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Art. 349 — Identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e di altre persone

Art. 349 — Identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e di altre persone

1. La polizia giudiziaria procede alla identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e delle persone in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti.

2. Alla identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini [ 61 ] può procedersi anche eseguendo, ove occorra, rilievi dattiloscopici, fotografici e antropometrici nonché altri accertamenti .

2-bis. Se gli accertamenti indicati dal comma 2 comportano il prelievo di capelli o saliva e manca il consenso dell’interessato, la polizia giudiziaria procede al prelievo coattivo nel rispetto della dignità personale del soggetto, previa autorizzazione scritta, oppure resa oralmente e confermata per iscritto, del pubblico ministero .

3. Quando procede alla identificazione, la polizia giudiziaria invita la persona nei cui confronti vengono svolte le indagini a dichiarare o a eleggere il domicilio per le notificazioni a norma dell’articolo 161. Osserva inoltre le disposizioni dell’articolo 66.

4. Se taluna delle persone indicate nel comma 1 rifiuta di farsi identificare ovvero fornisce generalità o documenti di identificazione in relazione ai quali sussistono sufficienti elementi per ritenerne la falsità, la polizia giudiziaria la accompagna nei propri uffici e ivi la trattiene per il tempo strettamente necessario per la identificazione e comunque non oltre le dodici ore ovvero, previo avviso anche orale al pubblico ministero, non oltre le ventiquattro ore, nel caso che l’identificazione risulti particolarmente complessa oppure occorra l’assistenza dell’autorità consolare o di un interprete, ed in tal caso con facoltà per il soggetto di chiedere di avvisare un familiare o un convivente .

5. Dell’accompagnamento e dell’ora in cui questo è stato compiuto è data immediata notizia al pubblico ministero il quale, se ritiene che non ricorrono le condizioni previste dal comma 4, ordina il rilascio della persona accompagnata.

6. Al pubblico ministero è data altresì notizia del rilascio della persona accompagnata e dell’ora in cui esso è avvenuto.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.

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Massime correlate

Cass. pen. n. 29641/2018

Alla persona accompagnata presso gli uffici della polizia giudiziaria per l’identificazione ai sensi dell’art. 349, comma 4, cod. proc. pen. non spetta il diritto di ricevere le informazioni concernenti i diritti processuali, tra cui quello al silenzio e quello ad essere informata dell’accusa. [Fattispecie nella quale la Corte ha affermato l’utilizzabilità nel giudizio abbreviato delle spontanee dichiarazioni rese da persona condotta nella caserma dei carabinieri ai fini della identificazione che, sebbene non avesse ricevuto le informazioni indicate, sapeva di essere indagata].

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Cass. pen. n. 19044/2017

L’identificazione dell’indagato ad opera della polizia giudiziaria è validamente operata sulla base delle dichiarazioni dallo stesso fornite, perché il ricorso ai rilievi dattiloscopici, fotografici o antropometrici, o ad altri accertamenti, si giustifica soltanto in presenza di elementi di fatto che facciano ritenere la falsità delle indicate dichiarazioni.

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Cass. pen. n. 38544/2008

Gli accertamenti dattiloscopici compiuti dalla polizia giudiziaria, pur potendo costituire fonte di prova nel giudizio, non hanno carattere né formale, né sostanziale di perizia, ma s’inquadrano nell’attività preliminare d’accertamento e d’assicurazione delle prove, per l’espletamento della quale non è necessario venga garantita la presenza e l’intervento del difensore dell’indiziato.

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Cass. pen. n. 1326/1995

Il riconoscimento fotografico di persone – che deve essere tenuto distinto dalla ricognizione personale prevista dall’art. 213 c.p.p. costituisce un mezzo di prova pienamente utilizzabile ai fini della formazione del convincimento del giudice se adeguatamente motivato in relazione al suo contenuto intrinseco ed alle modalità di controllo e di riscontro.

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Cass. pen. n. 6422/1994

Il valore della ricognizione fotografica eseguita dalla polizia giudiziaria, per sé meramente indiziario, viene totalmente meno ove la ricognizione di persona, successivamente eseguita in sede di incidente probatorio, dia esito negativo, potendo conservare valenza indiziaria al riconoscimento fotografico solo la dimostrazione che il detto esito negativo sia l’effetto di un mendacio. Da ciò deriva, a corollario, che l’individuazione consente un’oggettiva ripetibilità attraverso il corrispondente strumento di acquisizione probatoria e, dunque, come ad essa non possa essere assegnato il valore di atto [contenutisticamente] non ripetibile.

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Cass. pen. n. 1725/1994

Gli atti di individuazione fotografica effettuati dalla polizia giudiziaria su delega del P.M. non sono compresi tra gli atti del P.M. ai quali il difensore e l’indagato abbiano diritto di assistere. La mancata partecipazione del difensore e della persona indagata alla individuazione fotografica non può pregiudicare il diritto alla difesa, trattandosi di atto di indagine finalizzato non a formare la prova ma ad orientare le investigazioni e che è utilizzabile per l’emissione di una misura cautelare.

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Cass. pen. n. 1680/1993

Il giudice di merito può trarre il proprio convincimento da ogni elemento indiziante o di prova e, quindi, anche da ricognizioni non formali e riconoscimenti fotografici, sicché nell’ambito dei poteri discrezionali di valutazione che l’ordinamento gli riconosce, può attribuire concreto valore indiziante o probatorio all’identificazione dell’autore del reato mediante riconoscimento fotografico, che costituisce accertamento di fatto utilizzabile in virtù dei principi della non tassatività dei mezzi di prova e del libero convincimento, che consentono il ricorso non solo alle cosiddette «prove legali», ma anche ad elementi di giudizio diversi, purché acquisiti non in violazione di specifici divieti.

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