Art. 318 – Codice penale – Corruzione per l’esercizio della funzione
Il pubblico ufficiale , che, per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceve , per sé o per un terzo, denaro o altra utilità, o ne accetta la promessa , è punito con la reclusione da tre a otto anni.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 20255/2025
In tema di patteggiamento, l'integrale restituzione del profitto del reato, in quanto condizione preliminare di ammissibilità del rito alternativo nel caso in cui l'accordo definitorio abbia avuto ad oggetto il delitto di peculato, richiede una necessaria verifica da parte del giudice, non potendosi riconoscere alla confisca per importo corrispondente a quello del profitto efficacia equipollente, con effetto sanante rispetto all'inosservanza della condizione. (In motivazione la Corte ha precisato che l'importo del profitto da restituire, quale condizione di ammissibilità del rito, deve essere quello risultante dall'imputazione, diversamente da quello oggetto della statuizione sulla confisca, che può essere determinato in esito a valutazioni rimesse al giudice procedente).
Cass. civ. n. 10060/2025
In tema di giudizio per cassazione, il rinvio al giudice civile, ai sensi dell'art. 622 cod. proc. pen., non può essere disposto qualora l'annullamento delle disposizioni o dei capi della sentenza impugnata concernenti l'azione civile dipenda dalla fondatezza del ricorso dell'imputato agli effetti penali. (Fattispecie in cui la Corte, ritenuto fondato il ricorso degli imputati avverso la sentenza di proscioglimento in appello per intervenuta prescrizione, con conferma delle statuizioni civili, in ordine alla mancata valutazione degli elementi idonei a fondare una pronuncia assolutoria, anche ai sensi dell'art. 530, comma 2, cod. proc. pen., e alla ritenuta configurabilità di un'aggravante ad effetto speciale, la cui esclusione avrebbe comportato la prescrizione del reato già in primo grado, ha annullato la sentenza impugnata, con rinvio al giudice penale).
Cass. civ. n. 8246/2025
È tempestiva ed efficace la rinuncia alla prescrizione effettuata dall'imputato con l'atto di appello, nel caso in cui solo la riqualificazione dell'imputazione operata dalla sentenza di primo grado abbia determinato l'estinzione del reato contestato.
Cass. civ. n. 22814/2024
Ai fini della rilevanza della qualifica di pubblico agente dopo la sua cessazione, prevista dall'art. 360 cod. pen., è necessario individuare, con riguardo ai delitti di corruzione, specifici elementi di collegamento tra l'attività compiuta dal "corrotto" nell'esercizio della propria funzione pubblica e l'interesse perseguito dal "corruttore", tali da consentire al primo, sebbene non più in servizio, di soddisfare l'interesse del secondo e di incidere concretamente sulla amministrazione ai fini dell'attuazione del patto corruttivo, in mancanza potendosi configurare la diversa fattispecie di traffico di influenze illecite di cui all'art. 346-bis cod. pen.
Cass. civ. n. 28227/2023
L'attività del parlamentare italiano che, in rappresentanza della propria Camera di appartenenza, sia membro dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa è qualificabile come attività svolta da un pubblico ufficiale ai sensi dell'art. 357 cod. pen. per l'esercizio della funzione legislativa e di indirizzo politico o, quanto meno, da un incaricato di pubblico servizio a mente dell'art. 358 cod. pen. per lo svolgimento di compiti di rilevanza pubblicistica. (Fattispecie in tema di corruzione funzionale dichiarata prescritta in appello in cui la Corte, agli effetti della confisca del prezzo del reato, ha escluso che la rilevanza penale della condotta ascritta al parlamentare derivasse dall'inserimento del comma n. 5-quater in seno all'art. 322-bis cod. pen. ad opera della legge n. 9 gennaio 2019, n. 3, la quale ha esteso la punibilità ai componenti dei consessi internazionali in tale norma contemplati, diversi dagli agenti pubblici "nazionali").
Cass. civ. n. 15641/2023
In tema di corruzione, la mera accettazione da parte del pubblico agente di un'indebita utilità a fronte del compimento di un atto discrezionale non integra necessariamente il reato di corruzione propria, dovendosi verificare, in concreto, se l'esercizio dell'attività sia stato condizionato dalla "presa in carico" dell'interesse del privato corruttore, comportando una violazione delle norme attinenti a modi, contenuti o tempi dei provvedimenti da assumere e delle decisioni da adottare, ovvero se l'interesse perseguito sia ugualmente sussumibile nell'interesse pubblico tipizzato dalla norma attributiva del potere, nel qual caso la condotta integra il meno grave reato di corruzione per l'esercizio della funzione.
Cass. civ. n. 1245/2023
In tema di corruzione propria, l'atto oggetto del mercimonio deve rientrare nella sfera di competenza o di influenza dell'ufficio cui appartiene il soggetto corrotto, di modo che in relazione ad esso egli possa esercitare una qualche forma di ingerenza, sia pur di mero fatto.
Cass. civ. n. 6557/2023
E' configurabile il concorso nel reato di corruzione del soggetto che, pur non ricevendo utilità dirette, sia consapevole della dazione o promessa illecita e del rapporto sinallagmatico con l'esercizio della funzione e che in tale accordo si inserisca, fornendo un contributo materiale necessario alla sua realizzazione.
Cass. civ. n. 37653/2021
È configurabile il concorso materiale tra il reato di truffa in danno dello Stato e quello di corruzione, a condizione che gli effetti dell'accordo corruttivo abbiano determinato l'induzione in errore nei confronti di un pubblico ufficiale diverso da quello corrotto. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso il concorso in quanto gli artifici e raggiri erano stati finalizzati a indurre in errore gli stessi funzionari nei cui confronti era stata riconosciuta la corruzione).
Cass. civ. n. 37645/2021
In tema di corruzione per l'esercizio della funzione, la causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen. può legittimamente ritenersi sussistente nei confronti dei privati corruttori e non anche dei corrotti, quando solo per i privati sia stata esclusa l'abitualità della condotta. (Fattispecie in cui è stata ritenuta la tenuità del fatto nei confronti di alcuni operatori di servizi funerari che avevano elargito modiche somme di denaro in favore degli addetti alla sala mortuaria di un ospedale pubblico, sul presupposto che solo per questi ultimi risultava la reiterazione della condotta nei confronti di più soggetti e sulla base di autonomi accordi corruttivi).
Cass. civ. n. 33251/2021
Integra il reato di corruzione per l'esercizio della funzione ex art. 318 cod. pen. la promessa o dazione indebita di somme di danaro o di altre utilità in favore del pubblico ufficiale che sia sinallagmaticamente connessa all'esercizio della funzione, ancorché finalizzata al compimento di un unico e specifico atto non contrario ai doveri di ufficio, non richiedendosi necessariamente che l'asservimento dell'agente all'interesse privato si sia protratto nel tempo.
Cass. civ. n. 7007/2021
In tema di corruzione per l'esercizio della funzione, benché la proporzionalità tra le prestazioni non sia un elemento costitutivo del reato, tuttavia l'irrisorietà dell'utilità conseguita rispetto alla rilevanza dell'atto amministrativo compiuto, rileva sul piano probatorio dell'esistenza del nesso sinallagmatico con l'esercizio della funzione, il cui mercimonio integra il disvalore del fatto punito dall'art.318 cod. pen. (In motivazione, la Corte ha precisato che la verifica della corrispettività si impone come elemento discretivo tra le condotte penalmente rilevanti e quelle che possono assumere mero rilievo disciplinare).
Cass. civ. n. 1594/2020
In tema di corruzione propria, l'inserimento del patto corruttivo nell'ambito dell'esercizio di un potere discrezionale non implica necessariamente l'integrazione dell'ipotesi di cui all'art. 319 cod. pen., dovendosi verificare se l'atto sia posto in essere in violazione delle regole che disciplinano l'esercizio del potere discrezionale e se il pubblico agente abbia pregiudizialmente inteso realizzare l'interesse del privato corruttore. (In motivazione, la Corte ha precisato che la mera ricezione di denaro in ragione del compimento dell'attività discrezionale, può integrare il reato di cui all'art. 318 cod. pen. qualora l'atto compiuto realizzi ugualmente l'interesse pubblico e non sia stato violato alcun dovere specifico).
Cass. civ. n. 26740/2020
È configurabile il concorso eventuale nel delitto di corruzione - reato a concorso necessario ed a struttura bilaterale - nel caso in cui il contributo del terzo, lungi dal concretizzarsi in una condotta esecutiva dell'accordo corruttivo, si risolva in un'attività di intermediazione finalizzata a realizzare una indispensabile funzione di connessione tra gli autori necessari. (Fattispecie in cui è stato ritenuto sussistente il concorso in corruzione della imputata, per la funzione di stabile collegamento assunta tra il fidanzato, ristretto in un istituto minorile, ed un agente di polizia penitenziaria ivi in servizio, il quale, dietro corrispettivo in danaro, aveva periodicamente consegnato al ragazzo sostanza stupefacente).
Cass. civ. n. 32401/2019
Integra il reato di corruzione per l'esercizio della funzione, previsto dall'art.318 cod.pen., lo stabile asservimento del pubblico ufficiale ad interessi personali di terzi, realizzato attraverso l'impegno permanente a compiere od omettere una serie indeterminata di atti ricollegabili alla funzione esercitata.(Fattispecie in cui risultava la dazione di denaro, in favore di un appartenente alla Guardia di Finanza, da parte di soggetti interessati ad avere informazioni circa gli accertamenti fiscali svolti a carico delle proprie società, ma non anche l'effettivo compimento di atti contrari ai doveri d'ufficio).
Cass. civ. n. 40347/2018
Integra il reato di corruzione per l'esercizio della funzione, anche secondo la previgente formulazione dell'art. 318 cod.pen., la condotta del parlamentare che accetti la promessa o la dazione di utilità in relazione all'esercizio della sua funzione e, quindi, per il compimento di un atto del proprio ufficio (In motivazione, la Corte ha precisato che il reato si configura per effetto del mero divieto di ricevere indebite remunerazione per lo svolgimento del "munus publicum" che prescinde dalla giudizio di conformità o meno ai doveri d'ufficio della condotta posta in essere in adempimento dell'accordo corruttivo).
Cass. civ. n. 39008/2016
Non integra il reato di corruzione impropria, secondo la previsione dell'art.318 cod.pen. antecedente alla entrata in vigore della legge 11 giugno 2012 n.190, la condotta del pubblico ufficiale consistita in un generico asservimento agli interessi del privato, qualora non siano determinati o determinabili gli atti in concreto posti in essere a fronte della dazione indebita ricevuta. (In motivazione, la Corte ha precisato che la condotta indicata integra il reato di corruzione impropria attualmente vigente).
Cass. civ. n. 23355/2016
Ai fini della configurabilità del reato di corruzione propria, non è determinante il fatto che l'atto d'ufficio o contrario ai doveri d'ufficio sia ricompreso nell'ambito delle specifiche mansioni del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, ma è necessario e sufficiente che si tratti di un atto rientrante nelle competenze dell'ufficio cui il soggetto appartiene ed in relazione al quale egli eserciti, o possa esercitare, una qualche forma di ingerenza, sia pure di mero fatto. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto viziata la motivazione della sentenza che aveva ricondotto al reato di corruzione la condotta dell'imputato il quale, nella qualità di parlamentare della Repubblica e di leader di partito in sede locale, dietro la promessa di un compenso in denaro, aveva fornito informazioni privilegiate relative a tre gare di appalto, in relazione alle quali non svolgeva alcun ruolo, e si era impegnato ad esercitare pressioni al fine di assicurarne l'aggiudicazione alle società riconducibili al proprio dante causa).
Cass. civ. n. 47271/2014
In tema di corruzione, lo stabile asservimento del pubblico ufficiale ad interessi personali di terzi, attraverso il sistematico ricorso ad atti contrari ai doveri di ufficio non predefiniti, né specificamente individuabili "ex post", ovvero mediante l'omissione o il ritardo di atti dovuti, integra il reato di cui all'art. 319 cod. pen. e non il più lieve reato di corruzione per l'esercizio della funzione di cui all'art. 318 cod. pen., il quale ricorre, invece, quando l'oggetto del mercimonio sia costituito dal compimento di atti dell'ufficio. (In motivazione la Corte ha individuato un rapporto di progressione criminosa tra le due fattispecie incriminatrici).
Cass. civ. n. 36859/2013
In tema di delitti di corruzione, l'"atto d'ufficio" non deve essere inteso in senso strettamente formale in quanto esso è integrato anche da un comportamento materiale che sia esplicazione di poteri-doveri inerenti alla funzione concretamente esercitata e presupponga la necessità di una congruità tra esso, in quanto oggetto dell'accordo illecito, e la posizione istituzionale del soggetto pubblico contraente. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto configurabile il delitto di corruzione impropria susseguente, come previsto dalla disciplina vigente prima della riforma introdotta dalla legge 6 novembre 2012, n. 190, nella condotta del dipendente di un ente concessionario di pubblico servizio di esazione tributi, che, mediante sollecito telefonico al collega preposto presso un ufficio pubblico al disbrigo di pratiche per rimborsi fiscali, favoriva lo "sblocco" delle stesse).
Cass. civ. n. 13048/2013
Il delitto di corruzione può ritenersi consumato quando fra le parti sia stato raggiunto anche solo un accordo di massima sulla ricompensa da versare in cambio dell'atto o del comportamento del pubblico agente, anche se restino da definire ancora dettagli sulla concreta fattibilità dell'accordo e sulla precisa determinazione del prezzo da pagarsi. (Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto consumato il delitto di corruzione in atti giudiziari in un caso in cui un avvocato aveva sollecitato l'intervento della polizia, dopo aver già concordato con un giudice di pace il pagamento di una somma di denaro per due sentenze da emettere in procedimenti civili, anche se successivamente per una delle due decisioni si era deciso di rinunciare ad eseguire l'accordo già raggiunto).
Cass. civ. n. 24656/2010
In tema di corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio, ai fini dell'accertamento della controprestazione offerta dal corruttore, la nozione di "altra utilità" quale oggetto della dazione o della promessa al pubblico ufficiale non va circoscritta soltanto alle utilità di natura patrimoniale, ma comprende tutti quei vantaggi sociali le cui ricadute patrimoniali siano mediate e indirette. (Fattispecie relativa a richieste di sponsorizzazioni, promesse di interessamento e mediazioni politiche effettuate verso soggetti titolari di cariche regionali o ministeriali, e collegate all'incarico di direttore generale di a.s.l. ricoperto dall'indagata).
Cass. civ. n. 33519/2006
In tema di delitto di corruzione, l'accertamento dell'avvenuto pagamento degli eventuali intermediari non consente ex se l'individuazione del momento consumativo del reato, in mancanza di altri elementi che possano ragionevolmente indurre a ritenere che il denaro sia stato «cumulativamente» corrisposto sia per gli intermediari che per il corrotto o, in ogni caso, perchè i primi compensassero quest'ultimo.
Cass. civ. n. 4177/2004
Ai fini della configurabilità tanto delle corruzione impropria, prevista dall'art. 318, comma primo, c.p., quanto di quella propria, prevista dall'art. 319, comma primo, stesso codice, è sufficiente che vi sia stata ricezione della indebita retribuzione o accettazione della relativa promessa, restando quindi indifferente che ad essa abbia fatto poi seguito o meno l'effettivo compimento dell'atto conforme o contrario ai doveri d'ufficio, in vista del quale la retribuzione è stata elargita o la promessa formulata.
Cass. civ. n. 44787/2003
Sussiste la fattispecie di corruzione impropria prevista dall'art. 318 c.p. quando l'atto amministrativo è adottato nell'esclusivo interesse della pubblica amministrazione, tanto è vero, se non fosse corrisposta la somma di denaro da parte del privato, il comportamento del pubblico ufficiale non sarebbe suscettibile di sanzioni né sotto il profilo penale né sotto quello disciplinare. (Fattispecie relativa al funzionario della Motorizzazione civile che percepiva dai privati somme di denaro per accelerare le pratiche di collaudo di automezzi, incrementando il numero dei collaudi rispetto a quello previsto per ogni singola seduta da un ordine di servizio):.
Cass. civ. n. 3388/2003
In tema di corruzione propria sono atti contrari ai doveri d'ufficio non soltanto quelli illeciti (siccome vietati da atti imperativi) o illegittimi (perché dettati da norme giuridiche riguardanti la loro validità ed efficacia), ma anche quelli che, pur formalmente regolari, prescindono, per consapevole volontà del pubblico ufficiale (o dell'incaricato di pubblico servizio), dall'osservanza dei doveri istituzionali, espressi in norme di qualsiasi livello, compresi quelli di correttezza e d'imparzialità. Ne consegue, ai fini della distinzione tra corruzione propria ed impropria, che nella prima il pubblico ufficiale, violando anche il solo dovere di correttezza, connota l'atto di contenuto privatistico, così perseguendo esclusivamente o prevalentemente, l'interesse del privato corruttore; nella seconda, invece, il pubblico ufficiale, che accetta una retribuzione per l'unico atto reso possibile dalla sue attribuzioni, viola soltanto il dovere di correttezza.
Cass. civ. n. 45147/2001
Non dà luogo alla configurabilità del reato di peculato la sola utilizzazione dei materiali e delle attrezzature d'ufficio (carta, fotocopiatrici, computers, etc.), per l'effettuazione di un'attività (nella specie, rilascio di certificati) propria dello stesso ufficio a fronte della quale sia stata promessa o corrisposta ai pubblici ufficiali una indebita retribuzione, trattandosi di condotta avente ad oggetto beni di consistenza economica così esigua e così strumentale rispetto al configurabile reato di cui all'art. 318 c.p. (corruzione per atto d'ufficio) da dover essere necessariamente ricompresa nel trattamento criminale di quest'ultimo. (Mass. redaz.).
Cass. civ. n. 6038/1999
Ai fini dell'integrazione dei reati di cui agli articoli 318 e 319 c.p., acquistano la qualità di pubblici ufficiali ai sensi dell'articolo 357 c.p., coloro che concorrono in qualità di organi a formare la volontà e ad attuare gli scopi istituzionali dei consorzi costituiti dai Comuni o dagli altri enti pubblici per i nuclei di sviluppo industriale previsti dalle leggi per il Mezzogiorno (T.U. 6 marzo 1978 n. 218). Ed invero il patrimonio di detti consorzi è rappresentato quasi esclusivamente dai conferimenti apportati dai diversi enti pubblici che ne fanno parte, nonché da altre fonti incrementative dei contributi statali ai finanziamenti autorizzati e già concessi dalla abolita Cassa per il Mezzogiorno.
Cass. civ. n. 3945/1999
In tema di reati di corruzione, la evidente sproporzione tra le somme versate e l'attività compiuta (omessa o ritardata) appare indice univoco, sulla base delle più elementari massime di esperienza, della contrarietà agli atti di ufficio di quanto compiuto (omesso o ritardato) dal pubblico ufficiale. Ed invero, il concetto di proporzione — da intendersi nel senso di mancanza di sproporzione manifesta tra la prestazione del privato e quella del pubblico ufficiale — riguarda soltanto la corruzione impropria di cui all'articolo 318 c.p. che richiama la «retribuzione non dovuta» per il compimento di un atto dell'ufficio, e non pure la corruzione propria prevista dall'articolo 319 c.p., relativa al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio, in cui non si fa riferimento al concetto di retribuzione, essendo sufficiente che la datio sia correlata all'atto contrario ai doveri di ufficio che il pubblico ufficiale, per l'accordo intervenuto deve compiere o ha compiuto. Il principio di proporzione, infatti, in un delitto caratterizzato dall'inserirsi la condotta in un rapporto sinallagmatico fra le parti contrapposte deve valere non soltanto quando si negoziano atti di ufficio, ma anche quando l'accordo sia in vista del compimento di atti contrari ai doveri d'ufficio, dell'omissione o del ritardo di atti dell'ufficio; in questi ultimi casi, anzi, essendo nella natura delle cose che il risultato debba proporzionalmente elevarsi. Il tutto risulta dal diverso atteggiarsi del sinallagma nelle due ipotesi criminose, ferma restando la corrispettività «funzionale» di ciascuna di esse, comprovata dal fatto che, mentre l'articolo 318 c.p. fa riferimento ad «una retribuzione . . . non dovuta», l'articolo 319 c.p. si limita a riferirsi alla ricezione di «danaro o altra utilità».
Cass. civ. n. 1680/1999
In tema di corruzione, non v'è alcuna incompatibilità logica fra la sussistenza in capo ad un soggetto di un interesse privato ad un affare, e il ruolo dallo stesso rivestito di pubblico ufficiale corrotto (ad opera di altri cointeressati) nell'ambito della procedura amministrativa attinente alla relativa pratica. Invero, affinché, nella corruzione impropria antecedente ricorra il nesso penalmente rilevante fra la promessa corruttiva e l'attività amministrativa contra legem, non è richiesto che la promessa si ponga come causa unica ed esclusiva di quell'attività, essendo all'uopo sufficiente che la promessa sia qualificata dalla finalizzazione a tale attività. Ciò, in quanto è la «motivazione» della promessa che integra il reato, e non la esclusiva dipendenza causale dell'attività (che, in sé, resta fuori della condotta criminosa) dalla promessa stessa.
Cass. civ. n. 12990/1998
Rientra nella fattispecie della corruzione per un atto di ufficio (art. 318 c.p.) il comportamento dell'incaricato di pubblico servizio che, svolgendo compiti preparatori nella procedura di definizione dei rapporti tra privati proponenti e l'ente di appartenenza, percepisca elevate somme di denaro per «agevolare e velocizzare» la conclusione di contratti di compravendita di immobili. In siffatta ipotesi le dazioni di denaro non sono correlate ad atti contrari ai doveri di ufficio, non essendo ravvisabile alcuna violazione delle regole «interne» poste a presidio dello svolgimento del servizio pubblico; al contrario, è riscontrabile la violazione del principio di imparzialità che, connotandosi, soprattutto, come «dovere esterno», è posto a garanzia da favoritismi o da deviazioni per tornaconto personale da parte dell'agente: di detto principio di imparzialità l'accettazione della indebita «retribuzione» costituisce senz'altro un vulnus, ancorché quest'ultima sia riferita a un atto legittimo. (Nella specie si trattava di dipendenti del Fondo pensioni della Cariplo. La Corte, pur affermando il suesposto principio, ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, non rivestendo gli agenti la qualità di pubblici impiegati).
Cass. civ. n. 9517/1998
Ai fini della prova del delitto di corruzione propria, se non è necessaria la individuazione del singolo atto per il quale sono corrisposte le utilità non dovute, è indispensabile comunque la individuazione del genus degli atti oggetto dell'accordo corruttivo, venendo in difetto a mancare addirittura le premesse per poter verificare, prima di ogni altra indagine, se si verta in tema di corruzione propria od impropria, e, nell'ambito di questa, se si tratti di corruzione antecedente o susseguente, date le conseguenze che la legge fa derivare dall'una o dall'altra fattispecie.
Cass. civ. n. 3234/1998
Il delitto di corruzione è configurato quale reato di evento caratterizzato dalla particolarità di perfezionarsi alternativamente o con l'accettazione della promessa o col ricevimento dell'utilità promessa. Ne consegue che, quando entrambi gli eventi si realizzano, l'adempimento della promessa non degrada a post factum irrilevante perché in questo caso il reato, realizzandosi lo schema principale della dazione e della correlata accettazione del denaro o dell'utilità da parte del pubblico ufficiale, si consuma nel momento della percezione effettiva del compenso.
Cass. civ. n. 4300/1997
Il delitto di corruzione si configura come reato a duplice schema, principale e sussidiario. Secondo quello principale, il reato viene commesso con due attività, l'accettazione della promessa e il ricevimento della utilità e il momento consumativo coincide con il ricevimento della utilità e, allorché vi siano più dazioni di pagamento, ogni remunerazione integra un fatto reato e una pluralità di dazioni corrisposte in esecuzione di un unico patto corruttivo configura un delitto continuato. Secondo lo schema sussidiario, che si realizza quando la promessa non viene mantenuta, il reato si perfeziona con la sola accettazione della promessa. (Affermando tale principio, la Suprema Corte ha ritenuto che nel caso di specie, vertendosi nell'ipotesi dello schema principale, e trattandosi di plurime dazioni di compenso collegate all'accordo corruttivo, il termine della prescrizione decorresse dal giorno in cui era avvenuta l'ultima corresponsione).
Cass. civ. n. 5312/1996
Il delitto di corruzione si configura come reato a duplice schema, principale e sussidiario. Secondo quello principale il reato viene commesso con due essenziali attività, strettamente legate fra loro e l'una funzionale all'altra: l'accettazione della promessa ed il ricevimento dell'utilità con il quale finisce per coincidere il momento consumativo, versandosi in un'ipotesi assimilabile a quella del reato progressivo. Secondo lo schema sussidiario, che si realizza quando la promessa non viene mantenuta, il reato si perfeziona con la sola accettazione della promessa.
Cass. civ. n. 7555/1996
Il delitto di corruzione è reato di evento caratterizzato dalla particolarità di perfezionarsi alternativamente o con l'accettazione della promessa o con il ricevimento dell'utilità promessa: quando entrambi questi eventi si realizzano in logica successione temporale, il secondo non degrada a post factum irrilevante, giacché il reato si consuma in tal caso nel momento della dazione effettiva del compenso. (Affermando siffatto principio la Cassazione ha ritenuto che nel caso di plurime azioni corruttive con dazione di compenso, ricomprese nell'addebitato continuazione, il termine di precisazione iniziasse a decorrere dall'ultima corresponsione).
Cass. civ. n. 4072/1994
Il delitto di corruzione (art. 318 c.p.) non è configurabile nel caso di donativi soltanto se questi, per la loro modicità, escludono la ipotizzabilità di corrispettivo dell'atto di ufficio, previo giudizio di proporzione tra il dono e l'atto medesimo. (Fattispecie in tema di corruzione di un medico del servizio sanitario nazionale).