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Articolo 435 Codice di procedura civile — Decreto del presidente

Articolo 435 Codice di procedura civile — Decreto del presidente

Il presidente della Corte di appello entro cinque giorni dalla data di deposito del ricorso nomina il giudice relatore e fissa, non oltre sessanta giorni dalla data medesima, l’udienza di discussione dinanzi al collegio.

L’appellante, nei dieci giorni successivi al deposito del decreto, provvede alla notifica del ricorso e del decreto all’appellato.

Tra la data di notificazione all’appellato e quella dell’udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di venticinque giorni.

Nel caso in cui la notificazione prevista dal secondo comma deve effettuarsi all’estero, i termini di cui al primo e al terzo comma sono elevati, rispettivamente, a ottanta e sessanta giorni.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 14839/2018

Nelle controversie di lavoro in grado di appello, la mancata notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza determina l’improcedibilità dell’impugnazione, nel caso in cui l’appellante abbia ricevuto rituale comunicazione della udienza di discussione, fissata ex art. 435 c.p.c., e, partecipando a detta udienza, non adduca alcun giustificato impedimento al fine di essere rimesso in termini ai sensi dell’art. 153 c.p.c.

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Cass. civ. n. 5853/2017

La notificazione dell’atto di appello eseguita direttamente all’Amministrazione statale – parte del rapporto di lavoro e costituita nel giudizio di primo grado tramite un proprio dipendente ex art. 417 bis c.p.c. – anziché presso l’Avvocatura dello Stato è affetta da nullità, secondo quanto espressamente previsto dall’art. 11 del r.d. n. 1611 del 1933, ed è quindi suscettibile di rinnovazione ex art. 291 c.p.c., se non sanata dalla costituzione della parte intimata.

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Cass. civ. n. 23426/2013

Nel rito del lavoro, la violazione del termine di dieci giorni entro il quale l’appellante, ai sensi dell’art. 435, secondo comma, cod. proc. civ., deve notificare all’appellato il ricorso, tempestivamente depositato in cancelleria nel termine previsto per l’impugnazione unitamente al decreto di fissazione dell’udienza di discussione, non produce alcuna conseguenza pregiudizievole per la parte, perché non incide su alcun interesse di ordine pubblico processuale o su di un interesse dell’appellato, sempre che sia rispettato il termine che, in forza del medesimo art. 435, terzo e quarto comma, cod. proc. civ., deve intercorrere tra il giorno della notifica e quello dell’udienza di discussione.

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Cass. civ. n. 20613/2013

Nel giudizio di appello soggetto al rito del lavoro, il vizio della notificazione omessa o inesistente è assolutamente insanabile e determina la decadenza dell’attività processuale cui l’atto è finalizzato (con conseguente declaratoria in rito di chiusura del processo, attraverso l’improcedibilità), non essendo consentito al giudice di assegnare all’appellante un termine per provvedere alla rinnovazione di un atto mai compiuto o giuridicamente inesistente, senza che sull’inerzia della parte possa avere influenza (ai fini di una possibilità di sanatoria) l’avvenuta precedente regolare notifica del provvedimento di fissazione dell’udienza per la decisione sulla richiesta di inibitoria ex art. 283 c.p.c., trattandosi di attività che ha esaurito la propria valenza propulsiva nell’ambito della diversa fase cautelare.

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Cass. civ. n. 18618/2013

Nel rito del lavoro, non può dichiararsi l’improcedibilità dell’appello nel caso in cui il ricorso sia stato tempestivamente depositato, completo in ogni sua parte, nel termine previsto dalla legge, e tuttavia sia stata notificata alla controparte una copia mancante di alcune pagine, nonostante l’attestazione della cancelleria di corrispondenza all’originale, dovendosi in tal caso ordinare la rinnovazione della notifica dell’atto, nell’esercizio di un potere che non si pone contro il principio costituzionale della ragionevole durata del processo dettato dall’art. 111, comma secondo, Cost., il quale va coordinato con il principio del giusto processo sancito dal medesimo articolo, nonché con il diritto di difesa riconosciuto dall’art. 24 della Costituzione, che impongono di considerare ammissibili soluzioni, quali ad esempio la concessione di un nuovo termine, che implichino un allungamento contenuto della durata del singolo processo, ma che evitino interpretazioni formalistiche delle regole di procedura ostative all’esame nel merito dei ricorsi, determinando l’instaurazione di un nuovo processo.

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Cass. civ. n. 18410/2013

Nel rito del lavoro, la necessità di assicurare un’effettiva tutela del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost., nell’ambito del rispetto dei principi del giusto processo di cui all’art. 111, secondo comma, Cost. e in coerenza con l’art. 6 CEDU, comporta l’attribuzione di una maggiore rilevanza allo scopo del processo – costituito dalla tendente finalizzazione ad una decisione di merito – che non solo impone di discostarsi da interpretazioni suscettibili di ledere il diritto di difesa della parte o, comunque, risultino ispirate ad un eccessivo formalismo, tale da ostacolare il raggiungimento del suddetto scopo, ma conduce a considerare del tutto residuale l’ipotesi di “assoluta mancanza di prove” e si traduce in una maggiore pregnanza del dovere del giudice di pronunciare nel merito della causa sulla base del materiale probatorio ritualmente acquisito con una valutazione non limitata all’esame isolato dei singoli elementi, ma globale nel quadro di una indagine unitaria ed organica.(Nella specie, la corte territoriale aveva rigettato la domanda sulla mera constatazione dell’assenza di prova sul nesso eziologico tra vaccinazione antipolio e insorgenza della malattia, senza in alcun modo attivare, nonostante una situazione di “semiplena probatio” e lo specifico ambito, più volte oggetto di interventi regolatori della Corte costituzionale, i poteri di acquisizione officiosa; la S.C., nel cassare la decisione, ha affermato il principio su esteso).

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Cass. civ. n. 8125/2013

Nel procedimento di lavoro in grado d’appello, il termine che il giudice, qualora constati la nullità della notifica del ricorso e del decreto di fissazione d’udienza, deve assegnare all’appellante per rinnovare la notifica ha carattere perentorio, sicché, ove esso non sia osservato, l’appello diviene inammissibile, anche se l’appellato, per effetto della rinnovata notifica, si è costituito in giudizio.

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Cass. civ. n. 8685/2012

Nel rito del lavoro, il termine di dieci giorni assegnato all’appellante dall’art. 435, comma secondo, c.p.c., per la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza non è perentorio e la sua inosservanza non comporta, perciò, alcuna decadenza, sempre che, come precisato dalla Corte Cost., ord. N. 60 del 2010, resti garantito all’appellato uno “spatium deliberandi” non inferiore a quello legale prima dell’udienza di discussione affinché questi possa approntare le sue difese, e purché non vi sia incidenza alcuna del comportamento della parte, in mancanza di differimento dell’udienza, sulla ragionevole durata del processo. (Nella specie, la S.C. ha fatto applicazione del principio su esteso al caso in cui l’appellante aveva chiesto – dopo oltre un mese dal decreto presidenziale di fissazione dell’udienza – l’anticipazione della stessa, provvedendo a notificare il ricorso ed il nuovo decreto oltre il termine di dieci giorni, computati dal nuovo decreto, ma ben otto mesi prima dell’udienza).

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Cass. civ. n. 21978/2010

La mancanza di comunicazione all’appellante dell’avvenuto deposito del decreto di fissazione dell’udienza di discussione, escludendo l’insorgere dell’onere di quest’ultimo di provvedere alla notificazione dell’atto di gravame e del decreto stesso, non è incompatibile con la conservazione dell’effetto preclusivo del giudicato, conseguente al tempestivo deposito del ricorso in appello. Pertanto, quando sopravvenga, a causa di detta mancanza, l’impossibilità di eseguire tale notificazione nel rispetto dei termini di cui ai commi secondo e terzo dell’art. 435 c.p.c., deve essere disposta, di ufficio o ad istanza dell’appellante medesimo, la fissazione di altra udienza di discussione in data idonea a consentire il rispetto di detti termini, potendo, peraltro, il contraddittorio ritenersi validamente costituito anche quando il collegio, senza emettere un formale provvedimento di rinnovo, si sia limitato, all’udienza di discussione originariamente fissata, a disporre il rinvio della medesima e l’appellante, nell’osservanza dei ripetuti termini, abbia notificato alla controparte copia del ricorso in appello e del decreto del presidente del tribunale nonché del verbale della prima udienza nella quale è stato disposto il rinvio.

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Cass. civ. n. 8752/2010

Nel rito del lavoro, l’improcedibilità dell’ appello per la mancata notifica del ricorso depositato e del decreto di fissazione dell’udienza è rilevabile dal giudice d’ufficio, non essendo la procedibilità del ricorso disponibile dalle parti. Ne consegue che, qualora il giudice di appello non vi abbia provveduto, essa può essere dichiarata in sede di legittimità, a prescindere dalla deduzione del vizio nel giudizio di appello da parte dell’appellato rimasto contumace in tale sede.

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Cass. civ. n. 25229/2009

In tema di processo del lavoro, non esistendo in grado di appello una fase istruttoria e non essendovi, quindi, alcun giudice istruttore, ma solo un relatore, non è applicabile il principio dell’immutabilità del giudice sancito dall’art. 174 c.p.c., sicchè, con decreto presidenziale emesso ai sensi dell’art. 435 c.p.c., è possibile sostituire un relatore ad un altro fino all’udienza di discussione. Ove, poi, venga designato, quale nuovo relatore, il magistrato che, in primo grado, aveva istituito il processo, senza, tuttavia, pervenire ad una decisione a seguito di trasferimento ad altre funzioni, si deve escludere che il medesimo incorra, per la precedente attività espletata nel medesimo giudizio, in una incompatibilità, dipendendo quest’ultima soltanto dall’assunzione della decisione in tribunale e non dal mero espletamento dell’attività istruttoria.

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Cass. civ. n. 4545/2009

Nel rito del lavoro, l’illeggibilità della data dell’udienza di discussione nel decreto di fissazione, emanato dal giudice d’appello ai sensi dell’art. 435 cod. proc. civ., non integra un’ipotesi di nullità del ricorso ove il convenuto possa, con un minimo di diligenza e buon senso, superare l’incertezza così da poter individuare la data esatta di comparizione, e il relativo accertamento costituisce un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, inisindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato.

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Cass. civ. n. 20604/2008

Nel rito del lavoro l’appello, pur tempestivamente proposto nel termine previsto dalla legge, è improcedibile ove la notificazione del ricorso depositato e del decreto di fissazione dell’udienza non sia avvenuta, non essendo consentito – alla stregua di un’interpretazione costituzionalmente orientata imposta dal principio della cosiddetta ragionevole durata del processo ex art. 111, secondo comma, Cost. – al giudice di assegnare, ex art. 421 c.p.c., all’appellante un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica a norma dell’art. 291 c.p.c.

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Cass. civ. n. 15382/2004

Va esclusa l’ipotesi di giuridica inesistenza della notificazione dell’atto di appello e del decreto presidenziale di fissazione di udienza — che nel rito speciale del lavoro determina una situazione definitiva di carenza di contraddittorio, tale da impedire la prosecuzione del giudizio e quindi ogni statuizione sulla domanda — nel caso in cui l’atto di appello e il suddetto decreto siano stati notificati solo dopo l’udienza originariamente fissata per la discussione, ma con essi sia stato notificato il verbale dell’udienza contenente il provvedimento di fissazione della nuova udienza di discussione.

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Cass. civ. n. 13105/2003

Nelle controversie soggette al rito del lavoro, qualora sia stato proposto validamente appello con il deposito nei termini di legge del ricorso nella cancelleria del giudice ad quem, qualora il giudice d’appello rilevi un vizio della notificazione del ricorso e lo indichi all’appellante, ex art. 421 c.p.c., fissando una nuova udienza di discussione, ma omettendo di indicare il termine perentorio per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione di udienza, il termine per la rinnovazione della notificazione è implicitamente stabilito in misura tale da garantire, con riguardo all’udienza fissata, il rispetto del termine di comparizione. Pertanto, deve ritenersi tempestiva la rinnovazione della notificazione effettuata, pur in mancanza di un termine perentorio, con anticipo superiore al termine a comparire (nel caso di specie, in particolare, con anticipo superiore ai termini per comparire di cui all’art. 435, comma 3, c.p.c.

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Cass. civ. n. 14928/2002

Nel rito del lavoro, la norma relativa al decreto presidenziale di fissazione dell’udienza di discussione del giudizio d’appello non prescrive che l’atto debba contenere l’avvertimento al convenuto, previsto per il procedimento innanzi al tribunale dall’art. 163, terzo comma, n. 7 c.p.c., circa le conseguenze di una tardiva costituzione, né tale previsione è desumibile da un principio generale proprio dell’ordinamento processuale, atteso che, oltre alla diversità della forma dell’introduzione del giudizio con ricorso, nel giudizio d’appello, destinato a svolgersi nell’ambito degli accertamenti di fatto già acquisiti in primo grado, non opera lo stesso sistema di preclusioni e decadenze che caratterizza la prima istanza, sicché non si può neppure prospettare un’analoga esigenza di salvaguardia del diritto di difesa.

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Cass. civ. n. 6346/2001

Nel rito del lavoro, ove il ricorso in appello sia notificato, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza di discussione del gravame, in forma incompleta e, costituitosi l’appellato al solo fine di eccepire la nullità del ricorso, il giudice abbia assegnato un nuovo termine perentorio per la rinnovazione della notifica, ex art. 291 c.p.c., l’inosservanza di tale termine comporta la cancellazione della causa dal ruolo (con la conseguente estinzione del processo e il passaggio in giudicato della sentenza impugnata), senza necessità di una specifica eccezione della controparte.

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Cass. civ. n. 15914/2000

Nel rito del lavoro, l’omessa indicazione — nella copia notificata del ricorso in appello e del pedissequo decreto di fissazione dell’udienza di discussione — del giudice designato come relatore non configura una nullità della vocatio in jus, trattandosi di un’indicazione non essenziale, inidonea a rendere totalmente lacunoso il provvedimento notificato ovvero a determinare una così rilevante difformità fra l’originale del ricorso e del decreto e la copia notificata da rendere inintelligibile il contenuto intrinseco del provvedimento e non individuabile nelle sue forme essenziali l’atto in questione.

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Cass. civ. n. 8588/2000

Nel giudizio di appello soggetto al rito del lavoro, la sostituzione, anteriormente all’inizio dell’udienza di discussione, del giudice relatore designato nel decreto del presidente del tribunale, emesso ai sensi dell’art. 435 c.p.c., non viola il principio di immodificabilità del collegio giudicante, operando tale principio solo dal momento in cui ha inizio la discussione della causa; né è configurabile la nullità del giudizio di appello e della relativa sentenza per il fatto che detta sostituzione sia stata disposta senza il rispetto delle condizioni stabilite dall’art. 174, secondo comma, c.p.c., atteso che tale inosservanza costituisce una mera irregolarità di carattere regolamentare ed interno, inidonea ad incidere sulla legittimità della costituzione del giudice.

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Cass. civ. n. 14678/1999

Nel rito del lavoro, il principio secondo cui, in caso di morte della parte successivamente al deposito della sentenza di primo grado, l’atto di impugnazione deve essere diretto e notificato nei confronti dei soggetti che siano reali parti di rapporto, attualmente interessate alla controversia, va integrato con il principio secondo cui, in detto rito, l’atto di appello si realizza, quale editio actionis, con il tempestivo deposito del relativo ricorso introduttivo, che impedisce il verificarsi di ogni decadenza dell’impugnazione stessa; ne consegue che, se il decesso si sia verificato dopo il deposito del ricorso e prima della sua notificazione (caso in cui non è configurabile l’ipotesi interruttiva disciplinata dall’art. 328 c.p.c.), e tuttavia la notificazione sia avvenuta presso il procuratore domiciliatario del soggetto deceduto, invece che alle attuali parti del processo, il relativo vizio deve essere segnalato all’appellante (art. 421 c.p.c.) affinché possa procedere ad una corretta notificazione nel termine perentorio a tale scopo assegnatogli. (Nella specie, poiché il giudice di appello non aveva avuto modo di rilevare il vizio, la S.C. ha annullato con rinvio la sentenza conseguentemente pronunciata).

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Cass. civ. n. 10728/1998

In tema di appello del nuovo rito del lavoro, il termine previsto dal primo comma dell’art. 435 c.p.c., il quale stabilisce che il presidente del tribunale entro cinque giorni dalla data di deposito del ricorso nomina il giudice relatore e fissa, non oltre sessanta giorni dalla data medesima, l’udienza di discussione davanti al collegio, ha natura meramente sollecitatoria e pertanto il suo mancato rispetto non è causa di nullità; né può da esso presuntivamente dedursi la data di deposito dell’atto d’appello.

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Cass. civ. n. 1729/1998

Nel rito del lavoro il termine assegnato dal giudice all’appellante ex art. 435 c.p.c. in relazione all’art. 421 ed all’art. 291 primo comma c.p.c., per il rinnovo della notificazione del ricorso in appello che si presenti inesistente o viziata, ha carattere perentorio, con la conseguenza che l’omesso rinnovo della notificazione comporta in caso di mancata costituzione dell’appellato l’inammissibilità del gravame ed il passaggio in giudicato della sentenza impugnata.

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Cass. civ. n. 12548/1997

Nelle controversie soggette al rito del lavoro, solo dalla data dell’avvenuta comunicazione del deposito del decreto presidenziale di fissazione dell’udienza inizia a decorrere il termine per la notifica all’appellato, e tale principio non tollera eccezioni neppure nei casi in cui l’udienza di discussione venga fissata molto tempo dopo la proposizione dell’appello; peraltro, anche nell’ipotesi in cui l’appellante, pur ritualmente avvertito, ometta la notifica del ricorso e del decreto, non si verifica alcuna decadenza dall’impugnazione (perfezionatasi col deposito del ricorso nel termine di legge), dovendo in tal caso il giudice assegnare all’appellante un ulteriore termine (perentorio) per la notifica, previa fissazione di altra udienza.

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Cass. civ. n. 521/1997

Il termine di venticinque giorni che nel rito del lavoro deve intercorrere, a norma dell’art. 435, terzo comma, c.p.c., tra la notificazione del ricorso in appello con il decreto di fissazione dell’udienza di discussione e l’udienza stessa è posto nell’interesse dell’appellato e quindi l’appellante, in caso di sua inosservanza, non può far valere la nullità della successiva trattazione. (Nella specie era stata disposta una più ravvicinata comparizione delle parti in connessione con la richiesta da parte dell’appellante di un provvedimento di urgenza ex art. 700 c.p.c. e poi nel giorno fissato si era tenuta una rituale udienza di discussione dell’appello).

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Cass. civ. n. 6841/1996

Nelle controversie soggette al rito del lavoro, la proposizione dell’appello si perfeziona, ai sensi dell’art. 435 c.p.c., con il deposito, nei termini previsti dalla legge, del ricorso nella cancelleria del giudice ad quem, che impedisce ogni decadenza dall’impugnazione, con la conseguenza che ogni eventuale vizio o inesistenza — giuridica o di fatto — della notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza di discussione non si comunica all’impugnazione (ormai perfezionatasi), ma impone al giudice che rilevi il vizio di indicarlo all’appellante ex art. 421 primo comma, c.p.c. e di assegnare allo stesso, previa fissazione di un’altra udienza di discussione, un termine — necessariamente perentorio — per provvedere a notificare il ricorso-decreto. (Nella specie la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata — con cui il giudice d’appello aveva deciso nel merito la controversia, pure in presenza di una inesistenza della notificazione della vocatio in ius non sanata dalla costituzione dell’appellato, senza avere disposto la rinnovazione della notificazione dell’atto — e ha previsto che il giudice di rinvio avrebbe curato l’attivazione del contraddittorio sul merito dell’impugnazione).

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Cass. civ. n. 3373/1996

Nel procedimento d’appello in materia di lavoro o di previdenza e assistenza obbligatorie, i vizi della vocatio in ius consistenti nell’omissione o nella nullità della notificazione del ricorso, ovvero (come nella specie) nella nullità dipendente dalla concessione all’appellato di un termine a difesa inferiore a quello previsto dall’art. 435, terzo comma, c.p.c., non determinano l’inammissibilità dell’impugnazione, se il deposito del ricorso, integrante l’editio actionis, è avvenuto entro i termini di decadenza stabiliti per l’appello, e neanche comportano l’improcedibilità del gravame, dato che può operare — anche nel caso in cui siano ormai scaduti i termini per l’impugnazione — la sanatoria per effetto della costituzione in giudizio dell’appellato o, in mancanza di questa, della rinnovazione della notificazione entro il termine perentorio che allo scopo deve assegnare il giudice, in applicazione dell’art. 421, ovvero anche di una lettura estensiva dell’art. 291, in caso di assegnazione di un termine a difesa insufficiente. In quest’ultima ipotesi, le indicate modalità di sanatoria con efficacia ex tunc sono giustificate anche dall’applicazione analogica delle disposizioni contenute nel nuovo testo dell’art. 164 c.p.c. (ove la nullità si sia verificata nel tempo successivo all’entrata in vigore delle relative disposizioni della legge n. 353 del 1990), salva la fissazione di una nuova udienza nel rispetto del termine di comparizione, ove la violazione dello stesso sia dedotta dal convenuto in sede di costituzione.

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Cass. civ. n. 11963/1995

La notificazione è semplicemente nulla e non giuridicamente inesistente quando sia fatta nei confronti del destinatario mediante consegna in luogo diverso da quello stabilito dalla legge, ma che abbia tuttavia qualche nesso o riferimento con il destinatario medesimo. In tal caso, quindi, la notificazione è suscettibile di sanatoria — in difetto di costituzione del convenuto in giudizio — mediante rinnovazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c., che trova applicazione anche nel rito del lavoro e nel relativo giudizio di appello, in cui la notificazione adempie alla sola funzione della vocatio in ius (la proposizione dell’impugnazione avvenendo per effetto del deposito del ricorso). (Nella specie, la S.C. ha annullato la sentenza con cui il giudice di merito aveva ritenuto inesistente la notificazione di un ricorso d’appello in materia previdenziale notificato all’Inps presso il procuratore costituito in primo grado, ma non nel suo domicilio presso l’ufficio legale dell’istituto, ma — in violazione dell’art. 330 c.p.c. — nella sede provinciale dell’ente, nella medesima città).

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Cass. civ. n. 4554/1995

Nel rito del lavoro — nel quale la proposizione dell’appello, come esercizio del potere di impugnazione editio actionis, si perfeziona, a norma dell’art. 434, comma 2, c.p.c., con il tempestivo deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale, mentre la notifica del ricorso medesimo e del decreto di fissazione dell’udienza di discussione costituisce un elemento esterno alla fase introduttiva del giudizio di impugnazione, attraverso il quale si realizza la vocatio in ius dell’appellato — sussiste la nullità della notificazione del ricorso e del pedissequo decreto nel caso in cui lo scopo da essa perseguito (vocatio in ius) non sia stato raggiunto, con conseguente violazione del principio del contraddittorio o del diritto di difesa, il che accade, in particolare, quando il ricorso dell’appellante sia stato notificato in forma non integra, ovvero con brani non leggibili, o quando non leggibile e lacunoso sia il decreto presidenziale ovvero vi siano difformità rilevanti fra l’originale del ricorso e del decreto e la copia notificata, tali comunque da rendere inintelleggibile il contenuto intrinseco del provvedimento e non individuabile nelle sue forme essenziali l’atto da notificare. (Nella specie, la sentenza impugnata aveva ritenuto la ritualità della notificazione in una ipotesi nella quale la copia notificata del ricorso era priva della certificazione dell’avvenuto deposito dell’originale nonché dell’attestazione, da parte della cancelleria, di conformità allo stesso, avendo rilevato che la notificazione era avvenuta mediante consegna al destinatario di una copia fotostatica dell’originale del ricorso e del decreto presidenziale e che nella relata di notifica l’ufficiale giudiziario aveva dato atto di aver consegnato una copia conforme all’originale. La Suprema Corte nel confermare la decisione ha enunciato il suddetto principio).

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Cass. civ. n. 2760/1995

Il provvedimento con il quale il presidente del tribunale, a modifica del decreto di fissazione dell’udienza per la discussione dell’appello con il rito del lavoro, emesso ai sensi dell’art. 435 c.p.c., fissa tale udienza a data diversa ed anteriore rispetto a quella precedentemente fissata, va notificato, a cura dell’appellante, alle parti personalmente, ove esse non si siano ancora costituite, restando escluso che della modifica del precedente decreto il cancelliere debba fare comunicazione ai sensi dell’art. 136 c.p.c., dal momento che, a norma dell’art. 170 dello stesso codice, l’obbligo sorge solamente nei confronti delle parti costituite.

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Cass. civ. n. 4849/1994

Nel rito speciale del lavoro, la nullità della notificazione dell’atto di appello per violazione del termine stabilito dall’art. 435, terzo comma è suscettibile di sanatoria ai sensi dell’art. 291, primo comma c.p.c. e quindi per effetto della costituzione della parte appellata, ovvero, in alternativa, mediante valida rinnovazione della notificazione da espletare nel termine perentorio all’uopo assegnato, salvo tuttavia, quanto alla prima ipotesi, e sempre che l’appellato, nel costituirsi in giudizio abbia lamentato la lesione dell’intervallo minimo che deve intercorrere fra la data della notificazione e quella dell’udienza, l’obbligo del tribunale di fissare altra udienza di discussione, in guisa tale da ripristinare il termine violato.

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Cass. civ. n. 1807/1994

In tema di proposizione dell’appello secondo il rito del lavoro, ciò che fa sorgere a carico dell’appellante — che abbia tempestivamente depositato il ricorso presso la cancelleria del giudice adito — l’onere di notificazione, al fine di completare la complessa fattispecie introduttiva del giudizio, è la comunicazione (dovutagli ai sensi dell’art. 435 c.p.c., nel testo risultante dalla parziale declaratoria di illegittimità costituzionale di cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 15 del 1977) dell’avvenuto deposito del decreto presidenziale di fissazione dell’udienza di discussione, in difetto della quale permane l’effetto preclusivo del giudicato conseguente al deposito suddetto, che non perde efficacia se non allorché, disposta dal collegio la fissazione dell’udienza di discussione e comunicati all’appellante ricorso, decreto e verbale di udienza, lo stesso ometta la notificazione all’appellato od esegua una notificazione nulla o inesistente, senza che intervenga una valida sanatoria del vizio, come, almeno con riguardo al caso della semplice nullità, la costituzione dell’appellato o la rinnovazione ex art. 291 c.p.c.

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Cass. civ. n. 1093/1994

Nel giudizio di appello secondo il rito del lavoro, l’inosservanza del termine dilatorio a comparire (cosiddetto spatium deliberandi) previsto dall’art. 435, terzo comma, c.p.c. non determina nullità dell’atto contenente l’editio actionis, o inammissibilità o improcedibilità del gravame, ma comporta solo una nullità della notifica, sanabile, con effetto ex tunc, dalla costituzione dell’appellato o, in mancanza, dalla fissazione di una nuova udienza e dalla rinnovazione della notifica a norma dell’art. 291, primo comma, c.p.c., dovendo distinguersi fra nullità attinenti all’editio actionis ed alla vocatio in ius ed essendo ingiustificato riferire la sanatoria prevista da tale norma con formula assai ampia («un vizio che importi nullità della notificazione») solo alle ipotesi di nullità previste dall’art. 160 dello stesso codice.

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Cass. civ. n. 8711/1993

Nel rito del lavoro, la tempestività dell’appello, anche in relazione al termine annuale di cui all’art. 327 c.p.c., va riscontrata con riferimento alla data del deposito del ricorso introduttivo presso la cancelleria del giudice di secondo grado e non a quella della successiva notificazione del ricorso stesso e del decreto di fissazione di udienza, con la conseguenza che, quando quel deposito sia avvenuto entro l’anno dalla pubblicazione della sentenza impugnata, la successiva notificazione, ancorché eseguita oltre l’anno dal deposito della sentenza, resta soggetta al disposto dell’art. 330, primo comma c.p.c., ove si indica come destinatario il procuratore costituito e non la parte personalmente.

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Cass. civ. n. 5555/1993

Ove nella copia del decreto ex art. 435 c.p.c., notificata con il ricorso tempestivamente depositato per la riassunzione del giudizio di rinvio nel rito del lavoro, manchi l’indicazione della data di fissazione dell’udienza di discussione, il difetto della vocatio in ius della controparte comporta, ove quest’ultima non si sia costituita, la nullità del procedimento di rinvio e della relativa sentenza con la conseguenza della rinnovazione di tali atti ma non della estinzione del processo ex art. 393 c.p.c., non incidendo l’anzidetto difetto sulla regolarità del rapporto processuale.

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Cass. civ. n. 4461/1993

Nel rito del lavoro, l’inosservanza, in sede di ricorso in appello, del termine dilatorio a comparire non comporta la nullità dello stesso atto di appello, bensì quella della sua notificazione, sanabile ex tunc per effetto di spontanea costituzione dell’appellato o di rinnovazione, disposta dal giudice ex art. 291 c.p.c., la mancanza della quale, pur in difetto di detta costituzione, comporta la nullità dell’intero giudizio di gravame, il cui rilievo in sede di ricorso per cassazione avverso la sentenza conclusiva del giudizio medesimo impone l’annullamento di questa con rinvio della causa ad altro giudice equiordinato, cui spetterà di assegnare un termine per la rinnovazione della notificazione dell’atto di appello ovvero di fissare una nuova udienza di discussione che l’appellante dovrà notificare alla controparte presso il procuratore costituito, in una col ricorso, nel rispetto del termine di cui all’art. 435, terzo comma c.p.c.

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Cass. civ. n. 4029/1993

Nel rito del lavoro, deve considerarsi processualmente tempestiva la riassunzione del giudizio in sede di rinvio effettuata con ricorso depositato entro l’anno dalla pubblicazione della sentenza della corte di cassazione, non rilevando ai fini della validità dell’atto riassuntivo l’eventuale nullità della successiva notificazione del ricorso stesso e del decreto di fissazione dell’udienza di discussione, compiuta senza l’osservanza del termine minimo a comparire.

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Cass. civ. n. 1104/1993

Con riguardo a giudizio soggetto a rito del lavoro, nell’ipotesi in cui l’atto di appello, dopo essere stato tempestivamente depositato, sia stato notificato alla parte vittoriosa personalmente e non presso il procuratore costituito (non avendo quella dichiarato con la notificazione della sentenza un luogo diverso ai sensi dell’art. 330 c.p.c.) si verifica non l’inesistenza bensì la nullità della notificazione dell’atto di impugnazione, la quale, in difetto di costituzione dell’appellato, resta sanata dalla rinnovazione della notificazione nel termine perentorio che il giudice stabilisce ex artt. 291 e 421 c.p.c. Pertanto, in mancanza di tale sanatoria, ove il giudice di appello si sia limitato al riscontro della detta nullità ed alla declaratoria di inammissibilità (o improcedibilità) del gravame, la violazione del citato art. 291 impone la cassazione della sentenza contenente siffatta declaratoria, con rinvio ad altro giudice di secondo grado, cui spetterà, nel rito suddetto, di attivare il contraddittorio sul merito dell’appello, provvedendo alla rinnovazione omessa dal giudice che ha pronunziato la sentenza cassata.

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Cass. civ. n. 271/1993

Nel rito del lavoro, la nullità radicale od inesistenza giuridica della notificazione dell’atto d’appello e del decreto di fissazione dell’udienza, a causa della consegna di una sola copia al procuratore costituito per più parti, integra un vizio sanabile mediante la costituzione degli appellati o la rinnovazione della notifica disposta dal giudice, ma con efficacia soltanto ex nunc; con la conseguenza che, nonostante la tempestività del deposito del ricorso in appello, la costituzione degli appellati intervenuta dopo la scadenza del termine d’impugnazione non vale ad escludere il passaggio in giudicato della sentenza appellata e che il giudice di secondo grado deve in tal caso definire il giudizio con una pronuncia di mero rito, senza procedere alla (inutile) rinnovazione dell’atto.

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Cass. civ. n. 10373/1990

La nullità derivante dall’omessa notifica del ricorso d’appello (e del pedissequo decreto presidenziale) può essere sanata con effetto ex tunc (cioè con effetto idoneo ad impedire il passaggio in giudicato della sentenza appellata) nel solo caso di mancata eccezione della nullità da parte del convenuto-appellato (comunque) costituitosi, mentre la costituzione accompagnata da tale eccezione, la rinnovazione della notifica disposta dal giudice e la notificazione comunque fatta successivamente dall’appellante, alla quale non segua la costituzione del convenuto-appellato, hanno efficacia sanante solo con effetto ex nunc, nel senso cioè che non possono impedire il passaggio in giudicato della sentenza appellata ove intervenute quando il termine per impugnare sia già scaduto.

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Cass. civ. n. 1756/1985

Nel nuovo rito del lavoro, il termine di dieci giorni, previsto dall’art. 435 c.p.c., per la notifica all’appellato del ricorso in appello e del decreto presidenziale di fissazione dell’udienza — che, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 15 del 14 gennaio 1977, decorrono non dalla data di detto decreto bensì da quella della comunicazione dell’avvenuto deposito dello stesso — non è perentorio e la sua inosservanza non comporta alcuna decadenza, purché siano rispettati i termini di comparizione di cui al terzo e quarto comma dell’articolo medesimo.

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Cass. civ. n. 6094/1984

A seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 15 del 1977, dichiarativa dell’illegittimità costituzionale dell’art. 435, secondo comma, c.p.c. nella parte in cui non prevede che all’appellante sia data comunicazione dell’avvenuto deposito del decreto presidenziale di fissazione dell’udienza di discussione e che da tale comunicazione decorra il termine per la notifica all’appellato, la cancelleria ha l’obbligo di comunicare all’appellante, che ha depositato il ricorso d’appello, il decreto presidenziale predetto, con la conseguenza che, in difetto di tale comunicazione, non è ipotizzabile l’inammissibilità dell’appello per la mancata comparizione, all’udienza di discussione, dell’appellato che non abbia ricevuto tempestiva notificazione del ricorso e del decreto.

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