Art. 143 – Codice di procedura penale – Diritto all’interprete e alla traduzione di atti fondamentali
1. L'imputato [60-61] che non conosce la lingua italiana [109] ha diritto di farsi assistere gratuitamente, indipendentemente dall'esito del procedimento, da un interprete al fine di potere comprendere l'accusa contro di lui formulata e di seguire il compimento degli atti cui partecipa. Ha altresì diritto all'assistenza gratuita di un interprete per le comunicazioni con il difensore prima di rendere un interrogatorio, ovvero al fine di presentare una richiesta o una memoria nel corso del procedimento.
2. Negli stessi casi l'autorità procedente dispone la traduzione scritta, entro un termine congruo tale da consentire l'esercizio dei diritti e della facoltà della difesa, dell'informazione di garanzia, dell'informazione sul diritto di difesa, dei provvedimenti che dispongono misure cautelari personali, dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, dei decreti che dispongono l'udienza preliminare e la citazione a giudizio, delle sentenze e dei decreti penali di condanna.
3. La traduzione gratuita di altri atti o anche solo di parte di essi, ritenuti essenziali per consentire all'imputato di conoscere le accuse a suo carico, può essere disposta dal giudice, anche su richiesta di parte, con atto motivato, impugnabile unitamente alla sentenza.
4. L'accertamento sulla conoscenza della lingua italiana è compiuto dall'autorità giudiziaria. La conoscenza della lingua italiana è presunta fino a prova contraria per chi sia cittadino italiano.
5. L'interprete e il traduttore sono nominati anche quando il giudice, il pubblico ministero o l'ufficiale di polizia giudiziaria ha personale conoscenza della lingua o del dialetto da interpretare.
6. La nomina del traduttore per gli adempimenti di cui ai commi 2 e 3 è regolata dagli articoli 144 e seguenti del presente titolo. La prestazione dell'ufficio di interprete e di traduttore è obbligatoria.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 30805/2024
In tema di traduzione di atti, il disposto dell'art. 143, comma 2, cod. proc. pen., indicativo di quelli per cui sussiste l'obbligo di traduzione a cura dell'autorità procedente, trova applicazione con riguardo alle sentenze della Corte di cassazione emesse nei confronti di imputato alloglotta, nel solo caso in cui esse non concludano il processo e non facciano venir meno, nei confronti del predetto, l'indicata qualità, cui è correlata l'esigenza di comprensione dell'accusa e di esercizio del diritto di difesa. (Fattispecie relativa a sentenza di annullamento parziale con rinvio, in cui la Corte ha precisato che l'obbligo di provvedere alla traduzione grava sul giudice di merito e non su quello di legittimità).
Cass. civ. n. 29344/2024
In tema di reati paesaggistici, edilizi e sismici, è soggetta al rilascio di permesso di costruire e non alla presentazione della SCIA la realizzazione, su aree interessate da un piano paesaggistico già adottato ma non ancora approvato, di lavori edili contrastanti con le previste misure di salvaguardia, posto che la "ratio" delle stesse risiede nella necessità di anticipare la tutela a un momento antecedente la definitiva adozione del piano medesimo, così precludendo qualsivoglia intervento che vi si ponga in contrasto.
Cass. civ. n. 29253/2024
In tema di traduzione degli atti nella lingua nota all'imputato alloglotto, all'omessa traduzione della sentenza, disposta dal giudice ma non effettuata, consegue il mancato decorso dei termini per l'impugnazione proponibile dall'imputato, senza alcun onere a carico di quest'ultimo di assumere iniziative finalizzate a far cessare l'inerzia dell'amministrazione. (Fattispecie relativa ad ordinanza - annullata dalla Corte - con la quale il giudice dell'esecuzione aveva rigettato la richiesta dell'imputato alloglotto di dichiarare non esecutiva la sentenza, ritenendo che lo stesso, allo spirare dei termini per impugnare, avrebbe dovuto tempestivamente chiedere di essere restituito negli stessi ex art. 175 cod. proc. pen., deducendo l'omissione).
Cass. civ. n. 27103/2024
La mancata traduzione in una lingua nota all'indagato alloglotto, che non conosce la lingua italiana, dell'ordinanza di rigetto dell'istanza di riesame avverso un provvedimento applicativo di misura cautelare personale non ne determina la nullità, comportando esclusivamente che i termini per la proposizione del ricorso per cassazione decorrano dal momento in cui il predetto ha effettiva conoscenza del contenuto del provvedimento. (In motivazione, la Corte ha precisato che il provvedimento non è inserito nel novero di quelli che devono essere necessariamente tradotti ex art. 143, comma 2, cod. proc. pen., né di quelli essenziali alla conoscenza delle accuse di cui all'art. 143, comma 3, cod. proc. pen.).
Cass. civ. n. 25401/2024
In tema di agevolazioni fiscali, ai fini della qualifica di ente non commerciale rileva l'esercizio, in via prevalente, di attività rese in conformità ai fini statutari non rientranti nelle fattispecie di cui all'art. 2195 c.c., svolte in mancanza di specifica organizzazione e verso il pagamento di corrispettivi non eccedenti i costi di diretta imputazione, con la conseguenza che va disconosciuto il regime di favore previsto dall'art. 143 (già 108) del d.P.R. n. 917 del 1986, per carenza di detti requisiti di "decommercializzazione", in caso di distribuzione degli utili, omessa compilazione del libro dei soci e mancata partecipazione degli associati alla vita dell'ente. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva riconosciuto natura commerciale alla A.P.I.C.I. - Associazione Provinciale Invalidi Civili e Cittadini Anziani, poiché esercitava, in via prevalente e con modalità commerciali, l'attività di progettazione e ricerca di finanziamenti presso enti pubblici, mentre era del tutto assente l'aspetto associativo, non essendo noti i nominativi ed il numero dei soci).
Cass. civ. n. 24730/2024
La mancata traduzione della sentenza nella lingua nota all'imputato alloglotto che non conosce la lingua italiana non integra un'ipotesi di nullità ma, se vi sia stata specifica richiesta della traduzione, i termini per impugnare, nei confronti del solo imputato, decorrono dal momento in cui egli abbia avuto conoscenza del contenuto del provvedimento nella lingua a lui nota.
Cass. civ. n. 21888/2024
Non è abnorme, bensì pienamente corretto, il provvedimento con il quale il giudice dibattimentale, rilevata l'omessa notifica all'imputato del decreto di citazione a giudizio, dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero perché vi adempia, competendo al giudice la rinnovazione della notificazione della citazione, ai sensi dell'art. 143 disp. att. cod. proc. pen., solo in ipotesi di notificazione tardiva o invalida, ma non del tutto inesistente.
Cass. civ. n. 18643/2024
L'ambito del sindacato del Tribunale superiore delle acque pubbliche, qualora sia chiamato a pronunciarsi in unico grado sulla legittimità dei provvedimenti amministrativi impugnati, è limitato all'accertamento dei vizi relativi allo svolgimento della funzione pubblica (compresi quelli denotati dalle figure sintomatiche dell'eccesso di potere), ed attiene quindi alla verifica della ragionevolezza e proporzionalità della scelta rispetto al fine, senza estendersi alle ragioni di merito, dovendosi arrestare non solo dinanzi alle ipotesi di scelte equivalenti, ma anche a quelle meno attendibili, purché congruenti con il fine da raggiungere e con le esigenze da governare. (Nella specie, la S.C. ha affermato la giurisdizione del TSAP, ai sensi dell'art. 143, comma 1, lett. a), r.d. n. 1775 del 1933 T.U. acque, con riguardo alla domanda volta all'accertamento dell'illegittimità di una delibera regionale determinativa della misura di energia elettrica che il titolare di una concessione di grande derivazione a uso idroelettrico era tenuto a cedere gratuitamente alla regione, in forza dell'art. 31 della l.r. Lombardia n. 23 del 2019).
Cass. civ. n. 17535/2024
In tema di mandato di arresto europeo, non sussiste l'obbligo di traduzione, nella lingua della persona richiesta, della motivazione della sentenza della corte di appello che dispone la consegna. (In motivazione, la Corte ha evidenziato che, anche senza oneri personali ove sussistano i presupposti del patrocinio a spese dello Stato, al consegnando è riconosciuta la facoltà di avvalersi di un interprete di fiducia per la traduzione di tale sentenza, con eventuale differimento del relativo termine per l'impugnazione).
Cass. civ. n. 15431/2024
In tema di responsabilità civile da sinistro stradale, la sottoscrizione del modulo di contestazione amichevole da parte di entrambi i conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro determina una presunzione iuris tantum valevole nei confronti dell'assicuratore, sul quale grava l'onere di fornire la prova contraria che i fatti si sono svolti con modalità e conseguenze diverse e incompatibili da quelle indicate su quel modulo dalle parti.
Cass. civ. n. 14705/2024
In tema di impugnazioni, ove il luogo di notificazione sia un indirizzo riconducibile al destinatario, la mancata consegna dell'atto, per irreperibilità dovuta al trasferimento all'estero, non concreta un'ipotesi di inesistenza, ma di nullità della notifica, trattandosi di difformità rispetto al modello legale e non già di carenza di requisito essenziale, con conseguente sanabilità, con efficacia ex tunc, per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione del destinatario, o della rinnovazione della notificazione, effettuata spontaneamente oppure su ordine del giudice ex art. 291 c.p.c..
Cass. civ. n. 14657/2024
In tema di misure cautelari personali, l'ordinanza di aggravamento del vincolo emessa nei confronti dell'imputato alloglotto, che non abbia conoscenza della lingua italiana, deve essere tradotta, a pena di inammissibilità, in una lingua a lui nota, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 143 e 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., incidendo sensibilmente sulla libertà personale.
Cass. civ. n. 11032/2024
In tema di separazione personale dei coniugi, l'allontanamento dalla casa familiare, costituendo violazione del dovere di coabitazione, è motivo di addebito solo ove abbia assunto efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale, non avendo invece rilievo in caso di preesistente intollerabilità della convivenza, anche per una sola persona della coppia, con conseguente declino dei reciproci diritti e doveri matrimoniali. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva rigettato la domanda di addebito, dando rilievo ad una missiva in cui la moglie, prima del suo allontanamento dalla casa coniugale, aveva manifestato la volontà di separarsi).
Cass. civ. n. 5856/2024
La mancata traduzione in una lingua nota all'indagato alloglotto, che non conosce la lingua italiana, dell'ordinanza di rigetto dell'istanza di riesame avverso un provvedimento applicativo di misura cautelare personale non ne determina la nullità, comportando esclusivamente che i termini per la proposizione del ricorso per cassazione decorrono dal momento in cui il predetto ha effettiva conoscenza del contenuto del provvedimento.
Cass. civ. n. 3726/2024
In tema di mandato d'arresto europeo, il soggetto richiesto in consegna che non conosca la lingua italiana ha diritto ad essere assistito da un interprete ai fini della sottoscrizione del modulo redatto presso l'istituto penitenziario, contenente la sua dichiarazione di rinuncia a partecipare all'udienza, determinandosi altrimenti una nullità generale ex art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., assoluta e insanabile, che si estende alla sentenza pronunciata in detta udienza.
Cass. civ. n. 2714/2024
In tema di misure cautelari personali, sussiste l'interesse della persona alloglotta a dedurre la nullità derivante dalla tardiva traduzione dell'ordinanza genetica se la stessa alleghi, quale conseguenza del ritardo, un effettivo illegittimo pregiudizio per i diritti di difesa.
Cass. civ. n. 2438/2024
In materia di responsabilità da sinistro stradale, ogni valutazione sulla portata confessoria del modulo di constatazione amichevole d'incidente (cosiddetto C.I.D.) deve ritenersi preclusa dall'esistenza di un'accertata incompatibilità oggettiva tra il fatto come descritto in tale documento e le conseguenze del sinistro come accertate in giudizio. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto prevalenti, rispetto a quanto emergente dal C.I.D., le risultanze di consulenze tecniche d'ufficio disposte nel corso del giudizio intercorso tra il danneggiato e l'assicuratore).
Cass. civ. n. 1098/2024
È abnorme il provvedimento con cui il giudice del dibattimento dichiara la nullità del decreto di giudizio immediato e della relativa richiesta per omessa traduzione in lingua nota all'imputato alloglotta e ordina la restituzione degli atti al pubblico ministero. (In motivazione, la Corte ha precisato che spetta al giudice del dibattimento provvedere alla rinnovazione della citazione, previa traduzione del decreto di giudizio immediato, mentre è priva di conseguenze processuali l'omessa traduzione della relativa richiesta).
Cass. civ. n. 48102/2023
In tema di traduzione degli atti, l'omessa nomina di un interprete all'imputato di cui sia stata accertata la mancata conoscenza della lingua italiana dà luogo ad una nullità a regime intermedio.
Cass. civ. n. 46439/2023
Nel procedimento di riesame, caratterizzato da tempi assai ravvicinati e da adempimenti il cui mancato rispetto può comportare l'inefficacia della misura, è onere della parte e non del giudice provvedere a che la documentazione prodotta sia redatta in lingua italiana o accompagnata dalla sua traduzione formale. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto immune da censure la declaratoria, del giudice dell'appello cautelare, di inammissibilità della documentazione prodotta dalla difesa, consistente nel passaporto con visti, nella ricevuta di cambio-valuta, nella copia del reddito da lavoro ed in una visura camerale, redatti in lingua straniera e non tradotti).
Cass. civ. n. 45293/2023
In tema di mandato d'arresto europeo, il provvedimento di rigetto dell'istanza di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere, reso nell'ambito del procedimento di consegna allo Stato di emissione di persona alloglotta, deve essere tradotto, a pena di nullità ex art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., in lingua nota alla predetta, in quanto incidente sulla sua libertà personale.
Cass. civ. n. 45292/2023
In tema di mandato d'arresto europeo, il provvedimento di fissazione dell'udienza di trattazione relativa alla richiesta di consegna, ove emesso con riguardo a persona alloglotta, deve essere tradotto in lingua nota alla stessa, in ragione della sua natura di atto introduttivo del giudizio di merito.
Cass. civ. n. 34728/2023
coniuge - Cessazione per intervenuta instaurazione di rapporto di fatto o di comune progetto di vita con nuovo partner - Onere della prova - A carico dell’obbligato - Contenuto. In tema di crisi familiare, il diritto all'assegno di mantenimento viene meno ove, durante lo stato di separazione, il coniuge avente diritto instauri un rapporto di fatto con un nuovo partner, che si traduca in una stabile e continuativa convivenza, ovvero, in difetto di coabitazione, in un comune progetto di vita connotato dalla spontanea adozione dello stesso modello solidale che connota il matrimonio, con onere della prova a carico del coniuge tenuto a corrispondere l'assegno; ne consegue che la stabilità e la continuità della convivenza può essere presunta, salvo prova contraria, se le risorse economiche sono state messe in comune, mentre, ove difetti la coabitazione, la prova relativa all'assistenza morale e materiale tra i partner dovrà essere rigorosa.
Cass. civ. n. 30428/2023
In tema di incandidabilità a seguito di scioglimento del consiglio comunale, l'estensione della misura ostativa ai due turni elettorali successivi allo scioglimento dell'organo consigliare - disposta dall'art. 28, comma 1 bis, del d.l. n. 113 del 2018, conv. con modif. dalla l. n. 132 del 2018 - ha natura sostanziale e non processuale, con la conseguenza che, al fine d'individuare la norma applicabile ratione temporis deve aversi riguardo alla legislazione vigente al momento dello scioglimento del consiglio comunale da cui scaturiscono le proposte di incandidabilità.
Cass. civ. n. 26548/2023
In caso di nullità della notificazione al difensore del decreto di giudizio immediato, trova applicazione il disposto dell'art. 143 disp. att. cod. proc. pen. e, pertanto, la rinnovazione dell'adempimento spetta al giudice del dibattimento, che non può disporre la restituzione degli atti al giudice per le indagini preliminari che ha emesso il decreto medesimo, determinandosi, in tal caso, un'anomala regressione del procedimento.
Cass. civ. n. 25380/2023
La valutazione della sussistenza di condotte rilevanti ai fini della dichiarazione di incandidabilità di cui all'art. 143, comma 11, del d.lgs. n. 267 del 2000, non deve essere compiuta in modo parcellizzato, isolando ciascun comportamento ed esaminandolo singolarmente, dovendo piuttosto essere effettuata in modo complessivo, tale da non tralasciare ed anzi valorizzare le interconnessioni tra le condotte stesse, dalla cui trama ben può emergere la sussistenza dei presupposti per l'incandidabilità.
Cass. civ. n. 24111/2023
La domanda di divorzio e quella di conservazione del cognome del marito sono due domande diverse ed autonome, in quanto fondate su diversi presupposti, essendo volte ad accertare, la prima, il venir meno della comunione materiale morale di vita tra i coniugi e, la seconda, la sussistenza del diverso interesse a conservare un tratto identificativo divenuto bene in sé ed esulante dalla sua corrispondenza allo "status", con conseguente scindibilità delle rispettive decisioni.
Cass. civ. n. 20035/2023
La nullità derivante dall'omessa traduzione del decreto di citazione in appello all'imputato alloglotto che non comprende l'italiano è di ordine generale a regime intermedio e, pertanto, deve ritenersi sanata qualora non sia tempestivamente eccepita.
Cass. civ. n. 17765/2023
coniuge, che in costanza di matrimonio non svolgeva attività lavorativa, di rimborsare la metà dei ratei di mutuo versati alla banca - Esclusione - Fondamento. In caso di acquisto, in regime di separazione dei beni, di un immobile da parte di entrambi i coniugi, il cui prezzo sia pagato in tutto o in parte con provvista presa a mutuo, il coniuge che, in seguito alla separazione personale nel frattempo intervenuta, abbia pagato con denaro proprio le rate di mutuo, non ha diritto di richiedere all'altro coniuge il rimborso della metà delle rate versate periodicamente alla banca, atteso che, in forza di quanto previsto dall'art. 143 c.c., ciascun coniuge contribuisce al sostegno ed al benessere della famiglia in forza delle proprie capacità di lavoro anche casalingo, sicché deve ritenersi che il coniuge che in costanza di matrimonio non svolge attività lavorativa e che acquista congiuntamente con l'altro coniuge, sebbene in regime di separazione dei beni, un immobile pagato interamente da quest'ultimo, abbia contribuito in misura paritaria a tale acquisto con il lavoro svolto per soddisfare i bisogni familiari.
Cass. civ. n. 15069/2023
In materia di misure cautelari personali, l'ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di un imputato o indagato alloglotta, ove sia già emerso che questi non conosca la lingua italiana, è affetta, in caso di mancata traduzione, da nullità ai sensi del combinato disposto degli artt. 143 e 292 cod. proc. pen. Ove, invece, non sia già emerso che l'indagato o imputato alloglotta non conosca la lingua italiana, l'ordinanza di custodia cautelare non tradotta emessa nei suoi confronti è valida fino al momento in cui risulti la mancata conoscenza di detta lingua, che comporta l'obbligo di traduzione del provvedimento in un congruo termine, la cui violazione determina la nullità dell'intera sequenza di atti processuali compiuti sino a quel momento, in essa compresa l'ordinanza di custodia cautelare.
Cass. civ. n. 13975/2023
Ai sensi dell'art. 143, comma 1, lett. a), r.d. n. 1775 del 1933, spettano alla cognizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche le impugnazioni di tutti i provvedimenti che, per effetto della loro incidenza sulla realizzazione, sospensione o eliminazione di opere idrauliche riguardanti acque pubbliche, concorrono in concreto a disciplinare le modalità d'uso di tali acque, compresi quelli che, pur se emanati da organi dell'Amministrazione non preposti alla cura delle acque pubbliche, comunque interferiscono con le determinazioni che regolano il menzionato uso, ad esempio autorizzando, impedendo o modificando i lavori o determinando i modi di acquisto dei beni necessari all'esercizio e alla realizzazione delle opere. (Principio affermato dalla S.C. con riferimento al ricorso proposto da un privato, sul cui fondo erano state installate delle condutture deputate a convogliare le acque reflue di diversi Comuni in un depuratore, avverso il silenzio serbato dalle amministrazioni competenti sulla sua domanda finalizzata alla costituzione di una servitù pubblica di acquedotto ex art. 42-bis d.p.r. n. 327 del 2001, o, in mancanza, alla cessazione dell'occupazione illegittima, con conseguente ripristino e restituzione dei terreni).
Cass. civ. n. 12958/2023
In tema di notifica alle persone fisiche, come tali non obbligate ad avere una propria PEC, una semplice comunicazione di "recapito digitale" presso il quale ricevere "le successive comunicazioni", in mancanza di specificazione circa il contenuto e lo scopo di tale comunicazione, non costituisce valida elezione di domicilio speciale ai fini della notifica di un atto processuale, posto che, in forza del necessario coordinamento dell'art. 141 c.p.c. con l'art. 47 c.c., la corretta esecuzione della notificazione presso il domiciliatario presuppone che l'atto oggetto della notifica sia catalogabile fra quelli considerati con l'elezione di domicilio. (Affermando tale principio, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto correttamente eseguita la notifica di un decreto ingiuntivo con le forme previste per gli "irreperibili", ai sensi dell'art. 143 c.p.c., in difetto di valida elezione di "domicilio digitale").
Cass. civ. n. 10711/2023
In tema di separazione dei coniugi, ove uno di essi sia affetto da una patologia psichiatrica che non comporti un'effettiva incapacità di intendere e volere, il giudice, ai fini della pronunzia di addebito, non è esonerato dalla verifica e valutazione dei comportamenti coniugali allo scopo di accertare l'eventuale violazione dei doveri di cui all'art. 143 c.c. e la loro efficacia causale nella crisi coniugale.
Cass. civ. n. 10054/2023
Il dissenso motivato espresso dal MIBAC (Ministero dei beni culturali ed ambientali), ai sensi dell'art. 26, comma 2, del d.lgs. n. 42 del 2004, in seno alla conferenza di servizi di cui all'art. 12, comma 3, d.lgs. n. 387 del 2003, per il rilascio dell'autorizzazione alla costruzione di impianti di energia elettrica da fonti rinnovabili, svolge una mera funzione di rappresentazione degli interessi affidati alla sua tutela e non preclude, dunque, la prosecuzione del procedimento verso la decisione conclusiva, ai sensi dell'art. 25 del citato d.lgs. n. 42 del 2004. (Nella specie, la S.C. ha escluso che il termine per il ricorso al Tribunale delle Acque pubbliche, di cui all'art. 143, comma 2, r.d. n. 1775 del 1933, avverso il decreto regionale di diniego della valutazione di impatto ambientale per la realizzazione di un impianto idroelettrico decorresse dalla data in cui era stato rilasciato il parere negativo del MIBAC, sul presupposto che si trattasse di atto endo-procedimentale privo di autonoma efficacia lesiva).
Cass. civ. n. 9144/2023
In tema di attribuzione dell'assegno divorzile e in considerazione della sua funzione assistenziale e, in pari misura, compensativa e perequativa, il giudice del merito deve accertare l'impossibilità dell'ex coniuge richiedente di vivere autonomamente e dignitosamente e la necessità di compensarlo per il particolare contributo dato, durante la vita matrimoniale, alla formazione del patrimonio comune o dell'altro coniuge, nella constatata sussistenza di uno squilibrio patrimoniale tra gli ex coniugi che trovi ragione nelle scelte fatte "manente matrimonio", idonee a condurre l'istante a rinunciare a realistiche occasioni professionali-reddituali, la cui prova prova in giudizio spetta al richiedente; a tal fine, l'assunzione, in tutto o in parte, delle spese di ristrutturazione dell'immobile adibito a casa coniugale, di proprietà esclusiva dell'altro coniuge, non costituisce ex se prova del suddetto contributo, rientrando piuttosto nell'ambito dei doveri primari di solidarietà e reciproca contribuzione ai bisogni della famiglia durante la comunione di vita coniugale.
Cass. civ. n. 7735/2023
revisione del piano economico finanziario della concessione, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, poiché non attiene alla procedura di gara, né ad accordi integrativi o sostitutivi di provvedimenti amministrativi, né rientra nell'alveo delle lett. b) e c) dell'art. 133 c.p.a., non essendo in discussione la concessione del bene pubblico o il momento ad essa prodromico, bensì la disciplina del contratto già stipulato, con il quale le opere e i servizi sono stati affidati.
Cass. civ. n. 3316/2023
In tema di esdebitazione, relativamente ad una procedura fallimentare aperta anteriormente alla novella di cui al d.lgs. n. 5 del 2006, il termine annuale di decadenza per la proposizione della domanda ex art. 143 l.fall., in caso di mancata notifica del provvedimento di chiusura del fallimento, non decorre dalla pubblicazione dello stesso sul registro delle imprese, bensì dal momento in cui il predetto decreto diviene definitivo, con lo spirare del "termine lungo" di cui all'art. 327 c.p.c., non giustificandosi pertanto la rimessione in termini prevista dall'art. 153, comma 2, c.p.c.
Cass. civ. n. 18792/2022
Le dichiarazioni rese al curatore fallimentare, in quanto acquisite al di fuori del procedimento, non sono soggette alle norme del codice di procedura penale in tema di traduzione degli atti, né può, in relazione ad esse, trovare applicazione quanto prescritto dagli artt. 122 e 123 cod. proc. civ. in tema di nomina dell'interprete e del traduttore, poiché dette norme riguardano gli atti processuali in senso proprio e anche i documenti esibiti dalle parti. (In applicazione del principio, la Corte ha rigettato l'eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni rese al curatore, senza l'ausilio di un interprete, dall'amministratrice della fallita, soggetto di nazionalità straniera che, pur comprendendo la lingua italiana, si esprimeva con difficoltà e si era fatta assistere, nel corso dell'ascolto, dal proprio legale di fiducia).
Cass. pen. n. 47534/2018
La mancata traduzione della sentenza in una lingua nota all'imputato alloglotta non integra la nullità prevista dll'art. 178, comma primo, lett. c) cod. proc. pen. - sotto il profilo della lesione recata alla effettiva partecipazione al giudizio e alla completa esplicazione del diritto di difesa - qualora sia stata proposta tempestiva impugnazione da parte del difensore e non siano stati allegati elementi specifici in ordine al pregiudizio derivante dalla omessa traduzione.
Cass. pen. n. 15773/2018
Non deve essere tradotta nella lingua conosciuta dall'indagato alloglotta né la procura speciale, né l'istanza redatta dal procuratore speciale contenente le condizioni per l'accordo ex art. 444 cod. proc. pen., in quanto l'obbligo di traduzione previsto dall'art. 143 cod. proc. pen. è riferito agli atti compiuti nel processo da parte del p.m. e dal giudice.
Cass. pen. n. 41961/2017
In tema di diritto all'assistenza linguistica, la previsione di cui all'art. 143 cod. proc. pen., nella formulazione introdotta dal d.lgs. 4 marzo 2014, n. 32, non contempla il decreto di sequestro nel novero degli atti di cui l'autorità giudiziaria deve disporre la traduzione scritta in lingua comprensibile all'indagato alloglotta; pertanto, l'omessa traduzione del decreto di sequestro non determina alcuna conseguenza giuridica e non rileva sulla decorrenza del termine per proporre impugnazione al tribunale del riesame.
Cass. pen. n. 33802/2017
Qualora sia applicata una misura cautelare personale nei confronti di un cittadino straniero che non è in grado di comprendere la lingua italiana, l'omessa traduzione del provvedimento determina la sua nullità (a regime intermedio) solo se la predetta circostanza era già nota al momento dell'emissione del titolo cautelare; laddove invece la mancata conoscenza della lingua italiana emerga nel corso dell'interrogatorio di garanzia, tale situazione va equiparata a quella di assoluto impedimento regolata dall'art. 294, secondo comma, cod. proc. pen., sicché il giudice deve disporre la traduzione del provvedimento coercitivo in un termine congruo, ed il termine per l'interrogatorio decorre nuovamente dalla data di deposito della traduzione, con la conseguente perdita di efficacia della misura in caso di omesso interrogatorio entro il termine predetto, ovvero di traduzione disposta o effettuata in un termine "incongruo".
Cass. pen. n. 32057/2017
Spetta in via esclusiva all'imputato alloglotta, e non al suo difensore, la legittimazione a rilevare la violazione dell'obbligo di traduzione della sentenza, previsto dall'art. 143 cod. proc. pen. al fine di consentire a detto imputato, che non comprenda la lingua italiana, l'esercizio di un autonomo potere di impugnazione ex art. 571 dello stesso codice.
Cass. pen. n. 25276/2017
In caso di impugnazione ritualmente proposta dal difensore di fiducia di un imputato alloglotta, avente ad oggetto un provvedimento di cui è stata omessa la traduzione, può configurarsi una lesione del diritto di difesa, correlata all'attivazione personale dell'impugnazione da parte dell'imputato, solo qualora quest'ultimo evidenzi il concreto e reale pregiudizio alle sue prerogative derivante dalla mancata traduzione. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso relativo all'omessa traduzione del provvedimento di fermo del ricorrente, rilevando l'aspecificità della censura, valutata alla luce sia delle modalità di svolgimento dell'udienza di convalida in cui il ricorrente, assistito da un interprete, era stato reso edotto dei fatti contestati e degli elementi di accusa suo carico, sia della successiva traduzione dell'ordinanza applicativa della misura cautelare emessa dal G.i.p.).
Cass. pen. n. 23347/2017
Non è abnorme l'ordinanza con la quale il Giudice per l'udienza preliminare, rilevata la mancata traduzione dell'avviso ex art. 415-bis cod. proc. pen. all'imputato alloglotta che abbia eletto domicilio presso il difensore, dichiari, fuori udienza e in assenza di contraddittorio, la nullità della richiesta di rinvio a giudizio e disponga la restituzione degli atti al pubblico ministero, trattandosi di provvedimento che, pur provocando una regressione del procedimento, rientra nell'ambito dei poteri riconosciuti al giudice e che non determina una stasi processuale non altrimenti rimovibile.
Cass. pen. n. 22261/2017
La mancata traduzione della sentenza in una lingua nota all'imputato alloglotta non integra la nullità prevista dll'art. 178, comma primo, lett. c) cod. proc. pen. - sotto il profilo della lesione recata alla effettiva partecipazione al giudizio e alla completa esplicazione del diritto di difesa - qualora sia stata proposta tempestiva impugnazione da parte del difensore e non siano stati allegati elementi specifici in ordine al pregiudizio derivante dalla omessa traduzione.
Cass. pen. n. 7913/2017
In tema di traduzione degli atti, l'accertamento di cui all'art. 143 cod. proc. pen., come modificato dal D.Lgs. n. 32 del 2014, circa la conoscenza, da parte dell'imputato, della lingua italiana, non esige che ad effettuarlo sia direttamente l'autorità giudiziaria, né che vi partecipi il difensore, in quanto trattasi di una semplice verifica di qualità e circostanze e non di un atto a valenza difensiva. (Fattispecie in cui l'imputato, nella fase delle indagini, aveva sottoscritto i verbali di arresto e di sequestro e, in dibattimento, dinanzi al giudice di primo grado, aveva dichiarato di comprendere la lingua italiana).
Cass. pen. n. 53609/2016
L'imputato alloglotta non presente alla lettura della sentenza con motivazione contestuale, in quanto autorizzato ad allontanarsi dall'aula di udienza, non ha diritto alla assistenza di un interprete al momento della lettura né alla traduzione scritta dell'atto - alla quale avrebbe avuto diritto nel caso in cui non fosse mai stato presente in giudizio e ne avesse fatto esplicita richiesta - in ragione del fatto che lo stesso, presenziando all'udienza ed allontanandosene prima della lettura della sentenza, ha, di fatto, rinunciato a tali diritti.
Cass. pen. n. 50814/2016
In tema di mandato di arresto europeo, ai sensi dell'art. 143 cod. proc. pen., che ha recepito nell'ordinamento interno i principi contenuti nell'art. 3 della direttiva 2010/64/UE, l'imputato alloglotta che non conosca la lingua italiana, qualora ne faccia espressa e motivata richiesta, ha diritto di ottenere la traduzione dei documenti fondamentali per il corretto funzionamento della procedura di consegna; un analogo diritto non sussiste, invece, con riferimento alla traduzione scritta di atti compiuti nell'ambito del procedimento estero, che può essere richiesta esclusivamente alla competente Autorità giudiziaria dello Stato di emissione del m.a.e.
Cass. pen. n. 28216/2016
Sono inutilizzabili le conversazioni in lingua straniera qualora non siano indicate, nel verbale di esecuzione delle operazioni di intercettazione, le generalità dell'interprete che ha proceduto all'ascolto, traduzione e trascrizione. (In motivazione, la S.C. ha osservato che la mancata indicazione del nominativo del traduttore impedisce il controllo sulla capacità tecnica di svolgere ed eseguire adeguatamente l'incarico affidatogli).
Cass. pen. n. 26078/2016
In tema di traduzione degli atti, anche dopo l'attuazione della direttiva 2010/64/UE ad opera del D.Lgs. 4 marzo 2014 n.32, la mancata nomina di un interprete all'imputato che non conosce la lingua italiana dà luogo ad una nullità a regime intermedio, che deve essere eccepita dalla parte prima del compimento dell'atto ovvero, qualora ciò non sia possibile, immediatamente dopo e, comunque, non può più essere rilevata nè dedotta dopo la deliberazione della sentenza di primo grado o, se si sia verificata nel giudizio, dopo la deliberazione della sentenza del grado successivo.
Cass. pen. n. 17905/2015
L'omessa traduzione dell'ordinanza del tribunale del riesame nella lingua madre dell'indagato alloglotta non determina l'inefficacia della misura cautelare, poiché il decreto legslativo n. 32 del 2014 non ha inserito tale provvedimento tra gli atti di cui è obbligatoria la traduzione, nè detto adempimento deve ritenersi necessario, a norma dell'art. 143, comma terzo, c.p.p., in assenza di specifiche indicazioni dell'interessato, al fine di assicurare a quest'ultimo la conoscenza delle accuse a suo carico non essendo un atto che limita "ab origine" la libertà personale, ma solo una conferma del provvedimento attraverso il quale detta limitazione è stata determinata.
Cass. pen. n. 12101/2015
L'obbligo di traduzione degli atti processuali in favore dell'imputato alloglotta che non comprende la lingua italiana, anche a seguito della riformulazione dell'art. 143 cod. proc. pen., è escluso ove lo stesso si sia reso, per causa a lui imputabile, irreperibile o latitante, con conseguente notificazione degli atti che lo riguardano al difensore.
Cass. pen. n. 11514/2015
L'obbligo di traduzione della ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti del cittadino straniero sussiste a norma dell'art. 143 cod. proc. pen., come modificato dall'art. 1, comma primo, lett. b, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 32, anche nel caso di provvedimento disposto a seguito di dichiarazione di incompetenza del g.i.p. che aveva emesso originariamente il titolo custodiale, ma la sua configurabilità non discende automaticamente dal mero "status" di straniero o apolide, essendo la stessa, subordinata all'accertamento dell'ignoranza della lingua italiana.
Cass. pen. n. 7056/2015
La proposizione della richiesta di riesame, pur se ad opera del difensore, ha effetti sananti della nullità conseguente all'omessa traduzione dell'ordinanza cautelare personale nella lingua conosciuta dall'indagato alloglotta, anche a seguito della riformulazione dell'art. 143 cod. proc. pen., sempre che l'impugnazione non sia stata presentata solo per dedurre la mancata traduzione ovvero per formulare ulteriori questioni pregiudiziali di carattere strettamente procedurale. (In applicazione del principio, la S.C. ha annullato con rinvio l'ordinanza del tribunale del riesame che, accogliendo erroneamente il motivo procedurale relativo alla mancata traduzione, aveva ritenuto assorbiti, non esaminandoli, i motivi di merito).
Cass. pen. n. 4283/2015
In tema di diritto alla assistenza linguistica, l'art. 143 cod. proc. pen. nella formulazione introdotta dal D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 32, non prevede la traduzione del decreto di convalida del sequestro in lingua comprensibile all'indagato alloglotta, per cui dal mancato espletamento di tale adempimento non discende alcuna conseguenza giuridica o influenza sulla decorrenza del termine per proporre impugnazione al tribunale del riesame.
Cass. pen. n. 52245/2014
In tema di traduzione degli atti, l'accertamento relativo alla conoscenza da parte dell'imputato della lingua italiana, previsto dall'art. 143, cod. proc. pen., come modificato dal D.Lgs n. 32 del 2014, non deve necessariamente essere compiuto personalmente dall'autorità giudiziaria, in quanto la conoscenza della lingua italiana può essere verificata anche sulla base degli elementi risultanti dagli atti di polizia giudiziaria, rimanendo comunque salva la facoltà per il giudice di compiere ulteriori verifiche ove tali elementi non siano concludenti. (Fattispecie in cui la Corte ha considerato immune da vizi l'ordinanza del Tribunale del riesame che aveva ritenuto accertata la conoscenza della lingua italiana sulla base della annotazione della polizia giudiziaria in cui si dava atto che l'indagato aveva in italiano declinato le proprie generalità, risposto alle domande rivoltegli, affermato di non voler sottoscrivere alcun atto se non alla presenza del difensore, ed aveva intrattenuto con questi un colloquio di circa quindici minuti in lingua italiana).
Cass. pen. n. 38791/2014
È legittima la convalida dell'arresto dello straniero alloglotta presentato per il giudizio direttissimo, anche senza che si sia previamente proceduto al suo interrogatorio per l'impossibilità di reperire tempestivamente un interprete, ricorrendo in tale eventualità un caso di forza maggiore che non impedisce la decisione del giudice sulla legittimità dell'operato della polizia giudiziaria.
Cass. pen. n. 27067/2014
Il diritto all'assistenza dell'interprete, nei casi e nei termini previsti dall'art. 104, comma quarto-bis e dall'art. 143, comma primo, cod. proc. pen., nella formulazione introdotta dal D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 32, non è configurabile in relazione ad atti e attività compiuti antecedentemente alla data di entrata in vigore della citata modifica normativa.
Cass. pen. n. 32/2014
L'imputato alloglotta che non conosca la lingua italiana non ha diritto ad ottenere la traduzione della sentenza "tout court" ma solo se ne faccia espressa richiesta, sulla base dei principi contenuti nell'art. 3 della direttiva 2010/64/UE, che impongono agli Stati membri di assicurare la traduzione scritta dei documenti fondamentali per l'esercizio del diritto di difesa, ivi comprese le sentenze. (Fattispecie riferita al regime precedente al recepimento nell'ordinamento interno della citata normativa europea, avvenuto con il D.L. n. 32 del 4 marzo 2014, emanato successivamente ai fatti oggetto della decisione).
Cass. pen. n. 17967/2013
È valida la querela presentata oralmente dal cittadino straniero che non conosca la lingua italiana e che, all'uopo, si sia fatto assistere da persona in grado di tradurne le espressioni, non occorrendo che quest'ultima sia iscritta nell'albo degli interpreti.
Cass. pen. n. 5486/2013
Sebbene sussista un obbligo di traduzione della sentenza, a tale adempimento deve procedersi qualora l'imputato alloglotta che non comprende la lingua italiana ne faccia espressa richiesta, in base ai principi contenuti nell'art. 3 della direttiva 2010/64/UE (non ancora operativa nell'ordinamento interno), secondo cui gli Stati membri devono assicurare la traduzione scritta dei documenti fondamentali per l'esercizio di difesa, ivi comprese le sentenze.
Cass. pen. n. 11311/2011
La sentenza non è compresa tra gli atti rispetto ai quali la legge processuale assicura all'imputato alloglotta, che non conosca la lingua italiana, il diritto alla nomina di un interprete per la traduzione nella lingua a lui conosciuta.
Cass. pen. n. 38639/2009
In tema di mandato di arresto europeo, non sussiste alcun obbligo di traduzione nella lingua nazionale della persona richiesta, che non conosce la lingua italiana, della motivazione della sentenza della corte di appello che dispone la consegna. Il consegnando, anche senza oneri personali (quando sussistano i presupposti del patrocinio a spese dello Stato), ha infatti la facoltà di avvalersi di un interprete di fiducia per la traduzione della sentenza, con eventuale differimento del relativo termine per l'impugnazione. (Fattispecie in cui il consegnando si era avvalso della facoltà di non comparire all'udienza di trattazione e decisione).
Cass. pen. n. 48469/2008
La necessità che l'ordinanza cautelare emessa nei confronti di una persona straniera, della quale risulti dagli atti la mancata conoscenza della lingua italiana, sia tradotta immediatamente in una lingua a lui nota, non implica che tale adempimento debba essere contestuale all'emissione o all'esecuzione dell'ordinanza stessa, dovendosi tener conto dei tempi tecnici richiesti per il reperimento dell'interprete e l'effettuazione della traduzione, con la conseguenza che nessuna nullità sussiste quando tali tempi siano contenuti nell'arco di pochi giorni. (Fattispecie relativa al decorso di sei giorni dalla data di emissione dell'ordinanza custodiale a quella della sua notificazione alla persona interessata, previa traduzione in lingua a lei nota).
Cass. pen. n. 45060/2008
In tema di misure cautelari disposte nei confronti d'indagato alloglotta che non conosca la lingua italiana, il diritto all'assistenza linguistica previsto dall'art. 143 c.p.p. richiede che l'ordinanza cautelare sia tradotta nelle parti che lo riguardano direttamente, mentre è escluso un obbligo di traduzione per quelle parti dell'ordinanza relative ad altri indagati.
Cass. pen. n. 44101/2008
La sentenza non rientra tra gli atti rispetto ai quali grava sull'autorità giudiziaria l'obbligo di traduzione nei confronti dello straniero che non comprenda la lingua italiana (fattispecie relativa a sentenza di condanna).
Cass. pen. n. 44418/2008
L'obbligo di usare la lingua italiana si riferisce agli atti da compiere nel procedimento e non ai documenti, già formati, che vengano acquisiti, a meno che la loro utilizzazione possa pregiudicare i diritti dell'imputato e sempre che quest'ultimo abbia eccepito il concreto pregiudizio derivante dalla mancata traduzione. (Fattispecie in cui è stata rigettata l'eccezione di nullità della sentenza per l'omessa traduzione in lingua italiana di documenti utilizzati ai fini della decisione e provenienti dall'autorità amministrativa francese).
Cass. pen. n. 38857/2008
La sentenza emessa all'esito del rito di cui all'art. 444 c.p.p., avendo come presupposto la necessaria conoscenza da parte dell'imputato della pena di cui chiede l'applicazione, non è compresa nella categoria di atti rispetto ai quali la legge processuale assicura all'imputato alloglotta, che non conosca la lingua italiana, il diritto alla traduzione.
Cass. pen. n. 36988/2008
La mancata nomina di un interprete non è causa d'inutilizzabilità né di nullità delle dichiarazioni di denuncia e delle successive dichiarazioni rese in sede di ricognizione personale fotografica dalla persona offesa alloglotta, che non conosca la lingua italiana.
Cass. pen. n. 10481/2008
La mancata traduzione dell'ordinanza che applica ad un cittadino straniero, che non comprende la lingua italiana, una misura cautelare configura una nullità a regime intermedio, che tuttavia risulta sanata qualora l'interessato abbia successivamente esercitato il proprio diritto di difesa in modo tale da far presupporre la piena e completa comprensione del provvedimento cautelare. (Fattispecie in cui nel ricorso al Tribunale del riesame l'indagato non si era limitato a rilevare l'omessa traduzione dell'ordinanza, ma aveva altresì eccepito l'incompetenza territoriale del giudice che l'aveva emessa, dimostrando così, secondo la Corte, di essere stato reso edotto delle ragioni che avevano determinato l'emissione del provvedimento impugnato).
Cass. pen. n. 181/2008
La mancata traduzione, nella lingua conosciuta dall'imputato che non comprenda l'italiano, dell'estratto contumaciale della sentenza determina una nullità generale a regime intermedio dell'atto, da ritenersi sanata laddove l'imputato abbia, impugnando la sentenza di merito, censurato il contenuto della stessa.
Cass. pen. n. 19136/2006
Sia la sentenza, in quanto atto scritto, che l'estratto contumaciale non rientrano tra gli atti per i quali, a norma dell'art. 143 c.p.p., è assicurata la traduzione gratuita nella lingua conosciuta dall'imputato di nazionalità straniera.
Cass. pen. n. 47039/2004
L'art. 23 della Convenzione europea di estradizione, resa esecutiva in Italia con legge 30 gennaio 1963 n. 300, nello stabilire che «gli atti da produrre saranno redatti sia nella lingua della parte richiedente, sia in quella della parte richiesta» e che «quest'ultima potrà richiedere una traduzione nella lingua ufficiale del Consiglio d'Europa che essa sceglierà», riguarda soltanto gli Stati come organismi di diritto internazionale e non il singolo estradando, con riguardo al quale, nel procedimento di estradizione svolto in Italia, trova applicazione, in materia di lingua, soltanto la disciplina dettata dall'art. 143 c.p.p.
Cass. pen. n. 25688/2004
L'ordine di esecuzione della pena detentiva emesso dal P.M. nei confronti dello straniero alloglotta deve essere tradotto, a pena di nullità, in lingua a lui nota, a meno che non risulti dagli atti del procedimento che egli comprendesse la lingua italiana, circostanza che si deve presumere qualora da tali atti si rilevi che il soggetto si è sempre reso conto della portata dell'accusa, contrapponendovi un'adeguata difesa.
Cass. pen. n. 5052/2004
L'omessa traduzione del provvedimento custodiale nel momento in cui è emesso, ove ne ricorra il presupposto, o la mancata nomina dell'interprete per la traduzione in sede di interrogatorio di garanzia, quando non si sia già provveduto ai sensi della norma dell'art. 94, comma 1 bis, disp. att., è causa di nullità dell'atto, rispettivamente, dell'ordinanza di custodia cautelare o dell'interrogatorio di garanzia.
Cass. pen. n. 48797/2003
In base al testuale tenore dell'art. 143, comma 1, c.p.p., secondo cui l'imputato che non conosca la lingua italiana ha diritto all'assistenza di un interprete «al fine di poter comprendere l'accusa contro di lui formulata e di seguire il compimento degli atti a cui partecipa», deve escludersi che già all'atto dell'arresto in flagranza di uno straniero non a conoscenza della lingua italiana si debba provvedere a farlo assistere da un interprete, atteso che, per un verso, l'arresto in flagranza non comporta la immediata «formulazione» di un'accusa a carico dell'arrestato, avendo luogo la medesima soltanto con l'interrogatorio che il giudice deve effettuare in sede di convalida dell'arresto, nell'osservanza delle forme previste dall'art. 65 c.p.p. (tra cui, in particolare, la contestazione del fatto «in forma chiara e precisa»); per altro verso, non può neppure dirsi che l'arresto in flagranza sia un atto al quale «partecipi» l'arrestato, dal momento che questi non può che limitarsi a subirlo, spettando l'iniziativa dell'atto medesimo ed il suo compimento solo ed esclusivamente alla polizia giudiziaria.
Cass. pen. n. 21021/2003
L'obbligo di usare la lingua italiana si riferisce agli atti da compiere nel procedimento, non agli atti già formati da acquisire al procedimento medesimo, dei quali il giudice deve disporre la traduzione ai sensi dell'art. 143, comma 2 c.p.p.; ciò vale anche per l'atto di nomina del difensore di fiducia, redatto in lingua straniera, proveniente dall'indagato straniero. (Nella fattispecie la S.C. ha annullato con rinvio l'ordinanza con la quale il tribunale aveva dichiarato inammissibile l'istanza di riesame di un provvedimento di sequestro, proposta dal difensore dell'indagato straniero, perché la documentazione prodotta dal difensore era redatta in lingua straniera).
Cass. pen. n. 10717/2003
Non è abnorme e, pertanto, non è ricorribile in cassazione, il provvedimento del giudice che dichiara la nullità del decreto di citazione a giudizio per omessa traduzione dell'atto nella lingua conosciuta dall'imputato, in quanto la valutazione sulla necessità della traduzione si connota del carattere della discrezionalità e la motivazione, anche se presuntiva e basata sulla sola richiesta dell'imputato di traduzione, può al massimo essere valutata come erronea.
Cass. pen. n. 1767/2003
In tema di estradizione per l'estero, è onere dell'estradando, che ha interesse alla traduzione nella lingua madre della sentenza favorevole all'estradizione, farne istanza ai fini dell'esercizio del diritto di impugnazione. Ne consegue che il ricorso avverso tale sentenza, di cui non è stata richiesta la traduzione, consuma tale facoltà, presupponendone la mancanza di interesse.
Cass. pen. n. 35/2003
Negli uffici giudiziari in cui vige il regime bilinguista, il giudice ha la possibilità di utilizzare la lingua tedesca anche a tutela dell'imputato straniero che dichiari di non conoscere la lingua italiana e di esprimersi solo in tale lingua, senza che occorra la nomina di un interprete.
Cass. pen. n. 39015/2002
Il diritto all'assistenza gratuita di un interprete per l'imputato che non conosce la lingua italiana è riconosciuto dall'art. 143 primo comma c.p.p. per quegli atti attraverso i quali egli deve essere messo in grado di conoscere e comprendere l'accusa formulata contro di lui e per gli atti del procedimento cui sia chiamato a partecipare e non invece per quegli atti che l'imputato decida di redigere nel proprio interesse, quale l'atto di impugnazione, per i quali può e deve provvedere alla traduzione a sua cura.
Cass. pen. n. 38508/2002
Non può costituire causa di nullità o di inutilizzabilità delle dichiarazioni predibattimentali rese dalla persona offesa di un reato, delle quali si sia resa possibile la lettura ai sensi dell'art. 512 c.p.p. per sopravvenuta, imprevedibile impossibilità di ripetizione, il fatto che, trattandosi di persona di nazionalità straniera di cui si assuma l'incapacità ad esprimersi in lingua italiana, non sia stato provveduto a farla assistere da un interprete, atteso che l'art. 143 c.p.p. non prevede la possibilità di una tale assistenza per soggetti diversi dall'imputato.
Cass. pen. n. 37153/2002
Lo straniero, pur quando non abbia conoscenza della lingua italiana, non ha diritto a che l'ordinanza applicativa di una misura cautelare emessa nei suoi confronti sia accompagnata dalla traduzione in una lingua a lui nota, essendo la sua tutela assicurata dall'art. 94, comma 1 bis, att. c.p.p. (in base al quale il direttore dell'istituto penitenziario deve accertare, se del caso con l'ausilio di un interprete, che l'interessato abbia precisa conoscenza del provvedimento custodiale, illustrandogliene, a tal fine, se occorre, il contenuto); disposizione, questa, la cui eventuale inosservanza diviene, peraltro, irrilevante qualora trattasi di ordinanza emessa all'esito di udienza di convalida del fermo o dell'arresto, nel corso della quale l'interessato, assistito dall'interprete, abbia avuto piena contezza delle accuse mosse a suo carico e degli elementi a sostegno delle stesse.
Cass. pen. n. 17829/2002
Il giudice, il quale ignori che lo straniero non comprende la lingua Italiana, non ha il dovere di disporre che il provvedimento di custodia cautelare emesso nei suoi confronti gli sia notificato insieme con la relativa traduzione, anche perché, qualora lo straniero stesso non sia in grado di capire la lingua italiana, la concreta conoscenza dell'atto è assicurata dal disposto dell'art. 94, comma 1 bis, att. c.p.p. che pone a carico del direttore dell'istituto penitenziario o di un operatore da lui delegato l'onere di accertare, se del caso con l'ausilio di un interprete, che l'interessato abbia precisa conoscenza del provvedimento con cui è stata disposta la sua custodia e di illustrargliene, ove occorra, i contenuti.
Cass. pen. n. 7432/2002
L'individuazione fotografica condotta dalla polizia giudiziaria, senza l'assistenza di un interprete, presso un soggetto che non comprenda la lingua italiana, deve considerarsi acquisita contra legem, e dunque viziata da inutilizzabilità patologica, come tale rilevante in ogni fase del processo penale. (In motivazione la Corte, premesso che la legge prescrive la forma linguistica della comunicazione tra interrogato e verbalizzante, ha posto in rilievo come la radicale inidoneità probatoria di un atto basato su scambi di comunicazione gestuale comporti la sostanziale inesistenza dell'atto medesimo).
Cass. pen. n. 34444/2001
In tema di traduzione delle dichiarazioni di persona straniera, la previsione dell'art. 143, comma 2 del c.p.p. non è violata quando l'interprete nominato non conosce la lingua madre della persona esaminata, ma altra lingua che gli consenta di comunicare con essa in maniera effettiva ed efficace. (Nell'affermare tale principio la Corte ha inoltre ritenuto che l'apprezzamento circa la comprensione linguistica in concreto rappresenti una valutazione rimessa al giudice di merito).
Cass. pen. n. 27347/2001
La mancata consegna di copia della richiesta di rinvio a giudizio e del decreto di citazione a giudizio con la traduzione nella lingua di origine degli imputati stranieri, che siano stati presenti all'udienza preliminare con l'assistenza dell'interprete, non impedisce a questi ultimi di comprendere appieno la portata dell'accusa contestata e non comporta quindi alcuna lesione del diritto di difesa, atteso che lo svolgimento dell'udienza preliminare in presenza degli imputati ha consentito agli stessi di conoscere il contenuto delle richieste del P.M. e del decreto di citazione a giudizio mediante la contestuale traduzione orale ad opera dell'interprete.
Cass. pen. n. 21952/2001
L'obbligo di usare la lingua italiana si riferisce agli atti da compiere nel procedimento, non agli atti, già formati, da acquisire al procedimento medesimo. (Fattispecie in cui il ricorrente, cittadino italiano di lingua tedesca, aveva dedotto inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità per omessa traduzione in lingua italiana degli atti e documenti acquisiti al processo e redatti in tedesco).
Cass. pen. n. 10675/2001
Il fatto che un imputato di nazionalità straniera non abbia mai affermato di essere a conoscenza della lingua italiana non vale, di per sè, a far presumere che di tale conoscenza egli sia privo e non può quindi comportare la necessità - ammesso che questa possa esservi - che l'ordinanza cautelare emessa nei di lui confronti sia accompagnata da una traduzione nella lingua a lui nota.
Cass. pen. n. 12/2000
In tema di interpretazione degli atti, poiché l'efficacia operativa dell'art. 143 c.p.p. è subordinata all'accertamento dell'ignoranza della lingua italiana da parte dell'imputato, qualora l'imputato straniero mostri, in qualsiasi maniera, di rendersi conto del significato degli atti compiuti con il suo intervento o a lui indirizzati e non rimanga completamente inerte ma, al contrario, assuma particolarmente iniziative rivelatrici della sua capacità di difendersi adeguatamente, al giudice non incombe l'obbligo di provvedere alla nomina dell'interprete, non essendo del resto rinvenibile nell'ordinamento processuale un principio generale da cui discenda il diritto indiscriminato dello straniero, in quanto tale, a giovarsi di tale assistenza. (Nell'affermare detto principio la Corte ha altresì precisato che l'accertamento dell'ignoranza della lingua italiana da parte dell'imputato costituisce indagine di mero fatto il cui esito, se riferito dal giudice con argomentazioni esaustive e concludenti, sfugge al sindacato di legittimità).
La mancata traduzione nella lingua dell'imputato alloglotta del decreto di citazione a giudizio, in presenza delle condizioni richieste dall'art. 143 c.p.p. come interpretato da Corte cost. 12 gennaio 1993 n. 10, integra una nullità generale di tipo intermedio (artt. 178, lett. c e 180 c.p.p.) la cui deducibilità è soggetta a precisi termini di decadenza e che resta sanata dalla comparizione della parte.
Cass. pen. n. 3043/2000
Alla luce di una lettura costituzionalmente orientata dall'art. 143 c.p.p., quale suggerita dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 10 del 1993, deve ritenersi che anche l'ordine di esecuzione della pena detentiva emesso dal pubblico ministero sia soggetto alla disciplina dettata dal suddetto articolo e debba essere quindi tradotto, a pena di nullità, in lingua nota al condannato straniero, salvo che dagli atti del procedimento risulti che egli comprendeva la lingua italiana; ciò che, peraltro, deve presumersi qualora da tali atti si rilevi che il soggetto si è sempre reso conto della portata dell'accusa, contrapponendovi un'adeguata difesa.
Cass. pen. n. 1141/2000
Presupposto indispensabile perché vi sia l'obbligo, ai sensi dell'art. 143 c.p.p. (quale interpretato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 10 del 1993), di disporre la traduzione del decreto di citazione a giudizio dell'imputato straniero è che quest'ultimo ignori, di fatto, la lingua italiana. In ogni caso l'inosservanza di detto obbligo non può tuttavia dar luogo a nullità assoluta e insanabile, ai sensi dell'art. 179, comma 1, c.p.p., ma solo a nullità a regime c.d. «intermedio» soggetta, come tale, alla disciplina di cui all'art. 180 c.p.p.
Cass. pen. n. 2203/1999
L'art. 143 c.p.p., pur tenuto conto della particolare forza espansiva attribuitagli dalla Corte costituzionale con la sentenza interpretativa di rigetto n. 10 del 1993, non impone che l'avviso dell'udienza davanti al Tribunale del riesame venga tradotto nella lingua del destinatario quando questo sia uno straniero che non conosce la lingua italiana, non contenendo il detto avviso alcun elemento di accusa ma solo la data dell'udienza fissata per l'esame del gravame proposto dallo stesso indagato o del suo difensore.
Cass. pen. n. 2128/1999
La previsione dell'obbligo di traduzione in lingua, cui si riferisce l'art. 143 c.p.p., trova il proprio spazio in relazione allo svolgimento degli atti processuali ai quali l'indagato o imputato partecipa, e per i quali è assicurata l'assistenza dell'interprete. La necessità di garantire la consapevole partecipazione agli atti del procedimento non è tuttavia prospettabile in relazione all'ordinanza cautelare, la quale non contiene, al proprio «interno», dati informativi ovvero mirati avvertimenti in ordine alla esistenza, ed alle modalità di esercizio, di diritto e facoltà dell'indagato, «in relazione» agli effetti dell'atto, cui il difetto della traduzione in lingua si porrebbe come concreto ostacolo. Ciò tanto più nella fattispecie, laddove la misura cautelare risulta aver fatto seguito ad udienza di convalida dell'arresto, sede nella quale i motivi dell'accusa erano stati già resi noti agli indagati che, assistiti dall'interprete, avevano avuto esatta cognizione delle ragioni e della finalità dell'atto.
Cass. pen. n. 5599/1999
L'art. 143 c.p.p., interpretato alla luce tanto dell'art. 6 della Convenzione internazionale per la salvaguardia dei diritti dell'uomo resa esecutiva in Italia con legge 4 agosto 1955 n. 848 quanto delle pronunce della Corte costituzionale n. 10/1993 e n. 64/1994, non impone affatto che il decreto di citazione a giudizio dell'imputato straniero ignaro della lingua italiana debba essere redatto, in via esclusiva o con testo italiano a fronte, della lingua nota al destinatario, avendo quest'ultimo soltanto il diritto all'assistenza gratuita di un interprete - da nominarsi immediatamente - che provveda alla traduzione dell'atto, come previsto dal citato art. 6 della Convenzione, «nel più breve tempo».
Cass. pen. n. 88299/1999
Il diritto accordato all'imputato, che non sia in grado di comprendere la lingua italiana, di essere assistito gratuitamente da un interprete e che obbliga alla traduzione degli atti processuali, non nasce automaticamente dalla condizione di non cittadinanza dell'imputato ma dalla oggettiva constatazione dell'impossibilità o difficoltà di comprendere la lingua italiana, impossibilità che deve essere dichiarata e dimostrata. Peraltro, ove detta impossibilità sia sussistente (“id est” dichiarata e dimostrata) ed il giudice si rifiuti di provvedere in conformità, la nullità che consegue ha carattere relativo ed è come tale sanata dall'acquiescenza del difensore.
Cass. pen. n. 1733/1997
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 143 c.p.p. (Nomina dell'interprete), in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui tale norma non prevede la traduzione dell'avviso dell'udienza innanzi al tribunale del riesame. Tale mancata previsione non viola, innanzitutto, il diritto di difesa, in quanto il procedimento incidentale di riesame presiede essenzialmente al controllo, sotto il profilo della legittimità e anche del merito, delle misure cautelari adottate e nello stesso non si esplica la vera e propria difesa dell'indagato, com'è dimostrato anche dal fatto che non ne è prevista la presenza e l'interrogatorio (se non, solo eventualmente, a sua richiesta e in una sede diversa, ex art. 127, comma 3, c.p.p.); la mancata previsione stessa, poi, non è in contrasto con il principio di eguaglianza, in quanto le situazioni del cittadino e dello straniero sono ontologicamente diverse e tali rimarrebbero anche se, relativamente alla notifica dell'avviso della data fissata per l'udienza camerale, fosse prevista la traduzione. Quella del soggetto che si rechi o viva in un paese straniero, senza conoscerne la lingua, è di per sè una situazione che presenta una serie di difficoltà, alle quali lo straniero, che vi si trovi, è naturalmente e preventivamente preparato: quello che rileva è che detta situazione non si risolva in una disparità di trattamento ingiustificata, che vada cioè al di là della naturale diversità di cui si è detto, con il riconoscimento, a favore del cittadino, di vantaggi ingiustificati, nella specie chiaramente insussistenti (in quanto la «particolarità» denunciata discende, appunto e soltanto, da una ineliminabile diversità di situazione «di base»).
Cass. pen. n. 417/1997
Fra gli atti cui l'imputato partecipa seguendone — contestualmente — il compimento, rispetto ai quali l'art. 143 c.p.p. assicura l'assistenza gratuita dell'interprete, non può farsi rientrare la traduzione della sentenza che conclude il giudizio. Fuori da ogni contestualità, infatti, l'interesse a difendersi e quindi ad impugnare non è menomato dalla mancata traduzione della sentenza, a fronte della quale l'imputato, avuta cognizione del dispositivo, ha tutto il tempo per chiedere e ottenere a proprie spese la traduzione della pronuncia notificatagli.
Cass. pen. n. 825/1996
La nullità conseguente alla mancata traduzione, nella lingua dell'imputato, dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare, in quanto non rientrante tra quelle specificamente previste dagli artt. 178 e 179 c.p.p., ha carattere relativo e resta sanata, se non eccepita tempestivamente.
Cass. pen. n. 2228/1995
In conformità ai trattati internazionali vincolanti per l'Italia, l'art. 143, primo comma, c.p.p. riconosce all'imputato che ignora la lingua italiana il diritto di farsi assistere gratuitamente da un interprete al fine di comprendere l'accusa e di seguire il compimento degli atti del processo al quale partecipa. A tale diritto corrisponde l'obbligo imposto all'autorità giudiziaria procedente di nominare un interprete a pena di nullità degli atti riguardanti l'indagato o imputato straniero che non conosce la lingua italiana. La nullità è di ordine generale ai sensi dell'art. 178, lett. c), c.p.p., riferendosi all'assistenza dell'imputato. Tuttavia, non riferendosi all'omessa citazione dell'imputato o all'assenza del suo difensore nei casi in cui ne è obbligatoria la presenza, non rientra, ai sensi dell'art. 179, primo comma, stesso codice tra le nullità assolute e insanabili, bensì tra quelle che, pur potendo essere rilevate d'ufficio, non possono essere più eccepite dopo la deliberazione della sentenza di primo grado o, se si sono verificate nel giudizio, dopo la deliberazione della sentenza del grado successivo (cosiddette nullità a regime intermedio). (Fattispecie relativa a definizione del procedimento con applicazione della pena su richiesta delle parti, in ordine alla quale la ricorrente lamentava l'ignoranza della lingua italiana e l'inidoneità dell'interprete nominatole a farle comprendere la natura degli atti compiuti. La S.C., nell'enunciare il principio di cui in massima, ha posto anche in evidenza che, a norma dell'art. 182, secondo comma, c.p.p., la parte che assiste a un atto affetto da nullità a regime intermedio, deve eccepirla prima del suo compimento oppure, se ciò non è possibile, immediatamente dopo).
Cass. pen. n. 843/1995
Anche l'ordine di esecuzione della pena emanato ai sensi dell'art. 656 c.p.p. è soggetto alle disposizioni di cui all'art. 143 stesso codice in materia di traduzione degli atti destinati allo straniero che non conosca la lingua italiana. La traduzione non è però necessaria se dagli atti del procedimento di cognizione risulta che lo straniero capiva la lingua italiana.
In virtù della norma di cui all'art. 143 c.p.p., nella lettura fornitane dalla Corte costituzionale con sentenza 19 gennaio 1993, n. 10, tra gli atti indirizzati all'imputato alloglotta, dei quali occorre assicurare la traduzione nella lingua a lui nota, deve comprendersi anche l'ordine di esecuzione ai sensi dell'art. 656 c.p.p. (Nell'occasione la Corte ha precisato che, essendo legislativamente prevista per l'interessato la possibilità di provocare un controllo sulla legittimità del titolo esecutivo, è necessario assicurare a colui che ignora la lingua italiana la comprensione degli atti volti a realizzare la pretesa punitiva dello Stato, affinché possa utilizzare le garanzie tipiche della giurisdizione anche in tale momento del procedimento a suo carico).
La traduzione degli atti di esecuzione della sentenza definitiva, altrimenti doverosa ai sensi dell'art. 143 c.p.p., non è necessaria quando l'imputato straniero, nelle varie fasi in cui si è articolato il procedimento a suo carico, si è sempre reso conto della portata degli atti a lui indirizzati, apprestando senza difficoltà adeguata difesa, così mostrando di comprendere la lingua italiana; in tale ipotesi, infatti, viene a realizzarsi una presunzione di fatto di idonea e compiuta conoscenza della lingua ufficiale del processo, i cui effetti si estendono alla fase esecutiva.
Cass. pen. n. 758/1995
L'obbligo di usare la lingua italiana (art. 109 comma primo c.p.p.) si riferisce agli atti da compiere nel procedimento, non agli atti già formati da acquisire al procedimento medesimo. Ciò deriva, oltre che dal tenore letterale della citata norma e dal principio chiaramente desumibile dall'eccezione stabilita nel comma secondo del predetto articolo, anche dalle espresse e specifiche disposizioni dettate dagli artt. 237, 242 e 143 c.p.p. Secondo il combinato disposto delle predette norme, alla cui osservanza il giudice è tenuto ex art. 124 c.p.p. anche senza richiesta o sollecitazione della difesa, mentre l'acquisizione di qualsiasi documento proveniente dall'imputato può essere disposta anche di ufficio, il giudice «dispone» (cioè deve disporre) la traduzione, a norma dell'art. 143, dei documenti redatti in lingua diversa dall'italiano, se cioè è necessario alla loro comprensione. (Nella fattispecie, il tribunale del riesame aveva rifiutato l'ammissione, perché «incomprensibile», in quanto prodotto in lingua tedesca, di documentazione di cui la difesa aveva chiesto l'ammissione per provare circostanze relative all'alibi, ed aveva rigettato l'istanza di riesame ritenendo l'alibi mancante di prova. La Corte di cassazione, in applicazione del principio di diritto di cui in massima, ha annullato con rinvio l'impugnata ordinanza, specificando che la mancata ammissione della documentazione prodotta dall'indagato e la sua mancata traduzione, anche in udienza ad opera di un interprete di facile e pronta reperibilità, in relazione alla lingua comunitaria adoperata (tedesca) e ai cinque giorni di tempo a disposizione dei giudici, ai fini del termine di cui all'art. 309, comma 10 c.p.p., si riflettono negativamente sulla logica e sulla coerenza della decisione adottata riguardo alla valenza probatoria di detta documentazione).
Cass. pen. n. 244/1995
Non dà luogo a nullità la mancata traduzione del decreto di citazione a giudizio in grado di appello in una lingua nota all'imputato straniero che non conosca quella italiana, quando il giudizio di appello debba svolgersi con il rito camerale, ai sensi dell'art. 599 c.p.p. Ciò in quanto la facoltà di comparire all'udienza camerale non forma oggetto di speficica indicazione che debba essere contenuta in detto decreto, ma è soltanto indirettamente desumibile dal richiamo al citato art. 599 obbligatoriamente inserito, ai sensi dell'art. 601, comma 2, c.p.p., nel decreto stesso, per cui dalla sola notifica di quest'ultimo, quale che sia la lingua in cui esso è redatto, non deriva al destinatario la conoscenza dell'anzidetta facoltà.
Pure a seguito della sentenza costituzionale n. 10 del 1993, agli imputati che non conoscono la lingua italiana non va fatto alcun avvertimento della loro facoltà di comparire all'udienza per l'appello in camera di consiglio con atto tradotto nella loro madre lingua. È ciò perché di tale avvertimento non è prevista l'inclusione nel decreto di citazione evincendosi la possibilità di comparire all'udienza camerale dal combinato disposto degli artt. 599, comma 1 e 127 c.p.p. Essendo, dunque, la detta facoltà prevista da disposizioni di legge, queste, prescindendo dalla conoscenza, sono obbligatorie, cosicché lo stesso imputato italiano che riceve la notifica del decreto di citazione, al pari dello straniero che lo riceva nella sua lingua o in un lingua per lui comprensibile, non sarebbe in condizione, per effetto della sola notifica, di essere informato di tale facoltà.
Cass. pen. n. 4179/1994
La mancata nomina di un interprete all'imputato che non conosca la lingua italiana, in violazione dell'art. 143 c.p.p., dà luogo a nullità di ordine generale ma non assoluto, rientrando essa invece tra quelle definite a regime intermedio. Come tale, essa, ai sensi dell'art. 182, comma secondo, c.p.p., deve essere eccepita dalla parte, se presente, prima del compimento dell'atto o, quando ciò non sia possibile, immediatamente dopo. (Nella specie trattavasi di interrogatorio in sede di convalida di fermo).
Cass. pen. n. 3052/1994
L'art. 143, primo comma, c.p.p., presuppone che l'imputato non conosca la lingua italiana o la conosca tanto imperfettamente da non poter comprendere il contenuto dell'accusa e degli atti processuali cui partecipi. Inoltre anche nei casi in cui sussiste il diritto dell'imputato straniero ad essere assistito da un interprete, condizione indispensabile per l'esercizio di tale diritto è che egli dimostri o, almeno, dichiari di non sapersi esprimere in lingua italiana, o di non comprenderla. Ciò perché l'art. 143 c.p.p. non prevede l'obbligo indiscriminato dell'assistenz.
Cass. pen. n. 293/1994
L'art. 143, primo comma, c.p.p. che prevede, per l'imputato che non conosce la lingua italiana, il diritto di farsi assistere gratuitamente da un interprete al fine di poter comprendere l'accusa contro di lui formulata e di seguire il compimento degli atti cui partecipa, va applicato ogni volta che l'imputato abbia bisogno della traduzione nella lingua da lui conosciuta in ordine a tutti gli atti a lui indirizzati, sia scritti che orali. Da ciò consegue il diritto dell'imputato a vedersi notificato, tradotto nella lingua a lui nota, il decreto di citazione a giudizio, che costituisce l'atto fondamentale per instaurare un corretto rapporto processuale. La violazione di tale diritto, concernendo la citazione dell'imputato, integra una nullità assoluta, insanabile e rilevabile in ogni stato e grado del procedimento (artt. 178 e 179, primo comma, c.p.p.). (Nella fattispecie la Corte di cassazione ha annullato con rinvio l'impugnata sentenza di condanna di imputati, che ignoravano la lingua italiana, a cui era stato notificato il decreto di citazione per il giudizio, senza la traduzione in una lingua a loro nota).
Cass. pen. n. 9450/1993
In materia di diritto di difesa, l'interpretazione dell'art. 143 c.p.p. conforme ai principi costituzionali (art. 24 Cost.) ed alle convenzioni internazionali sottoscritte dall'Italia, impone che si proceda alla immediata nomina dell'interprete o del traduttore allorché si verifichi la circostanza della mancata conoscenza della lingua italiana da parte della persona nei cui confronti si procede, tanto se tale circostanza sia evidenziata dallo stesso interessato, quanto se, in difetto di ciò, sia accertata dall'autorità procedente. E ciò vale anche in fase di indagini preliminari, sia per l'effetto dell'estensione all'indagato di tutte le garanzie assicurate all'imputato (art. 61 c.p.p.), sia per effetto del riferimento esplicito, contenuto nello stesso art. 143, comma terzo c.p.p., alla nomina dell'interprete in relazione alle attività processuali del giudice così come alle attività del pubblico ministero o dell'ufficiale di polizia giudiziaria.
Cass. pen. n. 6318/1993
L'art. 143 c.p.p. non prevede il diritto dell'imputato ad un interprete che conosca la sua lingua di origine, ma riconosce all'imputato che ignora la lingua italiana di farsi assistere da un interprete al fine di poter comprendere l'accusa contro di lui formulata e di seguire il compimento degli atti cui partecipa. L'idoneità dell'interprete a soddisfare in concreto le suddette esigenze costituisce questione di fatto rimessa all'apprezzamento del giudice di merito.
Cass. pen. n. 5221/1993
Il diritto di farsi assistere da un interprete, previsto dall'art. 143 c.p.p., è limitato - ove ne concorrano i presupposti – agli atti orali, e la traduzione è prescritta solo per l'atto di cui all'art. 169 stesso codice da notificare all'imputato straniero all'estero e, a richiesta dell'interessato, per gli atti indirizzati ad un cittadino italiano appartenente ad una minoranza linguistica riconosciuta nel corso di un procedimento dinnanzi all'autorità giudiziaria avente competenza sul territorio ove tale minoranza è insediata.
Corte cost. n. 10/1993
Nella configurazione del diritto all'interprete, l'innovazione introdotta dall'art. 143 c.p.p. rispetto alla disciplina previgente, pur mantenendo all'interprete le funzioni tipiche del collaboratore dell'autorità giudiziaria, assegna primariamente allo stesso una connotazione ed un ruolo propri di istituti preordinati alla tutela della difesa, nell'ambito di un diritto soggettivo perfetto, direttamente azionabile, in sintonia con i principi contenuti nelle convenzioni internazionali ratificate dall'Italia in materia di diritti della persona non può pertanto art. 143 configurarsi come norma di stretta interpretazione. Al contrario, trattandosi di una garanzia essenziale al godimento di un fondamentale diritto di difesa, va interpretato come clausola generale, di ampia applicazione, destinata ad espandersi e a specificarsi, nell'ambito dei fini normativi riconosciuti, di fronte al verificarsi delle varie esigenze concrete che lo richiedano. Il diritto all'interprete quindi deve essere estensivamente applicato a tutte le ipotesi in cui l'imputato straniero, ove non possa giovarsi dell'ausilio dell'interprete, sarebbe pregiudicato nel suo diritto di partecipare effettivamente allo svolgimento del processo penale, in ordine a tutti gli atti a lui indirizzati, sia scritti che orali. Tale garanzia si estende a qualsiasi persona, di qualunque nazionalità, che non risulti essere in grado di comprendere la lingua italiana, tanto se tale circostanza sia evidenziata dallo stesso interessato, quanto se, in difetto di ciò, sia accertata dall'autorità procedente.
Cass. pen. n. 9954/1992
Il tenore dell'art. 250, comma primo, c.p.p. lascia chiaramente intendere che la presenza dell'imputato alla perquisizione locale non è obbligatoria, sicché l'ufficiale di P.G. delegato a compiere l'atto non è tenuto ad assicurare la presenza dell'imputato medesimo che, trovandosi sul posto in stato di arresto, non gliene faccia espressa richiesta. Nè si verifica alcuna nullità qualora il decreto di perquisizione venga consegnato all'imputato senza traduzione nella sua lingua: l'art. 143 c.p.p., infatti, si limita a prevedere, per l'imputato che non conosce la lingua italiana, il diritto di farsi assistere da un interprete al fine di poter comprendere l'accusa nel momento in cui gli viene formulata, o di poter seguire il compimento di atti nei quali la sua partecipazione è prevista come obbligatoria, né può desumersi dagli artt. 169, comma terzo, stesso codice e 63 D.L.G. 28 luglio 1989, n. 271 (norme di attuazione) un dovere generale di traduzione degli atti scritti da notificare all'imputato che non conosce la lingua italiana.
Cass. pen. n. 5908/1991
È legittima la notifica all'imputato straniero di atti redatti in lingua italiana perché nessuna disposizione impone di norma la traduzione degli atti scritti da notificare all'imputato che non conosce la lingua italiana. Il diritto di farsi assistere da un interprete, riconosciuto dall'art. 143 c. p.p. all'imputato, italiano o straniero, che non conosca la lingua è limitato agli atti orali e la traduzione è prevista solo per l'atto di cui all'art. 169 c.p.p. da notificare all'imputato straniero all'estero e a richiesta dell'interessato, per gli atti indirizzati al cittadino italiano appartenente a una minoranza linguistica riconosciuta, nel corso di un procedimento davanti all'autorità giudiziaria avente competenza sul territorio ove tale minoranza è insediata.