. 2815/1995
La nullità della sentenza deliberata da giudici diversi da quelli che hanno assistito alla discussione, che è insanabile e rilevabile d'ufficio ai sensi dell'art. 158 c.p.c., può essere dichiarata solo quando vi sia la prova della non partecipazione al collegio deliberante di un giudice che aveva invece assistito alla discussione della causa e tale prova non può evincersi dalla sola omissione, nella intestazione della sentenza, del nominativo del giudice non tenuto alla sottoscrizione, quando esso sia stato invece riportato nel verbale dell'udienza di discussione, sia perché l'intestazione della sentenza non ha una sua autonoma efficacia probatoria riproducendo in effetti i dati del verbale d'udienza, sia perché da quest'ultimo, facente fede fino a querela di falso dei nomi dei giudici componenti il collegio e della riserva espressa degli stessi giudici a fine udienza di prendere la decisione in camera di consiglio, nasce la presunzione della delibera della sentenza da parte degli stessi giudici che avevano partecipato all'udienza collegiale, ulteriormente avvalorata dalla circostanza che, ai sensi dell'art. 276 c.p.c., tra i compiti del presidente del collegio vi è quello di controllare che i giudici presenti nella camera di consiglio siano quelli risultanti dal verbale dell'udienza di discussione. Ne consegue che la omissione nella intestazione della sentenza del nome di un giudice, indicato invece nel verbale anzidetto, si presume determinata da errore materiale emendabile ai sensi degli artt. 287 e 288 c.p.c.
Cass. civ. n. 943/1995
Al difetto del requisito della sottoscrizione del giudice, previsto dal n. 5 dell'art. 132 c.p.c. è equiparata la sottoscrizione illeggibile, allorché nella sentenza non risulti neppure indicato il giudice che l'abbia pronunciata, onde rimanga impedita ogni possibilità di individuazione del decidente stesso.
Cass. civ. n. 913/1995
La mancata indicazione del nome di una parte nell'epigrafe o nel dispositivo della sentenza, ovvero in entrambi, non integra una causa di nullità della sentenza stessa, ma un mero errore materiale emendabile con la procedura prevista dagli artt. 287 e 289 c.p.c., allorché emerga con certezza l'identità della parte medesima e la sua inclusione tra i destinatari della decisione.
Cass. civ. n. 275/1995
L'uso, da parte del giudice di merito, di un modulo predisposto di sentenza non é di per sé idoneo a comportare il difetto o l'insufficienza di motivazione, non essendo questi ravvisabili quando il modulo sia stato utilizzato o adattato in maniera che la motivazione stessa risulti aderente alla concretezza del caso deciso, con gli opportuni specifici riferimenti agli elementi di fatto che lo caratterizzano.
Cass. civ. n. 68/1995
L'omessa indicazione, nella intestazione della sentenza, del nominativo di uno dei giudici che compongono il collegio non è motivo di nullità della stessa allorché risulti (nel caso di specie dal dispositivo d'udienza) che la decisione è stata adottata dall'organo giudicante regolarmente costituito, non essendo la predetta omissione ostativa al raggiungimento dello scopo dell'atto.
Cass. civ. n. 11358/1994
La natura di un provvedimento giudiziale deve essere desunta non dalla forma in cui il provvedimento è stato emanato o dalla qualificazione che gli è stata attribuita dal giudice che lo ha emesso, ma dal suo effettivo contenuto in relazione alle particolari disposizioni che regolano la materia che ne forma oggetto, per cui anche una ordinanza (del giudice dotato di poteri decisori) può assumere la natura di sentenza impugnabile se risolve, con efficacia di giudicato, questioni attinenti ai presupposti, alle condizioni o al merito della controversia.
Cass. civ. n. 12512/1993
La mancanza della data di pubblicazione della sentenza ne comporta l'inesistenza, atteso che la data è elemento essenziale della sentenza, segnando il momento in cui questa acquista il carattere dell'imperatività e dell'immutabilità e viene così a giuridica esistenza.
Cass. civ. n. 6706/1993
Il principio secondo cui la portata precettiva della sentenza va individuata tenendo conto non solo delle statuizioni formali contenute nel dispositivo ma anche delle enunciazioni della motivazione dirette in modo univoco all'attribuzione di un diritto ad una delle parti ed il principio secondo cui la sentenza di appello assorbe e sostituisce quella di primo grado, sicché la portata della pronuncia confermativa va desunta dai limiti fissati dalla nuova motivazione, trovano applicazione solo quando il dispositivo della decisione di merito contenga comunque una pronuncia di accertamento o di condanna e non sono invece estensibili al caso in cui esso non abbia contenuto precettivo ma si limiti al rigetto della domanda o del gravame.
Cass. civ. n. 4025/1992
Il motivo di nullità della sentenza, costituito dal fatto che la decisione risulta pronunciata da un collegio giudicante diverso da quello che ha ritenuto la causa a sentenza, è assimilabile a quello della mancata sottoscrizione della sentenza medesima e, come tale, rientra nella previsione di cui all'art. 161, secondo comma, c.p.c., sottraendosi al principio che traduce i motivi di nullità in motivi di impugnazione, con la conseguenza che tale nullità può essere fatta valere con autonoma actio nullitatis. Tuttavia, qualora si voglia ottenere, oltre la dichiarazione di nullità, anche una nuova pronuncia valida, l'unico mezzo processuale previsto è l'impugnazione, attraverso la quale viene devoluta al giudice del gravame sia la quaestio nullitatis, che la pronuncia di merito.
Cass. civ. n. 448/1991
L'omessa sottoscrizione della sentenza da parte del giudice o, nel caso di sentenza emessa da un giudice collegiale, da parte di uno dei magistrati tenuti a sottoscriverla ai sensi dell'art. 132 c.p.c., nel testo modificato dall'art. 6 della L. 8 agosto 1977, n. 532, determina (nel caso in cui l'impedimento del magistrato non risulti menzionato ai sensi del terzo comma dell'art. 132 citato) la nullità insanabile della sentenza medesima, restando escluse l'applicabilità del procedimento di correzione degli errori materiali e la possibilità di distinguere tra omissione intenzionale ed omissione volontaria, provocata da errore o da dimenticanza. Tale nullità — la quale ricorre anche nel caso in cui, trattandosi di procedimento svoltosi secondo il nuovo rito del lavoro, il dispositivo della sentenza sia stato letto in udienza — è in ogni caso deducibile, ai sensi del secondo comma dell'art. 161 c.p.c., fuori dei limiti e delle regole dei mezzi di impugnazione, sicché non è coperta dal giudicato formale e va rilevata anche d'ufficio, e comporta che, anche in esito al giudizio di cassazione, la causa debba essere rimessa allo stesso giudice che ha emesso la sentenza carente di sottoscrizione (artt. 354, primo comma, 360, n. 4 e 383, ultimo comma, c.p.c.).
Cass. civ. n. 7552/1987
La sottoscrizione della sentenza da parte del presidente del collegio giudicante costituisce un requisito indispensabile dell'atto processuale e può essere sostituita (ex art. 132, terzo comma, c.p.c., come novellato dall'art. 6, L. n. 532 del 1977) dalla sottoscrizione del componente più anziano del collegio solo in caso di morte del presidente o di altro suo impedimento, che deve essere assoluto e definitivo ovvero tale da protrarsi per un periodo di tempo indeterminato e di estesa durata, quale non può essere l'assenza dal servizio del magistrato nel periodo feriale. Consegue che la mancata sottoscrizione del presidente perché in ferie comporta la nullità insanabile della sentenza (ex art. 161, primo comma, c.p.c.); né tale vizio è emendabile con il procedimento di correzione degli errori materiali di cui all'art. 288 c.p.c. (e l'illegittimità dell'eventuale ordinanza con cui sia stata corretta la suddetta mancanza di sottoscrizione è censurabile con ricorso per cassazione).
Cass. civ. n. 521/1985
L'esigenza d'indicare in sentenza le «conclusioni» delle parti (art. 132, n. 3, c.p.c.) deve intendersi riferita — in funzione del principio di cui all'art. 112 dello stesso codice — alle istanze ed eccezioni relative alla materia da decidere con la sentenza (sia pure non definitiva) e non anche alle richieste istruttorie, aventi funzione strumentale rispetto alla decisione.
Cass. civ. n. 2697/1972
La mancanza nella sentenza della espressa menzione di una determinata qualificazione del soggetto processuale — sia esso persona fisica o giuridica — nei cui confronti sia stata pronunciata una condanna, non ha alcuna rilevanza ai fini della identificazione del soggetto stesso nel caso in cui non sorga alcuna questione in ordine alla titolarità passiva del rapporto sostanziale dedotto in giudizio.
Cass. civ. n. 1756/1967
Le pronunce di accertamento giudiziali si distinguono in sentenze dichiarative e sentenze costitutive. Le prime dichiarano la volontà della legge rispetto alla fattispecie concreta con funzione di mero accertamento e, per la loro stessa natura, retroagiscono, nei loro effetti, al momento rispetto al quale è richiesto dalle parti l'accertamento della concreta volontà di legge (data della domanda giudiziale o momento anteriore) ed hanno, quindi, efficacia ex tunc. Le seconde, pur avendo un'identica funzione dichiarativa, mirano allo scopo ulteriore di creare uno status giuridico dapprima inesistente e, pertanto, avendo effetti costitutivi, operano ex nunc, in quanto servono esse stesse come titolo o causa per il sorgere di nuove situazioni giuridiche, che da loro prendono vita, e solo eccezionalmente, per il particolare carattere delle azioni che le determinano (annullamento, risoluzione contrattuale) hanno efficacia ex tunc, come le sentenze dichiarative. La sentenza che pronuncia la cessazione della proroga legale (nella specie, per morte del professionista, conduttore d'immobile adibito a studio legale) ha natura di sentenza dichiarativa, in quanto accerta il sussistere delle condizioni dalle quali la legge fa dipendere il venir meno del diritto alla continuazione del rapporto, senza determinare alcuna nuova situazione, a cui consegua l'effetto suddetto. Peraltro, la cessazione della proroga legale, sebbene determinata dal verificarsi di condizioni stabilite dalla legge, non opera automaticamente, giacché occorre che il locatore se ne avvalga proponendo nei confronti del conduttore la relativa istanza, cosicché la sentenza retroagisce al momento della domanda giudiziale.