Art. 252 – Codice penale – Frode in forniture in tempo di guerra
Chiunque, in tempo di guerra , commette frode nell'esecuzione dei contratti di fornitura o nell'adempimento degli altri obblighi contrattuali indicati nell'articolo precedente, è punito con la reclusione non inferiore a dieci anni e con la multa pari al quintuplo del valore della cosa o dell'opera che avrebbe dovuto fornire, e, in ogni caso, non inferiore a euro 2.065.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 24786/2024
In caso di opposizione avverso il decreto di convalida della perquisizione con esito negativo effettuata di iniziativa dalla polizia giudiziaria, il giudice per le indagini preliminari decide in camera di consiglio basandosi sul verbale delle operazioni compiute e sugli eventuali ulteriori atti a corredo prodotti dal pubblico ministero, non essendo quest'ultimo tenuto a trasmettere il fascicolo delle indagini preliminari. (In motivazione la Corte ha chiarito che una tale ostensione, non prevista dalle norme codicistiche, comporterebbe una "discovery" incompatibile con la fase processuale in corso).
Cass. civ. n. 15102/2024
In tema di prescrizione breve, l'art. 1, comma 10, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), laddove prevede che le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 si applicano alle fatture la cui scadenza è successiva […] c) per il settore idrico, al 1° gennaio 2020, va interpretato nel senso che il termine biennale ridotto si applica alle fatture – relative al settore idrico - la cui scadenza di pagamento sia successiva al 1° gennaio 2020 ed il dies a quo per il computo della prescrizione decorre dalla data di scadenza di pagamento delle fatture, purché – quanto alle prestazioni anteriori avvenute fino al 1° gennaio 2020 - a norma della legge precedente, non si determini un termine di prescrizione complessivo più lungo di quello quinquennale, dovendo trovare applicazione in tale ipotesi la regola generale desumibile dall'art. 252 delle disposizioni di attuazione c.c.
Cass. civ. n. 6912/2024
In caso di modifica normativa del termine prescrizionale, in difetto di una specifica disposizione transitoria, è applicabile la disciplina prevista dall'art. 252 disp. att. c.c., con la conseguenza che ai rapporti pendenti, intendendosi per tali quelli per i quali non era ancora decorso il termine prescrizionale previsto dalla precedente normativa, si applica, con decorrenza dall'entrata in vigore della modifica, il minore tra il nuovo termine ed il residuo di quello che opera secondo la normativa previgente. (Nel caso di specie, la S.C. ha accolto il ricorso avverso la sentenza impugnata, che ha ritenuto applicabile alla richiesta di risarcimento dei danni per il furto di merce, oggetto di un contratto di trasporto, la prescrizione quinquennale, ancora in corso, in luogo di quella annuale, introdotta dal d.lgs. n. 286 del 2005, con decorrenza dal 28.2.2006).
Cass. civ. n. 35571/2023
In ossequio al disposto dell'art. 252 disp. att. c.c., il diritto al risarcimento del danno da tardiva attuazione di una direttiva comunitaria, a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 4, comma 43, della l. n. 183 del 2011, è soggetto alla prescrizione quinquennale qualora, alla data del 1° gennaio 2012, il termine decennale precedentemente vigente avesse una durata residua maggiore di cinque anni (a nulla rilevando che il fatto generatore del danno o il danno stesso si fosse verificato in epoca anteriore), applicandosi invece, in caso di durata inferiore, il termine decennale, fermo restando che, ove il corso della prescrizione sia stato validamente interrotto in epoca successiva alla suddetta data, a partire dall'atto interruttivo si applica il nuovo termine quinquennale.
Cass. civ. n. 2067/2023
Nel giudizio di appello, la mancata fissazione dell'udienza di discussione orale della causa nonostante la rituale richiesta di una delle parti, formulata in sede di precisazione delle conclusioni e ribadita nel termine per il deposito delle memorie di replica ai sensi dell'art. 352, comma 2, c.p.c., comporta, di per sé, la nullità della sentenza, senza che sia necessario indicare gli argomenti che avrebbero potuto essere illustrati durante la discussione, poiché l'impedimento frapposto alla possibilità per i difensori delle parti di svolgere con pienezza le loro difese finali, anche nelle forme orali, all'esito dell'esame delle memorie di replica, costituisce di per sé un "vulnus" al principio del contraddittorio e una violazione del diritto di difesa.
Cass. pen. n. 47224/2013
La verifica circa la sussistenza del delitto ex art. 252 c.p. comporta la necessità di un'analisi della condotta che non può limitarsi a constatare la natura "classificata" di un documento oggetto di divulgazione, non potendo esaurirsi il giudizio in tale presa d'atto, ma dovendosi approfondire da un lato la legittimità della imposizione del vincolo (ai limitati fini penalistici), dall'altro la concreta lesività (anche in termini di messa in pericolo) della condotta rispetto agli interessi protetti.