Art. 346 bis – Codice penale – Traffico di influenze illecite
Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319, 319 ter e nei reati di corruzione di cui all'articolo 322 bis, sfruttando o vantando relazioni esistenti o asserite con un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'articolo 322 bis, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità, come prezzo della propria mediazione illecita verso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'articolo 322 bis, ovvero per remunerarlo in relazione all'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, è punito con la pena della reclusione da un anno a quattro anni e sei mesi.
La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altra utilità.
La pena è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio.
Le pene sono altresì aumentate se i fatti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giudiziarie, o per remunerare il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'articolo 322 bis in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri d'ufficio o all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio.
Se i fatti sono di particolare tenuità, la pena è diminuita.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale nei casi di discordanza rispetto al presente.
Massime correlate
Cass. civ. n. 17475/2025
La mediazione onerosa diretta a compiere atti che non costituiscono reato non rientra nell'ambito applicativo della fattispecie di traffico di influenze illecite, prevista dall'art. 346-bis cod. pen. come modificato dall'art. 1, comma 1, lett. e), legge 9 agosto 2024, n. 114. (In applicazione del principio, la Corte ha affermato che la mediazione onerosa finalizzata al compimento di ipotesi abrogate di abuso di ufficio non è più punibile ai sensi dell'art. 2, secondo comma, cod. pen.).
Cass. civ. n. 25650/2024
In tema di traffico di influenze (nella versione dell'art. 346-bis cod. pen. vigente prime delle modifiche introdotte dalla legge 9 gennaio 2019, n. 3), la mediazione onerosa è illecita se l'accordo tra committente e mediatore è finalizzato a proiettarsi all'esterno del loro rapporto dualistico per ottenere, tramite lo sfruttamento della relazione reale dell'intermediario con il pubblico agente, la commissione di un atto contrario ai doveri di ufficio o comunque non dovuto, idoneo a produrre vantaggi al committente. (Nella fattispecie, in cui la Corte ha ritenuto corretta la motivazione dei giudici di merito sulla configurabilità del reato, il direttore dell'agenzia delle entrate aveva accettato dal privato la promessa di vendita di un bene immobile ad un prezzo inferiore a quello di mercato in cambio del suo intervento, in favore del committente, sui militari della guardia di finanza che stavano conducendo un'attività ispettiva nei riguardi del medesimo).
Cass. civ. n. 22814/2024
Ai fini della rilevanza della qualifica di pubblico agente dopo la sua cessazione, prevista dall'art. 360 cod. pen., è necessario individuare, con riguardo ai delitti di corruzione, specifici elementi di collegamento tra l'attività compiuta dal "corrotto" nell'esercizio della propria funzione pubblica e l'interesse perseguito dal "corruttore", tali da consentire al primo, sebbene non più in servizio, di soddisfare l'interesse del secondo e di incidere concretamente sulla amministrazione ai fini dell'attuazione del patto corruttivo, in mancanza potendosi configurare la diversa fattispecie di traffico di influenze illecite di cui all'art. 346-bis cod. pen.
Cass. civ. n. 7096/2024
In tema di intercettazioni, la riqualificazione del fatto-reato per il quale sono state autorizzate in fattispecie che non le ammette comporta l'inutilizzabilità dei risultati, se i presupposti per disporre tale mezzo di ricerca della prova mancavano già al momento in cui il procedimento autorizzativo si è svolto. (Fattispecie in cui le intercettazioni erano state disposte in relazione al reato di corruzione in atti giudiziari, nonostante il fatto descritto nei rispettivi decreti risultasse sussumibile "ab initio" nel delitto di traffico di influenze illecite, per il quale, in ragione dei limiti edittali, non era consentito il ricorso alle intercettazioni).
Cass. civ. n. 757/2024
La formazione progressiva del giudicato conseguente ad annullamento con rinvio consente di dare al fatto, nel giudizio rescissorio, una diversa e più grave qualificazione giuridica anche in assenza di impugnazione sul punto del pubblico ministero, nel caso in cui la questione attinente alla riqualificazione costituisca un punto della decisione oggetto dell'annullamento o sia col punto caducato in rapporto di connessione essenziale, posto che la questione "de qua" non può ritenersi un capo della sentenza, difettando della completezza che rende il capo suscettibile di definitività. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la decisione, assunta in sede di rinvio, che aveva attribuito al fatto l'originaria qualificazione giuridica di "induzione indebita a dare o promettere utilità", benché la decisione annullata l'avesse riqualificato in termini di "traffico di influenze illecito" e non vi fosse stata impugnazione sul punto da parte del pubblico ministero).
Cass. civ. n. 11342/2022
Non sussiste continuità normativa tra il reato di millantato credito di cui all'art. 346, comma secondo, cod. pen., abrogato dall'art. 1, comma 1, lett. s), legge 9 gennaio 2019, n. 3, e quello di traffico di influenze illecite di cui al novellato art. 346-bis cod. pen., in quanto, in quest'ultima fattispecie, non risulta ricompresa la condotta di chi, mediante raggiri o artifici, riceve o si fa dare o promettere danaro o altra utilità col pretesto di dovere comprare il pubblico ufficiale o impiegato o doverlo, comunque, remunerare, condotta che integra, invece, il delitto di cui all'art. 640, comma primo, cod. pen.
Cass. civ. n. 20935/2022
In tema di delitti contro la pubblica amministrazione, sussiste continuità normativa tra il reato di millantato credito di cui all'art. 346, comma secondo, cod. pen. - abrogato dall'art. 1, comma 1, lett. s), della legge 9 gennaio 2019, n. 3 - ed il reato di traffico di influenze illecite di cui al novellato art. 346-bis cod. pen., atteso che in quest'ultima fattispecie risulta attualmente ricompresa anche la condotta di chi, vantando un'influenza, effettiva o meramente asserita, presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, si faccia dare denaro ovvero altra utilità per remunerare il pubblico agente.
Cass. civ. n. 23407/2022
Non sussiste continuità normativa tra il reato di millantato credito di cui all'art. 346, comma secondo, cod. pen., abrogato dall'art. 1, comma 1, lett. s), legge 9 gennaio 2019, n. 3, e quello di traffico di influenze illecite di cui al novellato art. 346-bis cod. pen., in quanto, in quest'ultima fattispecie, non risulta ricompresa la condotta di chi, mediante raggiri o artifici, riceve o si fa dare o promettere danaro o altra utilità col pretesto di dovere comprare il pubblico ufficiale o impiegato o doverlo, comunque, remunerare, condotta che integra, invece, il delitto di cui all'art. 640, comma primo, cod. pen.
Cass. civ. n. 28657/2021
Non sussiste continuità normativa tra il reato di millantato credito di cui all'art. 346, comma secondo, cod. pen., abrogato dall'art. 1, comma 1, lett. s), legge 9 gennaio 2019, n. 3, e quello di traffico di influenze illecite di cui al novellato art. 346-bis cod. pen., in quanto, in quest'ultima fattispecie, non risulta ricompresa la condotta di chi, mediante raggiri o artifici, riceve o si fa dare o promettere danaro o altra utilità col pretesto di dovere comprare il pubblico ufficiale o impiegato o doverlo, comunque, remunerare, condotta che integra, invece, il delitto di cui all'art. 640, comma primo, cod. pen.
Cass. civ. n. 1182/2021
In tema di traffico di influenze, la mediazione onerosa è illecita se l'accordo tra il committente ed il mediatore è finalizzato alla commissione di un illecito penale idoneo a produrre vantaggi indebiti al primo, non assumendo rilievo l'illegittimità negoziale per difformità dal contratto tipico di mediazione ovvero il mero uso di una relazione personale, preesistente o potenziale, tra il mediatore ed il pubblico agente per il conseguimento di un fine lecito.
Cass. civ. n. 40518/2021
In tema di traffico di influenze illecite, il reato non è integrato per effetto della mera intermediazione posta in essere mediante lo sfruttamento di relazioni con il pubblico agente, occorrendo che la mediazione possa qualificarsi come "illecita", tale dovendosi ritenere l'intervento finalizzato alla commissione di un "fatto di reato" idoneo a produrre vantaggi per il privato committente. (In motivazione, la Corte ha precisato che quando l'autore è un pubblico ufficiale, il carattere illecito della mediazione è insito nella stessa "vendita" della funzione per influenzare altri pubblici agenti, rappresentando un atto contrario ai doveri d'ufficio).
Cass. civ. n. 26437/2021
Integra il reato di truffa e non quello di millantato credito - oggi confluito nella fattispecie di traffico di influenze - la condotta di chi, al fine di ottenere un indebito vantaggio patrimoniale, millanti di esercitare la propria mediazione presso un pubblico funzionario, che indichi in termini talmente generici da non essere certo il riferimento ad un soggetto che rivesta la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, né potendosi risalire alle mansioni dallo stesso esercitate. (Fattispecie in cui, avendo l'imputato affermato di intercedere presso una "persona influente" in Vaticano, non meglio precisata, non era stato possibile accertare se questa rivestisse, alla stregua della legislazione di quello Stato, una funzione corrispondente a quella di un pubblico agente).
Cass. civ. n. 1869/2020
Sussiste continuità normativa tra il reato di millantato credito, formalmente abrogato dall'art. 1, comma 1, lett. s), della legge 9 gennaio 2019, n. 3, e quello di traffico di influenze di cui al novellato art. 346-bis cod. pen., atteso che in quest'ultima fattispecie risulta attualmente ricompresa anche la condotta di chi, vantando un'influenza, effettiva o meramente asserita, presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, si faccia dare denaro ovvero altra utilità per remunerare il pubblico agente. (In motivazione, la Corte ha ritenuto irrilevante la mancata riproposizione della dizione contenuta all'art. 346, comma 2, cod. proc. pen., lì dove si richiedeva che l'agente avesse ottenuto il vantaggio con il "pretesto" di dover remunerare il pubblico funzionario, atteso che, a seguito della novella, il delitto di cui all'art. 346-bis cod. pen. prescinde dalla reale esistenza delle relazioni vantate).
Cass. civ. n. 12210/2019
Integra il delitto di truffa e non quello di millantato credito la condotta di chi, dopo aver millantato lo svolgimento di un'attività di mediazione con un pubblico agente destinatario della promessa o della dazione di danaro, avvalori il raggiungimento dell'accordo corruttivo presentando alla persona offesa un falso pubblico ufficiale, al quale venga materialmente consegnato il denaro oggetto della presunta corruzione.
Cass. civ. n. 17980/2019
Sussiste continuità normativa tra il reato di millantato credito, formalmente abrogato dall'art. 1, comma 1, lett. s), legge 9 gennaio 2019, n. 3, e quello di traffico di influenze di cui al novellato art. 346-bis cod. pen., atteso che in quest'ultima fattispecie risultano attualmente ricomprese le condotte di chi, vantando un'influenza, effettiva o meramente asserita, presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, si faccia dare denaro ovvero altra utilità quale prezzo della propria mediazione.
Cass. civ. n. 40940/2017
Il delitto di truffa è assorbito in quello di millantato credito previsto dall'art. 346, comma secondo, cod. pen. non potendo essere configurato il concorso formale tra i due reati in quanto la condotta sanzionata dall'art. 346, comma secondo, cod. pen., a differenza di quella prevista dal primo comma, consiste in una forma di raggiro nei confronti del soggetto passivo che viene indotto da una falsa rappresentazione della realtà ad un accordo che lo impegna ad una prestazione patrimoniale.
Cass. civ. n. 9960/2017
I reati di millantato credito e di truffa possono concorrere - stante la diversità dell'oggetto della tutela penale, consistente, per il primo delitto, nel prestigio della P.A. e, per il secondo, nel patrimonio - qualora allo specifico raggiro considerato nella fattispecie di millantato credito, costituito dal ricorso a vanterie di ingerenze o pressioni presso pubblici ufficiali, si accompagni un'ulteriore attività diretta all'induzione in errore del soggetto passivo, al fine di conseguire un ingiusto profitto con altrui danno. (Fattispecie nella quale l'imputato, per avvalorare i propri interventi corruttivi presso esponenti di pubbliche istituzioni volti ad ottenere l'assunzione delle vittime, aveva formato ed esibito alle stesse falsi documenti, inducendole, altresì, al compimento delle prestazioni sanitarie necessarie per certificare i presupposti del rapporto di pubblico impiego).
Cass. civ. n. 53332/2017
Il reato di traffico di influenze illecite (art. 346 bis c.p.) si distingue da quello di millantato credito (art. 346 c.p.), essenzialmente per il fatto che nel primo, a differenza che nel secondo, le relazioni tra il mediatore ed il pubblico agente debbono essere effettivamente esistenti e tali da rendere oggettivamente possibile la illecita attività di mediazione; del che dev'essere consapevole, per rispondere del reato, anche colui che dà o promette al mediatore denaro o altro vantaggio patrimoniale. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto che fosse configurabile il reato di cui all'art. 346 bis c.p. e non quello di cui all'art. 346 c.p. in un caso in cui un ufficiale di polizia giudiziaria, avendo ricevuto una denuncia di reato da parte di un privato, aveva chiesto e ottenuto da quest'ultimo la corresponsione di una somma di danaro con la quale, a suo dire, avrebbe dovuto comprare il favore del sostituto procuratore della Repubblica che aveva in carico il procedimento, onde far sì che lo stesso venisse portato avanti con sollecitudine).
Cass. civ. n. 4113/2017
Le condotte di colui che, vantando un'influenza effettiva verso il pubblico ufficiale, si fa dare o promettere denaro o altra utilità come prezzo della propria mediazione o col pretesto di dover comprare il favore del pubblico ufficiale, riconducibili, prima della legge n. 190 del 2012, al reato di millantato credito, devono essere sussunte dopo l'entrata in vigore di detta legge, ai sensi dell'art. 2, comma quarto, cod. pen., nella fattispecie di cui all'art. 346 bis cod. pen., che punisce il fatto con pena più mite, atteso il rapporto di continuità tra norma generale e quella speciale. (Fattispecie in cui l'imputata aveva ottenuto il versamento di una somma di denaro e si era adoperata per promuovere un accordo corruttivo, non perfezionato, diretto ad alterare l'esito di una prova selettiva mediante l'intervento di soggetti interni alla procedura concorsuale).
Cass. civ. n. 8994/2015
I reati di millantato credito e di truffa possono concorrere - stante la diversità dell'oggetto della tutela penale, consistente, per il primo delitto, nel prestigio della P.A. e, per il secondo, nel patrimonio - qualora allo specifico raggiro considerato nella fattispecie di millantato credito, costituito dal ricorso a vanterie di ingerenze o pressioni presso pubblici ufficiali, si accompagni una ulteriore attività diretta alla induzione in errore del soggetto passivo, al fine di conseguire un ingiusto profitto con altrui danno. (Fattispecie relativa all'offerta, formulata a contribuenti in difficoltà, di una intermediazione presso i funzionari della società esattrice delle imposte, al fine di estinguere le esposizioni debitorie previo pagamento di una percentuale dei debiti iscritti a ruolo, la cui persuasività era avvalorata dall'utilizzo di false ricevute ed attestazioni di pagamento, idonee a simulare l'avvenuta estinzione dei debiti tributari).
Cass. civ. n. 8989/2015
In tema di millantato credito, poiché il delitto si perfeziona alternativamente con l'accettazione della promessa ovvero con la dazione e ricezione dell'utilità, il tentativo è configurabile solo qualora la millanteria del soggetto agente non raggiunga alcuno dei predetti risultati.
Cass. civ. n. 51688/2014
Le condotte di colui che, vantando un'influenza effettiva verso il pubblico ufficiale, si fa dare o promettere denaro o altra utilità come prezzo della propria mediazione o col pretesto di dover comprare il favore del pubblico ufficiale, riconducibili, prima della legge n. 190 del 2012, al reato di millantato credito, devono essere sussunte dopo l'entrata in vigore di detta legge, ai sensi dell'art. 2, comma quarto, cod. pen., nella fattispecie di cui all'art. 346 bis cod. pen., che punisce il fatto con pena più mite, atteso il rapporto di continuità tra norma generale e quella speciale.
Cass. civ. n. 36676/2013
È configurabile il reato di millantato credito nella condotta di millanteria di un avvocato rivolta non al potenziale cliente ma ai suoi familiari, atteso che l'oggetto della tutela penale del reato è il prestigio della P.A. e la condotta perseguita è costituita dall'essersi l'agente vantato di potersi inserire nella pubblica attività per inquinarne il regolamento svolgimento.
Cass. civ. n. 29789/2013
Il delitto di traffico di influenze, di cui all'art. 346 bis c.p., (norma introdotta dall'art. 1, comma 75, della l. n. 190 del 2012) si differenzia, dal punto di vista strutturale, dalle fattispecie di corruzione per la connotazione causale del prezzo, finalizzato a retribuire soltanto l'opera di mediazione e non potendo, quindi, neppure in parte, essere destinato all'agente pubblico.
Cass. civ. n. 17941/2013
Per la sussistenza del delitto di millantato credito, di cui al comma secondo dell'art. 346 cod. pen. non è necessario - a differenza di quanto previsto per la nuova fattispecie di cui all'art. 346 bis cod. pen. - che il pubblico funzionario, avvicinabile dal millantatore, debba essere descritto come corrotto o pronto a rendersi partecipe di una corruzione passiva in senso proprio, essendo, invece, sufficiente anche che ne sia preannunciata la sua disponibilità remunerabile a svolgere interventi presso terzi, sia pubblici funzionari che privati. (Fattispecie in cui è stato ritenuto sussistente il delitto di cui al comma secondo dell'art. 346 cod. pen. nei confronti di persona che si era fatta dare una somma di denaro con il pretesto di doverla consegnare ad un ufficiale giudiziario perché si adoperasse, tramite sue conoscenze, per ottenere un'assunzione presso una società privata).
Cass. civ. n. 11808/2013
Il delitto di traffico di influenze di cui all'art. 346 bis c.p., così come introdotto dall'art. 1, comma 75, della l. n. 190 del 2012, è una fattispecie che punisce un comportamento propedeutico alla commissione di una eventuale corruzione e non è, quindi, ipotizzabile quando sia già stato accertato un rapporto, partitario o alterato, fra il pubblico ufficiale ed il soggetto privato.
Cass. civ. n. 35060/2010
Non integra il delitto di millantato credito la condotta di colui che si limiti a prospettare di avere la capacità di mettere il proprio interlocutore in contatto con un pubblico funzionario senza contestualmente indurlo a credere di poter esercitare una reale influenza sullo stesso.
Cass. civ. n. 12822/2010
In tema di millantato credito, ai fini dell'integrazione dell'ipotesi di cui all'art. 346, comma secondo, c.p. (che costituisce autonomo titolo di reato e non circostanza aggravante del reato previsto dal comma primo dello stesso articolo), è irrilevante che l'iniziativa parta dalla persona cui è richiesto di corrispondere il denaro o l'utilità, nè occorre che l'agente indichi nominativamente i funzionari o impiegati i cui favori devono essere comprati o remunerati.
Cass. civ. n. 34827/2009
Integra il delitto di millantato credito aggravato (artt. 346, 61, n. 9, c.p.) e non quello di concussione, la condotta di induzione della vittima a versare una somma di denaro realizzata dal pubblico ufficiale mediante il raggiro della falsa rappresentazione di una situazione di grave pregiudizio e della proposta di comprare i favori di altri ignari ed inesistenti pubblici ufficiali per ottenere un risultato a lei favorevole. (Fattispecie in cui la S.C. ha annullato con rinvio la sentenza della Corte territoriale che aveva ritenuto integrati gli estremi sia del millantato credito che della concussione, in relazione ad una somma di denaro richiesta dal dipendente di un comune, con il pretesto di un suo interessamento finalizzato a comprare i favori di un componente la commissione medica per il riconoscimento dell'invalidità civile).
Cass. civ. n. 34440/2006
Ai fini della sussistenza del reato di millantato credito, è sufficiente il conseguimento da parte del millantatore della promessa di denaro o di altra utilità per la propria attività di intermediario, mentre è irrilevante che tale corrispettivo non sia stato più richiesto e versato (Fattispecie nella quale è stata esclusa la configurabilità della desistenza attiva in relazione alla condotta di un commercialista che aveva ottenuto da alcuni clienti la promessa di una somma di danaro — di seguito non più sollecitata nè versata — a titolo di indebito compenso per l'accoglimento di una pratica di finanziamento pubblico, della quale aveva garantito il buon esito grazie alla conoscenza di un funzionario regionale).
Cass. civ. n. 30150/2006
Ai fini della configurabilità del delitto di cui all'art. 346, comma secondo c.p. è irrilevante che il pubblico ufficiale abbia o meno emesso il provvedimento per il quale l'agente ha promesso il suo interessamento, in quanto il millantato credito si consuma già nel momento in cui l'agente si fa promettere l'utilità con il pretesto di dover comprare il favore del pubblico ufficiale, apprestando una tutela penale anticipata rispetto alle diverse ipotesi di reato previste dagli artt. 318 e 319 c.p. (Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che non rilevasse, ai fini della consumazione del reato di cui all'art. 346 c.p., la circostanza che il provvedimento di scarcerazione per comprare il quale l'agente, autista giudiziario, si era fatto consegnare una somma di danaro, millantando credito presso un giudice del Tribunale, in realtà fosse stato già emesso al momento della consegna del denaro).
Cass. civ. n. 22248/2006
In tema di millantato credito, integra l'ipotesi di cui al secondo comma dell'art. 346 c.p. la condotta di colui che riceve o accetta la promessa di denaro o altra utilità con il pretesto di dover comprare il favore di un pubblico ufficiale o impiegato ovvero di doverlo remunerare; detta ipotesi, rispetto alla fattispecie prevista dall'art. 346, comma primo — in cui il raggiro consiste nel presentare il pubblico ufficiale, destinatario di pressioni amicali, come arrendevole — non configura una circostanza aggravante ma una figura autonoma di reato, in quanto il pubblico ufficiale è prospettato dall'agente come persona corrotta o corruttibile.
Cass. civ. n. 39932/2005
L'elemento del raggiro tipico della truffa assume nel reato di millantato credito un carattere particolare, concretandosi nella vanteria, anche implicita, di ingerenze e pressioni presso un pubblico ufficiale. Ne consegue che il reato di truffa non può concorrere con il reato di millantato credito, anche nel caso in cui la vanteria si accompagni ad un atto diretto alla induzione in errore del soggetto passivo. (Nella specie, la Corte ha ravvisato il reato di cui all'art. 346 c.p. nella condotta degli imputati che avevano percepito ingenti somme per la loro opera di intermediazione presso non meglio identificati dipendenti del Coni e dei Monopoli di Stato per far ottenere alle parti offese concessioni di ricevitoria per il totocalcio e per il lotto, rafforzando l'errore di queste ultime con falsi sopralluoghi di sedicenti funzionari dei suddetti enti).
Cass. civ. n. 49048/2004
Non integra il delitto di millantato credito (art. 346 c.p.) la millanteria consistente in «crediti» presso personaggi politici che non rivestano la qualità di pubblici ufficiali. (Nella specie, la Corte ha diversamente qualificato come truffa la condotta dell'imputato che aveva ricevuto da privati somme di denaro quale prezzo della propria mediazione per l'ottenimento di posti di lavoro, vantando influenza presso noti esponenti politici).
Cass. civ. n. 21106/2004
Per rispondere, a titolo di concorso morale, del reato di millantato credito nella ipotesi di cui al secondo comma dell'art. 346 c.p., occorre che l'agente abbia la consapevolezza che la propria azione, in sintonia con quella di chi in prima persona millanta il credito presso il pubblico ufficiale, rafforzi nel soggetto passivo del reato la credibilità del possibile favore illecito, pur essendo a conoscenza che il rapporto con il pubblico ufficiale non esiste: e ciò anche a prescindere dalla prova del fine di trarre una utilità in proprio.