Art. 213 – Codice di procedura civile – Richiesta d’informazioni alla pubblica amministrazione
Fuori dei casi previsti negli articoli 210 e 211, il giudice può richiedere d'ufficio alla pubblica amministrazione le informazioni scritte relative ad atti e documenti dell'amministrazione stessa, che è necessario acquisire al processo [96 disp. att.].
L'amministrazione entro sessanta giorni dalla comunicazione del provvedimento di cui al primo comma trasmette le informazioni richieste o comunica le ragioni del diniego.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 22674/2024
Ai fini della classificazione catastale delle unità immobiliari, le costruzioni destinate alla ricezione ed all'ospitalità, nell'ambito dell'attività di agriturismo svolta da un'azienda agricola, rivestono il carattere di strumentalità all'attività agricola che giustifica il riconoscimento della ruralità, ai sensi dell'art. 9, comma 3-bis, del d.l. n. 557 del 1993, n. 557, conv., con modif., dalla l. n. 133 del 1994, senza che ad esse possa trovare applicazione l'esclusione di cui alla lett. e) dell'art. 9, comma 3, dello stesso decreto, operante per le sole costruzioni rurali destinate ad abitazione, anche con riguardo alla classificazione catastale nelle categorie A/1 e A/8, che, pertanto, non è ostativa al riconoscimento della ruralità.
Cass. civ. n. 20862/2024
In tema di liquidazione coatta amministrativa, i riparti parziali sono impugnabili facendo applicazione analogica della procedura prevista per il riparto finale, secondo le modalità previste dall'art. 213, comma 3, l.fall., mentre nella liquidazione coatta amministrativa delle assicurazioni i riparti parziali sono impugnabili secondo le modalità previste dagli artt. 98 e 99 l.fall., in ragione del combinato disposto degli artt. 261, comma 3, e 254, comma 2, del d.lgs. n. 209 del 2005.
Cass. civ. n. 8342/2024
Il diritto di prelazione e riscatto agrario, di cui all'art. 8 della l. n. 590 del 1965, spetta anche in relazione al fondo, oggettivamente unitario, parzialmente destinato all'attività di raccolta di legname nella sua porzione boschiva, perché la silvicoltura costituisce una forma di coltivazione da intendersi come cura del bosco, che, se non trattato come bene intangibile, è destinato a produrre frutti e servizi di natura agricola.
Cass. civ. n. 2840/2024
Nel giudizio promosso nei confronti del Ministero della salute per il risarcimento dei danni da emotrasfusioni con sangue infetto, l'indennizzo previsto dall'art. 2, comma 3, della l. n. 210 del 1992 dev'essere scomputato dalle somme liquidabili a titolo risarcitorio per il principio della "compensatio lucri cum damno"; inoltre, la "compensatio" è rilevabile d'ufficio dal giudice il quale, per determinarne l'esatta misura, può avvalersi del proprio potere officioso di sollecitazione presso gli uffici competenti, il cui esercizio, di regola non suscettibile di sindacato di legittimità, non può essere immotivatamente omesso quando la percezione dell'indennizzo è stata ammessa, essendo necessario per verificarne lo specifico ammontare, e per inibire un'ingiustificata locupletazione risultata certa, anche se non nella sua misura. (In applicazione di tale principio la S.C. ha affermato la sindacabilità del mancato esercizio del potere di acquisire informazioni ex art. 213 c.p.c. in un caso in cui l'erogazione dell'indennizzo, ammessa dall'avente diritto senza indicare l'importo riscosso, era stata effettuata non dal predetto Ministero, ignaro perciò dell'esatto ammontare percepito, ma dalla Regione Sicilia).
Cass. civ. n. 32977/2023
In tema di fallimento degli imprenditori agricoli costituiti in forma societaria, l'art.2 del d.lgs. n. 99 del 2004, nel richiedere che i ricavi derivanti dalla locazione o dall'affitto di fabbricati ad uso abitativo o di terreni e relativi fabbricati strumentali all'esercizio dell'attività rurale siano marginali (nell'ordine del 10% dell'ammontare dei ricavi complessivi), rappresenta una norma di carattere meramente fiscale, tesa a definire un regime tributario agevolato anche per l'impresa agricola esercitata in forma collettiva, con la conseguenza che l'individuazione dei requisiti da valutare per accertare la fallibilità o meno di una società agricola va operata in base alle norme del codice civile e della legge fallimentare, non a quelle statali o comunitarie di settore.
Cass. civ. n. 29987/2023
In tema di liquidazione coatta amministrativa, qualora un creditore proponga contestazioni al rendiconto presentato dal commissario liquidatore e alla misura del compenso liquidatogli dall'autorità amministrativa, su istanza di detto creditore medesimo, in quanto parte interessata, il presidente del tribunale deve procedere alla nomina di un curatore speciale in favore della procedura concorsuale, la quale è parte necessaria del procedimento in conflitto d'interessi con il commissario, suo rappresentante sostanziale, con la conseguenza che, in difetto di nomina, gli atti del giudizio sono viziati da nullità insanabile e rilevabile d'ufficio in qualsiasi stato e grado del giudizio ed anche in sede di legittimità, mentre la causa va rimessa al primo giudice, perché provveda all'integrazione del contraddittorio, in applicazione degli artt. 354, comma 1, e 383, comma 3, c.p.c., con la procedura concorsuale in persona di un curatore speciale.
Cass. civ. n. 11583/2023
In tema di imposta di registro, ai fini dell'agevolazione prevista per le società agricole dall'art. 2, commi 1 e 2, d.lgs. n. 99 del 2004, lo svolgimento in in modo esclusivo delle attività elencate nell'art. 2135 c.c. deve essere effettivo e non formale, considerata la "ratio" di tale norma di incentivare le società che realmente svolgono in tal modo tali attività e quelle ad esse connesse; pertanto, il contribuente deve fornire la prova rigorosa della sussistenza delle condizioni previste dall'indicata norma codicistica e, in particolare, di condurre i terreni stessi e che su questi persiste l'utilizzazione agro-silvo-pastorale, non essendo sufficiente la costituzione di una società semplice diretta alla coltivazione del fondo, in quanto è necessario provare l'effettivo esercizio dell'impresa.
Cass. civ. n. 10238/2023
In tema di classamento, l'attribuzione e la conservazione del carattere rurale dei fabbricati diversi da quelli destinati ad abitazione (categoria D/10) non è subordinato alla permanenza di una superficie minima, ma solo alla strumentalità dell'immobile all'esercizio delle attività agricole tipizzate dalla disciplina "ratione temporis" vigente; ne consegue che, in caso di suddivisione e frazionamento del fabbricato rurale, le risultanti porzioni conservano la classificazione in categoria D/10 a prescindere dalle minori dimensioni delle rispettive superfici, ferma restando la compatibilità delle caratteristiche tipologico-funzionali con l'effettiva produzione del fondo al quale le porzioni del fabbricato sono asservite.
Cass. civ. n. 7756/2023
In tema di società di comodo, il provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate n. 87956 del 2012, emesso ai sensi dell'art. 1, comma 128, della l. n. 244 del 2007, con cui le società agricole sono state escluse dalle disposizioni di cui all'art. 30 l. n. 724 del 1994 (cd. disapplicazione automatica), ha efficacia a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di adozione del provvedimento (anno di imposta 2012) senza che lo stesso possa applicarsi retroattivamente.
Cass. civ. n. 4790/2023
L'indagine sulla natura, commerciale o agricola, di un'impresa agrituristica, ai fini della sua assoggettabilità a fallimento, ai sensi dell'art. 1 l.fall., va condotta sulla base di criteri uniformi valevoli per l'intero territorio nazionale, e non già sulla base di criteri valutativi evincibili dalle singole leggi regionali, che possono fungere solo da supporto interpretativo; l'apprezzamento, in concreto, della ricorrenza dei requisiti di connessione tra attività agrituristiche ed attività agricole, nonché della prevalenza di queste ultime rispetto alle prime, va condotto alla luce dell'art. 2135, terzo comma, c.c., integrato dalle previsioni della legge 20 febbraio 2006, n. 96 sulla disciplina dell'agriturismo, tenuto conto che quest'ultima costituisce un'attività para-alberghiera, che non si sostanzia nella mera somministrazione di pasti e bevande, onde la verifica della sua connessione con l'attività agricola non può esaurirsi nell'accertamento dell'utilizzo prevalente di materie prime ottenute dalla coltivazione del fondo e va, piuttosto, compiuta avuto riguardo all'uso, nel suo esercizio, di dotazioni (quali i locali adibiti alla ricezione degli ospiti) e di ulteriori risorse (sia tecniche che umane) dell'azienda, che sono normalmente impiegate nell'attività agricola.
Cass. civ. n. 3647/2023
L'esenzione dal fallimento dell'imprenditore agricolo, che eserciti anche attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli, postula la dimostrazione della sussistenza delle condizioni per ricondurre tale attività nell'ambito di quelle connesse, di cui all'art. 2135, comma 3, c.c. e, in particolare, che essa abbia come oggetto prevalente prodotti propri e non ceduti o coltivati da terzi; l'onere della prova di tali condizioni va posto a carico di chi le invochi, in ossequio all'art. 2697, comma 2, c.c.
Cass. civ. n. 2162/2023
Ai fini della nozione di impresa agricola desumibile dall'art. 2135 c.c., rilevante ai fini dell'esenzione dalla dichiarazione di fallimento, l'attività di produzione di energia mediante l'utilizzo di biomasse può essere inclusa tra le attività connesse ad attività agricola prevalente ex art 1, comma 423, della l. n. 266 del 2005, ove siano rispettati i limiti quantitativi dell'energia prodotta stabiliti dalla legge, dovendo comunque procedersi all'indagine sull'origine delle biomasse e sul rapporto tra produzione agricola e produzione di energia, dovendosi così interpretare il chiaro dato letterale dell'art. 14, comma 13 quater, del d. lgs. n. 99 del 2004, che espressamente si riferisce solo alla produzione delle biomasse e non alla produzione di energia mediante biomasse.
Cass. civ. n. 34158/2019
L'esercizio del potere, previsto dall'art. 213 c.p.c., di richiedere d'ufficio alla P.A. le informazioni relative ad atti e documenti della stessa che sia necessario acquisire al processo, costituisce una facoltà rimessa alla discrezionalità del giudice, il mancato ricorso alla quale non è censurabile in sede di legittimità. (Rigetta, CORTE D'APPELLO TORINO, 03/05/2017).
Cass. civ. n. 20972/2018
L'opponente ad ordinanza-ingiunzione di pagamento di somme a titolo di sanzione amministrativa, il quale ne deduca l'illegittimità per insussistenza della delega di firma in capo al funzionario che, in sostituzione del prefetto o del vice-prefetto vicario, ha emesso il provvedimento, ha l'onere di provare detto fatto negativo; sicché, ove non riesca a procurarsi la pertinente relativa attestazione da parte dell'Amministrazione, il ricorrente è tenuto comunque a sollecitare il giudice ad acquisire informazioni ex art. 213 c.p.c. ovvero ad avvalersi dei poteri istruttori di cui all'art. 23, comma 6, della l. n. 689 del 1981 presso l'Amministrazione medesima, la quale non può esimersi dalla relativa risposta, con l'ulteriore conseguenza che, se l'opponente rimanga del tutto inerte processualmente, la presunzione di legittimità che assiste il provvedimento sanzionatorio non può reputarsi superata. (Rigetta, TRIBUNALE LECCE, 21/01/2015).
Cass. civ. n. 11564/2015
In tema di risarcimento del danno derivante da paventate violazioni agli artt. 2 e seguenti della legge 10 ottobre 1990, n. 287, il giudice non può decidere la causa applicando meccanicamente il principio dell'onere della prova, ma è chiamato a rendere effettiva la tutela dei privati che agiscono in giudizio, tenuto conto dell'asimmetria informativa esistente tra le parti nell'accesso alla prova, sicché, fermo restando l'onere dell'attore di indicare in modo sufficientemente plausibile seri indizi dimostrativi della fattispecie denunciata come idonea ad alterare la libertà di concorrenza e a ledere il suo diritto di godere del beneficio della competizione commerciale, il giudice è tenuto a valorizzare in modo opportuno gli strumenti di indagine e conoscenza che le norme processuali già prevedono, interpretando estensivamente le condizioni stabilite dal codice di procedura civile in tema di esibizione di documenti, richiesta di informazioni e consulenza tecnica d'ufficio, al fine di esercitare, anche officiosamente, quei poteri d'indagine, acquisizione e valutazione di dati e informazioni utili per ricostruire la fattispecie anticoncorrenziale denunciata. (Cassa con rinvio, App. Roma, 08/03/2010).
Cass. civ. n. 1484/2014
L'istanza di esibizione, ex art. 210 cod. proc. civ., si distingue dalla richiesta di informazioni alla P.A., di cui all'art. 213 cod. proc. civ., sia per i presupposti, atteso che solo per la prima è richiesta l'indispensabilità dell'acquisizione del documento e l'iniziativa di parte, sia per la natura, pubblica o privata, del destinatario della richiesta, sia, infine, per l'oggetto in quanto, mentre la richiesta di ordine di esibizione è diretta ad acquisire uno o più specifici documenti, posseduti dall'altra parte o da un terzo, e il cui possesso l'istante dimostri di non essere riuscito diversamente ad acquisire, la richiesta ex art. 213 cod. proc. civ. ha per oggetto informazioni scritte relative ad atti e documenti propri della P.A. e, dunque, istituzionalmente in possesso di quest'ultima. Ne consegue che, ove la richiesta ex art. 210 cod. proc. civ. sia stata presentata solo in appello, la parte è tenuta a provare di non aver potuto produrre nel giudizio di primo grado, per causa ad essa non imputabile, i documenti oggetto della richiesta di esibizione, non essendo ammissibile, attraverso l'ordine ex art. 210 cod. proc. civ., superare le preclusioni processuali, previste dagli articoli 345 e 437 cod. proc. civ., né aggirare l'onere incombente sulla parte di fornire le prove che essa sia in grado di procurarsi e che non può pretendere di ricercare mediante l'attività del giudice. (Cassa con rinvio, App. Torino, 31/05/2007).
Cass. civ. n. 6101/2013
Il potere di cui all'art. 213 c.p.c., di richiedere d'ufficio alla P.A. le informazioni scritte relative ad atti e documenti della stessa che sia necessario acquisire al processo, non può essere esercitato per acquisire atti o documenti della p.a. che la parte è in condizioni di produrre, come nel caso del verbale di polizia relativo alle modalità di un incidente stradale, che ciascun interessato può direttamente acquisire dai competenti organi, a norma dell'art. 11, quarto comma, d.l.vo 30 aprile 1992, n. 285.
Cass. civ. n. 10692/2010
Nel procedimento disciplinare a carico degli avvocati trovano applicazione, quanto alla procedura, le norme particolari che, per ogni singolo istituto, sono dettate dalla legge professionale e, in mancanza, quelle del codice di procedura civile, mentre le norme del codice di procedura penale si applicano soltanto nelle ipotesi in cui la legge professionale faccia espresso rinvio ad esse, ovvero allorché sorga la necessità di applicare istituti che hanno il loro regolamento esclusivamente nel codice di procedura penale; pertanto, nulla disponendo la legge professionale in ordine alla richiesta di informazioni da parte del giudice disciplinare, va applicato l'art. 213 c.p.c., ai sensi del quale le informazioni scritte e i documenti necessari al processo possono essere richiesti d'ufficio dal giudice alla P.A., in essa compresa l'amministrazione della giustizia.
Cass. civ. n. 17692/2009
Le norme dei regolamenti comunali edilizi e i piani regolatori sono, per effetto del richiamo contenuto negli artt. 872, 873 c.c., integrative delle norme del codice civile in materia di distanze tra costruzioni, sicché il giudice deve applicare le richiamate norme locali indipendentemente da ogni attività assertiva o probatoria delle parti, acquisendone conoscenza attraverso la sua scienza personale, la collaborazione delle parti o la richiesta di informazioni ai comuni.
Cass. civ. n. 16713/2003
L'esercizio del potere di cui aIl'art. 213 c.p.c. di richiedere d'ufficio alla pubblica amministrazione le informazioni relative ad atti e documenti della stessa che sia necessario acquisire al processo (nella specie, richiesta di documentazione relativa ai controlli periodici sulla funzionalità del misuratore autovelox utilizzato — dagli organi di polizia stradale — per l'accertamento dell'eccesso di velocità), rientra, al pari del ricorso ai poteri istruttori previsti dall'art. 421 c.p.c., nella discrezionalità del giudice, e non può comunque risolversi nell'esenzione della parte dall'onere probatorio a suo carico. Tale facoltà del giudice ha ad oggetto poteri inquisitori non sostitutivi dell'onere probatorio incombente alla parte, con la conseguenza per cui essi possono essere attivati soltanto quando, in relazione a fatti specifici già allegati, sia necessario acquisire informazioni relative ad atti o documenti della P.A. che la parte sia impossibilitata a fornire e dei quali solo l'amministrazione sia in possesso proprio in relazione all'attività da essa svolta. (Fattispecie in cui la Corte ha respinto il motivo di ricorso del ricorrente poiché la richiesta istruttoria, disattesa dal giudice di merito, non era sorretta da alcuna allegazione idonea a farne presumere la necessità).
Cass. civ. n. 1304/1990
Per le informazioni scritte, che la P.A. fornisce su richiesta del giudice a norma dell'art. 213 c.p.c., l'inserimento nel fascicolo d'ufficio, con la conseguenziale facoltà delle parti di esaminarle, ai sensi degli artt. 96 e 76 disp. att. c.p.c., assicura il principio del contraddittorio, senza che si richieda una comunicazione del cancelliere od un'iniziativa al riguardo delle parti interessate.
Cass. civ. n. 2435/1988
Il potere attribuito al giudice del merito, ai sensi degli artt. 118, 210 e 213 c.p.c., di ordinare, su istanza di parte o d'ufficio, l'acquisizione di prove nel processo, configurando un'eccezione al principio generale dell'incidenza sulle parti dell'onere probatorio stabilito dall'art. 2697 c.c., non può essere esercitato al di fuori delle ipotesi ed oltre i limiti previsti nelle citate disposizioni. Pertanto, poiché la richiesta di informazioni ai sensi dell'art. 213 c.p.c. — ove le parti non possano acquisirle direttamente — riguarda soltanto atti o documenti della P.A. in senso stretto — con esclusione degli enti pubblici economici quali gli istituti di credito — fuori di tale ipotesi l'ordine di esibizione alla parte o ad un terzo può essere emesso dal giudice solo su istanza di parte (actio ad exibendum), nei modi e con i limiti fissati dall'art. 210 citato.
Cass. civ. n. 7803/1986
La richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione (art. 213 c.p.c.) costituisce una facoltà rimessa all'insindacabile discrezionalità del giudice del merito ed è limitata al caso in cui le informazioni richieste riflettano atti e documenti dei quali solo l'amministrazione sia in possesso in relazione all'attività da essa svolta in ordine ai singoli rami e a determinati oggetti.
Cass. civ. n. 1032/1986
Il potere del giudice istruttore di richiedere, ex art. 213 c.p.c., le informazioni scritte relative ad atti e documenti dell'amministrazione, comprende anche quello di acquisire al processo le relazioni orali o scritte di assistenti sociali, già in precedenza svolte nell'esercizio delle loro pubbliche funzioni, quando esse — come nel caso del giudizio di separazione dei coniugi in ordine ai provvedimenti sull'affidamento dei figli minori — si rivelino pertinenti all'oggetto del processo medesimo. Tali relazioni, vagliate dopo essere state oggetto di contraddittorio, hanno valore di prova indiziaria e di consulenza tecnica.
Cass. civ. n. 7000/1983
Il controllo in sede di legittimità dell'esercizio della facoltà del giudice del merito, di richiedere informazioni alla P.A., a norma dell'art. 213 c.p.c., in relazione al limite previsto dalla citata norma, che non consente di delegare alla P.A. attività istruttorie che solo il giudice può compiere con le dovute forme, può essere sollecitato solo con la indicazione della consistenza delle violazioni in cui sarebbe incorso il giudice del merito nel richiedere le informazioni e non anche con la generica enunciazione di principi di diritto.
Cass. civ. n. 5557/1982
La facoltà di richiedere informazioni alla pubblica amministrazione costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice del merito, insindacabile, come tale, in sede di legittimità. Questo potere concerne, in particolare, anche l'individuazione dell'organo della P.A. al quale il giudice medesimo ritiene di indirizzare la richiesta, con la precisazione che l'art. 213 c.p.c., consente di chiedere informazioni scritte solo nel caso in cui queste riguardino propriamente atti e documenti già in possesso dell'amministrazione, non anche nel caso in cui questi costituiscano il risultato di particolari indagini, sia pure rientranti nei poteri istituzionali di vigilanza, giacché in tale caso verrebbe delegata alla P.A. attività istruttoria che solo il giudice può compiere con le debite forme. (Nella specie, la Suprema Corte — alla stregua del principio suesposto — ha ritenuto che la richiesta d'informazioni, in ordine all'individuazione della persona da assumere ai sensi della L. n. 482 del 1968, bene fosse stata rivolta all'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione anziché all'Ispettorato del lavoro, investito di compiti di vigilanza ai sensi dell'art. 28 della stessa legge).
Cass. civ. n. 551/1981
Le informazioni suscettibili di essere richieste alla P.A. ai sensi dell'art. 213 c.p.c. per essere utilizzate come fonte di prova nel giudizio possono concernere anche atti e documenti riferentisi all'attività privatistica dell'amministrazione; ma tali informazioni devono limitarsi alla consistenza effettiva di atti e documenti posti in essere o acquisiti indipendentemente dalla richiesta del giudice, con esclusione di ogni possibilità di giudizi o di indagini ad hoc sui fatti da accertarsi nel processo.
Cass. civ. n. 518/1981
La facoltà del giudice di richiedere le informazioni può essere esercitata qualora il giudice abbia conoscenza del possesso da parte della pubblica amministrazione non soltanto della generica documentazione interessante la controversia, ma di uno specifico e ben individuato documento costituente elemento decisivo ed essenziale ai fini del decidere, la cui produzione in giudizio non sia nella potestà della parte interessata, alla quale quindi non può addebitarsi il mancato assolvimento dell'onere probatorio.
Cass. civ. n. 4722/1980
L'art. 213 c.p.c. che disciplina la richiesta d'informazioni alla pubblica amministrazione si riferisce ad autorità italiane e non anche a quelle estere che non hanno alcun obbligo di rispondere e di fornire le chieste informazioni e la cui eventuale omissione di risposta non è in alcun modo sanzionabile o coercibile.
Cass. civ. n. 3050/1980
La richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione, nell'esercizio del potere conferito al giudice dall'art. 213 c.p.c., non può tradursi in un esonero della parte dall'onere di fornire la prova che essa stessa sia in grado di procurarsi. Pertanto, qualora la produzione delle matrici di assegni bancari non sia idonea a dimostrare, a fronte delle contestazioni della controparte, il pagamento di un determinato debito, a tale carenza probatoria non può sopperirsi sollecitando l'esercizio dell'indicato potere, per acquisire copie degli assegni medesimi, atteso che, anche se la banca trattaria sia un istituto di diritto pubblico, il cliente ha facoltà di conseguire il rilascio di dette copie, in forza del rapporto di conto corrente.
Cass. civ. n. 5927/1978
Il provvedimento con il quale il giudice, nell'esercizio dei poteri conferitigli dall'art. 213 c.p.c., richieda informazioni all'amministrazione, può essere modificato o revocato, anche implicitamente col non darvi corso, pure nel caso in cui sia stato pronunciato sull'accordo delle parti, atteso che il principio dell'immodificabilità ed irrevocabilità delle ordinanze pronunciate sull'accordo dei contendenti, fissato dall'art. 177, terzo comma, n. 1, c.p.c., opera, in materia di prove, con riguardo ai mezzi disponibili dai contendenti stessi, non a quelli che il giudice può disporre d'ufficio.
Cass. civ. n. 2560/1966
Alla disciplina che regola la richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione è riconducibile anche la richiesta di informazioni ad altri enti.