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Art. 113 — Cooperazione nel delitto colposo

Art. 113 — Cooperazione nel delitto colposo

Nel delitto colposo, quando l’evento è stato cagionato dalla cooperazione di più persone, ciascuna di queste soggiace alle pene stabilite per il delitto stesso.

La pena è aumentata per chi ha determinato altri a cooperare nel delitto, quando concorrono le condizioni stabilite nell’articolo 111 e nei numeri 3 e 4 dell’articolo 112.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 14053/2015

La cooperazione nel delitto colposo si distingue dal concorso di cause colpose indipendenti per la necessaria reciproca consapevolezza dei cooperanti della convergenza dei rispettivi contributi all’incedere di una comune procedura in corso, senza che, peraltro, sia necessaria la consapevolezza del carattere colposo dell’altrui condotta in tutti quei casi in cui il coinvolgimento integrato di più soggetti sia imposto dalla legge ovvero da esigenze organizzative connesse alla gestione del rischio o, quantomeno, sia contingenza oggettivamente definita della quale gli stessi soggetti risultino pienamente consapevoli. (Fattispecie in cui è stato ritenuto responsabile di omicidio colposo a titolo di cooperazione il proprietario dell’autovettura, il quale viaggiava quale passeggero a bordo della sua auto guidata da un terzo, che, in dichiarata crisi di astinenza dall’assunzione di sostanze stupefacenti e violando plurime disposizioni del codice della strada, aveva investito e causato la morte di un pedone, ferendone gravemente altri due, nel mentre si recava, in accordo con il coimputato, ad un incontro con uno spacciatore per l’acquisto di eroina).

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Cass. pen. n. 43988/2013

In tema di colpa professionale, per l’affermazione della responsabilità penale del singolo sanitario operante in equipe chirurgica, è necessario non solo accertare la valenza con-causale del suo concreto comportamento attivo o omissivo al verificarsi dell’evento ma anche la rimproverabilità di tale comportamento sul piano soggettivo. (Nella specie la Corte ha annullato con rinvio la sentenza che aveva affermato la responsabilità di un medico specialista che si era occupato della fase preparatoria di un intervento chirurgico e del post operatorio per le lesioni occorse alla persona offesa, non avendo il giudice di merito accertato se egli avesse avuto la concreta possibilità di conoscere e valutare l’attività svolta da altro collega, di controllarne la correttezza e di agire ponendo rimedio agli errori emendabili da lui commessi).

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Cass. pen. n. 43083/2013

È responsabile ai sensi dell’art. 113 cod. pen. di cooperazione nel delitto colposo l’agente il quale, trovandosi a operare in una situazione di rischio da lui immediatamente percepibile, pur non rivestendo alcuna posizione di garanzia, contribuisca con la propria condotta cooperativa all’aggravamento del rischio, fornendo un contributo causale giuridicamente apprezzabile alla realizzazione dell’evento, ancorché la condotta del cooperante in sé considerata, appaia tale da non violare alcuna regola cautelare, essendo sufficiente l’adesione intenzionale dell’agente all’altrui azione negligente, imprudente o inesperta, assumendo così sulla sua azione il medesimo disvalore che, in origine, è caratteristico solo dell’altrui comportamento. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di appello ha confermato la responsabilità, ex art. 113, 589, comma secondo, cod. pen., del socio amministratore di una società subaffittuaria di una stalla unitamente all’amministratore unico di una s.r.l., proprietaria della medesima stalla e committente dei lavori di sostituzione di lastre di fibrocemento nella copertura del tetto della predetta stalla, nel corso dei quali un lavoratore precipitava dal tetto e perdeva la vita).

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Cass. pen. n. 26239/2013

La cooperazione nel delitto colposo si distingue dal concorso di cause colpose indipendenti per la necessaria reciproca consapevolezza dei cooperanti della convergenza dei rispettivi contributi all’incedere di una comune procedura in corso, senza che, peraltro, sia necessaria la consapevolezza del carattere colposo dell’altrui condotta in tutti quei casi in cui il coinvolgimento integrato di più soggetti sia imposto dalla legge ovvero da esigenze organizzative connesse alla gestione del rischio o, quantomeno, sia contingenza oggettivamente definita della quale gli stessi soggetti risultino pienamente consapevoli. (Fattispecie in tema di disastro aviatorio colposo in cui la S.C. ha ritenuto corretta la motivazione della sentenza di appello, che aveva riconosciuto la responsabilità anche del secondo pilota, unitamente a quella del primo pilota, in relazione al rovinoso ammaraggio di un velivolo per improvviso spegnimento in volo dei motori propulsori, reputando non rilevante che detto co-pilota non rivestisse una posizione apicale nella gerarchia dell’equipaggio di bordo ed affermando che egli dovesse parimenti rispondere di non essersi prudentemente attivato, una volta constatato l’atteggiamento colpevolmente omissivo da parte del superiore gerarchico, nel seguire le fasi del rifornimento di carburante, nell’operare una diminuzione di quota, nel posizionare correttamente le eliche durante l’ammaraggio e nell’avvertire per tempo i passeggeri).

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Cass. pen. n. 21220/2013

Il direttore di uno studio medico che non accerti che un soggetto operante nella struttura da lui diretta sia in possesso del titolo abilitante risponde non solo di concorso nel reato previsto dall’art. 348 c.p. con la persona non titolata, ma anche di cooperazione, ex art. 113 c.p., negli eventuali fatti colposi da quest’ultima persona commessi, se derivanti dalla mancanza di professionalità del collaboratore e prevedibili secondo l'”id quod plerumque accidit”. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto il direttore di uno studio medico responsabile dei delitti di cui agli artt. 348 e 590 c.p. per avere un odontotecnico privo di abilitazione effettuato, nella struttura sanitaria da lui diretta, un’applicazione di un impianto endoosseo, da cui erano derivate, per colpa, al paziente lesioni personali).

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Cass. pen. n. 16978/2013

La cooperazione nel delitto colposo si verifica quando più persone pongono in essere una autonoma condotta, nella reciproca consapevolezza di contribuire con l’azione od omissione altrui alla produzione dell’evento non voluto. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto che sussiste la sinergia psicologica richiesta dall’art. 113 c.p., nell’ipotesi in cui gli imputati, benché avvertiti della pericolosità del loro comportamento e ben rappresentandosi che i pallini da caccia avrebbero potuto attingere le persone presenti nelle vicinanze, avevano continuato ad esplodere insieme alcuni colpi di fucile, così da violare contemporaneamente le norme di prudenza caratterizzanti l’attività venatoria ed avevano attinto la vittima, causandole lesioni).

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Cass. pen. n. 48318/2009

Non si ha cooperazione nel delitto colposo qualora più persone, pur avendo contemporaneamente violato la medesima regola cautelare, abbiano posto in essere un’autonoma condotta, in mancanza della reciproca consapevolezza di contribuire all’azione od omissione altrui, che sfoci nella produzione dell’evento non voluto. (Fattispecie in tema di lesioni colpose causate nell’esercizio dell’attività venatoria).

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Cass. pen. n. 15707/2009

Nella cooperazione nel delitto colposo, che si distingue dal concorso di cause colpose indipendenti per la necessaria reciproca consapevolezza dei cooperanti di contribuire alla condotta altrui, la condotta di ognuno dei concorrenti, singolarmente considerata, deve parimenti essere qualificabile come colposa. (Fattispecie, in tema di sequestro, di emissione di onde elettromagnetiche ad opera di gestori di più impianti in cui la Corte ha escluso che il superamento complessivo dei limiti fissati dalla legge e dai provvedimenti amministrativi rilevasse ai fini del reato di getto pericoloso di cose, in mancanza della prova che le emissioni dell’impianto dell’indagato, singolarmente considerato, eccedessero i limiti stessi).

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Cass. pen. n. 1786/2009

La cooperazione nel delitto colposo si distingue dal concorso di cause colpose indipendenti per la necessaria reciproca consapevolezza dei cooperanti della convergenza dei rispettivi contributi, che peraltro non richiede la consapevolezza del carattere colposo dell’altrui condotta in tutti quei casi in cui il coinvolgimento integrato di più soggetti sia imposto dalla legge ovvero da esigenze organizzative connesse alla gestione del rischio o, quantomeno, sia contingenza oggettivamente definita della quale gli stessi soggetti risultino pienamente consapevoli. (Fattispecie in tema di omicidio colposo relativo alla causazione da parte di agenti di polizia della morte di un arrestato per l’imprudente gestione delle procedure di immobilizzazione dello stesso. Nell’occasione la Corte ha precisato che la disciplina della cooperazione nel delitto colposo ha funzione estensiva dell’incriminazione, coinvolgendo anche condotte meramente agevolatrici e di modesta significatività, le quali, per assumere rilevanza penale, devono necessariamente coniugarsi con comportamenti in grado di integrare la tipica violazione della regola cautelare interessata).

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Cass. pen. n. 10795/2008

Il concorso colposo è configurabile anche rispetto al delitto doloso, sia nel caso in cui la condotta colposa concorra con quella dolosa alla causazione dell’evento secondo lo schema del concorso di cause indipendenti, sia in quello di vera e propria cooperazione colposa, purché in entrambi i casi il reato del partecipe sia previsto dalla legge anche nella forma colposa e nella sua condotta siano effettivamente presenti tutti gli elementi che caratterizzano la colpa. In particolare è necessario che la regola cautelare violata sia diretta ad evitare anche il rischio dell’atto doloso del terzo, risultando dunque quest’ultimo prevedibile per l’agente. (Fattispecie avente ad oggetto il caso di un medico psichiatra, il quale, sospendendo in maniera imprudente il trattamento farmacologico cui era sottoposto il paziente ricoverato in una comunità, ne aveva determinato lo scompenso psichico, ritenuto la causa della crisi nel corso della quale lo stesso paziente, poi ritenuto non imputabile, aveva aggredito ed ucciso uno degli operatori che lo accudivano).

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Cass. pen. n. 5111/2008

La cooperazione nel delitto colposo si caratterizza esclusivamente come reciproca consapevolezza da parte dei concorrenti della convergenza delle rispettive condotte verso un identico scopo, senza che, ai fini della sua configurabilità, rilevi l’eventuale incertezza sull’attribuibilità delle singole condotte ai cooperanti. (In applicazione del menzionato principio la Corte ha riconosciuto la cooperazione nel delitto di lesioni colpose nei confronti di due agenti di polizia che, eccedendo nell’uso legittimo delle armi, avevano esploso entrambi dei colpi d’arma da fuoco all’indirizzo di un’auto in fuga ferendo uno degli occupanti).

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Cass. pen. n. 44623/2005

In tema di cooperazione nel delitto colposo, perché la condotta di ciascun concorrente risulti rilevante ai sensi dell’art. 113 c.p. occorre che essa, singolarmente considerata, violi la regola di cautela, e che tra le condotte medesime esista un legame psicologico. (Nella fattispecie, relativa al reato di cui all’art. 449 c.p., gli imputati avevano cooperato il primo invitando pressantemente il secondo a gettare la sigaretta accesa dal finestrino dell’automobile, e il secondo agendo materialmente, e conformemente, alla sollecitazione).

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Cass. pen. n. 45069/2004

La cooperazione nel delitto colposo si caratterizza per un legame psicologico tra le condotte dei concorrenti, nel senso che ciascuno dei compartecipi deve essere consapevole della convergenza della propria condotta con quella altrui, senza però che tale consapevolezza investa l’evento richiesto per l’esistenza del reato: ed è questo legame che consente di distinguere la cooperazione dal concorso di cause colpose indipendenti, ipotesi nella quale più soggetti contribuiscono colposamente a cagionare l’evento, senza tuttavia la consapevolezza di contribuire alla condotta altrui.

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Cass. pen. n. 40205/2004

La cooperazione nel delitto colposo di cui all’art. 113 c.p. si verifica quando più persone pongono in essere una autonoma condotta nella reciproca consapevolezza di contribuire all’azione od omissione altrui che sfocia nella produzione dell’evento non voluto. (Affermando il principio la Corte ha precisato, nella fattispecie relativa alla gara di velocità posta in essere tra due automobilisti, che non ha alcun rilievo l’accertamento della circostanza relativa a un eventuale accordo preventivo tra i soggetti impegnati nelle condotte criminose).

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Cass. pen. n. 25311/2004

Ai fini della configurabilità della cooperazione nel delitto colposo, prevista dall’art. 113 c.p., è sufficiente la coscienza, da parte del soggetto, dell’altrui partecipazione all’azione, ma non è necessaria la conoscenza delle specifiche condotte e dell’identità dei partecipi: ne consegue che la cooperazione è ipotizzabile anche nelle ipotesi riguardanti le organizzazioni complesse quali la sanità, le imprese e settori della P.A. nei cui atti confluiscono condotte poste in essere, anche in tempi diversi, da soggetti tra i quali non v’è rapporto diretto; in tali ipotesi esiste comunque il legame psicologico previsto per la cooperazione colposa perché ciascuno degli agenti è conscio che altro soggetto (medico, pubblico funzionario, dirigente ecc.) ha partecipato o parteciperà alla trattazione del caso. (Fattispecie in tema di lesioni colpose per incidente stradale: la Corte ha ritenuto sussistere, per la mancanza di segnali su una strada in costruzione, la cooperazione colposa, tra il direttore dei lavori e l’ingegnere capo).

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Cass. pen. n. 9542/1996

Il concorso colposo non è configurabile rispetto al delitto doloso, richiedendo l’art. 42, comma secondo, c.p. un’espressa previsione che manca in quanto l’art. 113 c.p., che parla di cooperazione nel delitto colposo e non già di cooperazione colposa nel delitto, contempla il solo concorso colposo nel delitto colposo.

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Cass. pen. n. 7108/1989

In tema di cooperazione in delitti colposi, la definitiva assoluzione di un coimputato minore d’età, giudicato dal suo giudice naturale, non esclude, né limita, il potere-dovere del giudice del gravame, proposto dall’imputato maggiore di età, di riesaminare il comportamento del minore al limitato fine di valutare la fondatezza dei rilievi esposti dal (coimputato) giudicando.

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Cass. pen. n. 6300/1989

In materia di reati colposi, qualora l’evento, posto ad oggetto del reato scaturisca dal sinergismo di consapevoli condotte colpose, attribuibili alla vittima e a terzi imputati, va applicata la disposizione di cui all’art. 113 c.p., speciale rispetto a quella di cui all’art. 110 stesso codice, trattandosi di un caso di cooperazione tra condotte colpose. (Fattispecie di socio paritario di società semplice, infortunatosi per carenza di presidi imposti dalla normativa a tutela dei lavoratori, l’evento è stato addebitato agli altri soci, quali imputati, e allo stesso infortunato, vittima, cooperante nella condotta causante l’evento).

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