Art. 656 – Codice di procedura penale – Esecuzione delle pene detentive
1. Quando deve essere eseguita una sentenza di condanna a pena detentiva, il pubblico ministero emette ordine di esecuzione con il quale, se il condannato non è detenuto, ne dispone la carcerazione. Copia dell'ordine è consegnata all'interessato.
2. Se il condannato è già detenuto, l'ordine di esecuzione è comunicato al Ministro di grazia e giustizia e notificato all'interessato.
3. L'ordine di esecuzione contiene le generalità della persona nei cui confronti deve essere eseguito e quant'altro valga a identificarla, l'imputazione, il dispositivo del provvedimento e le disposizioni necessarie all'esecuzione nonché l’avviso al condannato che ha facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa. L'ordine è notificato al difensore del condannato.
3-bis. L'ordine di esecuzione della sentenza di condanna a pena detentiva nei confronti di madre di prole di minore età è comunicato al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo di esecuzione della sentenza.
4. L'ordine che dispone la carcerazione è eseguito secondo le modalità previste dall'articolo 277.
4-bis. Al di fuori dei casi previsti dal comma 9, lett. b), quando la residua pena da espiare, computando le detrazioni previste dall'articolo 54 della legge 26 luglio 1975, n. 354, non supera i limiti indicati dal comma 5, il pubblico ministero, prima di emettere l'ordine di esecuzione, previa verifica dell'esistenza di periodi di custodia cautelare o di pena dichiarata fungibile relativi al titolo esecutivo da eseguire, trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza affinché provveda all'eventuale applicazione della liberazione anticipata. Il magistrato di sorveglianza provvede senza ritardo con ordinanza adottata ai sensi dell'articolo 69 bis della legge 26 luglio 1975, n. 354. La presente disposizione non si applica nei confronti dei condannati per i delitti di cui all'articolo 4 bis della legge 26 luglio 1975, n. 354.
4-ter. Quando il condannato si trova in stato di custodia cautelare in carcere il pubblico ministero emette l'ordine di esecuzione e, se ricorrono i presupposti di cui al comma 4-bis, trasmette senza ritardo gli atti al magistrato di sorveglianza per la decisione sulla liberazione anticipata.
4-quater. Nei casi previsti dal comma 4-bis, il pubblico ministero emette i provvedimenti previsti dai commi 1, 5 e 10 dopo la decisione del magistrato di sorveglianza.
5. Se la pena detentiva, anche se costituente residuo di maggiore pena, non è superiore a tre anni, quattro anni nei casi previsti dall’articolo 47 ter, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, o sei anni nei casi di cui agli articoli 90 e 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, il pubblico ministero, salvo quanto previsto dai commi 7 e 9, ne sospende l'esecuzione. L'ordine di esecuzione e il decreto di sospensione sono notificati al condannato e al difensore nominato per la fase dell'esecuzione o, in difetto, al difensore che lo ha assistito nella fase di giudizio, con l'avviso che entro trenta giorni può essere presentata istanza, corredata dalle indicazioni e dalla documentazione necessarie, volta ad ottenere la concessione di una delle misure alternative alla detenzione di cui agli articoli 47, 47 ter e 50, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e di cui all'articolo 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, ovvero la sospensione dell'esecuzione della pena di cui all'articolo 90 dello stesso testo unico. L'avviso informa altresì che, ove non sia presentata l'istanza o la stessa sia inammissibile ai sensi degli articoli 90 e seguenti del citato testo unico l'esecuzione della pena avrà corso immediato . Con l’avviso il condannato è informato che ha facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa e che, se il processo si è svolto in sua assenza, nel termine di trenta giorni dalla conoscenza della sentenza può chiedere, in presenza dei relativi presupposti, la restituzione nel termine per proporre impugnazione o la rescissione del giudicato.
6. L'istanza deve essere presentata dal condannato o dal difensore di cui al comma 5 ovvero allo scopo nominato al pubblico ministero, il quale la trasmette, unitamente alla documentazione, al tribunale di sorveglianza competente in relazione al luogo in cui ha sede l'ufficio del pubblico ministero. Se l'istanza non è corredata dalla documentazione utile questa, salvi i casi di inammissibilità può essere depositata nella cancelleria del tribunale di sorveglianza fino a cinque giorni prima dell'udienza fissata a norma dell'art. 666, comma 3. Resta salva, in ogni caso, la facoltà del tribunale di sorveglianza di procedere anche d'ufficio alla richiesta di documenti o di informazioni, o all'assunzione di prove a norma dell'articolo 666, comma 5. Il tribunale di sorveglianza decide non prima del trentesimo e non oltre il quarantacinquesimo giorno dalla ricezione della richiesta.
7. La sospensione dell'esecuzione per la stessa condanna non può essere disposta più di una volta, anche se il condannato ripropone nuova istanza sia in ordine a diversa misura alternativa, sia in ordine alla medesima, diversamente motivata, sia in ordine alla sospensione dell'esecuzione della pena di cui all'articolo 90 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni.
8. Salva la disposizione del comma 8-bis, qualora l'istanza non sia tempestivamente presentata, o il tribunale di sorveglianza la dichiari inammissibile o la respinga, il pubblico ministero revoca immediatamente il decreto di sospensione dell'esecuzione. II pubblico ministero provvede analogamente quando l'istanza presentata è inammissibile ai sensi degli articoli 90 e seguenti del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, nonché, nelle more della decisione del tribunale di sorveglianza, quando il programma di recupero di cui all'articolo 94 del medesimo testo unico non risulta iniziato entro cinque giorni dalla data di presentazione della relativa istanza o risulta interrotto. A tal fine il pubblico ministero, nel trasmettere l'istanza al tribunale di sorveglianza, dispone gli opportuni accertamenti.
8-bis. Quando è provato o appare probabile che il condannato non abbia avuto effettiva conoscenza dell'avviso di cui al comma 5, il pubblico ministero può assumere, anche presso il difensore, le opportune informazioni, all'esito delle quali può disporre la rinnovazione della notifica.
9. La sospensione dell'esecuzione di cui al comma 5 non può essere disposta:
a) nei confronti dei condannati per i delitti di cui all'articolo 4 bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, nonché di cui agli articoli 423 bis, 572, secondo comma, 612 bis, terzo comma, 624 bis del codice penale, fatta eccezione per coloro che si trovano agli arresti domiciliari disposti ai sensi dell'articolo 89 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni;
b) nei confronti di coloro che, per il fatto oggetto della condanna da eseguire, si trovano in stato di custodia cautelare in carcere nel momento in cui la sentenza diviene definitiva.
[c) nei confronti dei condannati ai quali sia stata applicata la recidiva prevista dall'articolo 99, quarto comma, del codice penale.]
10. Nella situazione considerata dal comma 5, se il condannato si trova agli arresti domiciliari per il fatto oggetto della condanna da eseguire, e se la residua pena da espiare determinata ai sensi del comma 4-bis non supera i limiti indicati dal comma 5, il pubblico ministero sospende l'esecuzione dell'ordine di carcerazione e trasmette gli atti senza ritardo al tribunale di sorveglianza perché provveda alla eventuale applicazione di una delle misure alternative di cui al comma 5. Fino alla decisione del tribunale di sorveglianza, il condannato permane nello stato detentivo nel quale si trova e il tempo corrispondente è considerato come pena espiata a tutti gli effetti. Agli adempimenti previsti dall'articolo 47 ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, provvede in ogni caso il magistrato di sorveglianza.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 11916/2018
In tema di esecuzione di pene detentive brevi, ai fini della sospensione dell'ordine di esecuzione correlata ad un'istanza di affidamento in prova ai servizi sociali ai sensi dell'art. 47, comma 3-bis, ord. pen., il limite edittale cui il pubblico ministero deve fare riferimento per l'emissione dell'ordine di carcerazione ex art. 656, commi 5 e 10, cod. proc. pen. è quello di tre anni, essendo rimessa al Tribunale di sorveglianza ogni valutazione circa l'istanza di affidamento in prova nel caso di pena espianda, anche residua, non superiore ad anni quattro. (In motivazione la Corte ha osservato che l'art. 1, commi 82 e 85, della legge 23 giugno 2017, n. 103, recante "Modifiche al cod. pen., al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario", nel delegare il Governo ad emanare un D.Lgs. di revisione della disciplina concernente le procedure di accesso alle misure alternative, ha ritenuto necessario fissare uno specifico criterio volto a elevare a quattro anni il limite di pena per la sospensione obbligatoria dell'ordine di carcerazione, in tal modo corroborando l'interpretazione dell'art. 656, comma quinto, cod. proc. pen. accolta).
Cass. civ. n. 10786/2018
In tema di misure cautelari, l'irrevocabilità della sentenza di condanna a pena detentiva determina il venir meno della funzione della misura custodiale ed impedisce la rimessione in libertà del condannato garantendo l'esigenza di non creare, anche in caso di sospensione dell'esecuzione disposta ai sensi dell'art. 656, comma 10, cod. proc. pen., una soluzione di continuità tra l'applicazione della misura e l'esecuzione della condanna; ne consegue che è inammissibile l'impugnazione cautelare (nella specie l'appello avverso il rigetto della richiesta di sostituzione della custodia cautelare in carcere) in quanto la definitività del titolo esecutivo apre una fase ontologicamente incompatibile con la verifica demandata al tribunale ordinario a fini cautelari.
Cass. civ. n. 10733/2018
In tema di esecuzione di pene detentive brevi, ai fini della sospensione dell'ordine di esecuzione correlata ad un'istanza di affidamento in prova ai servizi sociali ai sensi dell'art. 47, comma 3-bis, ord. pen., il limite edittale cui il pubblico ministero deve fare riferimento per l'emissione dell'ordine di carcerazione ex art. 656, commi 5 e 10, cod. proc. pen. è quello di tre anni, essendo rimessa al Tribunale di sorveglianza ogni valutazione circa l'istanza di affidamento in prova nel caso di pena espianda, anche residua, non superiore ad anni quattro. (In motivazione la Corte ha precisato che, a seguito della sentenza della C. Cost. n. 41 del 2018, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 656, comma 5, cod. proc. pen. nella parte in cui prevede che il pubblico ministero sospende l'esecuzione della pena detentiva, anche se costituente residuo di maggior pena, non superiore a tre anni, anziché a quattro anni, incombe sul giudice dell'esecuzione il dovere di rivalutare i casi ancora pendenti o comunque relativi a situazioni non ancora esaurite).
Cass. civ. n. 34427/2018
In tema di esecuzione di pene detentive brevi, a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale (v. C. Cost. n. 41 del 2018) dell'art. 656, comma 5, cod. proc. pen., il giudice dell'esecuzione ha il dovere di esaminare la domanda del detenuto di sospensione temporanea dell'ordine di esecuzione relativo a pena superiore a tre anni ma inferiore a quattro e, in presenza degli altri presupposti di legge, di provvedere al ripristino della facoltà del medesimo di proporre, da libero, istanza di misura alternativa, con tempestiva sospensione dell'esecuzione, a condizione che analoga istanza di misura alternativa, proposta dopo l'inizio dell'esecuzione della pena cui l'istanza stessa si riferisce, non sia già stata oggetto di decisione da parte del Tribunale di Sorveglianza.
Cass. civ. n. 47084/2018
La sospensione dell'esecuzione della pena a norma dell'art. 656 cod. proc. pen. non può essere disposta nei confronti del tossicodipendente o dell'alcooldipendente istante per l'affidamento terapeutico, allorché essa riguardi condanna inflitta per reato ostativo alla sospensione stessa, salvo che, al momento del passaggio in giudicato della sentenza, l'interessato si trovi agli arresti domiciliari disposti ai sensi dell'art. 89 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, e l'interruzione del programma in corso possa pregiudicarne il recupero.
Cass. civ. n. 1452/2017
In tema di esecuzione delle pene brevi, il divieto sancito dall'art. 656, comma nono, lett. a) cod. proc. pen. di sospensione dell'ordine di esecuzione comprendente taluno dei delitti di cui all'art. 4 bis ord. pen., opera anche quando la responsabilità per il reato ostativo sia stata ritenuta a titolo di concorso anomalo, ex art. 116 cod. pen. (In motivazione la Corte ha aggiunto che la configurazione del concorso anomalo come forma di partecipazione dolosa - e non colposa - esclude profili di irragionevolezza che possano postulare l'illegittimità costituzionale degli artt. 656, comma nono, cod. proc. pen., 4 bis ord. pen. e 116, cod. pen. in relazione agli artt. 3 e 27, comma primo, Cost.).
Cass. pen. n. 57259 del 21 dicembre 2017
In tema di riconoscimento delle sentenze penali emesse in uno Stato membro dell'Unione ai fini dell'esecuzione delle pene detentive, la sospensione dell'ordine di esecuzione di una pena detentiva breve, prevista dall'art. 656, comma 5, cod. proc. pen., non opera nei confronti del condannato che, al momento dell'esecuzione, abbia già scontato una parte della pena nello Stato di condanna.
Cass. civ. n. 25483/2017
Ai fini dell'esecutività di una condanna a pena detentiva, il P.M. è tenuto ad emettere immediatamente ordine di carcerazione e, quando esistano o sopravvengano più condanne per reati diversi, è tenuto altresì a determinare la pena complessiva. Ne consegue che, anche nel caso di concorso di pene detentive brevi, ciascuna delle quali, singolarmente considerata, darebbe luogo a sospensione del provvedimento di carcerazione in vista della possibile applicazione di benefici penitenziari, non viene meno l'obbligo di provvedere al cumulo, con l'ulteriore conseguenza che, unificata la pena, ove questa risulti superiore ai limiti di legge cui è subordinata la concessione delle misure alternative richiedibili, la sospensione dell'esecuzione prevista dall'art. 656 cod. proc. pen., come modificato dalla legge n. 165 del 1998 non può essere più disposta.
Cass. civ. n. 17045/2015
La sospensione dell'ordine di esecuzione previsto dall'art. 656 c.p.p., funzionalmente preordinata al possibile conseguimento di una misura alternativa alla detenzione, se già disposta con riguardo ad alcuna delle condanne oggetto di un provvedimento di unificazione di pene concorrenti, non può essere reiterata in relazione a successivo provvedimento che inglobi il precedente, qualora l'istanza di misura alternativa presentata a seguito dell'originaria sospensione sia stata rigettata, a nulla rilevando che la pena complessiva risultante dal cumulo rientri nei limiti previsti per disporre la sospensione. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'art. 656 c.p.p., comma settimo, con l'espressione "stessa condanna" si riferisce anche ad una soltanto delle condanne comprese nel cumulo, poiché questo istituto comporta la contemporanea esecuzione di tutti i titoli esecutivi come se fossero riferibili ad un'unica pronuncia, e, quindi, preclude la separata esecuzione delle singole condanne, al fine di consentire che delle stesse, autonomamente considerate, si possa sospendere l'esecuzione).
Cass. civ. n. 4971/2015
Nei confronti del condannato che ha già beneficiato della sospensione dell'esecuzione della pena ex art. 656 c.p.p. e che non ha avanzato la richiesta di misura alternativa, il pubblico ministero deve disporre una ulteriore sospensione dell'esecuzione, quando sussistono le condizioni previste dall'art. 1, L. 26 novembre 2010, n. 199, per consentire al magistrato di sorveglianza di decidere se la pena vada eseguita presso il domicilio.
Cass. civ. n. 18441/2013
La presentazione al P.M. dell'istanza di misura alternativa alla detenzione in pendenza della sospensione ex art.656, comma quinto, c.p.p., dell'esecuzione della pena detentiva, può avvenire o mediante materiale deposito dell'atto nella segreteria della Procura della Repubblica o mediante spedizione a mezzo del servizio postale, essendo tuttavia essenziale che essa pervenga alla segreteria stessa entro il termine di trenta giorni, pena la cessazione della sospensione provvisoria suddetta. (In motivazione la Corte ha sottolineato l'inapplicabilità alla disciplina in oggetto della disposizione dettata dall'art. 583 c.p.p. per il deposito degli atti di impugnazione).
Cass. civ. n. 104/2013
La prosecuzione degli arresti domiciliari, a seguito del passaggio in giudicato della condanna ed in costanza della sospensione dell'esecuzione ai sensi dell'art. 656, comma decimo, c.p.p., non preclude la misura alternativa dell'espulsione ex art. 5 d.l.vo n. 286 del 1998.
Cass. civ. n. 43117/2012
Non può essere disposta la sospensione dell'esecuzione della pena detentiva irrogata per il delitto di violenza sessuale, ai sensi dell'art. 656, comma nono, c.p.p., che, a tal fine, richiama le fattispecie indicate dall'art. 4 bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, mediante un rinvio formale, il quale recepisce tutte le modifiche incidenti nel tempo su quest'ultima disposizione.
Cass. civ. n. 10537/2012
Il divieto di sospensione dell'esecuzione della pena previsto dall'art. 656, comma nono, c.p.p. non è applicabile nel caso di condanna per l'ipotesi attenuata del delitto di violenza sessuale, di cui all'art. 609 bis, ultimo comma, c.p..
Cass. civ. n. 29384/2010
Non può essere disposta la sospensione dell'esecuzione di condanna inflitta per il delitto di violenza sessuale ai sensi dell'art. 656, comma nono, c.p.p., neanche ove sia stata riconosciuta la circostanza attenuante della minore gravità del fatto prevista dal comma terzo dell'art. 609 bis c.p., in quanto la deroga prevista per quest'ultima ipotesi dall'ultima parte dell'art. 4 bis, comma primo "quater", della legge 26 luglio 1975 n. 354 (cosiddetto ordinamento penitenziario) riguarda solo l'accesso ai benefici penitenziari.
Cass. civ. n. 18775/2010
La richiesta di misura alternativa alla detenzione, ai sensi dell'art. 656, comma sesto, c.p.p., deve essere corredata, a pena di inammissibilità, anche se presentata dal difensore, dalla dichiarazione o dalla elezione di domicilio effettuata dal condannato non detenuto. (In motivazione la Corte ha chiarito che il principio non trova applicazione per il condannato latitante o irreperibile).
Cass. civ. n. 3486/2010
Ai fini della deroga al divieto di sospensione dell'esecuzione della pena stabilita per i recidivi reiterati dall'art. 656, comma nono, lett. c), c.p.p., in favore dei condannati tossicodipendenti o alcoldipendenti che abbiano in corso, al momento del deposito della sentenza definitiva, un programma terapeutico di recupero presso i servizi pubblici per l'assistenza ai tossicodipendenti, per sentenza definitiva deve intendersi quella della Corte di cassazione per effetto della quale la condanna sia divenuta irrevocabile.
Cass. civ. n. 41958/2009
La sospensione dell'esecuzione di condanna inflitta per il delitto di atti sessuali con minorenne previsto dall'art. 609-quater c.p. non può essere disposta ai sensi dell'art. 656, comma nono, c.p.p., neanche ove sia stata riconosciuta la circostanza attenuante speciale prevista dal comma quarto della citata disposizione, in quanto la concessione di benefici penitenziari ai condannati per tale delitto è subordinata all'osservazione scientifica e collegiale della personalità condotta per almeno un anno. (Nell'enunciare il principio di cui in massima, la Corte ha anche ritenuto manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3 e 27 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4-bis L. 26 luglio 1975 n. 354, come modificato dalla L. 23 aprile 2009 n. 38, nella parte in cui irrazionalmente discriminerebbe, quanto all'accesso ai benefici penitenziari, i condannati "ex" art. 609-bis e quelli "ex" art. 609-quater c.p. cui sia stata egualmente concessa l'attenuante della minore gravità del fatto).
Cass. civ. n. 41592/2009
L'ordine di esecuzione, emesso dal pubblico ministero senza il contestuale provvedimento di sospensione per pene detentive brevi, non può essere annullato dal giudice dell'esecuzione ma esclusivamente dichiarato temporaneamente inefficace, per consentire al condannato di presentare, nel termine di trenta giorni, la richiesta di concessione di una misura alternativa alla detenzione.
Cass. civ. n. 40548/2009
Il pubblico ministero, nell'emettere l'ordine di esecuzione per pena detentiva e ai fini della determinazione della pena ancora da espiare, deve tenere conto del beneficio dell'indulto, anche se non ancora concesso dal giudice dell'esecuzione.
Cass. civ. n. 28453/2007
Il Tribunale di sorveglianza competente a decidere su richieste di benefici penitenziari avanzate da «collaboratori di giustizia» che abbiano fruito della sospensione obbligatoria dell'esecuzione della pena ai sensi dell'art. 656 c.p.p. va individuato sulla base non del criterio di cui al comma sesto di tale articolo, ma di quello stabilito dalla disposizione speciale di cui all'art. 16 nonies, comma ottavo, D.L. 15 gennaio 1991 n. 8, conv. con modif. in L. 15 marzo 1991 n. 82, e successive modificazioni e integrazioni, in forza del quale deve aversi riguardo al luogo in cui il condannato ha eletto domicilio a norma dell'art. 12, comma terzo bis, del medesimo D.L.
Cass. civ. n. 8152/2007
Il divieto di procedere alla sospensione dell'esecuzione di una pena detentiva breve, previsto dall'art. 656, comma nono, c.p.p., come modificato dalla L. n. 251 del 2005, non opera quando la recidiva prevista dall'art. 99, comma quarto, c.p., sia stata ritenuta in una sentenza diversa da quella in esecuzione.
Cass. civ. n. 24561/2006
Il divieto di sospensione dell'esecuzione previsto dall'art. 656, nono comma, lett. a), per il caso di condanna per taluno dei delitti di cui all'art. 4 bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 (c.d. Ordinamento penitenziario), non opera quando, trattandosi di delitti indicati in detta seconda disposizione soltanto come reati-fine di un'associazione per delinquere, non vi sia stata condanna per quest'ultimo reato (principio affermato, nella specie, con riguardo a condanna per il solo delitto di violenza sessuale di cui all'art. 609 bis c.p., facente parte, prima della modifica dell'art. 4 bis cit. ad opera dell'art. 15 della legge 6 febbraio 2006, n. 38, di quelli indicati unicamente come reati-fine di un'associazione per delinquere).
Cass. civ. n. 4383/2006
La competenza a decidere su richieste di benefici penitenziari avanzate da «collaboratori di giustizia» i quali abbiano titolo a fruire della sospensione obbligatoria dell'esecuzione della pena, ai sensi dell'art. 656 c.p.p. appartiene al tribunale di sorveglianza da individuarsi in base al criterio stabilito dal comma 6 di detto articolo, non potendo, in tale situazione, trovare applicazione il diverso criterio dettato dall'art. 16 nonies del D.L. 15 gennaio 1991 n. 8, conv. con modif. in legge 15 marzo 1991 n. 82, e successive modificazioni e integrazioni, secondo cui è competente il tribunale di sorveglianza del luogo in cui il condannato ha eletto domicilio a norma dell'art. 12, comma 3 bis, del medesimo D.L.
Cass. civ. n. 1888/2006
Il tribunale di sorveglianza competente a decidere su richieste di benefici penitenziari avanzate da «collaboratori di giustizia» i quali abbiano titolo a fruire della sospensione obbligatoria dell'esecuzione della pena, ai sensi dell'art. 656 c.p.p. va individuato sulla base non del criterio stabilito dal comma 6 di tale articolo ma di quello stabilito dalla speciale disposizione normativa costituita dall'art. 16 nonies, comma 8, del D.L. 15 gennaio 1991 n. 8, conv. con modif. in legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni e integrazioni, secondo cui deve aversi riguardo al luogo in cui il condannato ha eletto domicilio a norma dell'art. 12, comma 3 bis, del medesimo D.L.
Cass. civ. n. 38602/2005
L'art. 656, comma 9, lett. a), c.p.p., ove si stabilisce il divieto di sospensione dell'esecuzione delle pene detentive brevi nel caso di condanna per taluno dei delitti indicati nell'art. 4 bis della legge n. 354/1975 (c.d. «Ordinamento penitenziario»), tra i quali figura quello di associazione per delinquere finalizzata al compimento di determinati reati, va interpretato, con riguardo a tale ultima ipotesi, nel senso che il divieto non opera quando la condanna sia stata soltanto per taluno di tali reati (nella specie, quello di violenza sessuale di cui all'art. 609 bis c.p.), e non per quello associativo.
Cass. civ. n. 37174/2004
La sospensione automatica dell'esecuzione delle pene detentive brevi è da escludere quando il condannato sia già detenuto in espiazione di altra pena, mentre deve aver luogo, alla stregua del letterale tenore dell'art. 656, comma 9, lett. b), c.p.p., quando egli si trovi in stato di custodia cautelare per fatto diverso da quello per il quale è sopravvenuta la condanna definitiva.
Cass. civ. n. 8720/2004
L'istituto della sospensione della pena, disciplinato dall'art. 656, comma quinto, c.p.p., è ispirato alla ratio di impedire l'ingresso in carcere di coloro che possono aspirare ad uno dei regimi alternativi. Pertanto di esso possono beneficiare solo i condannati che si trovino in stato di libertà e non coloro che, al sopravvenire di un nuovo titolo definitivo, si trovino già detenuti in espiazione di pena per altra causa.
Cass. civ. n. 32747/2003
Il divieto di reiterazione della sospensione dell'esecuzione, previsto dall'art. 656, comma 7, c.p.p., non opera nell'ipotesi in cui il condannato abbia precedentemente fruito soltanto del rinvio dell'esecuzione per ragioni di salute, previsto dall'art. 147 c.p.
Cass. civ. n. 21377/2003
In tema di benefici penitenziari, lo stato di custodia cautelare per causa diversa da quella relativa al titolo da eseguire non è ostativo all'ammissione del condannato a misura alternativa alla detenzione, dovendosi valutare nel merito l'istanza dell'interessato e la compatibilità tra la misura cautelare in atto ed il beneficio richiesto. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza del Tribunale di sorveglianza che aveva ritenuto inammissibile la richiesta di affidamento in prova proposta da persona sottoposta a misura cautelare).