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Art. 517 — Reato concorrente e circostanze aggravanti risultanti dal dibattimento

Art. 517 — Reato concorrente e circostanze aggravanti risultanti dal dibattimento

1. [Qualora nel corso dell’istruzione dibattimentale emerga un reato connesso a norma dell’articolo 12 comma 1 lettera b] ovvero una circostanza aggravante e non ve ne sia menzione nel decreto che dispone il giudizio [ 429 ], il pubblico ministero contesta all’imputato il reato o la circostanza [ 520 ], purché la cognizione non appartenga alla competenza di un giudice superiore [ 423 comma 1, 522 ].

1-bis. Si applicano le disposizioni previste dall’articolo 516, commi 1-bis e 1-ter .]

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 12345/2018

Nel caso in cui il pubblico ministero contesti all’imputato un reato concorrente ai sensi dell’art. 517 cod. proc. pen.sulla base di fonti dichiarative raccolte in dibattimento, tali dichiarazioni possono essere legittimamente utilizzate dal giudice per la decisione qualora il difensore si sia limitato a prendere atto della contestazione suppletiva, senza chiedere, ai sensi dell’art. 519, commi 2 e 3, cod. proc. pen., di effettuare un controesame delle citate fonti dichiarative in relazione all’oggetto della nuova contestazione.

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Cass. pen. n. 16608/2017

Non sussiste alcun dovere di procedere alla contestazione di fatto diverso o concorrente qualora, contestata nell’imputazione originaria una serie di condotte omogenee unificate entro il vincolo della continuazione interna, l’attenzione venga poi focalizzata, durante l’espletamento delle prove testimoniali, su taluno degli episodi originariamente contestati nella loro complessità, puntualizzandone le modalità esecutive rispetto a quanto indicato nel capo di imputazione.

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Cass. pen. n. 9696/2015

L’atto con il quale il Pubblico Ministero modifica la imputazione ex artt. 516-517 cod. proc. pen., non ha efficacia interruttiva della prescrizione, poiché esso non è compreso nell’elenco degli atti espressamente previsti dall’art. 160, comma secondo, cod. pen., i quali costituiscono un “numerus clausus” e sono insuscettibili di ampliamento per via interpretativa, stante il divieto di analogia “in malam partem” in materia penale.

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Cass. pen. n. 47666/2014

Nel caso in cui il Pubblico Ministero proceda, sulla base delle dichiarazioni testimoniali della persona offesa, a contestare all’imputato un reato concorrente ai sensi dell’art. 517 cod. proc. pen., tali dichiarazioni possono essere legittimamente utilizzate dal giudice per la decisione qualora il difensore si sia limitato a prendere atto della contestazione suppletiva, senza chiedere, ai sensi dell’art. 519, commi 2 e 3, cod. proc. pen., di effettuare un controesame della persona offesa specificamente relativo all’oggetto della suddetta contestazione.

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Cass. pen. n. 44709/2004

La contestazione suppletiva prevista dall’art. 517 c.p.p., effettuabile tanto prima quanto nel corso della istruzione dibattimentale, può avere ad oggetto anche fatti già acquisiti dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari, fermo restando, però, che non possono essere utilizzate a carico dell’imputato, relativamente a quei fatti, le prove che siano state assunte in dibattimento prima che la contestazione avesse luogo. [ Mass. redaz. ].

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Cass. pen. n. 48593/2003

È abnorme e dunque contro di esso può proporsi ricorso per cassazione il provvedimento con il quale il giudice di pace, che ravvisi l’esistenza di un reato connesso con quello contestato, trasmette gli atti al P.M. anche relativamente al reato ritualmente contestato omettendo di decidere su questo: costituisce infatti potere-dovere del giudice trasmettere al P.M. copia degli atti concernenti il fatto delittuoso emerso e non contestato soltanto all’esito del giudizio sul reato contestato.

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Cass. pen. n. 1431/2002

La contestazione in dibattimento di un reato connesso a norma dell’art. 12, comma 1, lett. b], c.p.p., o di una circostanza aggravante di cui non vi sia menzione nel decreto che dispone il giudizio, è ammessa solo quando si fondi su elementi emersi per la prima volta nel corso della istruttoria dibattimentale. Tale soluzione, suggerita dalla lettera della legge e dalla necessità di garantire il diritto di difesa dell’interessato, appare oggi la sola congruente con nuovi ed essenziali profili del processo penale, dalla configurazione dell’accesso al rito abbreviato quale diritto dell’imputato alla conseguente possibilità di retrocessione del giudizio verso l’udienza preliminare nei casi in cui la modifica dell’imputazione [art. 516, comma 1 ter, c.p.p.] o la contestazione di nuovi reati [art. 517, comma 1 bis] riguardino fattispecie sottratte alla citazione diretta. Ne consegue che, quando concerna contestazioni effettuate sulla base di elementi già noti nella fase delle indagini preliminari, la sentenza è nulla a mente del comma 2 dell’art. 522 c.p.p., nella sola parte relativa al reato concorrente od alla circostanza aggravante

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Cass. pen. n. 40714/2001

La contestazione in udienza del reato di violazione dei sigilli collegato alle contravvenzioni edilizie ai sensi dell’art. 12, comma 1, lett. b] del codice di rito, non rientra nella previsione della contestazione di «fatto nuovo» prevista dall’art. 518 c.p.p., bensì in quella del reato concorrente disciplinata dall’art. 517 c.p.p.

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Cass. pen. n. 8131/2000

In tema di nuove contestazioni, poiché alla contestazione suppletiva che modifichi l’imputazione originaria consegue un ampliamento del thema probandum, è necessario che a ciascuna parte sia garantito il pieno esercizio del diritto alla prova rispetto ai nuovi fatti emersi nel processo; ne consegue che, se nel dibattimento viene contestato un reato concorrente, alla parte va riconosciuto il diritto alla prova nella medesima estensione stabilita per la fase degli atti preliminari al dibattimento, e l’ammissione delle prove medesime può essere negata solo se esse siano vietate dalla legge o manifestamente superflue o irrilevanti.

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Cass. pen. n. 6251/2000

In tema di reati o circostanze aggravanti risultanti dal dibattimento [art. 517 c.p.p.], perché si possa procedere a contestazione suppletiva occorre che la sussistenza dei reati concorrenti emerga nel corso dell’istruzione dibattimentale e non anche quando essi siano già noti, ma non se ne sia fatta menzione alcuna nella formulazione del capo di imputazione. La lettera della norma non appare suscettibile di interpretazione estensiva e, per contro, una contestazione suppletiva di fatti già noti all’accusa viola il principio di difesa, sia sotto il profilo che si tratta di una imputazione “a sorpresa” in ordine alla quale poteva essere predisposta una difesa anticipata, sia sotto il profilo che vengono poste nel nulla le possibilità di eventualmente adire i riti alternativi quali il patteggiamento o il giudizio abbreviato una volta conosciuta “ab origine” l’intera estensione dell’imputazione. Ne consegue che la contestazione suppletiva di un reato concorrente non emergente dalla istruttoria dibattimentale, ma già conosciuto dal P.M., è illegittima e comporta la nullità del relativo giudizio perché lesiva del diritto alla difesa.

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Cass. pen. n. 5180/1999

Il provvedimento con cui il giudice del dibattimento dichiara inammissibile la contestazione suppletiva effettuata dal pubblico ministero ai sensi dell’art. 517 c.p.p., per quanto erroneo [essendo il pubblico ministero dominus dell’azione penale ed il giudice conseguentemente carente del potere di sindacato preventivo in materia] non può tuttavia qualificarsi come abnorme e, dunque, non è immediatamente impugnabile con il ricorso per cassazione; non si tratta, infatti, di provvedimento dal quale derivi una situazione processuale non diversamente risolubile se non con il gravame predetto, e ciò in quanto, avendo il giudice l’obbligo di provvedere in ordine al nuovo capo di imputazione, la sentenza emessa all’esito del dibattimento può essere utilmente impugnata dalla parte pubblica per l’omessa pronuncia sul punto.

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Cass. pen. n. 11671/1999

È configurabile il tentativo nel reato di cui all’art. 517 c.p., allorché vengano presentati per lo sdoganamento prodotti industriali con segni mendaci in quanto può costituire atto idoneo, diretto in modo non equivoco, a mettere la merce in circolazione ovvero a porla in vendita.
In tema di elemento oggettivo del delitto di vendita di prodotti industriali con segni mendaci di cui all’art. 517 c.p., la condotta descritta con l’espressione – mette altrimenti in circolazione – è nella fattispecie alternativa a quella di – porre in vendita -, sicché deve ritenersi che essa si riferisca a qualsiasi attività con cui si miri a far uscire a qualsiasi titolo la – res – dalla sfera giuridica e di custodia del mero detentore, ossia a qualunque operazione di movimentazione della merce. Ne consegue che la mera presentazione di prodotti industriali con segni mendaci alla dogana per lo sdoganamento, può, tenuto conto delle circostanze del caso concreto, integrare la condotta prevista dall’art. 517 c.p. con l’espressione – mette altrimenti in circolazione -.

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Cass. pen. n. 10551/1999

In tema di nuove contestazioni, va riconosciuto al P.M. il potere di procedere nel dibattimento alla modifica dell’imputazione o alla formulazione di nuove contestazioni senza specifici limiti, temporali o di fonte, da cui trarre gli elementi per la detta modifica o la nuova contestazione, sempre ovviamente garantendo i diritti della difesa.

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Cass. pen. n. 10394/1999

In tema di nuove contestazioni di circostanze aggravanti emerse nel corso dell’udienza, deve ritenersi che il termine ultimo entro il quale esse possono essere effettuate debba farsi coincidere con la chiusura del dibattimento e che, dunque, possa anche essere, a tale scopo, interrotta la discussione finale, ferma restando la concedibilità, all’imputato, dei termini a difesa

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Cass. pen. n. 4/1999

In tema di nuove contestazioni, la modifica dell’imputazione di cui all’art. 516 c.p.p. e la contestazione di un reato concorrente o di una circostanza aggravante di cui all’art. 517 c.p.p. possono essere effettuate dopo l’avvenuta apertura del dibattimento e prima dell’espletamento dell’istruzione dibattimentale, e dunque anche sulla sola base degli atti già acquisiti dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari.

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Cass. pen. n. 6443/1998

Per la legittimità della contestazione di un reato connesso non è richiesto, in base al disposto dell’art. 517 c.p.p. anche il consenso dell’imputato, essendo sufficiente la sussistenza di un reato contestato in via principale, un rapporto di connessione quale previsto dall’art. 12 lett. b] c.p.p. tra la contestazione principale e quella suppletiva, la genesi di quest’ultima dall’approfondimento dibattimentale del materiale investigativo.

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Cass. pen. n. 5072/1998

Il reato concorrente suscettibile di contestazione da parte del P.M. a norma dell’art. 517 c.p.p. deve emergere per la prima volta dalla istruttoria dibattimentale perché, se era già a conoscenza del P.M. nella fase degli atti di indagine preliminare o perviene aliunde a conoscenza dello stesso in modo da escludere il controllo della difesa, la relativa contestazione suppletiva in giudizio costituisce una violazione della par condicio delle parti anche perché, fra l’altro, esclude la possibilità che l’imputato chieda il giudizio abbreviato ed è causa di nullità assoluta in parte qua, costituendo un vizio concernente l’iniziativa del P.M. nell’esercizio dell’azione penale.

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Cass. pen. n. 6153/1994

La legittimità della contestazione suppletiva ex art. 517 c.p.p. va valutata al momento in cui essa viene formulata come ipotesi di accusa, da sottomettere poi al vaglio del giudizio alla stessa stregua della contestazione principale. È in tale momento che tra il reato contestato in via principale e quello contestato in via suppletiva deve esistere la connessione prevista dall’art. 12, lett. b], c.p.p. A nulla rileva, quindi, che in sede di giudizio per il primo reato intervenga assoluzione.

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Cass. pen. n. 8959/1993

Poiché il nuovo codice di procedura penale consente [art. 523, sesto comma] l’interruzione della discussione finale per assumere nuova prova qualora il giudice lo ritenga «assolutamente necessario», il termine ultimo per il P.M., per procedere a nuove contestazioni, va collocato alla chiusura, non della istruzione dibattimentale, bensì del dibattimento.

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