Art. 435 – Codice di procedura civile – Decreto del presidente
Il presidente della Corte di appello entro cinque giorni dalla data di deposito del ricorso nomina il giudice relatore e fissa, non oltre sessanta giorni dalla data medesima, l'udienza di discussione dinanzi al collegio.
L'appellante, nei dieci giorni successivi al deposito del decreto, provvede alla notifica del ricorso e del decreto all'appellato.
Tra la data di notificazione all'appellato e quella dell'udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di venticinque giorni.
Nel caso in cui la notificazione prevista dal secondo comma deve effettuarsi all'estero, i termini di cui al primo e al terzo comma sono elevati, rispettivamente, a ottanta e sessanta giorni.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale nei casi di discordanza rispetto al presente.
Massime correlate
Cass. civ. n. 18253/2024
L'istanza ed il pedissequo decreto di anticipazione dell'udienza di discussione ex art. 437 c.p.c.devono essere notificati alla parte non costituita personalmente, poiché la procura conferita per il primo grado non può spiegare effetti ulteriori a quelli previsti dall'art. 330 c.p.c. per la notifica dell'impugnazione, essendo questa l'unica ipotesi di ultrattività prevista dalla citata norma di rito, con la conseguenza che l'omessa o irrituale notifica alla parte non costituita configura una violazione del principio del contraddittorio, da cui deriva la nullità della successiva udienza di discussione e della sentenza resa, che ne comporta l'annullamento con rinvio al giudice d'appello.
Cass. civ. n. 14598/2024
Al fine della tutela degli interessi generali cui è ispirata la l. n. 89 del 2001 è' il momento del deposito del ricorso, nei giudizi che vanno introdotti con tale tipo di atto processuale, quello in cui si considera incardinato il giudizio allo scopo del computo della durata complessiva del processo, da cui detrarre il periodo di durata ragionevole, per desumerne, conseguentemente, quello (eventualmente) irragionevole in funzione del riconoscimento del diritto all'ottenimento dell'equo indennizzo. Ne consegue che il periodo intercorso tra il deposito del ricorso in appello (nella specie in materia previdenziale) e la sua effettiva notifica - la cui dilatazione non sia imputabile alle parti ma alle disfunzioni dell'apparato giudiziario - va in ogni caso computato e non può, quindi, essere detratto ai fini dell'individuazione della durata complessiva del giudizio, non sortendo alcuna rilevanza la scissione degli effetti processuali tra la posizione dell'appellante e quella dell'appellato.
Cass. civ. n. 4902/2024
Nel rito del lavoro, la mancanza del ricorso in appello fra i documenti inviati a mezzo PEC alla parte appellata integra un'ipotesi di nullità sanabile, non già di inesistenza, della notificazione telematica, a condizione che il ricorso sia stato effettivamente depositato nella cancelleria e il messaggio pervenuto al destinatario consenta comunque di comprendere gli estremi essenziali dell'impugnazione (appellante, appellato, pronuncia impugnata).
Cass. civ. n. 3145/2024
Nel rito del lavoro, l'appello, pur tempestivamente proposto nel termine di legge, è improcedibile se è omessa la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza e non è consentita al giudice, in base ad una presunta "interpretazione costituzionalmente orientata", l'assegnazione all'appellante di un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica relativa ad un'altra udienza di discussione, né sull'inerzia della parte può influire, come possibile sanatoria, la precedente esecuzione di una regolare notificazione del provvedimento di fissazione dell'udienza per la decisione sulla richiesta di inibitoria ex art. 283 c.p.c., trattandosi di attività che ha esaurito la propria valenza propulsiva nell'ambito della fase cautelare.
Cass. civ. n. 32502/2023
Nei giudizi di appello soggetti al rito del lavoro, l'omessa notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza, nel caso in cui quest'ultimo non sia stato comunicato all'appellante, non determina l'improcedibilità del gravame, dovendo il giudice fissare una successiva udienza e concedere un nuovo termine per la notifica, sempre che l'appellante medesimo non abbia comunque acquisito conoscenza, attraverso un mezzo idoneo equipollente, della data fissata per la discussione della causa.
Cass. civ. n. 20601/2023
Nel rito del lavoro, qualora l'appellante notifichi il ricorso privo del decreto di fissazione dell'udienza di discussione, il vizio relativo alla "vocatio in ius" è sanato dalla costituzione dell'appellato, che ha diritto alla rimessione in termini per la proposizione dell'appello incidentale dalla quale sia eventualmente decaduto in conseguenza del suddetto vizio.
Cass. civ. n. 15311/2023
Nel giudizio di appello, ove l'udienza destinata alla verifica del contraddittorio sia sostituita con la cd. trattazione scritta - che non consente alle parti il deposito di documenti, ma solo di note contenenti istanze e conclusioni - il giudice, in caso di mancata costituzione dell'appellato, non può dichiarare l'improcedibilità del gravame senza prima verificare l'esistenza e la regolarità della notifica, della quale, conseguentemente dovrà formulare richiesta di esibizione, rinviando a tal uopo ad altra udienza, in presenza o, se del caso, in forma sostitutiva scritta.
Cass. civ. n. 8341/2023
In tema di opposizione a sanzione amministrativa, l'appello avverso la sentenza di primo grado è soggetto al rito del lavoro ai sensi dell'art. 7 del d.lgs. n. 150 del 2011, sicché l'appellante deve notificare, nel termine di 10 giorni dal decreto di fissazione dell'udienza, ricorso e decreto all'appellato, pena l'improcedibilità dell'appello. A tal fine è irrilevante che il decreto di fissazione dell'udienza contenga l'ordine di notifica alla cancelleria.
Cass. civ. n. 7510/2023
in una fattispecie in cui la comunicazione di cancelleria del decreto di fissazione dell'udienza di discussione dell'appello, da notificarsi a pena di decadenza all'appellato unitamente al ricorso, era stato inserito nella cartella "spam" in quanto posta indesiderata).
Cass. civ. n. 26597/2020
Nel rito del lavoro, l'esercizio dei poteri istruttori del giudice, che può essere utilizzato a prescindere dalla maturazione di preclusioni probatorie in capo alle parti, vede quali presupposti la ricorrenza di una "semiplena probatio" e l'individuazione "ex actis" di una pista probatoria che, in appello, ben può essere costituita dalla indicazione di un teste de relato in primo grado, secondo una ipotesi prevista in via generale dall'art. 257, comma 1, c.p.c. che, al ricorrere dei requisiti di cui agli artt. 421 e 437 c.p.c., resta assorbita. (Rigetta, CORTE D'APPELLO CATANZARO, 29/07/2014).
Cass. civ. n. 20995/2019
Nei giudizi di appello soggetti al rito del lavoro, l'omessa notificazione del decreto di anticipazione dell'udienza non determina l'improcedibilità del gravame in caso di tempestiva notificazione del ricorso e dell'originario decreto di fissazione dell'udienza.
Cass. civ. n. 12691/2019
Nel rito del lavoro, all'inosservanza del termine a comparire ex art. 435, comma 3, c.p.c., consegue non già l'improcedibilità dell'appello, bensì la nullità della notificazione suscettibile, perciò, di essere rinnovata, previa fissazione di una successiva udienza e concessione di un nuovo termine per la notifica, sebbene la stessa sia stata eseguita in un termine "ab initio" insufficiente.(Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito che, in presenza di una notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza eseguita appena 14 giorni prima della data fissata per l'udienza di comparizione, aveva dichiarato l'improcedibilità dell'appello, ritenendo ostativo alla concessione di un nuovo termine per la notifica il principio di ragionevole durata del processo ex art. 111 Cost.).
Cass. civ. n. 14839/2018
Nelle controversie di lavoro in grado di appello, la mancata notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza determina l'improcedibilità dell'impugnazione, nel caso in cui l'appellante abbia ricevuto rituale comunicazione della udienza di discussione, fissata ex art. 435 c.p.c., e, partecipando a detta udienza, non adduca alcun giustificato impedimento al fine di essere rimesso in termini ai sensi dell'art. 153 c.p.c.
Cass. civ. n. 22166/2018
Nel rito del lavoro, la violazione del termine non minore di venticinque giorni che, a norma dell'art. 435, comma 3, c.p.c., deve intercorrere tra la data di notifica dell'atto di appello e quella dell'udienza di discussione, non comporta l'improcedibilità dell'impugnazione, bensì la nullità di quest'ultima, sanabile "ex tunc" senza che sia necessario giustificare il ritardo, essendo possibile avvalersi della spontanea costituzione dell'appellato o della rinnovazione disposta dal giudice ex art. 291 c.p.c..
Cass. civ. n. 5853/2017
La notificazione dell'atto di appello eseguita direttamente all'Amministrazione statale - parte del rapporto di lavoro e costituita nel giudizio di primo grado tramite un proprio dipendente ex art. 417 bis c.p.c. - anziché presso l'Avvocatura dello Stato è affetta da nullità, secondo quanto espressamente previsto dall'art. 11 del r.d. n. 1611 del 1933, ed è quindi suscettibile di rinnovazione ex art. 291 c.p.c., se non sanata dalla costituzione della parte intimata.
Cass. civ. n. 1175/2015
Nel caso in cui il ricorrente, nonostante la rituale comunicazione della udienza di discussione, fissata ex art. 435 cod. proc. civ., non provveda a notificare l'atto di appello, né, partecipando a detta udienza, adduca alcun giustificato impedimento al fine di essere rimesso in termini ai sensi dell'art. 153 cod. proc. civ., l'improcedibilità della impugnazione può essere dichiarata d'ufficio ancorché la notifica sia avvenuta per altra successiva udienza, cui la causa - in quella prima udienza - sia stata rinviata dal giudice per l'acquisizione del fascicolo di ufficio di primo grado.
Cass. civ. n. 23426/2013
Nel rito del lavoro, la violazione del termine di dieci giorni entro il quale l'appellante, ai sensi dell'art. 435, secondo comma, cod. proc. civ., deve notificare all'appellato il ricorso, tempestivamente depositato in cancelleria nel termine previsto per l'impugnazione unitamente al decreto di fissazione dell'udienza di discussione, non produce alcuna conseguenza pregiudizievole per la parte, perché non incide su alcun interesse di ordine pubblico processuale o su di un interesse dell'appellato, sempre che sia rispettato il termine che, in forza del medesimo art. 435, terzo e quarto comma, cod. proc. civ., deve intercorrere tra il giorno della notifica e quello dell'udienza di discussione.
Cass. civ. n. 20613/2013
Nel giudizio di appello soggetto al rito del lavoro, il vizio della notificazione omessa o inesistente è assolutamente insanabile e determina la decadenza dell'attività processuale cui l'atto è finalizzato (con conseguente declaratoria in rito di chiusura del processo, attraverso l'improcedibilità), non essendo consentito al giudice di assegnare all'appellante un termine per provvedere alla rinnovazione di un atto mai compiuto o giuridicamente inesistente, senza che sull'inerzia della parte possa avere influenza (ai fini di una possibilità di sanatoria) l'avvenuta precedente regolare notifica del provvedimento di fissazione dell'udienza per la decisione sulla richiesta di inibitoria ex art. 283 c.p.c., trattandosi di attività che ha esaurito la propria valenza propulsiva nell'ambito della diversa fase cautelare.
Cass. civ. n. 18618/2013
Nel rito del lavoro, non può dichiararsi l'improcedibilità dell'appello nel caso in cui il ricorso sia stato tempestivamente depositato, completo in ogni sua parte, nel termine previsto dalla legge, e tuttavia sia stata notificata alla controparte una copia mancante di alcune pagine, nonostante l'attestazione della cancelleria di corrispondenza all'originale, dovendosi in tal caso ordinare la rinnovazione della notifica dell'atto, nell'esercizio di un potere che non si pone contro il principio costituzionale della ragionevole durata del processo dettato dall'art. 111, comma secondo, Cost., il quale va coordinato con il principio del giusto processo sancito dal medesimo articolo, nonché con il diritto di difesa riconosciuto dall'art. 24 della Costituzione, che impongono di considerare ammissibili soluzioni, quali ad esempio la concessione di un nuovo termine, che implichino un allungamento contenuto della durata del singolo processo, ma che evitino interpretazioni formalistiche delle regole di procedura ostative all'esame nel merito dei ricorsi, determinando l'instaurazione di un nuovo processo.
Cass. civ. n. 8125/2013
Nel procedimento di lavoro in grado d'appello, il termine che il giudice, qualora constati la nullità della notifica del ricorso e del decreto di fissazione d'udienza, deve assegnare all'appellante per rinnovare la notifica ha carattere perentorio, sicché, ove esso non sia osservato, l'appello diviene inammissibile, anche se l'appellato, per effetto della rinnovata notifica, si è costituito in giudizio.
Cass. civ. n. 8685/2012
Nel rito del lavoro, il termine di dieci giorni assegnato all'appellante dall'art. 435, comma secondo, c.p.c., per la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza non è perentorio e la sua inosservanza non comporta, perciò, alcuna decadenza, sempre che, come precisato dalla Corte Cost., ord. N. 60 del 2010, resti garantito all'appellato uno "spatium deliberandi" non inferiore a quello legale prima dell'udienza di discussione affinché questi possa approntare le sue difese, e purché non vi sia incidenza alcuna del comportamento della parte, in mancanza di differimento dell'udienza, sulla ragionevole durata del processo. (Nella specie, la S.C. ha fatto applicazione del principio su esteso al caso in cui l'appellante aveva chiesto - dopo oltre un mese dal decreto presidenziale di fissazione dell'udienza - l'anticipazione della stessa, provvedendo a notificare il ricorso ed il nuovo decreto oltre il termine di dieci giorni, computati dal nuovo decreto, ma ben otto mesi prima dell'udienza).
Cass. civ. n. 21978/2010
La mancanza di comunicazione all'appellante dell'avvenuto deposito del decreto di fissazione dell'udienza di discussione, escludendo l'insorgere dell'onere di quest'ultimo di provvedere alla notificazione dell'atto di gravame e del decreto stesso, non è incompatibile con la conservazione dell'effetto preclusivo del giudicato, conseguente al tempestivo deposito del ricorso in appello. Pertanto, quando sopravvenga, a causa di detta mancanza, l'impossibilità di eseguire tale notificazione nel rispetto dei termini di cui ai commi secondo e terzo dell'art. 435 c.p.c., deve essere disposta, di ufficio o ad istanza dell'appellante medesimo, la fissazione di altra udienza di discussione in data idonea a consentire il rispetto di detti termini, potendo, peraltro, il contraddittorio ritenersi validamente costituito anche quando il collegio, senza emettere un formale provvedimento di rinnovo, si sia limitato, all'udienza di discussione originariamente fissata, a disporre il rinvio della medesima e l'appellante, nell'osservanza dei ripetuti termini, abbia notificato alla controparte copia del ricorso in appello e del decreto del presidente del tribunale nonché del verbale della prima udienza nella quale è stato disposto il rinvio.
Cass. civ. n. 8752/2010
Nel rito del lavoro, l'improcedibilità dell' appello per la mancata notifica del ricorso depositato e del decreto di fissazione dell'udienza è rilevabile dal giudice d'ufficio, non essendo la procedibilità del ricorso disponibile dalle parti. Ne consegue che, qualora il giudice di appello non vi abbia provveduto, essa può essere dichiarata in sede di legittimità, a prescindere dalla deduzione del vizio nel giudizio di appello da parte dell'appellato rimasto contumace in tale sede.
Cass. civ. n. 25229/2009
In tema di processo del lavoro, non esistendo in grado di appello una fase istruttoria e non essendovi, quindi, alcun giudice istruttore, ma solo un relatore, non è applicabile il principio dell'immutabilità del giudice sancito dall'art. 174 c.p.c., sicché, con decreto presidenziale emesso ai sensi dell'art. 435 c.p.c., è possibile sostituire un relatore ad un altro fino all'udienza di discussione. Ove, poi, venga designato, quale nuovo relatore, il magistrato che, in primo grado, aveva istituito il processo, senza, tuttavia, pervenire ad una decisione a seguito di trasferimento ad altre funzioni, si deve escludere che il medesimo incorra, per la precedente attività espletata nel medesimo giudizio, in una incompatibilità, dipendendo quest'ultima soltanto dall'assunzione della decisione in tribunale e non dal mero espletamento dell'attività istruttoria.
Cass. civ. n. 4545/2009
Nel rito del lavoro, l'illeggibilità della data dell'udienza di discussione nel decreto di fissazione, emanato dal giudice d'appello ai sensi dell'art. 435 cod. proc. civ., non integra un'ipotesi di nullità del ricorso ove il convenuto possa, con un minimo di diligenza e buon senso, superare l'incertezza così da poter individuare la data esatta di comparizione, e il relativo accertamento costituisce un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato.
Cass. civ. n. 20604/2008
Nel rito del lavoro l'appello, pur tempestivamente proposto nel termine previsto dalla legge, è improcedibile ove la notificazione del ricorso depositato e del decreto di fissazione dell'udienza non sia avvenuta, non essendo consentito - alla stregua di un'interpretazione costituzionalmente orientata imposta dal principio della cosiddetta ragionevole durata del processo ex art. 111, secondo comma, Cost. - al giudice di assegnare, ex art. 421 c.p.c., all'appellante un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica a norma dell'art. 291 c.p.c.
Cass. civ. n. 15382/2004
Va esclusa l'ipotesi di giuridica inesistenza della notificazione dell'atto di appello e del decreto presidenziale di fissazione di udienza — che nel rito speciale del lavoro determina una situazione definitiva di carenza di contraddittorio, tale da impedire la prosecuzione del giudizio e quindi ogni statuizione sulla domanda — nel caso in cui l'atto di appello e il suddetto decreto siano stati notificati solo dopo l'udienza originariamente fissata per la discussione, ma con essi sia stato notificato il verbale dell'udienza contenente il provvedimento di fissazione della nuova udienza di discussione.
Cass. civ. n. 13105/2003
Nelle controversie soggette al rito del lavoro, qualora sia stato proposto validamente appello con il deposito nei termini di legge del ricorso nella cancelleria del giudice ad quem, qualora il giudice d'appello rilevi un vizio della notificazione del ricorso e lo indichi all'appellante, ex art. 421 c.p.c., fissando una nuova udienza di discussione, ma omettendo di indicare il termine perentorio per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione di udienza, il termine per la rinnovazione della notificazione è implicitamente stabilito in misura tale da garantire, con riguardo all'udienza fissata, il rispetto del termine di comparizione. Pertanto, deve ritenersi tempestiva la rinnovazione della notificazione effettuata, pur in mancanza di un termine perentorio, con anticipo superiore al termine a comparire (nel caso di specie, in particolare, con anticipo superiore ai termini per comparire di cui all'art. 435, comma 3, c.p.c.
Cass. civ. n. 14928/2002
Nel rito del lavoro, la norma relativa al decreto presidenziale di fissazione dell'udienza di discussione del giudizio d'appello non prescrive che l'atto debba contenere l'avvertimento al convenuto, previsto per il procedimento innanzi al tribunale dall'art. 163, terzo comma, n. 7 c.p.c., circa le conseguenze di una tardiva costituzione, né tale previsione è desumibile da un principio generale proprio dell'ordinamento processuale, atteso che, oltre alla diversità della forma dell'introduzione del giudizio con ricorso, nel giudizio d'appello, destinato a svolgersi nell'ambito degli accertamenti di fatto già acquisiti in primo grado, non opera lo stesso sistema di preclusioni e decadenze che caratterizza la prima istanza, sicché non si può neppure prospettare un'analoga esigenza di salvaguardia del diritto di difesa.
Cass. civ. n. 6346/2001
Nel rito del lavoro, ove il ricorso in appello sia notificato, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza di discussione del gravame, in forma incompleta e, costituitosi l'appellato al solo fine di eccepire la nullità del ricorso, il giudice abbia assegnato un nuovo termine perentorio per la rinnovazione della notifica, ex art. 291 c.p.c., l'inosservanza di tale termine comporta la cancellazione della causa dal ruolo (con la conseguente estinzione del processo e il passaggio in giudicato della sentenza impugnata), senza necessità di una specifica eccezione della controparte.
Cass. civ. n. 15914/2000
Nel rito del lavoro, l'omessa indicazione — nella copia notificata del ricorso in appello e del pedissequo decreto di fissazione dell'udienza di discussione — del giudice designato come relatore non configura una nullità della vocatio in jus, trattandosi di un'indicazione non essenziale, inidonea a rendere totalmente lacunoso il provvedimento notificato ovvero a determinare una così rilevante difformità fra l'originale del ricorso e del decreto e la copia notificata da rendere inintelligibile il contenuto intrinseco del provvedimento e non individuabile nelle sue forme essenziali l'atto in questione.
Cass. civ. n. 8588/2000
Nel giudizio di appello soggetto al rito del lavoro, la sostituzione, anteriormente all'inizio dell'udienza di discussione, del giudice relatore designato nel decreto del presidente del tribunale, emesso ai sensi dell'art. 435 c.p.c., non viola il principio di immodificabilità del collegio giudicante, operando tale principio solo dal momento in cui ha inizio la discussione della causa; né è configurabile la nullità del giudizio di appello e della relativa sentenza per il fatto che detta sostituzione sia stata disposta senza il rispetto delle condizioni stabilite dall'art. 174, secondo comma, c.p.c., atteso che tale inosservanza costituisce una mera irregolarità di carattere regolamentare ed interno, inidonea ad incidere sulla legittimità della costituzione del giudice.
Cass. civ. n. 14678/1999
Nel rito del lavoro, il principio secondo cui, in caso di morte della parte successivamente al deposito della sentenza di primo grado, l'atto di impugnazione deve essere diretto e notificato nei confronti dei soggetti che siano reali parti di rapporto, attualmente interessate alla controversia, va integrato con il principio secondo cui, in detto rito, l'atto di appello si realizza, quale editio actionis, con il tempestivo deposito del relativo ricorso introduttivo, che impedisce il verificarsi di ogni decadenza dell'impugnazione stessa; ne consegue che, se il decesso si sia verificato dopo il deposito del ricorso e prima della sua notificazione (caso in cui non è configurabile l'ipotesi interruttiva disciplinata dall'art. 328 c.p.c.), e tuttavia la notificazione sia avvenuta presso il procuratore domiciliatario del soggetto deceduto, invece che alle attuali parti del processo, il relativo vizio deve essere segnalato all'appellante (art. 421 c.p.c.) affinché possa procedere ad una corretta notificazione nel termine perentorio a tale scopo assegnatogli. (Nella specie, poiché il giudice di appello non aveva avuto modo di rilevare il vizio, la S.C. ha annullato con rinvio la sentenza conseguentemente pronunciata).
Cass. civ. n. 10728/1998
In tema di appello del nuovo rito del lavoro, il termine previsto dal primo comma dell'art. 435 c.p.c., il quale stabilisce che il presidente del tribunale entro cinque giorni dalla data di deposito del ricorso nomina il giudice relatore e fissa, non oltre sessanta giorni dalla data medesima, l'udienza di discussione davanti al collegio, ha natura meramente sollecitatoria e pertanto il suo mancato rispetto non è causa di nullità; né può da esso presuntivamente dedursi la data di deposito dell'atto d'appello.
Cass. civ. n. 1729/1998
Nel rito del lavoro il termine assegnato dal giudice all'appellante ex art. 435 c.p.c. in relazione all'art. 421 ed all'art. 291 primo comma c.p.c., per il rinnovo della notificazione del ricorso in appello che si presenti inesistente o viziata, ha carattere perentorio, con la conseguenza che l'omesso rinnovo della notificazione comporta in caso di mancata costituzione dell'appellato l'inammissibilità del gravame ed il passaggio in giudicato della sentenza impugnata.
Cass. civ. n. 12548/1997
Nelle controversie soggette al rito del lavoro, solo dalla data dell'avvenuta comunicazione del deposito del decreto presidenziale di fissazione dell'udienza inizia a decorrere il termine per la notifica all'appellato, e tale principio non tollera eccezioni neppure nei casi in cui l'udienza di discussione venga fissata molto tempo dopo la proposizione dell'appello; peraltro, anche nell'ipotesi in cui l'appellante, pur ritualmente avvertito, ometta la notifica del ricorso e del decreto, non si verifica alcuna decadenza dall'impugnazione (perfezionatasi col deposito del ricorso nel termine di legge), dovendo in tal caso il giudice assegnare all'appellante un ulteriore termine (perentorio) per la notifica, previa fissazione di altra udienza.
Cass. civ. n. 521/1997
Il termine di venticinque giorni che nel rito del lavoro deve intercorrere, a norma dell'art. 435, terzo comma, c.p.c., tra la notificazione del ricorso in appello con il decreto di fissazione dell'udienza di discussione e l'udienza stessa è posto nell'interesse dell'appellato e quindi l'appellante, in caso di sua inosservanza, non può far valere la nullità della successiva trattazione. (Nella specie era stata disposta una più ravvicinata comparizione delle parti in connessione con la richiesta da parte dell'appellante di un provvedimento di urgenza ex art. 700 c.p.c. e poi nel giorno fissato si era tenuta una rituale udienza di discussione dell'appello).
Cass. civ. n. 6841/1996
Nelle controversie soggette al rito del lavoro, la proposizione dell'appello si perfeziona, ai sensi dell'art. 435 c.p.c., con il deposito, nei termini previsti dalla legge, del ricorso nella cancelleria del giudice ad quem, che impedisce ogni decadenza dall'impugnazione, con la conseguenza che ogni eventuale vizio o inesistenza — giuridica o di fatto — della notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza di discussione non si comunica all'impugnazione (ormai perfezionatasi), ma impone al giudice che rilevi il vizio di indicarlo all'appellante ex art. 421 primo comma, c.p.c. e di assegnare allo stesso, previa fissazione di un'altra udienza di discussione, un termine — necessariamente perentorio — per provvedere a notificare il ricorso-decreto. (Nella specie la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata — con cui il giudice d'appello aveva deciso nel merito la controversia, pure in presenza di una inesistenza della notificazione della vocatio in ius non sanata dalla costituzione dell'appellato, senza avere disposto la rinnovazione della notificazione dell'atto — e ha previsto che il giudice di rinvio avrebbe curato l'attivazione del contraddittorio sul merito dell'impugnazione).
Cass. civ. n. 3373/1996
Nel procedimento d'appello in materia di lavoro o di previdenza e assistenza obbligatorie, i vizi della vocatio in ius consistenti nell'omissione o nella nullità della notificazione del ricorso, ovvero (come nella specie) nella nullità dipendente dalla concessione all'appellato di un termine a difesa inferiore a quello previsto dall'art. 435, terzo comma, c.p.c., non determinano l'inammissibilità dell'impugnazione, se il deposito del ricorso, integrante l'editio actionis, è avvenuto entro i termini di decadenza stabiliti per l'appello, e neanche comportano l'improcedibilità del gravame, dato che può operare — anche nel caso in cui siano ormai scaduti i termini per l'impugnazione — la sanatoria per effetto della costituzione in giudizio dell'appellato o, in mancanza di questa, della rinnovazione della notificazione entro il termine perentorio che allo scopo deve assegnare il giudice, in applicazione dell'art. 421, ovvero anche di una lettura estensiva dell'art. 291, in caso di assegnazione di un termine a difesa insufficiente. In quest'ultima ipotesi, le indicate modalità di sanatoria con efficacia ex tunc sono giustificate anche dall'applicazione analogica delle disposizioni contenute nel nuovo testo dell'art. 164 c.p.c. (ove la nullità si sia verificata nel tempo successivo all'entrata in vigore delle relative disposizioni della legge n. 353 del 1990), salva la fissazione di una nuova udienza nel rispetto del termine di comparizione, ove la violazione dello stesso sia dedotta dal convenuto in sede di costituzione.