Art. 358 – Codice di procedura civile – Non riproponibilità di appello dichiarato inammissibile o improcedibile
L'appello dichiarato inammissibile [325, 327, 329, 331, 339, 350] o improcedibile [348, 350] non può essere riproposto, anche se non è decorso il termine fissato dalla legge.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 35366/2024
Riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio il dipendente di Poste Italiane s.p.a. addetto alla contabilizzazione degli importi riscossi dai portalettere a titolo di corrispettivo dei servizi di recapito pacchi in contrassegno, stante la natura pubblicistica del servizio postale universale. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto corretta la qualificazione in termini di peculato dell'appropriazione di tali importi da parte dell'addetto).
Cass. civ. n. 27090/2024
Non integra il delitto di peculato l'appropriazione di beni di una società privata che, senza essere partecipata da un ente pubblico e priva dei poteri pubblicistici derivanti da una concessione traslativa, svolga un servizio pubblico in forza di un contratto di appalto, quest'ultimo non imprimendo un vincolo di destinazione pubblicistica sui beni destinati all'espletamento del servizio e, di conseguenza, non comportando l'attribuzione della qualifica di pubblico agente in capo al dipendente che ne disponga. (Fattispecie relativa ad appropriazioni di carburante appartenente ad una società appaltatrice del servizio comunale di raccolta dei rifiuti).
Cass. civ. n. 24731/2024
Il titolare di autoscuola che organizza corsi propedeutici al rilascio della "carta di qualificazione del conducente" non riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio, in quanto per il conseguimento del titolo e il rilascio dell'attestato finale è necessario sostenere un successivo esame presso la Motorizzazione Civile.
Cass. civ. n. 22280/2024
Integra il delitto di peculato la condotta del dipendente di Poste Italiane s.p.a. che si appropri di somme di denaro afferenti al risparmio postale, rivestendo questi la qualifica di incaricato di pubblico servizio, in quanto l'attività di raccolta del risparmio (nella specie, mediante buoni postali fruttiferi) contemplata dall'art. 2, comma 1, lett. b), d.P.R. 14 marzo 2001, n. 144, eseguita per conto di Cassa Depositi e Prestiti s.p.a., ha natura pubblicistica.
Cass. civ. n. 22275/2024
Non riveste la qualifica soggettiva di incaricato di pubblico servizio il dipendente di Poste Italiane s.p.a. addetto allo sportello di cassa che, su incarico del cliente, effettui il pagamento dei tributi tramite modello F24, trattandosi di attività meramente esecutiva che esclude il possesso di specifiche competenze tecniche o informatiche, nonché priva del carattere dell'autonomia e della discrezionalità tipiche delle mansioni di concetto. (In motivazione, la Corte ha precisato che la ricevuta del modello, predisposta dallo strumento telematico, è riconducibile direttamente a Poste Italiane s.p.a. nella sua soggettività giuridica e non al singolo operatore di sportello, quale soggetto che attesta per conto della società).
Cass. civ. n. 15473/2024
In caso di mancato perfezionamento per trasferimento o irreperibilità del destinatario, la notificazione dell'impugnazione o dell'opposizione deve considerarsi meramente tentata e, quindi, omessa, poiché priva di uno degli esiti positivi previsti dall'ordinamento secondo il modello legale del procedimento prescelto, sicché il diritto di impugnazione deve intendersi consumato, salva la possibilità di un suo nuovo esercizio nel rispetto del termine cui esso è soggetto, nonché, ove ne ricorrano le condizioni, di un'impugnazione incidentale tardiva ex art. 334 c.p.c..
Cass. civ. n. 13599/2024
Nei giudizi regolati dal rito del lavoro il potere di proporre impugnazione, salva l'eccezionale ipotesi dell'appello con riserva di motivi prevista dall'art. 433, comma 2, c.p.c., sorge solo dopo che, con il deposito in cancelleria del testo della sentenza, completo di dispositivo e motivazione, sia venuto a compimento il relativo procedimento di formazione, con la conseguenza che è inammissibile il ricorso per cassazione notificato dopo la lettura del dispositivo in udienza e prima del deposito suddetto, ferma restando la possibilità di tempestiva proposizione di un nuovo ricorso successivamente al deposito stesso, non ostandovi il disposto dell'art. 358 c.p.c., a norma del quale soltanto l'intervenuta dichiarazione giudiziale di inammissibilità o improcedibilità del gravame - e non anche la semplice pendenza di una impugnazione in sé inammissibile o improcedibile - vale a precludere la sua valida rinnovazione, sempre che il termine utile non sia ancora decorso. (Principio affermato in relazione ad un giudizio di opposizione a sanzione amministrativa per violazione del Codice della strada).
Cass. civ. n. 28647/2023
Nell'ipotesi di notifica di un secondo atto di appello che faccia seguito al primo non ancora dichiarato inammissibile o improcedibile, l'osservanza del termine breve decorrente da quest'ultimo non ha un effetto di proroga del termine lungo, restando, pertanto, il secondo atto di impugnazione assoggettato al termine (breve o lungo) che per primo viene a scadenza, in quanto la locuzione "indipendentemente dalla notificazione" posta ad apertura dell'art. 327 c.p.c. sta ad attestare che il termine lungo va comunque rispettato, sia stata o meno notificata la sentenza, e che, dunque, la notifica può avere l'effetto di far scattare anche il termine breve e determinare - ove l'impugnazione non lo rispetti - la formazione del giudicato se venuto a scadere prima del termine lungo, ma non anche quello di precludere la formazione del predetto giudicato per effetto della scadenza del termine lungo se - nelle ipotesi predette - maturata anteriormente a quella del termine breve.
Cass. civ. n. 25169/2023
Non è configurabile il delitto di peculato nei confronti del titolare di una ricevitoria del lotto che effettui nel suo locale delle giocate per sé senza versare il corrispettivo dovuto allo Stato, in difetto della natura pubblica del denaro oggetto della pretesa appropriazione. (In motivazione la Corte ha precisato che di tale danaro, non oggetto di riscossione, il ricevitore non acquisisce la disponibilità in ragione del proprio ufficio, né si appropria con interversione del titolo di possesso).
Cass. civ. n. 14214/2018
Nel processo civile, il principio di consumazione dell'impugnazione non esclude che, fino a quando non intervenga una declaratoria di inammissibilità, possa essere proposto un secondo atto di impugnazione, immune dai vizi del precedente e destinato a sostituirlo, purché esso sia tempestivo, requisito per la cui valutazione occorre tener conto, anche in caso di mancata notificazione della sentenza, non del termine annuale, bensì del termine breve, decorrente dalla data di proposizione della prima impugnazione, equivalendo essa alla conoscenza legale della sentenza da parte dell'impugnante. (Nella specie, la S.C., in applicazione del suddetto principio, ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso l'ordinanza ex art. 348 bis c.p.c. emessa dalla Corte d'Appello, siccome proposto oltre sessanta giorni dopo la notificazione di un altro ricorso per cassazione ex art. 348 ter, comma 3, c.p.c., avverso la sentenza di primo grado).
Cass. civ. n. 7344/2012
In conformità ai principi costituzionali del giusto processo, diretti a rimuovere gli ostacoli alla compiuta realizzazione del diritto di difesa, e quindi a ridurre le ipotesi di inammissibilità, escludendola ogniqualvolta non sia comminata espressamente dalla legge, il principio di consumazione dell'impugnazione è da intendere in senso restrittivo, precludendo lo stesso la riproposizione del ricorso dichiarato inammissibile o improcedibile (anche se non è scaduto il termine previsto dalla legge) solo nel caso in cui sia già intervenuta declaratoria da parte della S.C., e non anche nel caso in cui la parte emendi il citato vizio, come avviene nel caso di secondo ricorso proposto, pur con maggior ricchezza di argomentazioni, dalla parte che esplicitamente ha rinunciato al primo.
Cass. civ. n. 15721/2011
Il principio di consumazione dell'impugnazione, secondo un'interpretazione conforme ai principi costituzioni del giusto processo, che sono diretti a rimuovere, anche nel campo dei gravami, gli ostacoli alla compiuta realizzazione del diritto di difesa, rifuggendo formalismi rigoristici, impone di ritenere che, fino a quando non intervenga una declaratoria di improcedibilità, possa essere proposto un secondo atto di appello, sempre che la seconda impugnazione risulti tempestiva e si sia svolto regolare contraddittorio tra le parti.
Cass. civ. n. 1902/2011
a consumazione del potere d'impugnazione, che ai sensi dell'art. 358 c.p.c., consegue alla dichiarazione di inammissibilità od improcedibilità dell'appello, presuppone che l'impugnazione sia stata rivolta contro un provvedimento idoneo a costituire giudicato in senso formale. Ne consegue che, proposto appello avverso un'ordinanza emessa ai sensi dell'art. 186 quater c.p.c. (nel testo anteriore alla modifica apportata dalla legge 28 dicembre 2005, n. 263), e dichiarato tale gravame inammissibile per non avere l'ordinanza acquistato efficacia di sentenza, in assenza di una valida rinuncia alla pronuncia di sentenza proveniente dalla parte intimata, è ammissibile la proposizione di un successivo appello contro la medesima ordinanza, una volta che la parte intimata, nella prosecuzione del giudizio di primo grado, abbia validamente manifestato detta rinuncia nelle forme di rito.
Cass. civ. n. 9265/2010
Il principio di consumazione dell'impugnazione non esclude che, fino a quando non intervenga una declaratoria di inammissibilità, possa essere proposto un secondo atto di appello, immune dai vizi del precedente e destinato a sostituirlo, sempre che la seconda impugnazione risulti tempestiva, dovendo la tempestività valutarsi, anche in caso di mancata notificazione della sentenza, non in relazione al termine annuale, bensì in relazione al termine breve decorrente dalla data di proposizione della prima impugnazione, equivalendo essa alla conoscenza legale della sentenza da parte dell'impugnante.
Cass. civ. n. 9058/2010
Il principio di consumazione dell'impugnazione non esclude che, fino a quando non intervenga una declaratoria di inammissibilità, possa essere proposto un secondo atto di appello, immune dai vizi del precedente e destinato a sostituirlo, sempre che la seconda impugnazione risulti tempestiva; detta tempestività deve valutarsi, anche in caso di mancata notificazione della sentenza, non in relazione al termine annuale, bensì in relazione al termine breve decorrente dalla data di proposizione della prima impugnazione, equivalendo essa alla conoscenza legale della sentenza da parte dell'impugnante.
Cass. civ. n. 13062/2007
Il principio processuale della consumazione dell'impugnazione — in base al quale la parte rimasta in tutto o in parte soccombente esercitando il potere di impugnazione consuma la facoltà di critica della decisione che la pregiudica e non può proporre in prosieguo altri motivi, o ripetere, specificare o precisare quelli già dedotti, sempre che si tratti di due impugnazioni della stessa specie e che al tempo della proposizione della seconda l'inammissibilità della precedente sia stata già dichiarata —, benché previsto dal codice di rito solo con riferimento all'estinzione del procedimento d'appello o di revocazione nei casi previsti dai nn. 4 e 5 dell'art. 395 (art. 338 c.p.c.) e alla declaratoria d'inammissibilità od improcedibilità dell'appello (art. 358 c.p.c.) o del ricorso per cassazione (art. 387 c.p.c.) ha carattere generale, e deve ritenersi applicabile ogniqualvolta il procedimento d'impugnazione non pervenga, quale ne sia il motivo, ad una decisione di merito. Pertanto, il suindicato principio trova applicazione anche in ipotesi di declaratoria di «irricevibilità» prevista nell'ambito del procedimento speciale avanti alla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie di cui al D.P.R. 5 aprile 1950, n. 221, artt. 53 e 54, ultimo comma, per il caso di inosservanza dei termini e dei modi ivi prescritti per la proposizione dell'atto introduttivo del giudizio, e per il mancato rispetto del termine fissato per l'integrazione del contraddittorio, cui non può riconoscersi significato autonomo e distinto dall'inammissibilità o dall'improcedibilità.
Cass. civ. n. 11870/2007
Allorquando il diritto di impugnazione sia stato validamente esercitato, il principio di consumazione dell'impugnazione esclude che possa essere proposto un secondo atto di appello, per motivi diversi da quelli dedotti con il primo gravame, ancorché la seconda impugnazione risulti tempestiva in relazione al termine breve decorrente dalla data di proposizione della prima, essendosi esaurito, con la proposizione del ricorso, il diritto di impugnazione. (Fattispecie relativa a controversia agraria).
Cass. civ. n. 20313/2006
Qualora venga notificato un atto di appello e successivamente l'appellante, ritenendo che la notificazione sia affetta da nullità, provveda spontaneamente alla notificazione di un nuovo atto di appello, nel rispetto del termine di impugnazione (da considerarsi comunque iniziato a decorrere, a carico dello stesso notificante come termine cosiddetto breve, dal momento della prima notificazione), il giudice dell'impugnazione, ove l'appellante (pur avendone l'onere, sia nel caso di insussistenza della nullità del primo appello, sia — in ragione della efficacia ex tunc della rinnovazione — nel caso di nullità) non si sia costituito nei termini in relazione alla prima notificazione, non può dichiarare improcedibile l'appello per difetto di tempestiva costituzione del medesimo, ove l'improcedibilità dell'appello proposto con la prima notificazione non risulti dichiarata al momento della seconda notificazione, trovando viceversa applicazione l'art. 358 c.p.c.
Cass. civ. n. 16162/2002
Stante l'espressa previsione degli artt. 358 e 387 c.p.c., la consumazione del potere di impugnazione presuppone l'esistenza di due impugnazioni della stessa specie nonché, al tempo della proposizione della seconda, una declaratoria di inammissibilità della precedente; pertanto non si ha consumazione del potere di impugnazione quando il suo esercizio sia stato preceduto da una impugnazione di diversa specie.
Cass. civ. n. 1845/1985
La riproposizione del ricorso principale, non ancora dichiarato dal giudice inammissibile o improcedibile, avverso la sentenza che non sia stata mai notificata, è soggetta al termine breve decorrente dalla data della notificazione dell'impugnazione da rinnovare, atteso che tale notificazione equivale, sul piano della «scienza legale» da parte dell'impugnante, alla notificazione della sentenza.
Cass. civ. n. 3132/1984
La disposizione dell'art. 358 c.p.c., che impedisce la riproposizione dell'appello dichiarato inammissibile o improcedibile, non è applicabile nel caso in cui venga dichiarata la nullità del gravame (nella specie, proposto a mezzo di procuratore non esercente nel distretto della corte di appello) atteso che in tal caso il diritto di impugnazione, anziché essersi consumato, deve considerarsi come non esercitato per la nullità del relativo atto, in ordine al quale la pronuncia del giudice ha valore soltanto dichiarativo.