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Articolo 436 Codice di procedura civile — Costituzione dell’appellato e appello incidentale

Articolo 436 Codice di procedura civile — Costituzione dell’appellato e appello incidentale

L’appellato deve costituirsi almeno dieci giorni prima dell’udienza.

La costituzione dell’appellato si effettua mediante deposito in cancelleria del fascicolo e di una memoria difensiva, nella quale deve essere contenuta dettagliata esposizione di tutte le sue difese.

Se propone appello incidentale l’appellato deve esporre nella stessa memoria i motivi specifici su cui fonda l’impugnazione. L’appello incidentale deve essere proposto, a pena di decadenza, nella memoria di costituzione, da notificarsi, a cura dell’appellato, alla controparte almeno dieci giorni prima dell’udienza fissata a norma dell’articolo precedente.

Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni dell’articolo 416.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 8723/2012

Nei giudizi soggetti al rito del lavoro, la circostanza che l’appellante principale abbia ricevuto la notifica dell’appello incidentale meno di dieci giorni prima di quello fissato per la discussione, in violazione del termine di cui all’art. 436 c.p.c., non rende inammissibile l’appello incidentale, se la comparsa di risposta sia stata comunque tempestivamente depositata, e la richiesta di notifica all’ufficiale giudiziario sia avvenuta prima dello spirare del termine suddetto. In tale ipotesi, tuttavia, poiché l’appellante principale ha comunque diritto a godere per intero del termine di dieci giorni per preparare la propria difesa, dinanzi all’eccezione di tardività della notifica dell’appello incidentale, è onere di chi l’abbia proposto chiedere al giudice la fissazione di un nuovo termine per rinnovarla, restando altrimenti inammissibile l’impugnazione incidentale ove manchi detta istanza.

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Cass. civ. n. 2026/2012

Il principio per cui la prima impugnazione costituisce il processo nel quale debbono confluire le eventuali impugnazioni di altri soccombenti, sicché l’appello principale successivo ad altro appello si converte in appello incidentale, è principio generale e si estende al processo del lavoro, anche in questo rito operando la conversione dell’impugnazione, purchè sia rispettato il termine per l’appello incidentale ex art. 436 c.p.c.. Resta ammissibile, peraltro, ai sensi dell’art. 334 c.p.c., l’impugnazione tardiva, anche a tutela di un interesse autonomo dell’impugnante incidentale, se il gravame principale investe una questione attinente all’interesse di tale parte. (Nella specie, la S.C., in applicazione dell’anzidetto principio, ha ritenuto ammissibile l’impugnazione, in quanto tardiva, diretta ad individuare il soggetto passivo obbligato ad erogare l’assegno mensile di invalidità civile).

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Cass. civ. n. 25281/2009

Nel rito del lavoro (applicabile in materia di locazioni ai sensi dell’art. 447 bis c.p.c.), il convenuto, rimasto contumace nel giudizio di primo grado, ben può nell’atto di appello contestare la fondatezza della domanda, nel rispetto delle disposizioni di cui agli artt. 434 e 437 c.p.c. La previsione dell’obbligo del convenuto di formulare nella memoria difensiva di primo grado, a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito nonché di prendere posizione precisa in ordine alla domanda e di indicare le prove di cui intende avvalersi, infatti, da un lato, non esclude il potere-dovere del giudice di accertare se la parte attrice abbia dato dimostrazione probatoria dei fatti costitutivi e giustificativi della pretesa, indipendentemente dalla circostanza che, in ordine ai medesimi, siano state o meno proposte, dalla parte legittimata a contraddire, contestazioni specifiche, difese ed eccezioni in senso lato, e, dall’altro, non impedisce alla parte di sollevare (ed impone al giudice di esaminare) in qualunque momento – e, quindi, anche nel giudizio di appello – tutte le difese in senso lato e le questioni rilevabili d’ufficio che possano incidere sul rapporto controverso.

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Cass. civ. n. 59/2009

L’art. 436 c.p.c. richiede all’appellante incidentale di dedurre nella stessa memoria di costituzione i motivi specifici su cui si fonda l’impugnazione, sicché è escluso che tali motivi possano essere desunti da altri atti processuali, tanto più se di primo grado.

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Cass. civ. n. 19340/2007

Il principio secondo cui l’impugnazione proposta per prima determina la costituzione del processo nel quale debbono confluire le eventuali impugnazioni di altri incombenti e, nel caso di appello, le impugnazioni successive alla prima assumono carattere incidentale, ha carattere generale e si estende anche al processo del lavoro; in questo caso la conversione opera purché sia rispettato il termine di dieci giorni liberi prima dell’udienza fissata per la comparizione, per la proposizione dell’appello incidentale previsto dall’art. 436 c.p.c. A questi fini, tuttavia, non può valere la successiva rinnovazione di tale termine dilatorio, nel caso in cui la prima udienza non venga tenuta ed il presidente ne abbia fissata un’altra.

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Cass. civ. n. 18901/2007

Nel rito del lavoro, ove il giudice di primo grado abbia implicitamente disatteso l’eccezione di prescrizione rigettando la domanda per motivi di merito, l’eccezione stessa — che ha natura di eccezione in senso stretto, rilevabile soltanto ad istanza di parte — non si ha per riproposta in grado di appello se la parte interessata (appellata in sede di gravame) non l’abbia formalmente e tempestivamente dedotta nella memoria di costituzione, ai sensi dell’art. 436 c.p.c. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della corte territoriale che, in una controversia previdenziale, aveva accolto l’eccezione di prescrizione — già implicitamente respinta dal giudice di primo grado — degli accessori della prestazione pensionistica erogata in ritardo, pur essendo stata dedotta dall’INPS con memoria di costituzione in sede di gravame depositata dopo la scadenza del termine di dieci giorni prima dell’udienza di discussione)

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Cass. civ. n. 6663/2004

Nel processo del lavoro, le parti concorrono a delineare la materia controversa, di talchè, ove i fatti costitutivi del diritto dedotto dal ricorrente non siano oggetto di specifica contestazione da parte del resistente (costituito), i fatti stessi sono da considerare esistenti, poichè restano estranei alla materia del contendere ed al conseguente potere di accertamento del giudicante. Tale principio è applicabile anche nel giudizio di secondo grado, avendo l’appellato, pur non soccombente, l’onere di riproporre la contestazione, in modo espresso, con la memoria di costituzione. (Nella specie, relativa al diritto all’assegno di invalidità, l’Inps in grado d’appello aveva omesso di contestare il fatto costitutivo, rappresentato dall’esistenza di un rapporto assicurativo idoneo al riconoscimento di questo diritto. La S.C., enunziando il principio soprariportato, ha confermato la sentenza di accoglimento della domanda)

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Cass. civ. n. 12366/2003

Nel rito del lavoro, l’appellante che impugna in toto la sentenza di primo grado, insistendo per l’accoglimento delle domande, non ha l’onere di reiterare le istanze istruttorie pertinenti a dette domande, ritualmente proposte in primo grado, in quanto detta riproposizione è insita nella istanza di accoglimento delle domande; diversamente, la parte appellata, vittoriosa in primo grado, poiché, ovviamente, non ripropone alcuna richiesta di riesame della sentenza ad essa favorevole, deve espressamente chiedere al giudice del gravame il riesame delle proprie istanze istruttorie, anche nel caso in cui si tratti di domanda di ammissione alla prova testimoniale contraria a quella dedotta dal ricorrente in primo grado condizionatamente alla ammissione di quest’ultima prova — non ammessa in primo grado — in quanto la mera negazione dell’accadimento di un fatto costituisce affermazione di una realtà difforme e contrapposta a quella allegata dalla controparte, e, negando i fatti allegati da controparte, si configura come una eccezione che, in quanto tale, deve essere riproposta e art. 346, c.p.c., intendendosi altrimenti rinunciata.

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Cass. civ. n. 17216/2002

Nelle controversie soggette al rito del lavoro, la memoria di costituzione nella quale è proposto appello incidentale deve essere notificata alla controparte unitamente al decreto di fissazione dell’udienza di discussione o, almeno, di questo decreto va fatta chiara ed esplicita menzione nella memoria, non incombendo sull’appellante incidentale l’onere di chiedere la fissazione di una nuova udienza di discussione. La proposizione dell’appello si perfeziona con il deposito della memoria nella cancelleria del giudice ad quem almeno dieci giorni prima dell’udienza, e quindi detto deposito impedisce ogni decadenza dall’impugnazione, con la conseguenza che la nullità della notificazione della memoria (nella specie, in quanto la memoria non recava l’indicazione della data dell’udienza), non si comunica all’impugnazione ed il giudice dell’appello, rilevato il vizio, deve indicarlo all’appellante incidentale, assegnando allo stesso nuovo termine (perentorio), per notificare la memoria, unitamente al decreto di fissazione della nuova udienza.

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Cass. civ. n. 15706/2002

In materia di impugnazioni civili, dal coordinamento della previsione di cui all’art. 416, terzo comma, c.p.c. con quella di cui al successivo art. 436 (secondo cui al giudizio di appello si applicano «in quanto compatibili, le disposizioni dell’art. 416») si evince che l’onere a carico della parte appellata di «prendere posizione, in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione, circa i fatti affermati dall’attore a fondamento della domanda» non riguarda tutto l’impianto difensivo dell’appellante, bensì esclusivamente i fatti che quest’ultimo ha affermato nell’atto di appello.

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Cass. civ. n. 12629/2002

La presunzione di rinuncia delle domande ed eccezioni non accolte in primo grado e non riproposte espressamente nell’atto di appello, di cui all’art. 346 c.p.c., non trova applicazione con riguardo alle istanze istruttorie, quando sia stata impugnata in toto la sentenza. Pertanto, anche nel rito del lavoro, il lavoratore o l’assicurato, soccombente in primo grado, che impugna in toto la sentenza, insistendo per l’accoglimento delle domande proposte, non ha l’onere di reiterare le istanze istruttorie pertinenti a dette domande che siano già state ritualmente proposte in primo grado, atteso che tale riproposizione è insita nella richiesta di accoglimento delle domande stesse.

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Cass. civ. n. 7331/2002

Nel rito del lavoro, l’appello incidentale deve essere proposto almeno dieci giorni prima dell’udienza fissata per la discussione; tale termine è soggetto alla regola di cui all’art. 155, primo comma, c.p.c. dell’esclusione dal computo del solo dies a quo, coincidente con l’udienza di discussione, e del computo del momento terminale, costituito dal decimo giorno calcolato a ritroso; non trova invece applicazione la regola di cui all’art. 155, ultimo comma, c.p.c., secondo cui se il giorno di scadenza è festivo la scadenza del termine è prorogata al primo giorno seguente non festivo, in quanto in tal modo si produrrebbe l’abbreviazione del termine con pregiudizio del diritto di difesa della parte destinataria dell’iniziativa processuale.

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Cass. civ. n. 5589/2001

In virtù del principio della consumazione del diritto d’impugnazione, la proposizione dell’impugnazione principale preclude un ulteriore gravame in via incidentale; pertanto, qualora, nel processo del lavoro, una delle parti abbia depositato il ricorso contenente l’atto di appello il giorno successivo al deposito di quello della controparte e successivamente abbia proposto appello incidentale, giustamente il giudice di merito decide l’appello previa riunione dei due ricorsi e ritenendo assorbito l’appello incidentale in quello principale.

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Cass. civ. n. 15482/2000

Ai sensi dell’art. 436 c.p.c., nel rito del lavoro il mancato deposito, almeno dieci giorni prima della data dell’udienza di discussione, della memoria di costituzione contenente l’appello incidentale rende inammissibile questa impugnazione, anche se nello stesso termine detta memoria sia stata notificata alla controparte.

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Cass. civ. n. 383/2000

Il richiamo nella comparsa di costituzione in appello «a tutto quanto già dedotto nella comparsa di costituzione e risposta del giudizio di primo grado» non confligge con l’art. 436, comma secondo c.p.c., che nel rito speciale del lavoro — nell’ambito del più generale principio fissato dall’art. 346 c.p.c., secondo cui le domande e le eccezioni s’intendono rinunziate se non espressamente riproposte in appello — impone all’appellato di formulare nella memoria difensiva la «dettagliata esposizione di tutte le sue difese», con formula che non richiede specificità e analitica indicazione delle questioni sottoposte al giudice, come è, invece, previsto per l’appellante, cui è richiesta l’indicazione dei «motivi specifici d’impugnazione».

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Cass. civ. n. 5150/1998

Ai fini della tempestività dell’appello incidentale è necessario che il deposito della memoria contenente detto gravame sia eseguito almeno dieci giorni prima dell’udienza di discussione essendo sanzionata con la decadenza l’inosservanza di tale termine, senza che rilevi in contrario l’eventuale accettazione del contraddittorio ad opera del destinatario dell’impugnazione; la suesposta interpretazione dell’art. 436 c.c. non è sospettabile di illegittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., atteso che la perentorietà del termine non determina alcuna compressione del diritto di difesa dell’appellante incidentale, trovando una sua giustificazione nella necessità di salvaguardia dei diritti di difesa dell’appellante principale.

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Cass. civ. n. 8707/1996

Nel rito del lavoro, la sanzione della decadenza dall’appello incidentale deve intendersi comminata dall’art. 436, terzo comma, c.p.c., nella sola ipotesi di mancato deposito in cancelleria della memoria difensiva dell’appellato, contenente l’appello stesso, entro il termine fissato dalla legge (cioè almeno dieci giorni prima dell’udienza fissata per la discussione), e non anche nel caso di omissione dell’adempimento, parimenti previsto dalla legge, della notificazione della memoria nello stesso termine, valorizzando in tal senso sia il tenore letterale della disposizione di legge, sia elementi di ordine sistematico, quali la brevità del termine a disposizione della parte interessata per l’esecuzione di adempimenti che possono risultare di difficile esecuzione, e la necessità di preferire un’interpretazione che escluda ragioni di illegittimità costituzionale, sotto il profilo di una non ragionevole discriminazione, quanto agli effetti dei vizi o della omissione della notificazione dell’atto di appello, della posizione dell’appellante incidentale rispetto a quella delineata, per l’appellante principale, dal diritto vivente, come recentemente enunciato dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione. Ne consegue che in caso di mancata notificazione entro detto termine della memoria contenente l’appello incidentale, così come in caso di notificazione invalida, il tribunale deve concedere all’appellante incidentale nuovo termine, perentorio, per la notificazione, sempre che la controparte presente all’udienza non vi rinunci, accettando il contraddittorio o limitandosi a chiedere un congruo rinvio (il quale va disposto anche nel caso di notificazione tardiva).

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Cass. civ. n. 6426/1996

Nel caso in cui il giudice di primo grado non abbia provveduto nel merito riguardo a una domanda riconvenzionale condizionata all’accoglimento della domanda principale, avendo rigettato quest’ultima domanda, non è richiesto l’appello incidentale ai fini della devoluzione nel giudizio di secondo grado della medesima domanda condizionata, essendo necessaria e sufficiente la sua mera riproposizione a norma dell’art. 346 c.p.c. (con la memoria di risposta di cui agli artt. 436 e 416 c.p.c., nel rito del lavoro). D’altra parte, nel caso in cui una domanda subordinata sia stata accolta in primo grado in relazione al rigetto della domanda principale della medesima parte, la pronuncia nel merito sulla stessa in appello resta condizionata al permanere della decisione negativa sulla domanda principale, con la conseguenza che l’accoglimento in appello di quest’ultima impone la riforma della pronuncia di accoglimento della subordinata, con la declaratoria del suo assorbimento, a prescindere dall’esistenza o meno di un’impugnazione riguardo ad essa. (Nella specie la Suprema Corte ha ritenuto, preliminarmente, che il «rigetto» della domanda riconvenzionale condizionata enunciato nel dispositivo della sentenza di primo grado dovesse essere interpretato come rigetto in rito per assorbimento, in base alle specificazioni contenute nella parte espositiva della sentenza).

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Cass. civ. n. 6194/1995

Dopo la costituzione in giudizio dell’appellante principale, la quale nel rito del lavoro si perfeziona con il deposito del ricorso (art. 434 c.p.c.) la notifica allo stesso dell’appello incidentale deve essere eseguita presso il procuratore nominato nel ricorso in appello indipendentemente dalla elezione di domicilio presso di lui, poiché l’art. 170 c.p.c., disponendo, che dopo la costituzione in giudizio tutte le notificazioni di fanno al procuratore costituito individua in quest’ultimo il destinatario delle notificazioni degli atti cosiddetti endoprocessuali solo in base alla relazione che si determina tra il procuratore medesimo e la parte da lui rappresentata.

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Cass. civ. n. 3075/1993

Ai fini della tempestività della proposizione dell’appello incidentale, è necessario, ai sensi dell’art. 436 c.p.c., che sia il deposito della memoria contenente detto gravame sia la sua notifica siano eseguiti entro il termine di almeno dieci giorni prima dell’udienza di discussione, non rilevando (ove sia rispettato tale termine) che il deposito segua o preceda la notifica e che la memoria (tempestiva) depositata non contenga la relata della notifica, purché la prova della tempestività della medesima sia fornita prima della discussione.

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Cass. civ. n. 3213/1990

Il principio sancito dall’art. 346 c.p.c. (circa l’onere di riproporre espressamente in appello le domande e le eccezioni non accolte in primo grado o rimaste assorbite, sotto pena di esclusione delle stesse dal tema del giudizio) opera anche nelle controversie soggette al rito del lavoro, per le quali l’art. 436, secondo comma, dello stesso codice (nel testo introdotto dalla L. n. 533 del 1973) fa obbligo all’appellato di costituirsi mediante deposito di memoria contenente dettagliata esposizione di tutte le sue difese, sicché il mero richiamo generico, in tale memoria, alle conclusioni assunte in primo grado non è sufficiente a manifestare in modo chiaro ed univoco la volontà di sottoporre al giudice dell’appello una domanda od un’eccezione non accolta dal primo giudice al fine di evitare che la stessa s’intenda rinunciata ai sensi del cit. art. 346.

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Cass. civ. n. 3171/1990

Nel rito del lavoro, la mancata notificazione alla controparte della memoria di costituzione, contenente l’appello incidentale, nel termine prescritto dal terzo comma dell’art. 436 c.p.c. comporta la decadenza dal diritto ad impugnare, il quale non può ritenersi compiutamente esercitato attraverso la sola formalità del deposito di detta memoria, ma implica necessariamente il compimento della successiva attività notificatoria, come strumento inteso a soddisfare l’imprenscindibile esigenza che l’impugnazione e le ragioni che la sorreggono siano portate a conoscenza dell’appellante principale.

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Cass. civ. n. 3345/1985

In relazione al termine di almeno dieci giorni prima dell’udienza di discussione, entro il quale, a norma dell’art. 436 c.p.c., l’appellato deve costituirsi e notificare l’eventuale appello incidentale alla controparte, il giorno dell’udienza di discussione ha il valore di momento iniziale e nel computo a ritroso di detto termine dev’essere escluso dal calcolo, mentre va invece computato il momento terminale (costituito dal decimo giorno), in base al principio generale (artt. 155 c.p.c. e 2963 c.c.) secondo cui dies a quo non computatur in termine, dies ad quem computatur.

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