Art. 366 – Codice di procedura penale – Deposito degli atti cui hanno diritto di assistere i difensori
1. Salvo quanto previsto da specifiche disposizioni [268], i verbali degli atti compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria ai quali il difensore ha diritto di assistere [350, 356, 364, 365], sono depositati nella segreteria del pubblico ministero entro il terzo giorno successivo al compimento dell'atto, con facoltà per il difensore di esaminarli ed estrarne copia nei cinque giorni successivi. Quando non è stato dato avviso del compimento dell'atto, al difensore è immediatamente notificato l'avviso di deposito e il termine decorre dal ricevimento della notificazione. Il difensore ha la facoltà di esaminare le cose sequestrate nel luogo in cui esse si trovano e, se si tratta di documenti, di estrarne copia.
2. Il pubblico ministero, con decreto motivato, può disporre, per gravi motivi, che il deposito degli atti indicati nel comma 1 e l'esercizio della facoltà indicata nel terzo periodo dello stesso comma siano ritardati, senza pregiudizio di ogni altra attività del difensore, per non oltre trenta giorni. Contro il decreto del pubblico ministero la persona sottoposta ad indagini ed il difensore possono proporre opposizione al giudice, che provvede ai sensi dell'articolo 127.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 1041/2025
In tema di ricorso per cassazione, pur costituendo il giudicato la regola del caso concreto e conseguentemente una questione di diritto da accertare direttamente, la sua interpretazione, da parte del giudice di legittimità, è possibile solo se la sentenza da esaminare venga messa a disposizione mediante trascrizione nel corpo del ricorso, derivandone in mancanza l'inammissibilità del motivo, con cui si denuncia la violazione dell'art. 2909 c.c., restando precluse ogni tipo di attività nomofilattica. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso nel quale la sentenza di primo grado - dalla quale desumere la violazione del giudicato interno in ordine alla sussistenza dell'interesse ad agire e la conseguente inapplicabilità nei giudizi pendenti dell'art. 12, comma 4-bis del d.P.R. n. 602 del 1973, introdotto con l'art. 3-bis del d.l. n. 146 del 2021, convertito dalla l. n. 215 del 2021 - era stata riportata solo nel frontespizio).
Cass. civ. n. 317/2025
Il ricorso per cassazione in cui mancano del tutto - o sono erroneamente indicati - il nome o il cognome dell'intimato non è inammissibile per violazione dell'art. 366, comma 1, n. 1), c.p.c., se dal contenuto complessivo dell'atto introduttivo o dal suo riferimento agli atti dei precedenti gradi di giudizio è agevole identificare con certezza la parte.
Cass. civ. n. 25700/2024
Nel giudizio di legittimità, la parte ricorrente che deduca l'inesistenza del giudicato esterno invece affermato dalla Corte di appello deve, per il principio di autosufficienza del ricorso ed a pena d'inammissibilità dello stesso, riprodurre in quest'ultimo il testo integrale della sentenza che si assume essere passata in giudicato, non essendo a tal fine sufficiente il richiamo a stralci della motivazione.
Cass. civ. n. 20870/2024
Nel ricorso per cassazione, il vizio di violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., giusta il disposto dell'art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., dev'essere dedotto, a pena d'inammissibilità, non solo con l'indicazione delle norme che si assumono violate, ma anche mediante la specifica indicazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l'interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla S.C. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione.
Cass. civ. n. 18018/2024
In tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l'avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche, in virtù del principio di autosufficienza, indicare in quale specifico atto del grado precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel "thema decidendum" del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito e non rilevabili di ufficio.
Cass. civ. n. 15058/2024
Ai fini del rispetto del principio di autosufficienza, il ricorso per cassazione con cui viene dedotta la violazione del principio di non contestazione deve indicare sia la sede processuale in cui sono state dedotte le tesi ribadite o lamentate come disattese, inserendo nell'atto la trascrizione dei relativi passaggi argomentativi, sia, specificamente, il contenuto della comparsa di risposta avversaria e degli ulteriori scritti difensivi, in modo da consentire alla Corte di valutare la sussistenza dei presupposti per la corretta applicazione dell'art. 115 c.p.c.
Cass. civ. n. 9450/2024
La proposizione, mediante ricorso per cassazione, di censure prive di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata, comporta l'inammissibilità del ricorso, risolvendosi in un non motivo.
Cass. civ. n. 5303/2024
L'omessa indicazione, nel ricorso per cassazione o nella relativa procura speciale, del codice fiscale o della partita IVA del ricorrente non ne determina la nullità, non essendo essa prescritta dall'art. 366, comma 1, n. 1, c.p.c. e potendosi, in ogni caso, risalire all'identità della parte attraverso la menzione dei dati anagrafici (o della sede, se si tratti di società).
Cass. civ. n. 1341/2024
Il motivo d'impugnazione è costituito dall'enunciazione delle ragioni per le quali la decisione è erronea e si traduce in una critica della decisione impugnata, non potendosi, a tal fine, prescindere dalle motivazioni poste a base del provvedimento stesso, la mancata considerazione delle quali comporta la nullità del motivo per inidoneità al raggiungimento dello scopo; tale nullità si risolve in un "non motivo" del ricorso per cassazione ed è conseguentemente sanzionata con l'inammissibilità, ai sensi dell'art. 366, n. 4, c.p.c.
Cass. civ. n. 33353/2023
Il ricorso per cassazione redatto mediante la giustapposizione di una serie di documenti integralmente riprodotti è inammissibile per violazione del principio di autosufficienza, il quale postula che l'enunciazione dei motivi e delle relative argomentazioni sia espressa mediante un discorso linguistico organizzato in virtù di una concatenazione sintattica di parole, frasi e periodi, sicché, senza escludere radicalmente che nel contesto dell'atto siano inseriti documenti finalizzati alla migliore comprensione del testo, non può essere demandato all'interprete di ricercare gli elementi rilevanti all'interno dei menzionati documenti, se del caso ricostruendo una connessione logica tra gli stessi, non esplicitamente affermata dalla parte. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso nei confronti del provvedimento di rigetto del reclamo proposto ex art. 18 l.fall. nei confronti di una sentenza di fallimento conseguente alla declaratoria di inammissibilità di una proposta di concordato, che prevedeva la falcidia del debito tributario in assenza di transazione fiscale).
Cass. civ. n. 26619/2023
Alla regola secondo cui nel giudizio di legittimità l'elenco dei documenti relativi all'ammissibilità del ricorso, che siano stati prodotti successivamente al deposito di questo, debba essere notificato alle altre parti (art. 372, secondo comma, c.p.c.) si può derogare quando, nonostante
Cass. civ. n. 26562/2023
In materia di opposizioni esecutive, il ricorso per cassazione carente dell'esatta indicazione dei litisconsorti necessari è inammissibile, ai sensi dell'art. 366, comma 1, n. 1, c.p.c.: non è possibile, nonostante la violazione dell'art. 102 c.p.c., rimettere l'intera causa al giudice di primo grado al fine di procedere a contraddittorio integro a causa dell'assoluta incertezza dell'identità dei litisconsorti stessi, trattandosi di requisito di contenuto-forma che deve essere assolto necessariamente con il ricorso e non può essere ricavato "aliunde". (In applicazione del principio la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal creditore procedente avverso la sentenza di accoglimento dell'opposizione proposta dal debitore esecutato in un'esecuzione mobiliare presso terzi, in ragione della totale omissione di identificazione dei terzi pignorati, litisconsorti necessari).
Cass. civ. n. 20076/2023
L'art. 82 del r.d. n. 37 del 1934 - secondo cui gli avvocati, i quali esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati devono, all'atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l'autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso, intendendosi, in caso di mancato adempimento di detto onere, lo stesso eletto presso la cancelleria dell'autorità giudiziaria adita - trova applicazione in ogni caso di esercizio dell'attività forense fuori del circondario di assegnazione dell'avvocato, come derivante dall'iscrizione al relativo ordine professionale e, quindi, anche nel caso in cui il giudizio sia in corso innanzi alla corte d'appello e l'avvocato risulti essere iscritto all'ordine di un tribunale diverso da quello nella cui circoscrizione ricade la sede della corte territoriale, ancorché appartenente allo stesso distretto di quest'ultima. Tuttavia, a partire dalla data di entrata in vigore delle modifiche degli artt. 125 e 366 c.p.c., apportate dall'art. 25 della l. n. 183 del 2011, esigenze di coerenza sistematica e d'interpretazione costituzionalmente orientata inducono a ritenere che, nel mutato contesto normativo, la domiciliazione "ex lege" presso la cancelleria dell'autorità giudiziaria, innanzi alla quale è in corso il giudizio, ai sensi del cit. art. 82, consegue soltanto ove il difensore, non adempiendo all'obbligo prescritto dall'art. 125 c.p.c. per gli atti di parte e dall'art. 366 c.p.c. specificamente per il giudizio di cassazione, non abbia indicato l'indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine.
Cass. civ. n. 16549/2023
il motivo ex art. 360, n. 3, c.p.c. - Esclusione – Fondamento – Mancanza di specificità - Fattispecie. In tema di ricorso per cassazione, la mera allegazione che la sentenza impugnata ha applicato una disposizione normativa abrogata al tempo del giudizio non è, in sé, sufficiente ad integrare il motivo della violazione di norma di diritto ex art. 360, n. 3, c.p.c., tenuto conto che, in considerazione della pluralità degli esiti normativi cui può dar luogo l'abrogazione di una disposizione legislativa, il requisito di specificità dei motivi di ricorso, di cui all'art. 366, n. 4, c.p.c., impone al ricorrente di individuare la norma di diritto – conseguente alla suddetta abrogazione – di cui assume la violazione, nonché di articolare una specifica censura al riguardo. (Principio affermato dalla S.C. con riguardo ad una normativa della Provincia autonoma di Trento, relativa alle distanze degli edifici dal confine, la quale era stata correttamente applicata dal giudice di merito, in virtù di una specifica disposizione transitoria, nonostante fosse stata abrogata anteriormente all'instaurazione del giudizio).
Cass. civ. n. 15846/2023
Il principio della rilevabilità in sede di legittimità del giudicato esterno, sempre che questo risulti dagli atti comunque prodotti nel giudizio di merito, deve essere coordinato con l'onere di completezza e autosufficienza del ricorso, per cui la parte ricorrente che deduca il suddetto giudicato deve indicare il momento e le circostanze processuali in cui i predetti atti siano stati prodotti, senza possibilità di depositare per la prima volta la sentenza in sede di legittimità, atteso che tale facoltà è consentita solo in caso di giudicato successivo alla sentenza impugnata.
Cass. civ. n. 14878/2023
Ai sensi dell'art. 82 del r.d. n. 37 del 1934, il procuratore che eserciti il suo ministero fuori della circoscrizione del tribunale cui è assegnato deve eleggere domicilio, all'atto di costituirsi in giudizio, nel luogo dove ha sede l'ufficio giudiziario presso il quale è in corso il processo ovvero, a decorrere dalla data di entrata in vigore delle modifiche degli artt. 125 e 366 c.p.c., apportate dall'art. 25 della legge 12 novembre 2011, n. 183, e sino all'entrata in vigore dell'art. 16-sexies del d.l. n. 179 del 2012, conv. con modif. in l. n. 221 del 2012, indicare l'indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine, intendendosi, in difetto, che egli abbia eletto domicilio presso la cancelleria della stessa autorità giudiziaria, rimanendo per converso irrilevante, ai fini della notifica della sentenza per il decorso del termine breve per l'impugnazione, nonché per la notifica dell'atto di impugnazione, l'indicazione della residenza o anche l'elezione del domicilio fatta dalla parte stessa nella procura alle liti.
Cass. civ. n. 14813/2023
Nel giudizio di cassazione non trova applicazione il disposto dell'art. 346 c.p.c., relativo alla rinuncia alle domande ed eccezioni non accolte in primo grado; pertanto, sulle questioni esplicitamente o implicitamente dichiarate assorbite dal giudice di merito, e non riproposte in sede di legittimità all'esito di tale declaratoria, non si forma il giudicato implicito, ben potendo le suddette questioni, in caso di accoglimento del ricorso, essere riproposte e decise nell'eventuale giudizio di rinvio.
Cass. civ. n. 11325/2023
Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, secondo il quale, ove si denunci la mancata pronuncia su motivi d'appello, è necessario che questi ultimi siano riportati nell'atto d'impugnazione, deve essere interpretato in maniera elastica, in conformità all'evoluzione della giurisprudenza di questa Corte - oggi recepita dal nuovo testo dell'art. 366, comma 1, n. 6 c.p.c., come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022 - dovendosi perciò ritenere che la trascrizione del motivo non sia indispensabile, a condizione che il suo contenuto sia sufficientemente determinato in modo da renderlo pienamente comprensibile e ne sia fornita una specifica indicazione, tale da consentirne l'individuazione nell'ambito dell'atto di appello.
Cass. civ. n. 938/2023
Il ricorso per cassazione proposto sulla base della procura rilasciata dal ricorrente al proprio difensore nell'atto d'appello è inammissibile, per difetto della prescritta procura speciale, essendo quest'ultima inidonea allo scopo se conferita con atto separato in data anteriore alla pubblicazione della sentenza da impugnare e, pertanto, senza lo specifico riferimento al giudizio di legittimità; né è possibile una sanatoria dell'atto mediante rinnovazione, ai sensi dell'art. 182 c.p.c., atteso che l'applicazione di detta norma non è compatibile con la disciplina del conferimento della procura per il giudizio di cassazione che, per il disposto dell'art. 365 c.p.c., richiede l'esistenza di una procura speciale valida come requisito di ammissibilità del ricorso per cassazione e, per il disposto dell'art. 366, n. 5, c.p.c., che tale procura venga ad esistenza prima del ricorso e non dopo.
Cass. pen. n. 12025/2011
In tema di guida in stato di ebbrezza, l'omesso deposito del verbale contenente gli esiti del cosiddetto "alcoltest" non integra alcuna nullità, ma costituisce una mera irregolarità che non incide sulla validità o sull'utilizzabilità dell'atto, rilevando solo ai fini della decorrenza del termine entro il quale è consentito l'esercizio delle attività difensive.
Cass. pen. n. 8107/2010
Ai fini della valutazione di tempestività dell'eccezione di nullità del sequestro per omesso avviso, da parte della polizia giudiziaria all'interessato, della facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia - eccezione che va formulata prima del compimento dell'atto ovvero, se ciò non è possibile, immediatamente dopo - si deve avere riguardo al termine di cinque giorni previsto dall'art. 366 c.p.p., decorrente dalla data del predetto compimento.
Cass. pen. n. 26738/2006
Il verbale contenente gli esiti del cosiddetto «alcooltest» per l'accertamento della guida in stato di ebbrezza alcoolica, non è soggetto al deposito previsto dall'art. 366 comma primo c.p.p., in quanto si tratta di un atto di polizia giudiziaria, urgente e indifferibile, al quale il difensore, ai sensi dell'art. 356 stesso codice, può assistere, senza che abbia il diritto di preventivo avviso. (La Corte ha escluso la nullità dell'accertamento urgente per l'omesso deposito del relativo verbale nei termini previsti dall'art. 366 comma primo c.p.p., precisando che la polizia giudiziaria quando procede ad un atto urgente ex art. 354 stesso codice ha solo l'obbligo, ai sensi dell'art. 114 disp. att. c.p.p., di avvertire la persona sottoposta alle indagini della facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia, ma non è tenuta né a prendere notizia dell'eventuale nomina, nè a nominare un difensore d'ufficio, con conseguente inapplicabilità della procedura di deposito di cui al citato art. 366).
Cass. pen. n. 12276/2005
L'omesso avviso del deposito, previsto dall'articolo 366 del c.p.p., riguardante i verbali degli atti compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria ai quali il difensore ha diritto di assistere, laddove ravvisabile, costituisce comunque una mera irregolarità che, senza incidere sulla validità e utilizzabilità dell'atto, rileva solo ai fini della decorrenza del termine entro il quale è consentito l'esercizio delle attività difensive (esame dell'atto e richiesta di copia). Tale omissione, in vero, non espressamente prevista tra le nullità assolute, non può essere neppure inclusa tra le nullità previste dall'articolo 178, comma 1, lettera c), del c.p.p., riguardando queste ultime l'intervento e la presenza del difensore «al momento» del compimento dell'atto processuale. (Nella fattispecie, in applicazione di tale principio, si è ritenuto corretto l'operato del giudice che aveva utilizzato, ai fini dell'affermazione di responsabilità per il reato di cui all'articolo 186 del codice della strada, gli esiti dell'alcooltest effettuato dalla polizia giudiziaria, nonostante il mancato tempestivo avviso di deposito del relativo verbale).
Cass. pen. n. 21738/2004
I verbali degli atti compiuti dalla polizia giudiziaria ai sensi dell'art. 354 c.p.p., tra i quali va annoverato l'accertamento strumentale dello stato di ebbrezza alla guida, previsto dall'art., 186 c.s. e dall'art. 379 del relativo regolamento di attuazione (c.d. alcool-test), non sono soggetti all'obbligo del deposito al difensore, contemplato dall'art. 366 c.p.p., trattandosi di atti ai quali il difensore ha diritto di assistere senza preavviso e per la cui effettuazione, a differenza di quanto stabilito dall'art. 365 c.p.p. per gli atti di perquisizione o sequestro compiuti direttamente dal pubblico ministero, non è prevista la designazione, all'occorrenza, di un difensore d'ufficio, ma solo l'avvertimento, ex art. 114 disp. att. c.p.p., della facoltà di farsi assistere da un difensore; ragion per cui, mancando detta designazione, mancherebbe anche il soggetto nei cui confronti dovrebbe realizzarsi la garanzia.
Cass. pen. n. 42020/2003
In tema di guida in stato di ebbrezza, l'omesso avviso di deposito, previsto dall'art. 366 c.p.p., del verbale contenente i risultati dell'alcooltest integra gli estremi della nullità relativa, la quale, se ritualmente eccepita, comporta l'inutilizzabilità dell'accertamento effettuato con tale mezzo di prova, con la conseguenza che di esso il giudice non può tenere conto nella formazione del suo convincimento in ordine alla sussistenza della responsabilità dell'imputato; è, tuttavia, illegittima la sentenza di non doversi procedere per la nullità della suddetta prova, posta a base del rinvio a giudizio dell'imputato, attesochè la responsabilità in ordine al reato di guida in stato di ebbrezza in conseguenza dell'uso di bevande alcoliche non deve necessariamente essere provata attraverso l'alcooltest, ma può essere desunta da qualsiasi altro elemento probatorio idoneo a comprovare lo stato di alterazione psicofisica. (Contrasto segnalato con relazione n. 94 del 2003).
Cass. pen. n. 15186/2002
In tema di sequestro probatorio, le cose oggetto del vincolo non devono essere depositate nella segreteria del pubblico ministero con i verbali degli atti cui il difensore aveva diritto di assistere, come si evince dall'ultimo periodo dell'art. 366, comma 1, c.p.p., novellato dall'art. 10, comma 1 della L. 7 dicembre 2000, n. 367, che attribuisce al difensore la facoltà di esaminare le cose sequestrate «nel luogo in cui si trovano», con esclusione quindi dell'obbligo formale del deposito e di ogni altro avviso non previsto dalla norma. (Nell'affermare tale principio la Corte ha precisato che detta facoltà, non soggetta a termine, è correlata all'esercizio del diritto ad ottenere la restituzione e non alla facoltà di impugnazione del decreto del pubblico ministero in sede di riesame).
Cass. pen. n. 770/1996
Il termine per proporre il riesame del provvedimento di sequestro, eseguito nel corso di una rogatoria internazionale, non decorre dal giorno della notifica di avviso di deposito degli atti di tale rogatoria, effettuato a norma dell'art. 366 c.p.p., se in tale avviso non si fa menzione del sequestro. La notificazione di tale avviso non può integrare conoscenza legale degli atti depositati, se non alla scadenza del termine di cinque giorni dato dall'art. 366 c.p.p. per esaminare gli atti ed estrarne copia o, prima di tale scadenza, al momento dell'esame di tali atti.