Art. 533 – Codice di procedura penale – Condanna dell’imputato
1. Il giudice pronuncia sentenza di condanna se l’imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio. Con la sentenza il giudice applica la pena e le eventuali misure di sicurezza.
2. Se la condanna riguarda più reati, il giudice stabilisce la pena per ciascuno di essi e quindi determina la pena che deve essere applicata in osservanza delle norme sul concorso di reati e di pene o sulla continuazione [71-84 c.p.]. Nei casi previsti dalla legge il giudice dichiara il condannato delinquente o contravventore abituale o professionale o per tendenza [102 ss. c.p.].
3. Quando il giudice ritiene di dover concedere la sospensione condizionale della pena [163 c.p.] o la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale [175 c.p.], provvede in tal senso con la sentenza di condanna.
3-bis. Quando la condanna riguarda procedimenti per i delitti di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), anche se connessi ad altri reati, il giudice può disporre, nel pronunciare la sentenza, la separazione dei procedimenti anche con riferimento allo stesso condannato quando taluno dei condannati si trovi in stato di custodia cautelare e, per la scadenza dei termini e la mancanza di altri titoli, sarebbe rimesso in libertà.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 36333/2024
In tema di giudizio di appello, l'obbligo di motivazione rafforzata, richiesta in caso di ribaltamento della decisione assolutoria di primo grado, non comporta la necessaria acquisizione di elementi istruttori nuovi e ulteriori rispetto a quelli già esaminati, posto che un tale adempimento, non previsto da alcuna norma processuale, presupporrebbe la giuridica impossibilità di attribuire autonomo rilievo ai vizi e alle lacune intrinseci all'apprezzamento delle risultanze istruttorie operato dal primo giudice.
Cass. civ. n. 29156/2024
Nel giudizio di appello avverso la sentenza che abbia condannato l'imputato anche al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile, il giudice, a fronte dell'estinzione del reato per prescrizione intervenuta nelle more, è tenuto a valutare, in base della regola di giudizio processual-penalistica dell'"oltre ogni ragionevole dubbio", se possa essere emessa una decisione di assoluzione nel merito, col conseguente venir meno delle statuizioni civili, anche nel caso di prove insufficienti o contraddittorie, dovendo pronunciare, invece, sulle statuizioni civili secondo la regola di giudizio processual-civilistica del "più probabile che non" nel solo caso in cui ritenga che ciò non sia possibile e che prevalga la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione.
Cass. civ. n. 13379/2024
In tema di procedimento in appello, il giudice che perviene a una decisione di condanna, diversamente apprezzando le dichiarazioni dibattimentali rese da un perito o da un consulente tecnico, è tenuto, nel caso si tratti di prove decisive, alla rinnovazione istruttoria dibattimentale mediante l'esame del predetto perito o consulente.
Cass. civ. n. 9695/2024
In tema di appello, il giudice del gravame, in forza dei poteri di piena cognizione e valutazione del fatto e conformemente al principio di integrazione tra le sentenze di primo e secondo grado, può integrare la motivazione della sentenza impugnata che non abbia specificato il calcolo effettuato per giungere alla pena finale, trattandosi di lacuna motivazionale che non dà luogo ad alcuna nullità. (Fattispecie in cui il primo giudice non aveva esplicitato la pena base e l'entità della diminuzione su di essa operata per effetto del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche).
Cass. civ. n. 2383/2024
Ai fini della verifica del superamento delle soglie di punibilità previste con riguardo ai reati tributari, i costi non contabilizzati sostenuti dal contribuente per il conseguimento dei maggiori ricavi egualmente non contabilizzati concorrono alla determinazione dell'imposta evasa ex artt. 1, comma 1, lett. f) e 4 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, nel caso in cui il reddito imponibile sia ricostruito incrociando la contabilità di impresa con quella "in nero", sempreché siano offerte allegazioni fattuali da cui risulti la certezza probatoria, diretta o indiziaria, o anche solo il ragionevole dubbio circa la loro esistenza.
Cass. civ. n. 1223/2024
Il giudice d'appello che conferma la sentenza di assoluzione impugnata dalla parte civile per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa non è tenuto a rinnovare l'istruzione dibattimentale, atteso che tale obbligo, conformemente ad un'interpretazione costituzionalmente orientata del disposto di cui all'art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., deve essere posto in correlazione al principio dell'"oltre ogni ragionevole dubbio", valevole in funzione della condanna e non dell'assoluzione.
Cass. civ. n. 44171/2023
La rinnovazione istruttoria nel giudizio di appello, disposta d'ufficio, ex art. 603, comma 3, cod. proc. pen., a seguito di sentenza di condanna in primo grado, non implica che l'affermazione di responsabilità possa essere confermata solo se gli elementi acquisiti "ex novo" siano anch'essi ulteriormente indicativi della colpevolezza dell'imputato e che, ove quest'evenienza non si verifichi, sussista una situazione di "ragionevole dubbio" tale da consentire il ribaltamento della decisione, posto che la condanna è suscettibile di conferma anche nel caso in cui gli elementi nuovi siano serviti a escludere che le prove già assunte nel primo giudizio siano lacunose o possano essere essere smentite da ulteriori risultanze.
Cass. civ. n. 37789/2023
In tema di impugnazioni, il termine al quale la disciplina transitoria di cui all'art. 89, comma 3, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 àncora l'applicabilità del nuovo regime previsto agli artt. 581, commi 1-ter e 1-quater e 585, comma 1-bis, cod. proc. pen., va riferito al momento della lettura del dispositivo e non già a quello del deposito della motivazione. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione che aveva dichiarato tardivo l'appello avverso una sentenza pronunciata prima del 30 dicembre 2022, con termine per il deposito della motivazione successivo a tale data, sul rilievo che non fosse applicabile l'art. 585, comma 1-bis, cod. proc. pen.).
Cass. civ. n. 37701/2023
In tema di durata della custodia cautelare, in caso di condanna non definitiva per reato continuato, al fine di valutare l'eventuale perdita di efficacia, ai sensi dell'art. 300, comma 4, cod. proc. pen., della custodia cautelare per il reato satellite, occorre avere riguardo alla pena unitariamente inflitta, se il titolo custodiale sia ancora valido ed efficace per il reato più grave, non rilevando che il "presofferto" sia pari alla pena inflitta a titolo di aumento per la continuazione.
Cass. civ. n. 31022/2023
La valutazione dei gravi indizi di colpevolezza a fini cautelari deve tener conto della regola di giudizio a favore dell'imputato nel caso di dubbio, in quanto, se due significati possono ugualmente essere attribuiti a un dato probatorio, deve privilegiarsi quello più favorevole all'imputato, che può essere accantonato solo ove risulti inconciliabile con altri univoci elementi di segno opposto.
Cass. civ. n. 7768/2023
Il procedimento disciplinare a carico di magistrati ha natura giurisdizionale, con la conseguenza che nel provvedimento decisorio che lo definisce deve trovare spazio un apparato giustificativo che dia conto degli specifici passaggi logici relativi alla disamina degli istituti di diritto sostanziale o processuale, funzionale a conferire alla decisione una solida forza persuasiva in quanto fondata su una motivazione dialogica e non meramente assertiva, che si faccia carico di esplicitare compiutamente le ragioni per le quali ritiene di disattendere le argomentazioni e le istanze istruttorie di una parte e di aderire alle richieste dell'altra. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza che aveva ritenuto provati episodi di corruzione a carico di un magistrato senza confrontarsi, nella motivazione, con le deduzioni difensive dell'incolpato, che in sede penale era stato assolto dalle imputazioni relative, in parte, agli stessi fatti contestati in sede disciplinare.)
Cass. pen. n. 48541/2018
L'applicazione della regola di giudizio compendiata nella formula "al di là di ogni ragionevole dubbio", di cui all'art. 533 cod. proc. pen., in tema di nesso causale, in presenza di patologie riconducibili a più fattori causali diversi e alternativi tra loro, consente di pronunciare condanna a condizione che, in base al dato probatorio acquisito, la realizzazione dell'ipotesi alternativa, nella fattispecie concreta, risulti priva del benché minimo riscontro nelle emergenze processuali, ponendosi al di fuori dell'ordine naturale delle cose e della normale razionalità umana. (Fattispecie in tema di omicidio colposo da esposizione ad amianto sul luogo di lavoro, in cui la Corte ha rigettato il ricorso avverso la sentenza di assoluzione che aveva ritenuto sussistente il ragionevole dubbio sulla sussistenza del nesso causale, avendo la persona offesa abitato per lungo tempo in prossimità di un'industria manifatturiera dell'amianto).
Cass. pen. n. 23813/2009
La regola di giudizio compendiata nella formula "al di là di ogni ragionevole dubbio", formalizzata nell'art. 533, comma primo, c.p.p., come sostituito dall'art. 5 della L. 20 febbraio 2006 n. 46 (modifiche al codice di procedura penale in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento) impone di pronunciare condanna, quando il dato probatorio acquisito lascia fuori soltanto eventualità remote, pur astrattamente formulabili e prospettabili come possibili "in rerum natura", ma la cui effettiva realizzazione, nella fattispecie concreta, risulti priva del benché minimo riscontro nelle emergenze processuali, ponendosi al di fuori dell'ordine naturale delle cose e della normale razionalità umana.
Cass. pen. n. 15911/2009
La regola di giudizio secondo cui per la condanna è necessario che la colpevolezza risulti "al di là di ogni ragionevole dubbio" non impedisce che la condanna sia pronunciata in appello con riforma di una sentenza di assoluzione di primo grado.
Cass. pen. n. 11302/1999
La omessa indicazione dei criteri di determinazione della pena, anche nel caso che riguardi più reati unificati nella continuazione, non configura una nullità di ordine generale; neppure configura una nullità specifica, giacché il precetto di cui all'art. 533, comma 2, c.p.p. non è assistito da alcuna specifica sanzione processuale. Per conseguenza, in ossequio al principio di tassatività delle nullità stabilito nell'art. 177 c.p.p., l'anzidetta omissione configura, non già una nullità della sentenza, bensì una mancanza di motivazione in ordine alla determinazione della pena, che sottrae all'imputato il controllo sull'uso fatto dal giudice del suo poter discrezionale.
Cass. pen. n. 5636/1994
Non vi è violazione dell'art. 533 c.p.p. quando il giudizio su più reati si sia scisso in distinti procedimenti - anche se per ragioni processuali. La inottemperanza è invece configurabile, qualora nel medesimo processo lo stesso giudice, dopo avere riconosciuto la continuazione non la applichi. (La corte ha osservato che il problema, alla luce dell'art. 671 c.p.p, va risolto in sede esecutiva).
Cass. pen. n. 5044/1993
Data l'intrinseca differenza tra il giudizio di prevenzione e quello di accertamento della responsabilità penale, la valutazione di pericolosità sociale è a carattere essenzialmente sintomatico, basandosi - nell'ipotesi di sospetta appartenenza ad associazioni mafioso-camorristiche - sull'utilizzazione di qualsiasi elemento indiziario certo e idoneo a giustificare il libero convincimento del giudice.
Cass. pen. n. 4689/1992
L'arresto e la condanna (anche definitiva) intervenuti dopo la commissione di taluni reati non ostano, di per sè soli, alla configurazione dell'unicità del disegno criminoso con altri reati successivamente commessi, e dunque non sono ostativi all'applicazione della continuazione.