Art. 244 – Codice di procedura civile – Modo di deduzione
La prova per testimoni deve essere dedotta mediante indicazione specifica delle persone da interrogare e dei fatti, formulati in articoli separati, sui quali ciascuna di esse deve essere interrogata.
[La parte contro la quale la prova è proposta, anche quando si oppone all'ammissione, deve indicare a sua volta nella prima risposta le persone che intende fare interrogare e deve dedurre per articoli separati i fatti sui quali debbono essere interrogate].
[Il giudice istruttore, secondo le circostanze, può assegnare un termine perentorio alle parti per formulare o integrare tali indicazioni].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 15270/2024
In tema di valutazione della prova, il contrasto tra le dichiarazioni rese dai testimoni escussi impone al giudice di confrontare le deposizioni raccolte e di apprezzarne la credibilità in base ad elementi soggettivi ed oggettivi, tenendo conto del rapporto di vicinanza alle parti, dell'intrinseca congruenza delle dichiarazioni e della loro convergenza con gli eventuali elementi di prova acquisiti, esponendo poi le ragioni che lo hanno portato a ritenere più attendibile una testimonianza rispetto all'altra o ad escludere la credibilità di entrambe.
Cass. civ. n. 25635/2023
Non è consentito fare ricorso alle presunzioni semplici per desumere, ai sensi dell'art. 2729 c.c., dal fatto noto uno ignoto, quando quest'ultimo ha costituito oggetto di prova diretta, in quanto, da un lato, ciò esclude che il fatto possa considerarsi "ignoto" e, dall'altro, lo stesso contrasto fra le risultanze di una prova diretta e le presunzioni semplici priva queste dei caratteri di gravità e precisione, con la conseguenza che il giudice di merito, il quale intenda basare la ricostruzione del fatto su presunzioni semplici, ha prima l'obbligo di illustrare le ragioni per cui ritiene inattendibili le prove dirette che depongono in senso contrario, non potendosi limitare ad una generica valutazione di maggiore persuasività delle dette presunzioni. (Nella specie, relativa alla responsabilità di un intermediario finanziario ex art. 23, comma 6, TUB, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva rigettato la domanda risarcitoria del cliente, ritenendo di poter trarre la prova presuntiva che egli non avesse fornito specifiche istruzioni volte a indirizzare gli investimenti verso operazioni non rischiose dalla mera circostanza che aveva effettuato ulteriori acquisti di titoli ad alto rischio, in tal modo obliterando le risultanze di segno contrario evincibili dalle prove testimoniali raccolte nel processo).
Cass. civ. n. 23860/2023
– Richiesta di assunzione di prove testimoniali – Omessa indicazione dei nominativi dei testi – Inammissibilità della richiesta di prova – Fondamento – Riferimento implicito agli informatori assunti in sede sommaria – Esclusione. Nel giudizio possessorio - articolato in due fasi, l'una, necessaria, di natura sommaria, e l'altra, eventuale, a cognizione piena, quale prosecuzione della prima ed avente ad oggetto il merito della pretesa possessoria - è inammissibile la richiesta di assunzione di prove testimoniali effettuata nella seconda fase, ove sia stata omessa l'indicazione dei nominativi dei testi, in quanto il giudizio di merito possessorio, quanto ad oggetto ed istruttoria, deve svolgersi con le garanzie e nel rispetto delle norme del processo ordinario di cognizione, tra cui quella di cui all'art. 244 c.p.c., essendo l'indicazione dei testi necessaria per consentire alle parti di eccepire eventuali incapacità a testimoniare e per articolare la prova contraria, dovendo peraltro escludersi che detta indicazione possa essere tratta dal ricorso possessorio, in assenza di esplicito richiamo.
Cass. civ. n. 2980/2023
La motivazione deve ritenersi affetta dal vizio di contraddittorietà insanabile e viola, quindi, il "minimo costituzionale", qualora il giudice di merito rigetti la domanda ritenendola non provata dopo aver respinto una richiesta non inammissibile di prova. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che, dopo avere erroneamente escluso l'esame testimoniale degli autori delle perizie stragiudiziali prodotte, siccome finalizzato a confermarne il contenuto, aveva rigettato la domanda risarcitoria proposta nei confronti di una struttura sanitaria, ritenendola insufficientemente provata).
Cass. civ. n. 2149/2021
In tema di prova testimoniale, l'apprezzamento circa la specificità dei capitoli di prova dedotti dalla parte istante deve essere compiuto dal giudice del merito, con adeguata motivazione, non solo alla stregua della loro formulazione letterale, ma ponendo il loro contenuto in relazione agli altri atti di causa e alle deduzioni delle altre parti. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO MILANO, 17/04/2018).
Cass. civ. n. 9823/2021
Nel rito del lavoro, è corretto l'operato del giudice che, nell'ambito di una controversia promossa per accertare la natura subordinata di un rapporto di lavoro, chieda al testimone di precisare, al di fuori delle circostanze capitolate, se venisse rispettato un orario di lavoro, quali fossero le mansioni svolte dal prestatore nonché in quale posizione materiale la prestazione fosse effettuata, dovendosi ritenere che la possibilità di porre tali domande sia consentita, se non anche imposta, dall'art. 421 c.p.c., e ciò tanto più ove al ricorso siano stati allegati conteggi elaborati sul presupposto dello svolgimento di determinate mansioni e orari e la controparte abbia contestato, oltre alla natura subordinata del rapporto, anche lo svolgimento di un orario a tempo pieno. (Rigetta, CORTE D'APPELLO GENOVA, 26/02/2018).
Cass. civ. n. 22254/2021
L'onere di allegazione concerne unicamente i fatti, non le prove (documentali e non), delle quali basta la specifica indicazione prevista, nel rito speciale, dagli artt. 414 e 416 c.p.c., senza che le parti siano gravate dall'onere ulteriore di spiegarne la rilevanza e idoneità dimostrativa, che invece vanno valutate d'ufficio dal giudice. Pertanto, la specificazione dei fatti oggetto di richiesta di prova testimoniale è soddisfatta quando, sebbene non definiti in tutti i loro minuti dettagli, essi vengono esposti nei loro elementi essenziali per consentire al giudice di controllarne l'influenza e la pertinenza e all'altra parte di chiedere prova contraria, giacché la verifica della specificità e della rilevanza dei capitoli di prova va condotta non soltanto alla stregua della loro letterale formulazione, ma anche in relazione agli altri atti di causa e a tutte le deduzioni delle parti, nonché tenendo conto della facoltà del giudice di domandare ex art. 253, comma 1, c.p.c. chiarimenti e precisazioni ai testi. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 16/05/2014).
Cass. civ. n. 190/2020
L'ammissione della prova testimoniale oltre i limiti di valore stabiliti dall'art. 2721 c.c. costituisce un potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio, o mancato esercizio, è insindacabile in sede di legittimità ove sia correttamente motivato. (Rigetta, CORTE D'APPELLO CATANZARO, 25/02/2014).
Cass. civ. n. 12573/2020
Nel rito del lavoro, qualora nell'atto introduttivo del giudizio la parte abbia richiesto una prova testimoniale, articolando i relativi capitoli senza indicare le generalità dei testi, l'omissione non determina decadenza dalla relativa istanza istruttoria, ma concreta mera irregolarità, che, ai sensi dell'art. 421, comma 1, c.p.c., consente al giudice ad assegnare alla parte un termine perentorio per porre rimedio alla riscontrata irregolarità, nell'esercizio dei poteri officiosi riconosciutigli dalla disposizione citata, in funzione dell'esigenza di contemperamento del principio dispositivo con la ricerca della verità, cui è ispirato il rito del lavoro per il carattere costituzionale delle situazioni soggettive implicate. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO CATANZARO, 12/02/2018).
Cass. civ. n. 1874/2019
L'art. 244 c.p.c., nell'esigere l'indicazione specifica dei fatti sui quali è dedotta la prova testimoniale, pur non imponendo alla parte l'onere di precisare in ogni dettaglio le circostanze articolate nei relativi capitoli, richiede che la specificazione ponga il giudice in grado di stabilire se la prova sia influente e pertinente, consentendo altresì alla controparte di esercitare il diritto alla prova contraria.
Cass. civ. n. 11765/2019
L'esigenza di specificazione dei fatti sui quali i testimoni devono deporre è soddisfatta se, ancorché non precisati in tutti i loro minuti dettagli, tali fatti siano esposti nei loro elementi essenziali, per consentire al giudice di controllarne l'influenza e la pertinenza e mettere in grado la parte, contro la quale essa è diretta, di formulare un'adeguata prova contraria, giacché la verifica della specificità e della rilevanza dei capitoli formulati va condotta non soltanto alla stregua della loro letterale formulazione, ma anche in relazione agli altri atti di causa ed alle deduzioni delle parti, nonché tenendo conto della facoltà di chiedere chiarimenti e precisazioni ai testi da parte del giudice e dei difensori.
Cass. civ. n. 3708/2019
L'inosservanza delle prescrizioni di cui all'art. 244 c.p.c. con riferimento sia alla genericità delle circostanze dedotte nei capitoli di prova sia alla indicazione delle persone indicate come testimoni, determina l'inammissibilità del mezzo istruttorio che, ove erroneamente ammesso ed espletato, non può essere tenuto in considerazione dal giudice.
Cass. civ. n. 24292/2016
Le formalità relative alla deduzione ed all'assunzione della prova testimoniale, in quanto stabilite non per ragioni di ordine pubblico ma per la tutela degli interessi delle parti, danno luogo, per il caso di loro violazione, a nullità relative e, dunque, non rilevabili d'ufficio dal giudice, dovendo essere eccepite nella prima udienza successiva a quella in cui si sono verificate, ove la parte interessata non era presente all'udienza. Nel caso in cui, invece, quest'ultima era presente all'assunzione della prova ed aveva assistito all'atto istruttorio senza formulare opposizione, la nullità, ove esistente, deve considerarsi sanata.
Cass. civ. n. 17322/2015
Il principio di infrazionabilità e contestualità della prova testimoniale, ricavabile dall'art. 244 cod. proc. civ. nel testo vigente prima delle modifiche apportate dalla legge n. 353 del 1990 (applicabile "ratione temporis"), coordinato con la regola sull'ammissione dei nuovi mezzi di prova in appello, comporta l'inammissibilità della prova in secondo grado non solo nel caso in cui essa verta sulle medesime circostanze che hanno già formato oggetto dell'analogo mezzo istruttorio espletato nel grado precedente, ma anche quando, malgrado la diversa formulazione dei capitoli, la stessa sia diretta ad integrare o a confortare le risultanze di quella precedentemente acquisita, riguardando fatti connessi a quelli riferiti dai testi e che ben avrebbero potuto essere accertati nel medesimo contesto.
Cass. civ. n. 24469/2014
La circostanza che il testimone non abbia assistito direttamente ai fatti su cui è chiamato a rispondere non è, di per sé, causa di inammissibilità della prova, dovendosi, diversamente, ritenere inammissibili tutte le deposizioni aventi per oggetto fatti appresi da terzi oppure tramite documenti.
Cass. civ. n. 21395/2014
In tema di prova per testimoni, le nullità previste dall'art. 244 cod. proc. civ. tutelano l'interesse privato delle parti al corretto svolgimento del processo e non già l'ordine pubblico processuale, sicché non possono essere rilevate d'ufficio dal giudice, né dedotte nei successivi gradi di giudizio dalla parte che, anche implicitamente, abbia fatto acquiescenza alla assunzione del mezzo istruttorio.
Cass. civ. n. 26058/2013
La regola di cui all'art. 244 cod. proc. civ., la quale stabilisce che la prova per testimoni deve essere dedotta mediante indicazione specifica delle persone da interrogare (e dei fatti, formulati in articoli separati, sui quali ciascuna deve essere interrogata), va coordinata con il principio della nullità a rilevanza variabile enucleabile dall'art. 156, secondo comma, cod. proc. civ., in base al quale la nullità può essere pronunciata solo quando l'atto manchi dei requisiti di forma-contenuto indispensabili al raggiungimento dello scopo, cosicché, pur dovendo il teste essere indicato in maniera sufficientemente determinata o comunque determinabile, un'imperfetta o incompleta designazione dei relativi elementi identificativi (nella specie, del nome del testimone) è idonea ad arrecare un "vulnus" alla difesa e al contraddittorio solo se provochi in concreto la citazione e l'assunzione di un soggetto realmente diverso da quello previamente indicato, così da spiazzare l'aspettativa della controparte.
Cass. civ. n. 13693/2012
L'affermazione dell'esistenza di un nesso causale tra due fenomeni costituisce sempre il frutto di un'attività di giudizio e valutazione, e non già di semplice percezione di un fatto concreto. Ne consegue che la prova testimoniale non può mai avere ad oggetto l'affermazione o la negazione dell'esistenza del nesso di causalità tra una condotta ed un fatto illecito, ma può solo limitarsi a descrivere i fatti obiettivi, restando poi riservato al giudice stabilire se quei fatti possano essere stati la causa del danno.
Cass. civ. n. 20997/2011
La richiesta di provare per testimoni un fatto esige non solo che questo sia dedotto in un capitolo specifico e determinato, ma anche che sia collocato univocamente nel tempo e nello spazio, al duplice scopo di consentire al giudice la valutazione della concludenza della prova ed alla controparte la preparazione di un'adeguata difesa, sicché è inammissibile il capitolo di prova per testimoni volto a dimostrare il compimento di una dichiarazione ammissiva fatta dal debitore ad un terzo, ai fini dell'interruzione del termine di prescrizione, qualora non sia indicato nel capo di prova il giorno in cui tale dichiarazione sarebbe stata resa.
Cass. civ. n. 12292/2011
Le prove per interrogatorio formale e per testi, secondo quanto richiesto negli artt. 230 e 244 c.p.c. devono essere dedotte per articoli separati e specifici. Ne consegue l'inammissibilità della richiesta di ammissione su tutto il contenuto della comparsa di risposta che non consenta, per la genericità ed indeterminatezza del testo, di individuare capitoli di prova che rispondano ai requisiti richiesti dalle norme processuali citate, né può essere richiesto al giudice di estrapolare egli stesso detti capitoli di prova (tramite una c.d. "lettura estrapolativa" nell'atto di parte), contrastandovi il principio della disponibilità della prova.
Cass. civ. n. 10502/2009
Anche nell'assetto normativo processuale conseguente all'entrata in vigore della legge n. 353 del 1990 (e successive modif.), improntato oltretutto ad un sistema delle preclusioni istruttorie ancor più rigido rispetto al regime processuale precedente, è inammissibile in appello (salvo il ricorso al rimedio della rimessione in termini, previsto dall'art. 184 bis c.p.c., qualora ne sussistano le condizioni), per il principio dell'infrazionabilità e della contestualità che la caratterizzano, la prova testimoniale che, anche in modo indiretto, si appalesi preordinata a contrastare, completare o confortare le risultanze di quella già dedotta ed assunta in primo grado, e cioè a determinare, attraverso nuove modalità e circostanze, ovvero per la connessione delle circostanze già provate con quelle da provare, una diversa valutazione dei fatti che sono stati oggetto dello stesso mezzo istruttorio nelle precedenti fasi del processo.
Cass. civ. n. 9234/2009
Alla luce del principio costituzionale della durata ragionevole del giudizio, il giudice può revocare la prosecuzione di una prova orale quando ritenga superflua l'ulteriore assunzione e sufficienti gli elementi raccolti, non essendo necessaria l'escussione di tutti i testi già ammessi, purché la mancata escussione sia razionale e giustificata e ne venga data adeguata motivazione nella sentenza di merito.
Cass. civ. n. 12419/2008
Qualora il giudice ammetta la prova testimoniale e fissi l'udienza per la relativa assunzione, senza stabilire un termine perentorio per l'indicazione dei testi, deve ritenersi che egli abbia concesso alla parte la possibilità di indicare i testi sino all'inizio della prova avvalendosi implicitamente della facoltà, avente natura meramente discrezionale, di consentire l'indicazione tardiva dei testimoni prevista dall'ultimo comma dell'art. 244 c.p.c., nel testo, applicabile ratione temporis anteriore alla riforma introdotta dalla legge n. 353 del 1990.
Cass. civ. n. 3280/2008
L'indagine del giudice di merito, sui requisiti di specificità e rilevanza dei capitoli formulati dalla parte istante, va condotta non solo alla stregua della loro formulazione letterale, ma anche in correlazione all'adeguatezza fattuale e temporale delle circostanze articolate, con l'avvertenza che la facoltà del giudice di chiedere chiarimenti e precisazioni ex art. 253 c.p.c., di natura esclusivamente integrativa, non può tradursi in un'inammissibile sanatoria della genericità e delle deficienze dell'articolazione probatoria.
Cass. civ. n. 8957/2006
La concessione di un termine per la formulazione delle indicazioni relative ai capitoli di prova testimoniale ed alle persone da interrogare, - costituente tanto in primo che in secondo grado una facoltà meramente discrezionale del giudice non sindacabile in sede di legittimità, prevista dal previgente disposizione di cui all'art. 244, terzo comma, c.p.c. - non è più contemplata nella nuova formulazione della medesima, applicabile ai giudizi introdotti dopo il 30 aprile 1995, non essendo conseguentemente censurabile la pronunzia del giudice di merito che nega il rinvio ad altra udienza per consentire alle parti di ovviare alle deficienze ed alle lacune del mezzo di prova irritualmente articolato, sul presupposto che trattasi di attività non riconducibile alla formulazione di nuovi mezzi di prova che tale differimento viceversa consente.
Cass. civ. n. 9150/2003
L'indicazione dei testimoni può avvenire mediante individuazione indiretta di essi tramite la funzione espletata nell'ufficio o nell'ente di cui fanno parte, a condizione che questa consenta una sicura identificazione della persona che si intende chiamare come testimone, onde consentire all'altra parte, nel rispetto delle regole del contraddittorio, di individuare i testi di cui l'istante intende avvalersi. (Nella specie, parte ricorrente aveva indicato il capo dell'ufficio sanitario delle Ferrovie dello Stato e la S.C, ritenuta sufficiente tale indicazione, ha cassato la sentenza di merito che con motivazione generica aveva escluso la prova per omessa indicazione dei testi).
Cass. civ. n. 194/2002
Le nullità concernenti l'ammissione e l'espletamento della prova testimoniale hanno carattere relativo, derivando dalla violazione di formalità stabilita non per ragioni di ordine pubblico, bensì nell'esclusivo interesse delle parti e, pertanto, non sono rilevabili d'ufficio dal giudice ma, ai sensi dell'art. 157, secondo comma, c.p.c., vanno denunciate dalla parte interessata nella prima istanza o difesa successiva al loro verificarsi. La conseguenza è che dette nullità non possono essere fatte valere in sede di impugnazione, per cui neppure alla parte contumace è conseneito dedurre in tale sede l'inammissibilità della prova testimoniale, una volta che in primo grado la prova sia stata ammessa ed espletata senza opposizione.
Cass. civ. n. 144/2002
Mentre in materia di atti e contratti per i quali sia richiesta ad substantiam la forma scritta, eccettuata l'ipotesi della perdita incolpevole del documento (art. 2724 c.c.), è inammissibile la prova testimoniale della esistenza del negozio e tale inammissibilità può essere dedotta in ogni stato e grado del giudizio ed essere rilevata anche d'ufficio, per quanto riguarda, invece, gli atti e i contratti per i quali la forma scritta sia richiesta soltanto ad probationem (nella specie, transazione), l'inammissibilità della prova testimoniale non attiene all'ordine pubblico, ma alla tutela di interessi privati e quindi non può essere rilevata d'ufficio e deve, invece, essere eccepita dalla parte interessata, entro il termine dell'art. 157, secondo comma, c.p.c., nella prima istanza o difesa successiva al suo configurarsi.
Cass. civ. n. 2446/2000
La specificazione, nei relativi capitoli, dei fatti da provare mediante testi, prevista dall'art. 244 c.p.c., è diretta a soddisfare la duplice esigenza di consentire al giudice di valutare, prima dell'ammissione del mezzo istruttorio, l'influenza dello stesso ai fini della decisione e di consentire alla controparte di predisporre, mediante l'indicazione dei propri testi, l'eventuale dimostrazione della tesi contraria; da ciò deriva che, ai fini dell'ammissibilità è necessario e sufficiente che i fatti indicati nei capitoli siano sintetizzati in maniera da soddisfare le citate esigenze, mentre la precisazione di tutti i dettagli da parte del teste resta riservata alla diligenza del giudice e delle parti durante l'espletamento del mezzo istruttorio.
Cass. civ. n. 12577/1999
Poiché le nullità procedurali di carattere relativo devono essere tempestivamente eccepite dalla parte interessata, ove sia dedotta con il ricorso per cassazione la nullità della assunzione della prova testimoniale per mancata specificazione dei fatti oggetto della prova mediante formulazione di appositi capitoli (art. 244 c.p.c.), il ricorrente, a pena di inammissibilità, deve integrare la critica alla sentenza con l'indicazione dell'atto processuale con il quale fece opposizione all'assunzione della prova e ne dedusse tempestivamente la nullità.
Cass. civ. n. 5525/1999
La circostanza che il giudice abbia preso occasione dalla riapertura del verbale di causa per ammettere le prove ritualmente dedotte in memoria difensiva, non comporta violazione delle regole procedurali in tema di ammissione dei mezzi istruttori, quando nessuna decadenza sia stata dichiarata all'atto della prima chiusura del verbale e pertanto l'ammissione avrebbe potuto aver luogo anche in udienza successiva.
Cass. civ. n. 12687/1998
Le nullità o decadenze determinate dalla violazione delle disposizioni contenute negli artt. 244 e seguenti c.p.c. in materia di deduzione ed assunzione della prova testimoniale, indicazione dei testimoni, incapacità di deporre, hanno natura relativa e sono sanate per acquiescenza, se non eccepite tempestivamente ai sensi dell'art. 157 c.p.c., perché stabilite dalla legge a tutela degli interessi delle parti e non per motivi di ordine pubblico.
Cass. civ. n. 11457/1998
Il datore di lavoro non può fornire per testimoni la prova della rispondenza dei criteri di scelta dei dipendenti da porre in cassa integrazione alle esigenze tecnico-produttive dell'azienda limitandosi ad articolare la prova stessa unicamente sulla suddetta rispondenza senza alcuna precisazione dei criteri concretamente adottati perché in tal modo la prova testimoniale non è dedotta su un fatto ma su un giudizio. (In base al suddetto principio la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto inammissibile la prova per testi articolata sulla esclusiva, generica circostanza: «che i lavoratori erano stati posti in Cigs tenendo presenti le esigenze tecnico-produttive»).
Cass. civ. n. 6432/1998
I vizi attinenti alla deduzione, alla tempestività, alla ammissione e all'assunzione della prova testimoniale, in quanto concernenti materia affidata alla disponibilità delle parti, sono relativi e quindi sanabili per acquiescenza della parte a vantaggio della quale la stessa si sia svolta. Pertanto, quando l'atto istruttorio sia stato compiuto senza opposizione di detta parte che ha assistito all'escussione, la nullità, ove esistente, deve considerarsi sanata.