Art. 66 – Codice di procedura penale – Verifica dell’identità personale dell’imputato
1. Nel primo atto cui è presente l'imputato [60-61 c.p.p.], l'autorità giudiziaria lo invita a dichiarare le proprie generalità e quant'altro può valere a identificarlo, ammonendolo circa le conseguenze cui si espone chi si rifiuta di dare le proprie generalità o le dà false.
2. L'impossibilità di attribuire all'imputato le sue esatte generalità non pregiudica il compimento di alcun atto da parte dell'autorità procedente, quando sia certa l'identità fisica della persona. In ogni caso, quando si procede nei confronti di un apolide, di una persona della quale è ignota la cittadinanza, di un cittadino di uno Stato non appartenente all'Unione europea ovvero di un cittadino di uno Stato membro dell'Unione europea privo del codice fiscale o che è attualmente, o è stato in passato, titolare anche della cittadinanza di uno Stato non appartenente all'Unione europea, nei provvedimenti destinati a essere iscritti nel casellario giudiziale è riportato il codice univoco identificativo della persona nei cui confronti il provvedimento è emesso.
3. Le erronee generalità attribuite all'imputato sono rettificate nelle forme previste dall'articolo 130 [668 c.p.p.].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 15899/2021
Integra il delitto di accesso abusivo ad un sistema informatico la condotta di colui che si introduca, mediante uso di "password" modificate e contro la volontà del titolare, nel c.d. "cassetto fiscale" altrui, spazio virtuale del sistema informatico dell'Agenzia delle entrate di pertinenza esclusiva del contribuente, riconducibile alla nozione di domicilio informatico. (In motivazione, la Corte ha precisato che non rileva la pregressa autorizzazione all'accesso rilasciata dal titolare per vincolo familiare o affettivo e poi revocata mediante comportamenti concludenti). (Dichiara inammissibile, CORTE APPELLO TORINO, 15/11/2018).
Cass. civ. n. 24576/2021
In tema di accesso abusivo ad un sistema informatico, ai fini della configurabilità dell'aggravante di cui all'art. 615-ter, comma terzo, cod. pen., sono "di interesse pubblico" solo i sistemi informatici o telematici di pubblica utilità, ossia destinati al servizio di una collettività indifferenziata e indeterminata di soggetti, e non anche quelli a vario titolo riconducibili all'esercizio di diritti, pur di rilevanza collettiva, costituzionalmente tutelati. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la sussistenza dell'aggravante nel caso di accesso abusivo al sito del fondatore di un movimento politico di livello nazionale utilizzato per la divulgazione delle idee di detto movimento).
Cass. civ. n. 29362/2020
L'intercettazione ambientale a mezzo "captatore informatico" installato in Italia su telefono collegato ad un gestore nazionale, non richiede l'attivazione di una rogatoria internazionale per il solo fatto che le conversazioni siano eseguite in parte all'estero, e temporaneamente registrate tramite wifi locale, a causa dello spostamento dell'apparecchio sul quale è inoculato il " malware", atteso che la captazione ha avuto origine e si è comunque realizzata in Italia, attraverso le centrali di ricezione presso la procura della Repubblica. (Rigetta, TRIB. LIBERTA' REGGIO CALABRIA, 07/11/2019).
Cass. civ. n. 2568/2020
I gravi "indizi di reato", presupposto per il ricorso alle intercettazioni di conversazioni o di comunicazioni (nel caso di specie a mezzo di virus informatico), attengono all'esistenza dell'illecito penale e non alla colpevolezza di un determinato soggetto, sicché per procedere legittimamente ad intercettazione non è necessario che tali indizi siano a carico di persona individuata o del soggetto le cui comunicazioni debbano essere captate a fine di indagine. (Rigetta, TRIB. LIBERTA' REGGIO CALABRIA, 31/03/2020).
Cass. civ. n. 35010/2020
In tema di intercettazioni ambientali a mezzo di captatore informatico ("trojan"), il riferimento al luogo di svolgimento dell'intercettazione tra presenti non costituisce presupposto di autorizzabilità, necessario ai fini del rispetto dell'art. 8 CEDU secondo l'interpretazione della giurisprudenza della Corte EDU, essendo, in via alternativa, consentito far ricorso all'indicazione del destinatario di essa ed in considerazione altresì della natura dinamica ed "itinerante" della captazione, che prescinde dal riferimento ai luoghi. (Rigetta, TRIB. LIBERTA' LECCE, 20/03/2020).
Cass. civ. n. 15071/2019
I programmi informatici denominati "spy-software" che, se installati in modo occulto su un telefono cellulare, un "tablet" o un PC, consentono di captare tutto il traffico dei dati in arrivo o in partenza dal dispositivo, rientrano tra gli "apparati, strumenti, parti di apparati o di strumenti" diretti all'intercettazione o all'impedimento di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche tra altre persone, di cui all'art. 617-bis, comma primo, cod. pen., in quanto tale norma delinea una categoria aperta, suscettibile di essere implementata per effetto delle innovazioni tecnologiche che, nel tempo, consentono di realizzare gli scopi vietati dalla legge.
Cass. civ. n. 36361/2019
In tema di reati edilizi, ai sensi dell'art. 24, comma 4, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ai fini dell'agibilità dell'immobile, la segnalazione certificata dell'ultimazione dei lavori può riguardare anche solo una parte di una più complessa edificazione autorizzata, sia che si tratti di plurimi edifici da costruire, sia che si tratti di una articolata costruzione ovvero di un unico immobile comprensivo di più unità immobiliari, ma non le opere parzialmente realizzate prive di finiture. (Dichiara inammissibile, CORTE APPELLO MILANO, 28/05/2018).
Cass. civ. n. 10393/2019
La competenza a decidere sull'incidente di esecuzione spetta al giudice di appello quando, in riforma della sentenza di primo grado, abbia dichiarato l'estinzione del reato per prescrizione: infatti, la sentenza di appello che dichiari l'estinzione di uno dei reati contestati non può definirsi priva di effetti riformatori rispetto alla pronuncia di primo grado, in quanto non incide esclusivamente sulla determinazione della pena, ma introduce una modificazione strutturale nella sentenza impugnata, escludendo l'affermazione di colpevolezza per uno dei reati contestati all'imputato.
Cass. civ. n. 1822/2018
I messaggi "WhatsApp" e gli "SMS" conservati nella memoria di un telefono cellulare sottoposto a sequestro hanno natura di documenti ai sensi dell'art. 234 cod. proc. pen., sicchè la loro acquisizione non costituisce attività di intercettazione disciplinata dagli artt. 266 e ss. cod. proc. pen., atteso che quest'ultima esige la captazione di un flusso di comunicazioni in atto ed è, pertanto, attività diversa dall'acquisizione "ex post" del dato conservato nella memoria dell'apparecchio telefonico che documenta flussi già avvenuti.
Cass. civ. n. 5153/2018
In tema di procedimento di esecuzione, nel caso in cui la sentenza di appello, confermativa della decisione di primo grado, sia stata annullata senza rinvio dalla Corte di cassazione in relazione ad un solo capo, il giudice dell'esecuzione, in applicazione del principio espresso dall'art. 665, comma 2, cod. proc. pen., deve essere individuato nel giudice di primo grado.
Cass. civ. n. 5146/2018
Il giudice dell'esecuzione competente, nel caso di annullamento con rinvio disposto dalla Corte di cassazione solo nei confronti di alcuni coimputati, si individua, anche per i coimputati per i quali la sentenza di appello sia divenuta definitiva, nel giudice di rinvio. (In motivazione la Corte ha osservato che l'interpretazione si fonda, oltre che sul dato letterale dell'art. 665, comma 3, cod. proc. pen., sul principio ordinamentale dell'unicità del giudice dell'esecuzione).
Cass. civ. n. 16960/2018
In tema di procedimento di esecuzione, ai fini della determinazione del giudice competente in rapporto al titolo di condanna divenuto definitivo per ultimo, deve aversi riguardo esclusivamente al momento in cui la domanda dell'interessato perviene, mediante deposito o ricezione del plico raccomandato inviato per posta, nella cancelleria del giudice, senza che abbia rilievo l'anteriore deposito dell'atto nella segreteria del pubblico ministero che concretamente cura l'esecuzione, valendo esso come mera sollecitazione al medesimo ad esprimere il proprio parere sull'istanza.
Cass. civ. n. 9547/2018
In caso di esecuzione di una pluralità di provvedimenti emessi da giudici diversi, la competenza appartiene al giudice che ha emesso il provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo, anche quando questo è costituito da una sentenza di proscioglimento, a condizione che tale sentenza comporti effetti esecutivi per effetto dei quali deve essere inserita nel casellario giudiziale oppure, pur non dovendo essere inserita nel casellario giudiziale, contenga statuizioni geneticamente idonee ad investire il giudice dell'esecuzione.
Cass. civ. n. 42540/2018
In tema di procedimento di esecuzione l'omessa acquisizione del parere del pubblico ministero nel caso di dichiarazione di inammissibilità "de plano" della richiesta, ai sensi dell'art. 666, comma 2, cod. proc. pen., dà luogo a una nullità deducibile a iniziativa non soltanto del pubblico ministero, ma anche della parte privata. (In motivazione la Corte ha chiarito che l'acquisizione del parere, oltre a garantire il contraddittorio cartolare con l'organo titolare della potestà esecutiva, consente il confronto e il reciproco controllo ed è l'unico meccanismo attraverso il quale la parte privata può conoscere la posizione della controparte sul tema dedotto "in executivis" attraverso l'incidente proposto).
Cass. civ. n. 40151/2018
In tema di esecuzione, è rilevabile anche di ufficio dalla Corte di cassazione la preclusione processuale che, ai sensi dell'art. 606, comma secondo, cod. pen., determina la inammissibilità dell'istanza meramente reiterativa di una domanda già esaminata e che si limiti a riproporre identiche questioni in assenza di nuovi elementi, conseguendone anche la inammissibilità del ricorso per cassazione proposto avverso la decisione esecutiva che l'abbia rigettata nel merito invece di dichiararla inammissibile. (Nella specie, la Suprema Corte ha dichiarato la inammissibilità del ricorso proposto avverso l'ordinanza del giudice dell'esecuzione che, omettendo erroneamente di rilevare la preclusione processuale, aveva rigettato nel merito una richiesta di applicazione dell'indulto meramente reiterativa di precedente istanza già respinta con ordinanza avverso la quale il condannato aveva proposto analogo ricorso in cassazione).
Cass. civ. n. 31025/2018
In tema di beni confiscati ai sensi dell'art. 12-sexies d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito in legge 7 agosto 1992, n. 356, all'esito diprocedimenti iscritti nel registro di cui all'art. 335 cod. proc. pen.prima del 13 ottobre 2011, l'incidente di esecuzione finalizzato alla tutela dei diritti dei terzi deve - per effetto della norma di interpretazione autentica dell'art. 1, commi 194 ss., legge 24 dicembre 2012, n. 228, contenuta nell'art. 37 legge 17 ottobre 2017, n. 161 - seguire le forme del rito camerale partecipato ex art. 666, comma 3, cod. proc. pen., con la conseguenza che avverso il provvedimento emesso dal giudice dell'esecuzione è proponibile unicamente il ricorso per cassazione e non l'opposizione di cui all'art. 674, comma 4, cod.proc. pen..
Cass. civ. n. 39608/2018
In tema di confisca di prevenzione, i creditori muniti di ipoteca iscritta sui beni confiscati all'esito dei procedimenti per il quali non si applica la disciplina del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, devono presentare la domanda di ammissione del loro credito al giudice dell'esecuzione presso il tribunale che ha disposto la confisca nel termine di decadenza previsto dall'art. 1, comma 199, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, anche nel caso in cui non abbiano ricevuto le comunicazioni di cui all'art. 1, comma 206, della stessa legge, in quanto il termine di decadenza decorre indipendentemente dalle predette comunicazioni. L'applicazione di detto termine è, comunque, subordinata all'effettiva conoscenza, da parte del creditore, del procedimento di prevenzione in cui è stata disposta la confisca o del provvedimento definitivo di confisca ed è, in ogni caso, fatta salva la possibilità per il creditore di essere restituito nel termine stabilito a pena di decadenza, se prova di non averlo potuto osservare per causa a lui non imputabile. (In motivazione, la Corte ha precisato che la medesima disciplina si applica alle altre categorie di creditori richiamate dall'art. 1, comma 198, della legge n. 228 del 2012, quale risultante a seguito della sentenza additiva della Corte costituzionale n. 94 del 2015).
Cass. civ. n. 15534/2018
In tema di confisca per equivalente, la natura sanzionatoria del provvedimento non osta alla tutela del diritto sul bene oggetto di confisca vantato da un terzo estraneo alla condotta illecita altrui, che versa in condizione di buona fede (Fattispecie in cui un istituto bancario vantava un diritto di garanzia reale sul bene confiscato iscritto prima del sequestro).
Cass. civ. n. 42623/2018
Nell'ipotesi di annullamento con rinvio del provvedimento adottato dal giudice dell'esecuzione a seguito dell'opposizione proposta ai sensi dell'art. 667, comma 4, cod. proc. pen., la successiva decisione del giudice dell'esecuzione deve ritenersi nuovamente opponibile, sicchè l'eventuale ricorso per cassazione proposto avverso detto provvedimento deve essere riqualificato come opposizione al giudice dell'esecuzione al quale vanno trasmessi gli atti.
Cass. civ. n. 6980/2018
In tema di casellario giudiziale e dei carichi pendenti, spetta al giudice dell'esecuzione e non al giudice di cui all'art. 40, comma 1, del d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, la competenza a decidere sulla domanda di cancellazione di un titolo di condanna dal certificato penale fondata dal richiedente sull'allegazione di non essere il soggetto destinatario del titolo stesso.
Cass. civ. n. 4417/2018
In tema d'esecuzione, qualora nei confronti della stessa persona per il medesimo fatto storico siano state pronunciate una sentenza di patteggiamento ed una di condanna, ben può la prima, ricorrendone i presupposti, essere in tutto o in parte revocata in applicazione della disciplina dettata dall'art. 669, commi 1 e 6, cod. proc. pen. per il caso di pluralità di pronunce di condanna, attesa l'equiparazione della sentenza di patteggiamento ad una sentenza di condanna ex art. 445 cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 19200/2017
Nel caso di intercettazione telefonica "a cornetta sollevata", la registrazione dei colloqui fra presenti, casualmente ascoltati nel corso di un'intercettazione telefonica ritualmente autorizzata, anche prima dell'inizio della conversazione, è utilizzabile, non solo per l'applicazione di una misura cautelare, ma anche ai fini del giudizio.
Cass. civ. n. 39403/2017
In tema di intercettazioni ambientali, le operazioni di collocazione e disinstallazione del materiale tecnico necessario per eseguire le captazioni costituiscono atti materiali rimessi alla contingente valutazione della polizia giudiziaria, non essendo compito del pubblico ministero indicare le modalità dell'intrusione negli ambiti e luoghi privati ove verrà svolta l'intercettazione. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'omessa documentazione delle operazioni svolte dalla polizia giudiziaria non dà luogo ad alcuna nullità od inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni ambientali). (Rigetta, App. Palermo, 29/06/2016).
Cass. civ. n. 53375/2017
La registrazione di colloqui tra gli indagati effettuata dalla polizia giudiziaria mediante l'impiego di un telefono cellulare non costituisce una intercettazione ambientale, ma una forma di memorizzazione su supporto informatico di un fatto storico direttamente percepito dal teste, utilizzabile in dibattimento come documento a supporto della memoria degli operanti. (Rigetta, Trib. lib. Roma, 08/05/2017).
Cass. civ. n. 48370/2017
Sono legittime le intercettazioni di comunicazioni informatiche o telematiche, di cui all'art. 266-bis cod. proc. pen., effettuate mediante l'istallazione di un captatore informatico (c.d. "trojan horse") all'interno di un computer collocato in un luogo di privata dimora.
Cass. civ. n. 11082/2017
L'identificazione dell'indagato ad opera della polizia giudiziaria è validamente operata sulla base delle dichiarazioni dallo stesso fornite, perché il ricorso ai rilievi dattiloscopici, fotografici o antropometrici, o ad altri accertamenti, si giustifica soltanto in presenza di elementi di fatto che facciano ritenere la falsità delle indicate dichiarazioni.
Corte costituzionale 57121 del 21 dicembre 2017
In tema di incidente di esecuzione, sussiste la competenza del giudice di appello nel caso in cui la sentenza emessa in secondo grado abbia rideterminato la pena per effetto di patteggiamento non ammesso dal giudice di primo grado, atteso che la decisione pronunciata in sede di impugnazione, nell'operare una diversa valutazione in merito alla congruità della pena, riforma la prima sentenza in maniera sostanziale.
Cass. civ. n. 6051/2017
In materia di esecuzione, la preclusione stabilita dall'art. 666, comma secondo, cod. proc. pen. ad una nuova pronuncia sul medesimo "petitum", legittimante la dichiarazione "de plano" di inammissibilità di istanze meramente reiterative di altre già rigettate, non è assoluta, ma opera soltanto allo stato degli atti, con la conseguenza che la prospettazione di nuovi elementi di fatto (sopravvenuti o preesistenti, purché diversi da quelli precedentemente presi in considerazione) comporta che il relativo provvedimento possa essere assunto solo ad esito di procedimento camerale in contraddittorio. (In applicazione del principio, la S.C. ha annullato con rinvio l'ordinanza di un giudice dell'esecuzione che aveva dichiarato "de plano" inammissibile una nuova istanza di sospensione dell'ordine di demolizione di un manufatto nonostante che, dopo il rigetto della prima, il giudice amministrativo avesse sospeso in sede cautelare il provvedimento di diniego della concessione in sanatoria).
Cass. civ. n. 9780/2017
Anche in tema di incidente di esecuzione, il ricorso per cassazione non può devolvere questioni diverse da quelle proposte con la richiesta e sulle quali il giudice di merito non è stato chiamato a decidere; peraltro, dalla dichiarata inammissibilità in sede di legittimità non deriva, in concreto, lesione alcuna per la parte, che ben potrà far valere la diversa questione con altra richiesta, dal momento che il divieto del "ne bis in idem" non opera per le nuove istanze, fondate su presupposti di fatto e motivi di diritto prima non prospettati.
Cass. civ. n. 19358/2017
In tema di incidente di esecuzione, l'art. 666 comma secondo cod. proc. pen., nella parte in cui consente al giudice la pronuncia di inammissibilità qualora l'istanza costituisca una mera riproposizione di una richiesta già rigettata, configura una preclusione allo stato degli atti che, come tale, non opera quando vengano dedotti fatti o questioni che non hanno formato oggetto della precedente decisione. (Fattispecie nella quale la Suprema Corte ha annullato il provvedimento con il quale il giudice dell'esecuzione, giudicando irrilevante un documento prodotto dalla difesa che non aveva formato oggetto di valutazione ai fini della precedente decisione, aveva dichiarato inammissibile la richiesta di applicazione della disciplina del reato continuato).