Art. 78 – Codice penale – Limiti degli aumenti delle pene principali
Nel caso di concorso di reati preveduto dall'articolo 73 , la pena da applicare a norma dello stesso articolo non può essere superiore al quintuplo della più grave fra le pene concorrenti, né comunque eccedere:
1) trenta anni per la reclusione;
2) sei anni per l'arresto;
3) euro 15.493 per la multa e euro 3.098 per l'ammenda; ovvero euro 64.557 per la multa e euro 12.911 per l'ammenda, se il giudice si vale della facoltà di aumento indicata nel capoverso dell'articolo 133bis.
Nel caso di concorso di reati preveduto dall'articolo 74, la durata delle pene da applicare a norma dell'articolo stesso non può superare gli anni trenta. La parte di pena eccedente tale limite è detratta in ogni caso dall'arresto.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 26601/2024
Ai fini dell'esecuzione di pene concorrenti, vanno inserite nel cumulo, non solo tutte le pene che non risultino ancora espiate alla data di commissione dell'ultimo reato, ma anche quelle già espiate che comunque possano avere un riflesso sul criterio moderatore di cui all'art. 78 cod. pen. o sul cumulo materiale, anche in vista della maturazione dei requisiti temporali per l'ammissione ad eventuali benefici penitenziari. (Fattispecie relativa a richiesta del condannato di inserire nel cumulo la condanna relativa a reato commesso prima dell'inizio dell'esecuzione delle pene concorrenti ed espiata precedentemente alla commissione dell'ultimo dei reati del cumulo, motivata dal condannato con l'interesse a fruire di un periodo di liberazione anticipata speciale).
Cass. civ. n. 25073/2024
In tema di adozione in casi particolari ex art. 44, comma 1, lett. d), della l. n. 184 del 1983, nel contenzioso che veda coinvolti solo i parenti del minore, pur non emergendo un vero e proprio conflitto di interessi tra quest'ultimo ed i genitori, è necessaria la nomina di un curatore speciale, al fine di garantire il suo migliore interesse ed interloquire circa la contrapposizione emersa tra i familiari sulla richiesta di cd. adozione mite. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, poiché, nel contenzioso tra gli zii affidatari, che chiedevano l'adozione mite, e la nonna, che voleva svolgere la funzione di vicariante, ed al quale erano rimasti estranei i genitori del minore, l'una decaduta e l'altro non individuato, non era stato nominato il curatore speciale).
Cass. civ. n. 24434/2024
In tema d'IVA, le accise sull'energia elettrica, dovute dal soggetto obbligato all'Amministrazione finanziaria, rientrano nella base imponibile dell'imposta sul valore aggiunto quando sono effettivamente riversate sul consumatore finale, ex art. 16, comma 3, del d.lgs. n. 504 del 1995, poiché entrano a far parte del prezzo da quest'ultimo corrisposto, costituendo un elemento del costo del prodotto venduto.
Cass. civ. n. 23755/2024
L'utilizzabilità del contenuto di comunicazioni scambiate mediante criptofonini, già acquisite e decrittate dall'autorità giudiziaria estera in un procedimento penale pendente davanti ad essa, e trasmesse sulla base di ordine europeo di indagine, deve essere esclusa se il giudice italiano rileva che il loro impiego determinerebbe una violazione dei diritti fondamentali previsti dalla Costituzione e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, e, tra questi, del diritto di difesa e della garanzia di un giusto processo, fermo restando che l'onere di allegare e provare i fatti da cui inferire tale violazione grava sulla parte interessata.
Cass. civ. n. 22611/2024
L'individuazione della più grave tra le pene concorrenti, ai fini dell'applicazione del criterio moderatore di cui all'art. 78 cod. pen., deve aver riguardo alla pena base comprensiva degli aumenti e delle diminuzioni per le circostanze, dovendosi, invece, scorporare la quota di pena riferibile ad eventuali reati-satellite, in ossequio ad esigenze di garanzia che, quando ciò sia utile al condannato, impongono di scindere il reato continuato nelle singole fattispecie che lo compongono.
Cass. civ. n. 18196/2024
In caso di divisione cd. "endoesecutiva", il termine per la riassunzione del processo esecutivo, sospeso ai sensi dell'art. 601 c.p.c., non decorre dal provvedimento che conclude la fase c.d. dichiarativa del giudizio di divisione bensì dal provvedimento con cui viene dichiarato esecutivo il progetto di divisione, in quanto solo quest'ultimo provvedimento, a differenza del primo, ha carattere definitivo ed efficacia di giudicato ai fini dell'art. 297 c.p.c.
Cass. civ. n. 17957/2024
In tema di reati procedibili a querela, il principio del "favor querelae", che presuppone una manifestazione di volontà di punizione, ancorché non esplicita o non univoca, non può essere invocato per colmare il vuoto che segue a una semplice "riserva" di costituzione di parte civile, in quanto con la "riserva" la parte titolare della facoltà di querela si limita solo a manifestare la necessità di una riflessione circa l'esito di una futura decisione, che può risolversi anche nel senso di non voler perseguire la condotta lesiva subita.
Cass. civ. n. 17641/2024
L'esimente prevista dall'art. 649 cod. pen. trova applicazione anche in relazione al delitto di autoriciclaggio, atteso che esso, pur se posto a salvaguardia dell'ordine economico, è diretto a tutelare anche il patrimonio.
Cass. civ. n. 15865/2024
In tema di impugnazione di sentenza pronunziata nei confronti di imputato assente, la nomina del difensore di fiducia contenuta nella richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato depositata contestualmente all'impugnazione non è equipollente allo specifico mandato richiesto a pena di inammissibilità dall'art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., poiché la mera nomina non conferisce al difensore la legittimazione a impugnare.
Cass. civ. n. 15438/2024
In tema di reato continuato, non sussiste illegalità della pena nel caso in cui, nel determinarla, il giudice, pur indicando una pena base che esorbiti dalla cornice edittale normativamente prevista, non ecceda i limiti generali sanciti dagli artt. 23 e ss. 65, 71 e ss. e 81, commi terzo e quarto, cod. pen., in quanto si deve aver riguardo alla misura finale della pena, a nulla rilevando che i passaggi intermedi che conducono alla sua determinazione siano caratterizzati da computi effettuati in violazione di legge. (Fattispecie in cui la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso del Procuratore Generale che lamentava l'illegalità della pena, in quanto la pena base per il delitto di rapina, ritenuto il più grave tra quelli avvinti dalla continuazione, era stata individuata nella reclusione di durata inferiore di un anno, in violazione del disposto dell'art. 628 cod. pen.).
Cass. civ. n. 15028/2024
Il matrimonio contratto tra affini in linea retta è affetto da nullità insanabile, anche in caso di cessazione, scioglimento o declaratoria di nullità del vincolo da cui deriva l'affinità, poiché tale vincolo, che lega un coniuge ai parenti dell'altro, non cessa neanche con la morte, se non per alcuni effetti relativi all'obbligazione alimentare, legittimando alla proposizione dell'azione di cui all'art. 117 c.c. il titolare di un interesse successorio pregiudicato dal matrimonio nullo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ravvisato in capo al figlio, in quanto titolare di un interesse successorio attuale, la legittimazione ad impugnare il nuovo matrimonio contratto dal padre, poi deceduto, con la figlia della sua precedente moglie, anch'ella deceduta).
Cass. civ. n. 8931/2024
In costanza di matrimonio non maturano i termini utili all'usucapione da parte di un coniuge sui beni appartenenti all'altro coniuge, essendo irrilevante la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 781 c.c., concernente il divieto di donazioni fra coniugi, poiché la riproposizione della medesima regola nella l. n. 76 del 2016 sulle unioni civili dimostra che per il legislatore il maturare dei termini utili alla prescrizione - e all'usucapione, in virtù del rinvio operato dall'art. 1165 c.c. - sia contrario allo spirito di armonia che caratterizza l'unione coniugale o civile.
Cass. civ. n. 8685/2024
L'indirizzo PEC di un avvocato presente nel Registro del Consiglio dell'Ordine di appartenenza può essere validamente utilizzato pure per notificare atti inerenti all'incarico di curatore speciale ad processum conferitogli ex art. 78 c.p.c. (benché non riferibili alla sua costituzione in giudizio quale procuratore) anche prima prima dell'entrata in vigore dell'art. 3-ter della l. n. 53 del 1994, non venendo in rilievo esigenze di tutela della riservatezza personale dell'avvocato, in quanto l'incarico, conferito dall'autorità giudiziaria, è connesso all'attività professionale svolta. CORTE COST., Decreto Legisl. 13/12/2017 num. 217 art. 66 com. 5, Decreto Legisl. 07/03/2005 num. 82 art. 6 quater, Decreto Legisl. 07/03/2005 num. 82 art. 62, Decreto Legisl. 07/03/2005 num. 82 art. 16 com. 12, Decreto Legge 29/11/2008 num. 185 art. 16 com. 6, Legge 28/01/2009 num. 2 CORTE COST. PENDENTE, Legge 21/01/1994 num. 53 art. 3 ter
Cass. civ. n. 47799/2023
In tema di esecuzione delle pene concorrenti, nel caso di reati commessi in tempi diversi con periodi di carcerazione già sofferti, devono essere ordinati cronologicamente i reati e i periodi ininterrotti di carcerazione e detratto ogni periodo dal cumulo (parziale) delle pene per i reati commessi in precedenza, applicando il criterio di cui all'art. 78 cod. pen. nel singolo cumulo parziale, sicché che non è consentita una cumulabilità globale che comporterebbe l'imputazione di periodi di carcerazione anteriori a pene inflitte per reati commessi successivamente, in violazione dell'art. 657, comma 4, cod. proc. pen. (Conf.: n. 2020 del 1992,
Cass. civ. n. 44913/2023
In tema di patrocinio a spese dello Stato, nel procedimento per ricorso in opposizione avverso il provvedimento di rigetto dell'istanza di ammissione al beneficio, l'erronea individuazione del legittimato passivo (nella specie, il Ministero della Giustizia in luogo del Ministero dell'Economia e delle Finanze) non determina la mancata instaurazione del rapporto processuale, ma una mera irregolarità, sanabile con la rinnovazione dell'atto nei confronti della Amministrazione legittimata indicata dal giudice, mediante la costituzione in giudizio di quest'ultima, ove non siano sollevate dalla stessa eccezioni al riguardo o, ancora, con la mancata deduzione di uno specifico motivo d'impugnazione.
Cass. civ. n. 44882/2023
In tema di misure cautelari personali, i gravi indizi di colpevolezza possono essere desunti da atti di indagine compiuti all'estero, in un diverso procedimento, da Autorità straniere, la cui utilizzabilità è subordinata all'accertamento, da parte del giudice italiano, non della loro regolarità ma del rispetto delle norme inderogabili e dei principi fondamentali dell'ordinamento, ferme restando la presunzione di legittimità dell'attività svolta e la competenza del giudice straniero in ordine alla verifica della correttezza della procedura e alla risoluzione di ogni questione relativa ad eventuali irregolarità. (Fattispecie relativa a "chat" intercorse su piattaforma criptata "Sky.ECC" trasmesse dall'autorità giudiziaria francese a seguito di ordine europeo d'indagine).
Cass. civ. n. 38481/2023
L'art. 573, comma 1-bis, cod. proc. pen., introdotto dall'art. 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, si applica alle impugnazioni per i soli interessi civili proposte relativamente ai giudizi nei quali la costituzione di parte civile sia intervenuta in epoca successiva al 30 dicembre 2022, quale data di entrata in vigore della citata disposizione.
Cass. civ. n. 33154/2023
In tema di imposta di registro, una volta divenuto definitivo l'avviso di liquidazione per mancata impugnazione, ai fini della riscossione del credito opera unicamente il termine decennale di prescrizione di cui all'art. 78 TUR, non trovando applicazione né il termine triennale di decadenza previsto dall'art. 76, concernente l'esercizio del potere impositivo, né il termine di decadenza contemplato dall'art. 17, comma 3, d.P.R. n. 602 del 1973, in quanto l'imposta di registro non è ricompresa tra i tributi ai quali fa riferimento il d.lgs. n. 46 del 1999.
Cass. civ. n. 29987/2023
In tema di liquidazione coatta amministrativa, qualora un creditore proponga contestazioni al rendiconto presentato dal commissario liquidatore e alla misura del compenso liquidatogli dall'autorità amministrativa, su istanza di detto creditore medesimo, in quanto parte interessata, il presidente del tribunale deve procedere alla nomina di un curatore speciale in favore della procedura concorsuale, la quale è parte necessaria del procedimento in conflitto d'interessi con il commissario, suo rappresentante sostanziale, con la conseguenza che, in difetto di nomina, gli atti del giudizio sono viziati da nullità insanabile e rilevabile d'ufficio in qualsiasi stato e grado del giudizio ed anche in sede di legittimità, mentre la causa va rimessa al primo giudice, perché provveda all'integrazione del contraddittorio, in applicazione degli artt. 354, comma 1, e 383, comma 3, c.p.c., con la procedura concorsuale in persona di un curatore speciale.
Cass. civ. n. 28293/2023
La designazione del nuovo difensore della parte civile comporta l'obbligo del rilascio, ai sensi dell'art. 100 cod. proc. pen., di una nuova procura speciale, la cui mancanza determina la cessazione della partecipazione al giudizio della parte e l'estinzione del rapporto processuale civile inserito nel processo penale.
Cass. civ. n. 27524/2023
In tema di liquidazione coatta amministrativa delle banche, il commissario liquidatore che richieda la dichiarazione dello stato di insolvenza della banca non è in conflitto di interessi qualora egli stesso abbia precedentemente ricoperto l'incarico di commissario straordinario della amministrazione straordinaria della medesima impresa bancaria.
Cass. civ. n. 27384/2023
La messa in liquidazione coatta amministrativa della società preponente non determina lo scioglimento ipso iure del rapporto di lavoro con l'agente, in virtù del combinato disposto degli art. 201 e 72 della l. fall. (Nella specie, la S.C. ha cassato il decreto del tribunale che aveva negato l'ammissione al passivo delle somme richieste a titolo di indennità di preavviso dall'agente per il periodo in cui era stato disposto l'esercizio provvisorio dell'impresa fallita, rilevando che tale condizione non determina ipso iure lo scioglimento del contratto di agenzia).
Cass. civ. n. 24300/2023
Il giudizio di divisione, pur articolato nel suo svolgimento in una molteplicità di fasi presenta, tuttavia, un carattere unitario e deve, quindi, considerarsi un processo unico avente quale finalità ultima la trasformazione di un diritto a una quota ideale in un diritto di proprietà su beni determinati; di talché, fino a quanto tali scopi non siano stati integralmente raggiunti, le sentenze emesse nel corso del procedimento divisionale assumono la natura di non definitività, eccettuata l'ultima che provvede, ai sensi degli artt. 789 e 791 c.p.c., alla formazione definitiva dei lotti, anche quanto rimetta alla fase successiva le operazioni relative al sorteggio delle quote.
Cass. civ. n. 23511/2023
Il giudizio di divisione deve svolgersi, ai sensi dell'art. 784 c.c., a pena di nullità, con la partecipazione di tutti i condividenti, la cui qualità di litisconsorti necessari permane in ogni stato e grado del processo, indipendentemente dall'attività e dal comportamento processuale di ciascuna parte, ed anche se oggetto del giudizio di impugnazione siano esclusivamente i conguagli.
Cass. civ. n. 23036/2023
La rinuncia del coniuge all'azione di riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della quota di legittima può comportare un arricchimento nel patrimonio della figlia beneficiata, nominata erede universale, tale da integrare gli estremi di una donazione indiretta, se corra un nesso di causalità diretta tra donazione e arricchimento.
Cass. civ. n. 22889/2023
Nel procedimento di adozione, mentre il conflitto d'interessi tra minore e genitore è "in re ipsa", per incompatibilità anche solo potenziale delle rispettive posizioni, il conflitto d'interessi tra minore e tutore deve essere dedotto dal P.M., ovvero da uno dei soggetti indicati dall'art.10 della legge n.149 del 2001, ed accertato in concreto dal giudice, come idoneo a determinare la possibilità che il potere rappresentativo sia esercitato dal tutore in contrasto con l'interesse del minore; in tal caso, tuttavia, la denuncia, tendendo alla rimozione preventiva del conflitto, nonché alla immediata sostituzione del rappresentante legale con il curatore speciale dal momento in cui la situazione d'incompatibilità si è determinata, non può più essere prospettata nelle ulteriori fasi del giudizio al solo fine di conseguire la declaratoria di nullità degli atti processuali compiuti in seguito ad una situazione non denunciata.
Cass. civ. n. 21452/2023
Il provvedimento che decide il reclamo avverso il decreto di nomina del curatore speciale ex art. 78 c.p.c., non avendo contenuto decisorio né attitudine ad acquisire carattere definitivo, non è riconducibile alla sfera dei provvedimenti ricorribili per cassazione a mente dell'art. 111 Cost..
Cass. civ. n. 19082/2023
In tema di misure cautelari personali, i gravi indizi di colpevolezza possono essere desunti da atti di indagine compiuti all'estero, in un diverso procedimento, da Autorità straniere, la cui utilizzabilità è subordinata all'accertamento, da parte del giudice italiano, non della loro regolarità ma del rispetto delle norme inderogabili e dei principi fondamentali dell'ordinamento, ferme restando la presunzione di legittimità dell'attività svolta e la competenza del giudice straniero in ordine alla verifica della correttezza della procedura e all'eventuale risoluzione di ogni questione relativa alle irregolarità riscontrate. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto legittima l'utilizzazione di "chat" intercorse sulla piattaforma di comunicazione criptata "Sky Ecc", acquisite mediante ordine europeo di indagine dall'autorità francese, che ne aveva eseguito la decriptazione).
Cass. civ. n. 16794/2023
Nel giudizio di scioglimento della comunione di un bene, gli eventuali usufruttuari non rivestono la qualità di litisconsorti necessari, giacché, in ossequio al principio dispositivo, il litisconsorzio necessario, stante la sua natura eccezionale, opera nei soli casi previsti dalla legge.
Cass. civ. n. 16403/2023
In tema di patteggiamento, il danneggiato è legittimato a costituirsi parte civile in udienza preliminare anche laddove l'imputato abbia precedentemente depositato in cancelleria la richiesta di applicazione della pena munita del consenso del pubblico ministero, sì che il giudice deve provvedere anche sulla regolamentazione delle spese di costituzione. CORTE COST., Nuovo Cod. Proc. Pen. art. 444 com. 2 CORTE COST., Nuovo Cod. Proc. Pen. art. 447 CORTE COST.
Cass. civ. n. 14117/2023
spettanti al produttore dell'opera cinematografica - Art. 45 della l. n. 633 del 1941 - Portata - Conseguenze - Fattispecie.
Cass. civ. n. 13131/2023
In tema di IMU, per effetto della norma di interpretazione autentica di cui all'art. 78-bis, comma 1, del d.l. n. 104 del 2020, conv. con modif., dalla l. n. 126 del 2020, applicabile retroattivamente in riferimento all'art. 1, comma 705, della l. n. 145 del 2018, la qualifica di coadiutore non può costituire di per sé un elemento ostativo ai fini del trattamento agevolativo per i terreni agricoli dallo stesso posseduti in quanto la permanenza del requisito dell'iscrizione alla previdenza agricola, che già presuppone una valutazione di abitualità e prevalenza della partecipazione attiva all'attività del familiare, secondo i criteri fissati ai fini previdenziali, costituisce l'unica condizione richiesta per la fruizione dei benefici fiscali.
Cass. civ. n. 8082/2023
Nel giudizio di cognizione, il criterio moderatore del cumulo materiale, di cui all'art. 78 cod. pen., opera, necessariamente, dopo la riduzione di pena per il rito abbreviato, anche nel caso in cui sia riconosciuta la continuazione tra un reato già giudicato, per il quale è stata inflitta la pena più grave, e i reati oggetto del giudizio abbreviato, considerati satelliti del primo.
Cass. civ. n. 6228/2023
Nei giudizi di scioglimento della comunione, la prova della comproprietà dei beni dividendi non è quella rigorosa richiesta in caso di azione di rivendicazione o di accertamento positivo della proprietà, atteso che la divisione, oltre a non operare alcun trasferimento di diritti dall'uno all'altro condividente, è volta a far accertare un diritto comune a tutte le parti in causa e non la proprietà dell'attore con negazione di quella dei convenuti, sicché, in caso di non contestazione sull'appartenenza dei beni, non può disconoscersi la possibilità di una prova indiziaria, né la rilevanza delle verifiche compiute dal consulente tecnico, siccome ridondanti a vantaggio della collettività dei condividenti.
Cass. civ. n. 2829/2023
In tema di procedimenti per la regolamentazione dell'esercizio della responsabilità genitoriale, l'emersione nel giudizio di reclamo di comportamenti dei genitori pregiudizievoli al figlio, rilevanti ex art. 333 c.c., pone in capo al giudice il dovere di nominare un curatore speciale al minore, in ragione del sopravvenuto conflitto di interessi con i genitori, la cui inottemperanza determina la nullità del giudizio di impugnazione e, in sede di legittimità, la cassazione con rinvio alla Corte d'appello, dovendo escludersi il rinvio al primo giudice, perché contrario al principio fondamentale della ragionevole durata del processo (espresso dall'art. 111, comma 2, Cost. e dall'art. 6 CEDU), di particolare rilievo per i procedimenti riguardanti i minori, e comunque precluso dalla natura tassativa delle ipotesi di cui agli artt. 353, 354 e 383, comma 3, c.p.c. (Nell'affermare il principio, la S.C. ha ritenuto la nullità del solo giudizio di reclamo, ove la gravità delle condotte genitoriali, emerse all'esito di più approfondite indagini peritali, avevano indotto il giudice ad attribuire ai servizi sociali già nominati la responsabilità esclusiva di tutte le decisioni riguardanti il figlio e delle modalità di frequentazione con il genitore non convivente, senza prima procedere alla nomina di un curatore speciale).
Cass. civ. n. 30753/2022
In presenza di un provvedimento di unificazione di pene concorrenti, che abbia richiesto l'applicazione del criterio moderatore di cui all'art. 78 cod. pen. per il superamento della soglia massima di trenta anni di reclusione e che ricomprenda anche una condanna per reato ostativo alla concessione dei benefici penitenziari, lo scioglimento del cumulo a detti fini va effettuato avendo riguardo alla pena relativa al reato ostativo nella sua entità originaria.
Cass. civ. n. 18757/2022
In tema di esecuzione di pene concorrenti, nel caso in cui ricorrano plurimi periodi di liberazione anticipata relativi a condanne per reati commessi in tempi diversi - antecedenti o successivi alla detenzione o alla liberazione anticipata - deve procedersi alla formazione di cumuli parziali con computo separato, per ciascuno di essi, delle detrazioni che, a vario titolo, devono essere operate, tenendo conto, prima per i cumuli parziali e, poi, per quello totale, del criterio moderatore di cui all'art. 78 cod. pen., che va applicato non in modo unitario e alla fine, ma alle pene inflitte per i reati commessi prima dell'inizio della detenzione.
Cass. pen. n. 26848/2022
In presenza di un provvedimento di unificazione di pene concorrenti che comprenda anche una condanna per reato ostativo alla concessione dei benefici penitenziari (nella specie, detenzione domiciliare), ai fini dello scioglimento del cumulo, la pena relativa al reato ostativo va considerata nella sua entità originaria, senza operare alcuna riduzione, in conseguenza dell'eventuale applicazione del criterio moderatore di cui all'art. 78 cod. pen., determinata dal superamento della soglia massima di anni trenta di pena detentiva.
Cass. pen. n. 47414/2021
E' inammissibile l'istanza di riconoscimento di sentenza penale straniera formulata al fine di ottenere l'applicazione del criterio moderatore previsto dall'art. 78 cod. pen. in relazione ad altra sentenza di condanna relativa ad un reato giudicato in Italia, atteso che detta finalità non rientra tra quelle espressamente contemplate dall'art. 12, primo comma, cod. pen.
Cass. pen. n. 13985/2020
In tema di esecuzione delle pene concorrenti inflitte con condanne diverse, il principio dell'unità del rapporto esecutivo, che mira ad evitare al condannato un possibile pregiudizio derivante dalla distinta esecuzione delle sanzioni penali irrogate per una pluralità di reati, è riferibile alle pene comminate per reati commessi prima dell'inizio della detenzione, mentre si deve procedere ad ulteriore cumulo, non più sottoposto alle limitazioni previste dall'art. 78 cod. pen., comprendente, oltre alla pena inflitta per il nuovo reato, la parte risultante dal cumulo precedente, non ancora espiata alla data del nuovo reato solo qualora durante l'espiazione di una determinata pena o dopo che l'esecuzione di quest'ultima sia stata interrotta, il condannato commetta un nuovo reato.
Cass. pen. n. 47678/2019
In presenza di cumuli parziali di pene detentive per reati commessi in tempi diversi e con periodi di carcerazione parimenti sofferti in tempi diversi, il limite del quintuplo della più grave fra le pene concorrenti va commisurato autonomamente in riferimento a ciascun cumulo.
Cass. pen. n. 18896/2019
Nel caso di più sentenze esecutive concorrenti, ai fini del rispetto dei limiti fissati dall'art. 78 cod. pen., per stabilire quale sia la pena più grave tra quelle concorrenti bisogna prescindere, nell'ipotesi di reato continuato, dall'aumento di pena per la continuazione e fare riferimento alla sola pena base.
Cass. pen. n. 21498/2018
Nel giudizio di cognizione, ai fini della determinazione della pena conseguente al riconoscimento della continuazione tra più reati oggetto di giudizio abbreviato, nel caso in cui sia intervenuta condanna definitiva solo per taluni di essi, tra cui quello più grave, non opera il criterio moderatore del cumulo materiale di cui all'art. 78 cod. pen. qualora l'aumento, da effettuarsi prima della riduzione conseguente alla scelta del rito, sia di entità tale da non determinare il superamento del limite dei trent'anni di reclusione.
Cass. pen. n. 4135/2016
In tema di esecuzione di pene concorrenti, il criterio moderatore previsto dall'art. 78 cod. pen. non opera nel caso disciplinato dal successivo art. 80 di concorso di pene inflitte con sentenze o decreti diversi, se diversi sono anche i tempi di commissione dei reati e delle custodie cautelari, e, imponendosi in tal caso la formazione di cumuli differenti, il predetto criterio è applicabile, nell'ambito di ciascuna operazione di cumulo parziale, solo nel caso in cui la pena derivante dal cumulo parziale sia superiore ai limiti di pena fissati dalla norma predetta.
Cass. pen. n. 37635/2014
La previsione dell'art. 78, comma primo, n. 1, c.p., secondo la quale la pena da applicare nel caso di concorso di reati che importano pene detentive temporanee non può superare il limite massimo di trent'anni di reclusione, funge da criterio moderatore, nel caso di reiterazione di reati, con riguardo alla somma tra il residuo della pena da espiare all'atto della commissione (in stato di libertà o in detenzione) di ogni nuovo reato e la pena per quest'ultimo inflitta, ma non impedisce che, nel corso della vita, un soggetto possa essere detenuto per un tempo complessivamente eccedente tale limite.
Cass. pen. n. 32017/2013
L'indulto si applica sul cumulo materiale dei reati in concorso, prima di operare il temperamento di cui all'art. 78 cod. proc. pen.
Cass. pen. n. 2302/2013
In tema di cumulo materiale, il limite massimo previsto dall'art. 78 c.p. è inapplicabile alle sanzioni previste dalle leggi speciali (nella specie, le contravvenzioni relative alla sicurezza dei cantieri introdotte dal d.l.vo n. 494 del 1996, dal d.l.vo n. 626 del 1994, dal d.p.r. 164 del 1956 e dal d.p.r. 547 del 1955).
Cass. pen. n. 45607/2010
In tema di determinazione della pena da porre in esecuzione, l'applicazione del criterio moderatore di cui all'art. 78 c.p. deve aver luogo prima della detrazione, dal cumulo, delle pene espiate ovvero sofferte in custodia cautelare.
Cass. pen. n. 28021/2007
Allorché si sia in presenza di reati commessi in tempi diversi e di diversi periodi di carcerazione, non è possibile includere tutte le pene in un cumulo unitario e globale, soggetto alle limitazioni dell'art. 78 c.p. e alla successiva unitaria e globale detrazione del presofferto. In tali ipotesi, il residuo del cumulo precedente deve essere unificato con la pena inflitta per il nuovo reato, dalla cui data di commissione (o dalla data del successivo arresto, se il reato non è stato commesso in corso di detenzione) ha inizio l'espiazione della pena così unificata, mentre l'efficacia dell'art. 78 c.p. si esplica nell'ambito e nei limiti di ciascuna delle singole operazioni di cumulo.
Cass. pen. n. 25119/2004
Dalla previsione dell'art. 78, comma primo, n. 1, c.p., secondo la quale la pena da applicare nel caso di concorso di reati che importano pene detentive temporanee non può superare il limite massimo di trent'anni di reclusione non discende che non si possa essere detenuti, nel corso della vita, per un tempo complessivamente eccedente tale limite, giacché ciò comporterebbe, una volta che esso fosse raggiunto, l'impunità per qualsiasi delitto successivamente commesso, ma solo che il criterio moderatore in questione operi, nel caso di reiterazione di reati, con riguardo alla somma tra il residuo della pena da espiare all'atto della commissione (in stato di libertà o in detenzione) di ogni nuovo reato e la pena per quest'ultimo inflitta.
Cass. pen. n. 19540/2004
In presenza di una pluralità di condanne inflitte e di periodi di detenzione sofferti in tempi diversi, non è possibile procedere a un unico cumulo delle pene concorrenti e detrarre, poi, da tale cumulo il complesso di detenzione subita in custodia cautelare, qualora i periodi di detenzione preventiva si riferiscano a condanne per reati commessi in tempi diversi, prima della detenzione e dopo di essa (nella specie, in periodo di libertà conseguente ad evasione). In tal caso, è necessario procedere alla formazione di cumuli parziali con computo separato, per ciascuno di essi, delle detrazioni che devono a vario titolo essere operate e con applicazione, prima sui cumuli parziali e poi su quello totale, del criterio moderatore di cui all'art. 78 c.p.
Cass. pen. n. 48160/2003
Alla formazione del cumulo giuridico, mediante applicazione del criterio moderatore di cui all'art. 78 c.p., deve pervenirsi solo previo scorporo delle pene eventualmente coperte da condono, operando il detto criterio moderatore solo sull'insieme delle pene effettivamente eseguibili.
Cass. pen. n. 4940/1998
In presenza di una pluralità di condanne e di periodi di detenzione sofferti in tempi diversi, non è possibile procedere a un unico cumulo delle pene concorrenti e detrarre, poi, a detto cumulo la somma complessiva di pena espiata in custodia cautelare, qualora i periodi di carcerazione preventiva si riferiscano a condanne per reati commessi in tempi diversi, prima, durante e dopo la detenzione. In tal caso, il cumulo dovrà eseguirsi tra il residuo di pena da espiare e la pena irrogata per il reato successivamente commesso e così via fino all'esaurimento delle pene concorrenti irrogate per reati successivamente commessi, previa detrazione, per ciascuna condanna, della pena già espiata in custodia cautelare o della pena di cui è cessata l'esecuzione. Ne consegue che, nell'ambito di ciascuna operazione di cumulo parziale, il criterio moderatore previsto dall'art. 78 c.p. è applicabile solo nel caso che la pena derivante dal cumulo parziale sia superiore ai limiti di pena fissati nella norma predetta.
Cass. pen. n. 5590/1998
Il limite massimo del cumulo materiale di cui all'art. 78 c.p., che per la pena dell'ammenda è di lire sei milioni, è inapplicabile alle sanzioni previste dalle leggi speciali, tanto più se posteriori alla emanazione del codice penale ed alla novella dell'art. 78 c.p., introdotta dalla legge 24 novembre 1981 n. 689.
Cass. pen. n. 9775/1995
La norma codicistica sul limite massimo della pena (art. 78 c.p.) non può applicarsi quando una legge speciale — per giunta cronologicamente posteriore (D.L.vo 15 agosto 1991, n. 277) — disponga altrimenti, ovverosia preveda una pena superiore a quella fissata in via generale dalla norma del codice: in tal caso la norma speciale e posteriore deroga a quella generale anteriore. (Nella specie il ricorrente aveva dedotto violazione dell'art. 78 c.p., secondo cui la pena non poteva, comunque, eccedere i sei milioni per l'ammenda, mentre gli era stata irrogata la pena di lire dieci milioni).
Cass. pen. n. 576/1995
Nel determinare, ai sensi dell'art. 663 c.p.p., la pena da eseguirsi nel caso di esistenza, a carico del medesimo soggetto, di pene temporanee detentive concorrenti, il giudice dell'esecuzione, in osservanza delle disposizioni di cui agli artt. 78 e 80 c.p., deve dapprima scorporare dal cumulo materiale la somma delle pene estinte per indulto, in quanto non più concretamente eseguibili per l'intervento della causa estintiva, e solo successivamente applicare il criterio moderatore del cumulo giuridico, ponendosi detto criterio come temperamento legale del coacervo delle sole pene da eseguirsi effettivamente, senza possibilità di inclusione in esso delle pene già coperte dal condono, le quali, altrimenti, verrebbero a godere di un duplice abbattimento, dapprima fruendo dell'applicazione del criterio moderatore in parola e poi del loro scorporo integrale dal cumulo giuridico. (Alla stregua di tale principio la Corte ha annullato il provvedimento di esecuzione che, calcolato in anni trentasette e mesi cinque il cumulo materiale delle pene concorrenti e determinatone in anni trenta il cumulo giuridico, aveva poi ulteriormente detratto da quest'ultimo, al fine di stabilire l'eseguenda pena complessiva, le pene che risultavano condonate in virtù dell'applicazione di provvedimenti di clemenza).
Cass. pen. n. 3628/1994
L'indulto deve essere applicato ai sensi dell'art. 174 c.p. sul cumulo materiale e non su quello giuridico previsto dall'art. 78 c.p. (relativo ai limiti degli aumenti di pena) il quale opera solo necessariamente.
Cass. pen. n. 6217/1994
Poiché la determinazione della pena deve essere effettuata dal giudice nel rispetto delle norme di natura sostanziale previste dal codice penale, tra le quali vi è la disposizione dell'art. 78 diretta a temperare il principio del cumulo materiale delle pene, non può essere superato il limite di anni trenta anche in caso di aumento della pena derivante dalla continuazione; ne consegue che la riduzione della pena in seguito al giudizio abbreviato, risolvendosi in un'operazione puramente aritmetica di natura processuale conseguente alla scelta del rito ad opera dell'imputato, logicamente e temporalmente deve essere eseguita dal giudice dopo la determinazione della pena effettuata secondo i criteri e nel rispetto delle norme sostanziali. (In applicazione del principio così enunciato la corte ha annullato la sentenza d'appello che aveva ritenuto conforme al disposto dell'art. 78 c.p., in quanto la pena concretamente irrogata era comunque inferiore a trenta anni di reclusione, la decisione del giudice di primo grado il quale, determinando la pena complessiva per effetto della continuazione in anni trentatrè, aveva operato sull'ammontare così calcolato l'obbligatoria riduzione di un terzo).
Cass. pen. n. 2347/1993
Il calcolo unitario delle pene concorrenti può eseguirsi solo se queste siano integralmente cumulabili, si che, eseguito il cumulo ed effettuata l'eventuale riduzione a norma dell'art. 78 c.p., la carcerazione presofferta sia da esso detraibile in quanto non riferibile a reati commessi in epoca successiva all'inizio del periodo di detenzione. In caso contrario occorre procedere a cumuli parziali raggruppando in ognuno le condanne relative a reati commessi anteriormente ad ogni periodo di detenzione e sottraendo singolarmente il periodo riferibile; inoltre, ordinando i reati cronologicamente secondo la data di commissione e non secondo la data del passaggio in giudicato delle relative sentenze, occorre poi cumulare di volta in volta con la nuova pena o col nuovo cumulo il periodo residuo del cumulo precedente, applicando ai cumuli parziali ed a quello totale il criterio moderatore previsto dall'art. 78 c.p. Operando diversamente, infatti, si determinerebbe l'inammissibile conseguenza, con derivazione di precostituzione di impunità, che il presofferto sarebbe calcolato anche con riferimento a reati commessi successivamente all'epoca in cui la pena è stata scontata, in violazione del principio secondo cui la pena non può precedere il reato ed incoraggiarne la reiterazione.
Cass. pen. n. 2979/1993
I limiti massimi stabiliti per le pene pecuniarie, in caso di concorso di reati, dall'art. 78, primo comma, n. 3, c.p. non operano nel caso di pene pecuniarie il cui importo sia stabilito da leggi speciali in misura superiore a quella prevista dagli artt. 24 e 26 c.p.
Cass. pen. n. 1915/1993
Il criterio secondo il quale, ai sensi del combinato disposto degli artt. 78 e 80 c.p., quando in sede di esecuzione deve provvedersi al cumulo delle pene inflitte con più sentenze di condanna, occorre anzitutto cumulare le pene relative ai reati commessi prima della detenzione (tenendo conto delle limitazioni di cui al n. 1 dell'art. 78 c.p.) e poi procedere a tanti distinti e successivi cumuli quanti sono i reati commessi durante (e dopo) la detenzione stessa, comprendendo in ciascuno dei cumuli successivi sia la parte di pena risultante dal cumulo precedente e non ancora espiata alla data del reato sia la pena relativa a quest'ultimo e determinando la decorrenza dalla data del nuovo reato o dall'arresto a seconda che il nuovo reato sia stato commesso durante l'espiazione della pena precedente ovvero dopo la sua interruzione, non trova applicazione nell'ipotesi di cumulo speciale di cui all'art. 7, della L. 18 febbraio 1987, n. 34 (misure a favore di chi si dissocia dal terrorismo). In forza di tale norma, invero, per i reati di terrorismo, alla duplice condizione della dissociazione e della data di commissione (entro il 31 dicembre 1983) dei reati ricompresi nel cumulo, il tetto massimo di «pena complessiva da espiare» deve essere inderogabilmente fissato nella misura di anni ventidue e mesi sei di reclusione, e la decorrenza è quella dell'arresto a nulla rilevando la data dell'ultimo reato commesso.
Cass. pen. n. 895/1993
Allorché si sia in presenza di reati commessi in tempi diversi e di periodi di carcerazione parimenti sofferti in tempi diversi (nella specie allorché il nuovo reato sia stato commesso durante l'espiazione del cumulo precedente), non è possibile includere tutte le pene in un cumulo unitario e globale, soggetto alle limitazioni dell'art. 78 c.p. e alla successiva unitaria e globale detrazione del presofferto. In questa ipotesi, infatti, si deve unificare il residuo del cumulo precedente con la pena inflitta per il nuovo reato, dalla cui data di commissione (o dalla data del successivo arresto, se il reato non è stato commesso in corso di detenzione) ha inizio l'espiazione della pena così unificata; mentre l'art. 78 predetto esplica la sua efficacia nell'ambito e nei limiti di ciascuna delle singole operazioni di cumulo.
Cass. pen. n. 837/1993
Nel caso di espiazione di una pena unica cumulata, derivante dalla unificazione di una pluralità di pene e dall'inserimento nell'unico cumulo di una pluralità di cumuli parziali (in conseguenza della commissione in tempi diversi dei reati per i quali il soggetto ha riportato condanna e della non imputabilità della pena già espiata ad un reato commesso in epoca successiva), deve aversi riguardo, ai fini della verifica in ordine alla sussistenza o meno della condizione costituita dall'avvenuta espiazione di almeno metà della pena (nella specie in funzione dell'ammissione alla semilibertà, ai sensi dell'art. 50 comma secondo dell'ordinamento penitenziario), alla intera pena da espiare, indipendentemente dalla circostanza che nell'effettuazione dei cumuli parziali abbia operato o meno il criterio moderatore di cui all'art. 78 comma primo n. 1 c.p., richiamato dal successivo art. 80. (Nel caso specifico la Corte, in applicazione di detto principio, rilevato che il condannato, per effetto dei vari provvedimenti di cumulo intervenuti nei suoi confronti, avrebbe dovuto, in concreto, espiare una pena complessiva di anni 38 e mesi 9 di reclusione, ridotta ad anni 35 e mesi 9 per effetto di condono, ha stabilito che la condizione per l'applicazione del beneficio dovesse ritenersi realizzata all'atto dell'avvenuta espiazione di anni 17, mesi 10 e gg. 15 di reclusione).
Cass. pen. n. 2064/1993
Il limite di cui all'art. 78 primo comma, n. 1 c.p. non significa che nessuno possa essere detenuto per un periodo superiore a quello massimo indicato (trenta anni). Tale limite, infatti, è riferibile solo alle pene inflitte per reati commessi prima dell'inizio della detenzione, mentre nel caso in cui durante l'espiazione di una determinata pena o dopo che l'esecuzione di questa è stata interrotta, il condannato commetta un nuovo reato, deve procedersi ad un nuovo cumulo.
L'art. 78 c.p. va interpretato nel senso che non è possibile includere tutte le pene in un cumulo, soggetto alle limitazioni della suddetta norma ed alla successiva integrale imputazione del presofferto, quando si sia in presenza di una pluralità di reati e di periodi di carcerazione sofferti in tempi diversi e, in particolare, quando il nuovo reato sia stato commesso durante l'espiazione del cumulo già effettuato o, comunque, prima della totale espiazione del cumulo stesso (allorché sia venuto meno lo stato detentivo per evasione od altra causa). In tali ipotesi vanno cronologicamente ordinati, da una parte i reati e dall'altra i periodi di carcerazione presofferti e si procede ad operazioni successive, detraendo ogni periodo dal cumulo (parziale) delle pene per i reati commessi in precedenza, fino al cumulo definitivo.
Cass. pen. n. 3923/1992
La regola posta dall'art. 78 c.p. (applicabile, in virtù del successivo art. 80, anche nel caso di pluralità di condanne susseguitesi nel tempo) non significa che un soggetto, il quale abbia riportato più condanne a pene detentive temporanee, non possa rimanere complessivamente detenuto, nel corso della sua vita, per un periodo eccedente il quintuplo della condanna più grave o comunque superiore a trenta anni. Da ciò discenderebbe, infatti, l'impunità per i reati commessi da coloro che stiano scontando o abbiano già scontato una pena pari al limite anzidetto. Pertanto non è possibile includere tutte le pene in un cumulo indiscriminato e globale, soggetto alle limitazioni dell'art. 78 e alla successiva unitaria e globale detrazione del presofferto, quando si sia in presenza di reati diversi e di periodi di carcerazione parimenti sofferti in tempi diversi, e in particolare allorché il nuovo reato sia stato commesso durante l'espiazione del cumulo precedente o comunque prima della totale espiazione del cumulo stesso. In queste ultime ipotesi si deve unificare il residuo del cumulo precedente con la pena inflitta per il nuovo reato, dalla cui data di commissione (o dalla data del successivo arresto, se il reato non è stato commesso in corso di detenzione) ha inizio l'espiazione così unificata: mentre l'art. 78 c.p. esplica la sua efficacia sull'ambito e nei limiti di ciascuna operazione di cumulo.
Cass. pen. n. 3482/1992
Nel caso in cui una persona sia stata condannata per più reati, le cause estintive del reato o della pena non possono operare sul cumulo complessivo delle pene inflitte per i vari reati concorrenti ma debbono separatamente riguardare i reati o le pene che ne sono specifico oggetto, previo scioglimento, quando necessario, dell'operata unificazione.
Cass. pen. n. 266/1992
La regola posta dall'art. 78 c.p. non vuol significare che un soggetto, il quale abbia riportato plurime condanne a pene temporanee, non possa rimanere detenuto per un periodo complessivamente superiore (quando si tratti di reclusione) a trenta anni, essendo detto limite suscettibile necessariamente di superamento quando il medesimo soggetto, nel corso della espiazione, commetta ulteriori reati la cui pena dovrà essere aggiunta, mediante formazione di un nuovo provvedimento di cumulo, a quella che risultava da espiare alla data di commissione di detti reati.
Cass. pen. n. 2734/1991
Il limite massimo di trenta anni di reclusione, previsto dall'art. 78 c.p. per il caso di concorso di reati, non si applica nell'ipotesi contemplata dall'art. 73 secondo comma, stesso codice.
Cass. pen. n. 568/1990
La regola posta dall'art. 78 c.p. — applicabile, per effetto del successivo art. 80, anche nel caso di condanne susseguitesi nel tempo — non comporta che un soggetto il quale abbia riportato più condanne a pene detentive temporanee, non possa soffrire complessivamente una detenzione, nel corso della sua vita, per un periodo eccedente il quintuplo della condanna più grave o comunque superiore a trent'anni. Invero, il criterio moderatore, sancito dalla norma indicata, opera tra le sole pene che risultino effettivamente concorrenti e cumulabili tra loro, nel senso che in presenza di reati commessi in tempi diversi e di periodi di carcerazione, sofferti parimenti in tempi diversi, non può essere eseguito un cumulo unitario e globale, soggetto ai limiti dell'art. 78 c.p., ma vanno ordinati cronologicamente da una parte i reati, dall'altra i periodi ininterrotti di carcerazione, e si deve procedere ad operazioni successive, detraendo ogni periodo dal cumulo parziale delle pene per i reati commessi in precedenza, fino al cumulo definitivo.
Cass. pen. n. 792/1989
In tema di esecuzione della pena, il criterio moderatore, fornito dall'art. 78 c.p., esplica la sua efficacia nell'ambito e nei limiti di ciascuna operazione di cumulo, nel senso che la somma da effettuare, per stabilire se debba farsi luogo a cumulo aritmetico o giuridico, contempla, in via esclusiva, quali addendi, il residuo del precedente cumulo e le pene inflitte per i reati successivamente commessi. Ciò comporta che i suddetti addendi danno luogo a un cumulo unitario e che, pertanto, il prefato criterio moderatore opera, non solo rispetto alle pene inflitte per i reati commessi successivamente alla causa di estinzione o di detrazione, alla quale si riferiva il cumulo precedente, ma anche rispetto al residuo di quest'ultimo.
Cass. pen. n. 268/1984
Nel caso di pene concorrenti integralmente cumulabili, che debbano fruire della riduzione ai sensi dell'art. 78 c.p., i periodi di carcerazione presofferti devono essere detratti dalla pena derivante dal cumulo giuridico, dopo aver effettuato la riduzione a norma del citato articolo 78 c.p.