Art. 348 – Codice di procedura civile – Improcedibilità dell’appello
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L'improcedibilità dell'appello è dichiarata con sentenza. Davanti alla corte di appello l'istruttore, se nominato, provvede con ordinanza reclamabile nelle forme e nei termini previsti dal terzo, quarto e quinto comma dell'articolo 178, e il collegio procede ai sensi dell'articolo 308, secondo comma.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 33855/2024
Non integra il reato di esercizio abusivo della professione di avvocato la condotta di colui che provveda, in un'unica occasione, ad autenticare la sottoscrizione della persona offesa apposta in calce alla querela, trattandosi di un atto non esclusivamente riservato a detta professione, purché le modalità non siano tali da rivelare l'esistenza di un'attività organizzata o continuativa.
Cass. civ. n. 21661/2024
L'acquisizione da parte della polizia giudiziaria dei codici IMEI di telefoni cellulari presenti in una determinata zona non necessita della preventiva autorizzazione dell'autorità giudiziaria, in quanto, non determinando alcuna intrusione nelle conversazioni in transito sull'apparecchio, ma limitandosi a identificarlo, non è assimilabile a un mezzo di ricerca della prova, atteso che costituisce unicamente il presupposto operativo della successiva attività captativa delle conversazioni. (In motivazione, la Corte ha precisato che su tale principio non ha inciso la sentenza della Corte EDU del 24 aprile 2018 nel caso Benedik c. Slovenia, che ha ritenuto la sussistenza della violazione dell'art. 8 CEDU in un caso di acquisizione, da parte della polizia giudiziaria, dell'indirizzo IP dinamico, per la cui individuazione è necessario esaminare i dati di connessione pertinenti all'abbonato e, quindi, informazioni rientranti nell'ambito della sua vita privata).
Cass. civ. n. 17164/2024
Integrano il delitto di esercizio abusivo della professione medica le condotte consistenti nella diretta rilevazione delle impronte dentarie e nell'ispezione della cavità orale del paziente da parte di un odontotecnico per verificare le condizioni di una protesi o per istallarla, posto che per tale figura professionale l'art. 11, r.d. 31 maggio 1928, n. 1334 preclude qualunque manovra nella bocca del paziente.
Cass. civ. n. 15901/2024
La comunicazione dell'ordinanza dichiarativa dell'inammissibilità dell'appello ai sensi dell'art. 348-bis c.p.c. è idonea a far decorrere il termine di sessanta giorni per la proposizione del ricorso per cassazione, ex art. 348-ter, comma 3, c.p.c. solo quando permetta alla parte destinataria di conoscere la natura del provvedimento adottato, implicante lo speciale regime d'impugnazione previsto. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile, per tardività, il ricorso proposto avverso la sentenza di primo grado cinque mesi dopo la comunicazione dell'ordinanza di inammissibilità dell'appello effettuata a mezzo PEC al difensore).
Cass. civ. n. 9343/2024
La declaratoria di inammissibilità dell'appello per ragioni processuali, adottata con ordinanza richiamante l'art. 348-ter c.p.c., è impugnabile con ricorso ordinario per cassazione, trattandosi, nella sostanza, di una sentenza di carattere processuale che, non contenendo alcun giudizio prognostico negativo circa la fondatezza nel merito del gravame, è pronunciata fuori dei casi normativamente previsti. (In applicazione del principio la S.C., accogliendo il motivo di ricorso con cui era dedotta la sufficiente specificità dell'atto di appello, ha cassato con rinvio l'ordinanza che aveva dichiarato inammissibile, ai sensi dell'art. 342 c.p.c., l'impugnazione avverso la sentenza di primo grado).
Cass. civ. n. 6583/2024
In caso di notificazione dell'appello a mezzo PEC e di costituzione della parte appellante in modalità analogica, l'omesso deposito degli originali o duplicati telematici dell'atto d'impugnazione e della relativa notificazione non determina l'improcedibilità dell'appello, atteso che il destinatario della notifica telematica, venuto in possesso dell'originale dell'atto, è in grado di effettuare direttamente la verifica di conformità, dovendosi privilegiare il principio di "strumentalità delle forme" processuali senza vuoti formalismi, alla luce del rilievo attribuito dagli artt. 6 CEDU, 47 della Carta UE e 111 Cost. all'effettività dei mezzi di azione e difesa in giudizio, configurati come diretti al raggiungimento di una decisione di merito. (Nella specie, la S.C. ha affermato l'insussistenza dei presupposti la declaratoria di improcedibilità dell'appello avendo l'appellante, all'atto della sua costituzione in modalità analogica, depositato le copie analogiche dell'atto di appello con le relate di notifica unitamente all'attestazione della conformità di tali copie agli originali informatici, e la parte appellata espressamente dato atto, nella sua comparsa di costituzione, che l'atto di citazione in appello era stato notificato al suo difensore).
Cass. civ. n. 3595/2024
L'inosservanza da parte del giudice di appello della previsione di cui all'art. 348 ter, comma 1, primo periodo, c.p.c., ratione temporis vigente, la quale gli consente di dichiarare inammissibile l'appello che non abbia ragionevole probabilità di essere accolto soltanto prima di procedere alla trattazione ai sensi dell'art. 350 c.p.c., costituisce un vizio proprio dell'ordinanza di inammissibilità ex art. 348 bis, comma 1, c.p.c. deducibile per cassazione ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost., senza che sia anche necessario valutare se dalla stessa sia derivato un concreto ed effettivo pregiudizio al diritto di difesa delle parti, avendo il giudice di appello, dopo l'inizio della trattazione, perduto il potere di definire anticipatamente il merito della lite mediante l'ordinanza predetta. (Nella specie, la S.C. ha cassato la pronuncia del giudice del gravame il quale, dopo che le parti avevano discusso sulle reciproche richieste istruttorie, aveva dichiarato l'inammissibilità dell'appello ex art. 348 ter c.p.c.).
Cass. civ. n. 3495/2024
In tema di esercizio della professione di esperto contabile, ai fini dell'applicazione dell'art. 2231 c.c. - il quale, in combinato disposto con l'art.1418 c.c., determina la nullità del contratto tra professionista e cliente quando il primo sia privo della prescritta iscrizione all'albo - va affermato che le condotte di tenuta della contabilità aziendale e di redazione delle dichiarazioni fiscali ed effettuazione dei relativi pagamenti integrano, nel vigore della disciplina dettata dal d.lgs. n. 139 del 2005, il reato di esercizio abusivo della suddetta professione, se svolte da persona non iscritta al relativo albo professionale in modo continuativo, organizzato e retribuito, tale da creare, in assenza di indicazioni diverse, l'apparenza della prescritta iscrizione.
Cass. civ. n. 2630/2024
In tema di avviso di accertamento, la denunciata illegittimità o tardività della notifica, non traducendosi in un error in procedendo attesa la natura sostanziale e non processuale dell'atto impositivo, impedisce alla Corte di cassazione di verificarne direttamente, quale giudice del fatto processuale, la data di perfezionamento, trattandosi di accertamento rimesso al giudice di merito che, in presenza di una doppia conforme, non può essere contestato ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., salvo che il ricorrente dimostri che le ragioni di fatto, su cui si fondano la decisione di primo grado e quella di appello, sono diverse.
Cass. civ. n. 47675/2023
Risponde del delitto di esercizio abusivo della professione di avvocato colui che, senza essere iscritto all'albo, ponga in essere un qualunque atto idoneo ad incidere sulla progressione del procedimento, in rappresentanza dell'interessato, a nulla rilevando che l'atto possa essere redatto personalmente da quest'ultimo, mentre esulano dagli atti tipici della professione le attività di consulenza legale, che possono divenire rilevanti solo se svolte in modo continuativo. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la condanna pronunciata in relazione all'atto di pignoramento di un natante redatto e depositato dall'imputato presso l'autorità marittima, finalizzato a dare impulso al fermo del bene, in quanto funzionale alla esecuzione di una procedura di espropriazione già in corso, seguita da un giudice).
Cass. civ. n. 30759/2023
L'ordinanza di inammissibilità dell'appello ex art. 348 ter c.p.c. è ricorribile per cassazione, ex art. 111, comma 7, Cost., limitatamente ai vizi suoi propri costituenti violazioni della legge processuale (quali, ad esempio, l'inosservanza degli artt. 348 bis, comma 2, e 348 ter, commi 1, primo periodo e 2, primo periodo, c.p.c.), purché compatibili con la logica e la struttura del giudizio ad essa sotteso, mentre non sono deducibili né "errores in iudicando" (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.), né vizi di motivazione, salvo il caso (che, però, trascende in violazione della legge processuale) della motivazione mancante sotto l'aspetto materiale e grafico, della motivazione apparente, del contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili, ovvero di motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile. (Nella specie, la S.C., pur rigettandolo, ha affermato l'ammissibilità del motivo di ricorso con cui era stato dedotto il vizio di carenza assoluta della motivazione).
Cass. civ. n. 26934/2023
necessariamente la diversità tra le ragioni di fatto alla base della sentenza di primo grado e quelle della conferma in grado di appello.
Cass. civ. n. 26277/2023
L'ordinanza che dichiara l'inammissibilità dell'appello ai sensi dell'art. 348-bis c.p.c. (nella formulazione previgente alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 149 del 2022) per la mancanza di una ragionevole probabilità di essere accolto, fondata su argomentazioni estranee alla pronuncia di primo grado, non è impugnabile per cassazione né con regolamento di competenza, perché la possibilità che la pronuncia di secondo grado possa basare il giudizio pronostico su ragioni diverse da quelle prese in considerazione dal giudice di primo grado è presupposta dall'art. 348-ter c.p.c., che regolamenta diversamente i casi in cui, con riferimento al giudizio di fatto, tali ragioni siano o meno identiche.
Cass. civ. n. 18951/2023
La norma contenuta nell'art. 348, comma 1, c.p.c. è diretta unicamente a garantire l'interesse dell'appellante ad evitare che sia dichiarata l'improcedibilità del gravame senza che egli sia stato posto in grado di costituirsi e comparire alla udienza successiva a quella disertata, ma non attribuisce allo stesso il diritto di impedire, non comparendo, la decisione del gravame nel merito o anche solo in rito. Pertanto, qualora la causa, nonostante l'assenza dell'appellante, sia stata trattenuta in decisione ed effettivamente decisa, anche se in senso sfavorevole a quest'ultimo, l'appellante medesimo non ha interesse a dolersi della mancata osservanza delle formalità prescritte dall'art. 348 cit., quando tale inosservanza non sia stata seguita dalla dichiarazione di improcedibilità del gravame.
Cass. civ. n. 16929/2023
L'obbligo di redazione degli atti indicati dall'art. 357 cod. proc. pen. - che ricorre sia per le operazioni e gli accertamenti urgenti tipici, svolti dopo l'assunzione da parte del pubblico ministero della direzione delle indagini, sia per quelli atipici, posti in essere dagli organi di polizia giudiziaria al di fuori delle deleghe di indagini da parte dell'autorità giudiziaria, trattandosi di attività che, andando a incidere sulle libertà fondamentali, quali la riservatezza e la tutela dei dati personali, richiedono il necessario vaglio di legittimità - non è previsto a pena di inutilizzabilità, poiché l'attività di documentazione, in assenza di un termine perentorio, può intervenire anche successivamente.
Cass. civ. n. 15311/2023
Nel giudizio di appello, ove l'udienza destinata alla verifica del contraddittorio sia sostituita con la cd. trattazione scritta - che non consente alle parti il deposito di documenti, ma solo di note contenenti istanze e conclusioni - il giudice, in caso di mancata costituzione dell'appellato, non può dichiarare l'improcedibilità del gravame senza prima verificare l'esistenza e la regolarità della notifica, della quale, conseguentemente dovrà formulare richiesta di esibizione, rinviando a tal uopo ad altra udienza, in presenza o, se del caso, in forma sostitutiva scritta.
Cass. civ. n. 13189/2023
L'inammissibilità dell'appello pronunciata in ragione del difetto di specificità dell'impugnazione, ai sensi dell'art. 342 c.p.c., e non sulla base dei presupposti di cui all'art. 348-bis c.p.c. (ossia, in considerazione dell'insussistenza di alcuna ragionevole probabilità di accoglimento dell'impugnazione) non è soggetta ai termini di preclusione imposti dall'art. 348-ter c.p.c., e, pertanto, può essere emessa anche dopo l'udienza di cui all'art. 350 c.p.c..
Cass. civ. n. 12724/2023
Ai fini della decorrenza del termine breve per proporre ricorso per cassazione, ex art. 348-ter, comma 3, c.p.c., avverso il provvedimento di primo grado, integra attività idonea a fornire conoscenza della natura dell'ordinanza di inammissibilità emessa dal giudice d'appello l'invio, da parte della cancelleria, di una comunicazione contenente, in allegato, la suddetta ordinanza in "file" PDF compresso (cd. "zippato").
Cass. civ. n. 9269/2023
Nel caso in cui l'appellante, nel costituirsi in modalità telematica, ometta di depositare i "files" o le copie analogiche idonei a comprovare l'avvenuta notificazione del gravame, quest'ultimo è improcedibile, a meno che alla relativa produzione non provveda l'appellato.
Cass. civ. n. 8951/2023
La costituzione dell'appellante con deposito della copia dell'atto di citazione (cd. velina) in luogo dell'originale non determina l'improcedibilità del gravame ai sensi dell'art. 348, comma 1, c.p.c., ma integra una nullità per inosservanza delle forme indicate dall'art. 165 c.p.c., come tale sanabile anche in virtù dell'operatività del principio del raggiungimento dello scopo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione impugnata - che aveva rigettato l'eccezione di improcedibilità dell'appello, formulata alla seconda udienza, per mancato deposito dell'originale dell'atto di appello notificato - sul rilievo, da un lato, che due appellati si erano comunque costituiti, difendendosi nel merito, e, dall'altro, che gli appellanti avevano provveduto, a detta udienza - nella quale si erano pertanto esaurite le complessive verifiche di cui all'art. 350, comma 3, c.p.c. -, al deposito dell'originale in conformità all'invito, finalizzato alla verifica della regolare notificazione dell'atto alla parte appellata non costituita, formulato dal giudice del gravame nella prima udienza di trattazione.)
Cass. civ. n. 5319/2023
Non integra il reato di esercizio abusivo della professione infermieristica il compimento di attività strumentalmente connesse agli atti tipici della professione, in assenza dei caratteri della continuità e professionalità. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato il sequestro preventivo di una casa di cura per anziani nella quale era stata accertata la predisposizione da parte dell'infermiere, in servizio all'atto del sopralluogo, della somministrazione di farmaci, non richiedente la competenza specifica della abilitazione infermieristica, da parte degli operatori sociosanitari in sua assenza).
Cass. civ. n. 2336/2019
Nel giudizio di appello il mancato deposito del fascicolo da parte dell'appellante ritualmente costituito, nel termine indicato dall'art. 169, comma 2 c. p. c., non consente la dichiarazione di improcedibilità dell'impugnazione.
Cass. civ. n. 24312/2017
Ove il giudice d'appello abbia dichiarato d'ufficio l'improcedibilità del gravame per tardiva costituzione dell’appellante, senza sottoporre preventivamente alle parti detta questione, non sussiste alcuna nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa, trattandosi di decisione fondata su questione di diritto, in relazione alla quale le parti hanno la facoltà “ex ante” di esercitare ampiamente il contraddittorio; e ciò vieppiù ove si consideri che si tratta di questione processuale, in relazione alla quale l’ordinamento prevede un ampio spettro di controllo, sino alla possibilità che l’eventuale “error in procedendo” sia oggetto di ricorso per cassazione ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., nel qual caso la corte di legittimità diviene giudice del fatto processuale.
Cass. civ. n. 8512/2017
In tema di appello, la diserzione bilaterale delle parti ad un'udienza cui segua la comparizione delle stesse a quella successiva, anche al solo fine di rendere dichiarazione di adesione all'astensione collettiva deliberata dagli organismi forensi, non comporta la dichiarazione di improcedibilità del gravame ex art. 348 c.p.c., poiché la comparizione alla seconda udienza manifesta l'intento di interrompere il meccanismo di cui alla detta disposizione normativa.
Cass. civ. n. 3527/2017
La costituzione in giudizio dell'appellante con il deposito della copia dell'atto di citazione in luogo dell'originale determina l'improcedibilità del gravame, ai sensi dell'art. 348, comma 1, c.p.c., ove la velina non contenga alcuna indicazione sull'avvenuta notifica, né la stessa possa trarsi dall'atto prodotto dall'appellato, e l'appellante abbia depositato l'originale dell'atto di citazione notificato oltre l'udienza di comparizione, senza richiedere la rimessione in termini, atteso che, in detta situazione, il giudice, all'udienza ex art. 350 c.p.c., è nell'impossibilità di verificare la tempestiva costituzione in causa dell'appellante.
Cass. civ. n. 16598/2016
La tempestiva costituzione dell'appellante con la copia dell'atto di citazione (cd. velina) in luogo dell'originale non determina l'improcedibilità del gravame ai sensi dell'art. 348, comma 1, c.p.c., ma integra una nullità per inosservanza delle forme indicate dall'art. 165 c.p.c., sanabile, anche su rilievo del giudice, entro l'udienza di comparizione di cui all'art. 350, comma 2, c.p.c. mediante deposito dell'originale da parte dell'appellante, ovvero a seguito di costituzione dell'appellato che non contesti la conformità della copia all'originale (e sempreché dagli atti risulti il momento della notifica ai fini del rispetto del termine ex art. 347 c.p.c.), salva la possibilità per l'appellante di chiedere la remissione in termini ex art. 153 c.p.c. (o 184 bis c.p.c., "ratione temporis" applicabile) per la regolarizzazione della costituzione nulla, dovendosi ritenere, in mancanza, consolidato il vizio ed improcedibile l'appello.
Cass. civ. n. 6861/2014
È valida la costituzione in giudizio dell'appellante effettuata mediante deposito in cancelleria della nota di iscrizione a ruolo e del proprio fascicolo, contenente la copia e non l'originale dell'atto d'impugnazione notificato alla controparte, a condizione che si provveda poi alla produzione dell'originale stesso, trattandosi di mera irregolarità, che non arreca alcuna lesione sostanziale ai diritti di difesa della parte convenuta, ed esula dalle ipotesi di mancata tempestiva costituzione dell'appellante, tassativamente previste dall'art. 348 cod. proc. civ. quali cause di improcedibilità.
Cass. civ. n. 23585/2013
La regola dettata dall'art. 348, primo comma, cod. proc. civ., nel testo sostituito dall'art. 54 della legge 26 novembre 1990, n. 353, secondo cui la mancata costituzione dell'appellante nel termine di cui all'art. 165 del medesimo codice (richiamato dal precedente art. 347), determina automaticamente l'improcedibilità dell'appello, non esclude che - in base ad un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 358 cod. proc. civ. - la parte costituitasi tardivamente possa proporre una seconda impugnazione, purché tempestiva, sempre che non sia già intervenuta una declaratoria di improcedibilità od inammissibilità.
Cass. civ. n. 6654/2013
Ai sensi dell'art. 348, primo comma, c.p.c., nel testo sostituito, con efficacia dal 30 aprile 1995, dall'art. 54 della legge 26 novembre 1990, n. 353, la mancata costituzione in termini dell'appellante determina automaticamente l'improcedibilità dell'appello, a prescindere dalla condotta processuale dell'appellato, e quindi anche se tale parte non si sia costituita nei termini prescritti, senza che possa trovare applicazione il rimedio della riassunzione del processo di cui all'art. 307, primo comma, c.p.c., richiamato dall'art. 171 del medesimo codice. (Nella specie, la S.C., respingendo la proposta impugnazione, ha chiarito che alle appellanti si presentavano tre scelte, tutte corrette: costituirsi in termini rispetto alla [prima] notifica, attendere l'udienza di prima comparizione e, in caso di mancata costituzione dell'appellata, chiedere l'autorizzazione alla rinotifica; provvedere spontaneamente alla rinnovazione della notificazione, costituendosi, però, entro dieci giorni dalla notifica ritenuta invalida; non costituirsi in giudizio e, una volta divenuto l'appello improcedibile giusta l'art. 348 c.p.c., riproporlo "ex novo" avvalendosi di quanto sancito dall'art. 358 di detto codice).
Cass. civ. n. 5651/2012
In tema d'impugnazione avverso la sentenza di primo grado di divorzio, la mancata comparizione, all'udienza fissata, della parte che ha proposto il gravame non è causa di improcedibilità, dal momento che tale ipotesi non è in alcun modo regolata dalla disciplina dei procedimenti in camera di consiglio, ai sensi dell'art. 737 e seguenti cod. proc. civ. A tale mancanza deve porsi rimedio facendo riferimento alle norme generali sull'appello, ed, in particolare, all'art. 348 cod. proc. civ., cui non osta l'esigenza di celerità sottesa alla previsione del rito camerale; tale esigenza non consente peraltro di parificare il procedimento di divorzio a quello di cassazione, nel quale la mancata comparizione non comporta il rinvio della causa ad una nuova udienza.
Cass. civ. n. 238/2010
L'art. 348 c.p.c., nella formulazione introdotta dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, non contempla più la declaratoria di improcedibilità dell'appello in conseguenza della mancata presentazione nella prima udienza del fascicolo di parte e, quindi, della sentenza impugnata, né la possibilità di concedere all'appellante, che non abbia depositato detto fascicolo, una dilazione per giustificati motivi. Ne consegue che la mancanza in atti della sentenza impugnata, ancorché quest'ultima possa risultare indispensabile per ottenere una pronuncia di merito sul gravame, non implica comunque la declaratoria di improcedibilità dell'impugnazione, ma non consente neppure la rimessione della parte in termini per la sua produzione ovvero la rimessione della causa sul ruolo per consentirne l'acquisizione, imponendo, pertanto, al giudice di appello l'emissione di una decisione di merito, ove questa sia possibile sulla base degli atti, ovvero, se il contenuto della sentenza impugnata non sia desumibile in modo inequivoco dall'atto di appello, di una decisione di inammissibilità per carenza degli elementi essenziali di tale atto e, segnatamente, della specificità dei motivi sotto il profilo della loro pertinenza alle "rationes decidendi".
Cass. civ. n. 5125/2007
Le disposizioni di cui all'art. 348 c.p.c., applicabili anche alle controversie soggette al rito del lavoro (in cui la costituzione dell'appellante avviene mediante deposito del ricorso in appello), sono dirette esclusivamente ad evitare che l'appello venga dichiarato improcedibile senza che l'appellante sia posto in grado di comparire all'udienza successiva a quella disertata, ma non attribuiscono all'appellante il diritto di impedire, non comparendo, la decisione del gravame nel merito o anche solo in rito, ma per motivi diversi dalla sua mancata comparizione; pertanto, qualora la causa, nonostante l'assenza dell'appellante, sia stata decisa, anche in senso a lui sfavorevole, lo stesso non ha interesse a dolersi della mancata osservanza delle formalità prescritte dalla suddetta disposizione, quando tale inosservanza non sia stata seguita dalla dichiarazione di improcedibilità del gravame. (Nella specie, la S.C., sulla scorta dell'enunciato principio, ha rigettato il motivo di ricorso con il quale erano state dedotte la mancata costituzione del contraddittorio in appello e la supposta violazione del diritto di difesa dell'appellante che non aveva potuto discutere la causa, confermando la sentenza impugnata con la quale era stata ritenuta la legittimità della discussione della causa in appello, stante l'avvenuta costituzione dell'appellata, malgrado la mancata notificazione nei suoi confronti del ricorso in appello e del pedissequo decreto presidenziale di fissazione della predetta udienza, ed in virtù dell'inidoneità dei motivi posti dal procuratore dell'appellante a fondamento dell'istanza di differimento dell'udienza medesima).
Cass. civ. n. 12636/2004
A seguito dell'entrata a regime dell'art. 89 della legge 26 novembre 1990, n. 353 (confermativa della disciplina già applicabile alle controversie di lavoro alla stregua della legge n. 533 del 1973), che ha abrogato il disposto dell'art. 357 c.p.c. (in base al quale l'ordinanza ex art. 348, secondo comma, c.p.c. era suscettibile di reclamo al Collegio), ogni declaratoria di improcedibilità (o inammissibilità) dell'appello per il suo carattere definitivo e decisorio, pur se assunta in forma di ordinanza, ha natura di sentenza, e, pertanto, deve contenere la pronunzia sulle spese, stante il suo carattere conseguenziale e accessorio rispetto alla definizione del giudizio. Ne consegue che, in mancanza di detta pronunzia, la decisione del giudice del gravame è suscettibile di ricorso per cassazione ex art. 360, n. 3 c.p.c., il cui accoglimento determina il rinvio ad altro giudice di grado pari a quello che ha pronunziato la sentenza cassata, atteso che la condanna alle spese del giudizio a carico della parte soccombente – o la compensazione (totale o parziale) di dette spese – è di esclusiva competenza del giudice di merito.
Cass. civ. n. 3920/2001
Le disposizioni di cui all'art. 348 c.p.c., applicabili nelle controversie soggette al rito del lavoro in cui la costituzione dell'appellato avviene mediante deposito del ricorso, sono dirette esclusivamente ad evitare che l'appello venga dichiarato improcedibile senza che l'appellante sia posto in grado di comparire all'udienza successiva a quella disertata, ma non attribuiscono all'appellante il diritto di impedire, non comparendo, la decisione del gravame nel merito o anche solo in rito, ma per motivi diversi dalla sua mancata comparizione; pertanto, qualora la causa, nonostante l'assenza dell'appellante, sia stata decisa, anche in senso a lui sfavorevole, lo stesso non ha interesse a dolersi della mancata osservanza delle formalità prescritte dalle sopraindicate disposizioni, quando tale inosservanza non sia stata seguita dalla dichiarazione di improcedibilità del gravame (nella specie, l'appello era stato dichiarato inammissibile – senza che il relativo capo fosse impugnato con ricorso per cassazione – perché, avendo la controparte impugnato per prima, non era stato proposto appello incidentale così consumando il diritto di impugnazione).
Cass. civ. n. 50/1992
Il provvedimento d'improcedibilità dell'appello adottato dal giudice istruttore ai sensi dell'art. 348, primo comma, c.p.c., per la mancata comparizione dell'appellante alla «nuova udienza» fissata ai sensi della stessa norma, non può essere rimosso, una volta che sia stato sottoscritto il verbale di causa, per il fatto che l'appellante sia comparso dopo la formale conclusione dell'udienza.
Cass. civ. n. 6914/1982
La norma contenuta nell'art. 348, primo comma, c.p.c., che, in caso di mancata costituzione o di mancata comparizione dell'appellante alla prima udienza, dispone che la causa sia rinviata ad altra udienza con la relativa comunicazione del rinvio all'appellante, è diretta unicamente ad evitare che l'appello sia dichiarato improcedibile senza che l'appellante medesimo sia posto in grado di costituirsi alla successiva udienza. Pertanto, qualora in difetto di costituzione o comparizione dell'appellante e costituitosi, invece, l'appellato, la causa, sulle conclusioni di costui, sia rimessa al collegio e decisa nel merito nella contumacia dell'appellante, quest'ultimo non ha interesse a dolersi della mancata osservanza delle formalità prescritte dalla norma suddetta, non essendo stata tale inosservanza seguita dalla dichiarazione di improcedibilità del gravame.
Cass. civ. n. 2543/1980
La disposizione dell'art. 348, primo comma, c.p.c., che impone di dare avviso del rinvio dell'udienza all'appellante non costituito o non comparso, è fondata unicamente sulla necessità di garantire l'interesse dell'appellante di evitare, con la comparizione nella successiva udienza, la dichiarazione d'improcedibilità del gravame, ma non interferisce sul sistema della conoscenza dei provvedimenti emessi dal giudice istruttore quale disciplinato dall'art. 176, secondo comma, c.p.c., che esclude l'obbligo di comunicare le ordinanze pronunciate in udienza alle parti presenti e a quelle che avrebbero dovuto comparirvi. Di conseguenza, qualora non venga rilevata né dichiarata l'improcedibilità dell'appello, ma questo venga esaminato e deciso nel merito, ancorché sfavorevolmente, l'appellante non ha interesse ad impugnare la sentenza denunciando la violazione della norma su indicata, né – ove si sia in precedenza costituito con l'iscrizione a ruolo della causa – può dedurre alcuna violazione dei propri diritti di difesa, e, in genere, del principio del contraddittorio, per non essere stato avvertito dell'udienza di rinvio, dovendosi egli ritenere legalmente a conoscenza del rinvio disposto dall'istruttore.