Art. 323 – Codice di procedura penale – Perdita di efficacia del sequestro preventivo
1. Con la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere [425], ancorché soggetta a impugnazione [428], il giudice ordina che le cose sequestrate siano restituite a chi ne abbia diritto, quando non deve disporre la confisca a norma dell'articolo 240 del codice penale. Il provvedimento è immediatamente esecutivo.
2. Quando esistono più esemplari identici della cosa sequestrata e questa presenta interesse a fini di prova [187, 253, 262], il giudice, anche dopo la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere impugnata dal pubblico ministero, ordina che sia mantenuto il sequestro di un solo esemplare e dispone la restituzione degli altri esemplari.
3. Se è pronunciata sentenza di condanna, gli effetti del sequestro permangono quando è stata disposta la confisca delle cose sequestrate [240 c.p.].
4. La restituzione non è ordinata se il giudice dispone, a richiesta del pubblico ministero o della parte civile, che sulle cose appartenenti all'imputato o al responsabile civile sia mantenuto il sequestro a garanzia dei crediti indicati nell'articolo 316.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 25286/2024
La sentenza della sezione specializzata agraria che accoglie la domanda di accertamento negativo della natura agraria del rapporto e declina, conseguentemente, la propria competenza per materia sulle altre domande proposte dall'attore, in quanto relative alla cessazione di efficacia di un contratto di locazione, non è impugnabile col regolamento necessario di competenza, ma solo con l'appello, non trattandosi di statuizione sulla competenza, bensì di pronuncia nel merito.
Cass. civ. n. 23253/2024
La sentenza che ha pronunciato soltanto sulla competenza e sulle spese processuali deve essere impugnata con il mezzo ordinario di impugnazione previsto avverso le sentenze del giudice dichiaratosi incompetente, sia nel caso in cui la parte soccombente sulla questione di competenza intenda censurare esclusivamente il capo concernente le spese processuali - essendo l'impugnazione proponibile in quanto, benché l'art. 42 c.p.c. sembri escludere un'impugnazione diversa dal regolamento di competenza, in siffatta ipotesi manca il presupposto per la esperibilità di questo mezzo -, sia nel caso in cui la parte vittoriosa su detta questione lamenti l'erroneità della statuizione sulle spese.
Cass. civ. n. 22283/2024
In tema di revisione, i fatti da porre a base del giudizio di inconciliabilità di cui all'art. 630, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. non si identificano con i meri fatti storici intesi nella loro dimensione naturalistica, ma includono gli elementi normativi della fattispecie richiamati nel precetto penale, ferma restando la irrilevanza della sola divergenza tra valutazioni giuridiche. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza che aveva dichiarato inammissibile la richiesta di revisione della sentenza di patteggiamento relativa al reato di abuso d'ufficio tentato, cui era seguita sentenza assolutoria nei confronti dei coimputati per il medesimo fatto, emessa sul presupposto dell'assenza della violazione di legge e dell'obbligo di astensione).
Cass. civ. n. 21066/2024
Non integra il reato di abuso di ufficio, come modificato dall'art. 23 d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, la violazione dell'obbligo di motivazione del provvedimento amministrativo previsto dall'art. 3 legge 7 agosto 1990, n. 241, in mancanza di una ulteriore norma primaria a contenuto precettivo specifico, che detti i criteri di condotta dell'attività amministrativa sui quali il predetto obbligo motivazionale debba innestarsi. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza assolutoria dei membri della giunta regionale che avevano nominato i componenti del nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici con delibera priva di motivazione, in difetto di norme di legge impositive di una procedura comparativa dei candidati).
Cass. civ. n. 20392/2024
Nell'ipotesi in cui il giudice d'appello rigetti il gravame proponendo una interpretazione della sentenza diversa da quella dell'appellante, ma conforme a diritto, non si ha violazione dei principi di cui agli artt. 112, 342 e 345 c.p.c. ed il soccombente, se intende ricorrere per cassazione avverso la sentenza di secondo grado, ha l'onere di proporre specifica e valida impugnazione della lettura della sentenza di primo grado adottata dal giudice di appello, a pena di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso una sentenza d'appello che aveva interpretato la sentenza di primo grado come accertamento, ex art. 615 c.p.c., dell'estinzione dei crediti erariali per prescrizione quinquennale, in quanto il ricorrente non aveva censurato la lettura data dal giudice d'appello).
Cass. civ. n. 16659/2024
In tema di abuso di ufficio, ai fini della configurabilità del reato, ha efficacia retroattiva il disposto innalzamento, ex art. 50, comma 1, lett. b), d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, del limite-soglia al di sopra del quale la stipula di un contratto di appalto di servizi deve essere preceduta dall'avvio della procedura ad evidenza pubblica, dovendosi riconoscere all'indicata disposizione natura di norma extrapenale integratrice di quella penale, sicché, per effetto di detta successione mediata di leggi, viene meno la pregressa rilevanza penale di appalti di servizi di valore eccedente il previgente limite-soglia di euro 40.000,00, ma inferiore a quello successivamente introdotto, pari ad euro 140.000,00.
Cass. civ. n. 16526/2024
Il potere del giudice d'appello di procedere d'ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronunzia di merito adottata, sussiste in caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, poiché gli oneri della lite devono essere ripartiti in ragione del suo esito complessivo, mentre in caso di conferma della sentenza impugnata, la decisione sulle spese può essere modificata dal giudice del gravame soltanto se il relativo capo della sentenza abbia costituito oggetto di specifico motivo d'impugnazione.
Cass. civ. n. 15563/2024
L'attore non è legittimato a impugnare per incompetenza la pronuncia del giudice da lui adito, ancorché sfavorevole nel merito, poiché il riconoscimento della competenza, desumibile dalla proposizione della domanda, esclude la sua soccombenza sul punto.
Cass. civ. n. 2424/2024
Non é impugnabile nei modi ordinari, ai fini della esclusiva riforma del capo sulle spese, un provvedimento giurisdizionale che abbia pronunciato soltanto sulla competenza e sulle spese di lite, se il motivo di censura si basi sulla illegittimità della statuizione sulla competenza e non sul mancato rispetto della disciplina sulle spese processuali.
Cass. civ. n. 40428/2023
In tema di concorso di persone nel reato di abuso d'ufficio, la mera "raccomandazione" o "segnalazione" non ha di per sé un'efficacia causale sul comportamento del soggetto attivo, il quale è libero di aderirvi o meno secondo il suo personale apprezzamento, salvo che essa sia caratterizzata da ulteriori comportamenti positivi o coattivi che abbiano efficacia determinante sulla condotta del soggetto qualificato, costituendo in tale caso una forma di concorso morale nel reato. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la sussistenza del reato ascritto ad un capo dipartimento di Roma Capitale che, al di fuori dello svolgimento delle proprie funzioni, aveva informalmente segnalato per una posizione dirigenziale il proprio fratello all'assessore competente alla designazione).
Cass. civ. n. 38127/2023
606 REATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - 015 TURBATA LIBERTA' DEGLI INCANTI REATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - DELITTI - DEI PRIVATI - INCANTI - TURBATA LIBERTA' DEGLI INCANTI - Gara - Nozione - Concorsi per il reclutamento del personale - Esclusione - Ragioni - Fattispecie. In tema di turbativa d'asta, le procedure concorsuali per l'assunzione di personale da parte dello Stato e delle sue articolazioni non possono essere ricondotte alla nozione di "gara" di cui la pubblica amministrazione si avvale per la cessione di beni ovvero per l'affidamento all'esterno dell'esecuzione di un'opera o la gestione di un servizio, ostandovi il dato testuale dell'art. 353 cod. pen. - facente tassativo riferimento alle gare nei "pubblici incanti e nelle licitazioni private per conto di pubbliche amministrazioni" - e, dunque, il divieto di analogia "in malam partem". (Fattispecie cautelare relativa a concorso per titoli ed esami per la copertura di un posto di istruttore direttivo nell'amministrazione comunale).
Cass. civ. n. 38125/2023
In tema di abuso di ufficio, la modifica introdotta con l'art. 23 d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, ha ristretto l'ambito applicativo dell'art. 323 cod. pen., determinando l'"abolitio criminis" delle condotte, antecedenti all'entrata in vigore della riforma, realizzate mediante violazione di norme generali e astratte dalle quali non siano ricavabili regole di comportamento specifiche ed espresse, o che comunque lascino residuare margini di discrezionalità, sicché deve escludersi che integri il reato la sola violazione dei principi di imparzialità e buon andamento di cui all'art. 97, comma 3, Cost. (Fattispecie nella quale si è ritenuto che la concessione al pregresso contraente della c.d. "proroga tecnica" del servizio di gestione dei parcheggi di un comune, onde consentirgli di perfezionare adempimenti indispensabili per la partecipazione alla gara per l'affidamento del nuovo contratto, non avesse integrato la violazione di alcuna specifica regola di condotta prevista dalla legge).
Cass. civ. n. 32319/2023
Non è configurabile il delitto di turbata libertà degli incanti nel caso di procedure di concorso finalizzate al reclutamento di docenti universitari, posto che la norma incriminatrice, nel riferirsi testualmente a nozioni tecniche dal significato infungibile, indicato nel codice degli appalti e nella normativa di settore di cui al r.d. n. 2440 del 1923 e al r.d. n. 827 del 1924, circoscrive la tutela alle sole procedure finalizzate alla cessione di beni o all'affidamento all'esterno dell'esecuzione di un'opera o della gestione di un servizio e non ai concorsi per il reclutamento del personale docente delle università, caratterizzati dalla valutazione di offerte che si risolvono nell'attività pregressa del candidato.
Cass. civ. n. 29187/2023
medesimo reato – Proscioglimento del concorrente – Efficacia del vincolo nei confronti di persona iscritta nel registro degli indagati per il medesimo reato dopo il proscioglimento del concorrente – Esclusione – Ragioni. In tema di sequestro preventivo impeditivo, il vincolo sul bene, in precedenza adottato nell'ambito di altro procedimento, definito con sentenza di proscioglimento, a carico di un concorrente nel medesimo reato, non ha efficacia nei confronti della persona sottoposta a indagini, titolare del medesimo bene, la cui iscrizione nel registro degli indagati sia avvenuta dopo l'indicata definizione, trattandosi di misura cautelare disposta nell'ambito di procedimento ormai definito, pur se il nuovo fascicolo sia stato formato mediante estrazione di copia degli atti del procedimento "a quo".
Cass. civ. n. 12086/2023
La persistenza dell'interesse ad impugnare postula una soccombenza, anche parziale, della parte (intesa in senso sostanziale e non formale), la cui legittimazione all'impugnazione non viene meno per effetto dell'accoglimento della sua domanda di manleva nei confronti di un terzo - chiamato in causa proprio per tenere indenne il soccombente dalle conseguenze della condanna - in quanto si tratta di una domanda diversa, che non incide sulla soccombenza nel rapporto principale.
Cass. civ. n. 5077/2023
In tema di tentativo incompiuto, la desistenza volontaria del singolo concorrente, perché si riverberi favorevolmente sulla posizione dei compartecipi, non può esaurirsi nella cessazione della azione criminosa individuale, ma deve instaurare un processo causale che determini l'interruzione volontaria della sequenza degli atti destinati a produrre l'evento antigiuridico. (Fattispecie relativa a reato di abuso di ufficio in cui, in seguito a delibera comunale di affidamento senza gara dell'utilizzo di locali, è stata ravvisata l'esimente a vantaggio dei componenti dell'intera giunta con riguardo alla condotta della dirigente comunale che, prima che si addivenisse alla stipula della convenzione attuativa, decise di dare corso alla procedura di evidenza pubblica).
Cass. civ. n. 4003/2023
In tema di misure cautelari reali, l'istanza di revoca del sequestro preventivo e l'appello cautelare avverso l'eventuale decisione di rigetto non sono preclusi dalla confisca non irrevocabile disposta con la sentenza di primo grado, sempre che siano dedotti elementi nuovi rispetto agli atti processuali, non vagliati nella decisione di condanna, e sia ancora in discussione il merito della statuizione ablatoria, non potendo essere proposti dopo la pronuncia della sentenza di appello confermativa della confisca.
Cass. civ. n. 3812/2023
Se la sentenza di accoglimento dell'opposizione ad una cartella di pagamento invalidamente notificata e conosciuta dall'opponente solo attraverso un estratto di ruolo è impugnata soltanto per la statuizione sulle spese, lo "ius superveniens" di cui all'art. 12, comma 4-bis, del d.P.R. n. 602 del 1973 - in forza del quale l'azione e l'impugnazione sarebbero state inammissibili - non può incidere sulle statuizioni coperte dal giudicato, ma può rilevare ai fini della decisione di compensazione dei costi della lite.
Cass. civ. n. 3544/2023
Nell'abuso di ufficio la violazione di legge rappresenta un presupposto di fatto che non integra il delitto, con la conseguenza che tale requisito deve essere valutato con riferimento al tempo in cui il fatto è stato commesso, ed è irrilevante ex art. 2 cod. pen. la modifica sopravvenuta della disposizione di legge. (Fattispecie in cui l'imputato nella qualità di segretario comunale ha violato la procedura di affidamento diretto di un servizio pubblico mediante l'artificioso frazionamento del valore delle prestazioni di servizi in importi inferiori alla somma di 40.000 euro, successivamente elevata a 150.000 euro ex art. 50, comma 1, d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36).
Cass. pen. n. 50946/2017
In tema di misure cautelari reali, è inammissibile il ricorso diretto per cassazione avverso il provvedimento con il quale il giudice, ai sensi dell'art. 323, comma 4, cod. proc. pen., dispone su istanza del pubblico ministero che sulle cose già oggetto di sequestro preventivo sia mantenuto il sequestro con le finalità conservative di cui all'art. 316 cod. proc. pen.; né il rimedio inammissibilmente esperito può convertirsi in richiesta di riesame, previa trasmissione degli atti al giudice competente, ai sensi dell'art. 568, comma 5, cod. proc. pen., nel caso in cui l'impugnazione sia stata proposta oltre il termine perentorio di dieci giorni previsto dall'art. 324, comma 1, cod. proc. pen.
Cass. pen. n. 40388/2009
In tema di misure cautelari reali, quando sia intervenuta una sentenza non irrevocabile di condanna deve escludersi l'esecutività immediata dei provvedimenti restitutori dei beni sottoposti a sequestro preventivo anche nell'ipotesi in cui non ne sia stata disposta la confisca, salvo che le esigenze cautelari giustificative del vincolo siano cessate. (Fattispecie relativa ad una sentenza di condanna intervenuta in primo grado per i reati di associazione per delinquere e peculato, con un contestuale ordine di dissequestro e restituzione di beni mobili e conti correnti sequestrati all'imputato e alla coniuge).
Cass. pen. n. 699/1999
Dopo la sentenza definitiva, qualora non sia stata disposta la confisca e non vi sia stata conversione in sequestro conservativo ex art. 323, comma quarto, c.p.p., le cose sequestrate devono essere restituite a colui che prova di averne diritto, ed il sequestro non può essere mantenuto a garanzia né dei provvedimenti della P.A., né della demolizione ordinata ai sensi dell'art. 7, ultimo comma, legge 28 febbraio 1985 n. 47. D'altro canto, mantenendo il sequestro del manufatto abusivo oltre la condanna definitiva si verrebbe a privare ingiustamente il proprietario del potere di ottemperare spontaneamente alla demolizione disposta dal giudice.
Cass. pen. n. 711/1997
In tema di reati edilizi, il sequestro preventivo di un immobile abusivo deve essere revocato con la sentenza di condanna di primo grado e il bene dovrà essere restituito agli aventi diritto. A tal fine sarà tuttavia necessario accertare in sede di restituzione se sia decorso il termine di novanta giorni dalla notificazione dell'ingiunzione a demolire, che comporta l'automatica acquisizione e l'immediato trasferimento dell'immobile, dell'area di sedime e delle pertinenze urbanistiche, al patrimonio del comune, sempre che il proprietario non sia incolpevole o estraneo all'abuso.
Cass. pen. n. 8444/1993
In tema di reati edilizi, il sequestro preventivo ha, per sua natura e finalità, carattere provvisorio e cautelare: non può quindi — in tema di reati edilizi — essere mantenuto dopo la sentenza di condanna, sia perché questa interrompe la permanenza, che caratterizza i suddetti illeciti; sia perché l'eventuale reiterazione della condotta vietata dà luogo ad altra ipotesi di reato; sia perché il provvedimento perde efficacia con la pronuncia della suddetta decisione. (La Corte ha ritenuto compatibile l'ordine di demolizione delle opere abusive ed il dissequestro).
Cass. pen. n. 676/1993
In tema di restituzione di immobile sequestrato, perché abusivamente realizzato, il giudice deve, di regola, restituire lo stesso a colui al quale sia stata sottratta la disponibilità al momento dell'esecuzione del provvedimento di sequestro. Non è, infatti, consentita la restituzione in favore dell'amministrazione neppure al solo fine della demolizione, poiché questa è una sanzione amministrativa, applicabile direttamente dalla pubblica amministrazione medesima in sede di autotutela. L'immobile va restituito all'ente territoriale solo quando il predetto iter amministrativo sia stato completato (acquisizione e titolo per l'immissione in possesso) in modo incontestato e definitivo. (Nella specie la restituzione al comune, disposta con sentenza, è stata oggetto di annullamento da parte della Suprema Corte, in quanto priva di motivazione).