Art. 594 – Codice penale – Ingiuria
[Chiunque offende l'onore o il decoro di una persona presente è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a euro 516.
Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa.
La pena è della reclusione fino a un anno o della multa fino a milletrentadue euro, se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato.
Le pene sono aumentate qualora l'offesa sia commessa in presenza di più persone [595-599].]
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale nei casi di discordanza rispetto al presente.
Massime correlate
Cass. civ. n. 17563/2023
In tema di delitti contro l'onore, si versa nell'ipotesi depenalizzata dell'ingiuria aggravata dalla presenza di più persone quando siano contestualmente presenti - fisicamente, nella stessa unità di tempo e di luogo, o "virtualmente", nel caso di utilizzo delle moderne tecnologie di comunicazione - l'offeso, i terzi e lo stesso offensore, mentre, ove manchi la possibilità di interlocuzione diretta tra autore e destinatario dell'offesa, che resti deprivato della possibilità di replica, si configura il delitto di diffamazione.
Cass. civ. n. 28675/2022
Integra il delitto di diffamazione, e non la fattispecie depenalizzata di ingiuria aggravata dalla presenza di più persone, l'invio di messaggi contenenti espressioni offensive nei confronti della persona offesa su una "chat" condivisa anche da altri soggetti, nel caso in cui la prima non li abbia percepiti nell'immediatezza, in quanto non collegata al momento del loro recapito.
Cass. civ. n. 5982/2022
Integra il delitto di diffamazione aggravato da mezzo di pubblicità diverso dalla stampa, e non la fattispecie depenalizzata di ingiuria aggravata dalla presenza di più persone, la dichiarazione offensiva resa nel corso di un'intervista televisiva, alla quale il destinatario, non presente, abbia replicato parzialmente inviando un "sms" al conduttore, in quanto, ai fini della configurabilità dell'ingiuria, è necessario che tra l'offensore e l'offeso si instauri un rapporto diretto, reale o virtuale, che garantisca a quest'ultimo un contraddittorio immediato, attuato con modalità tali da assicurare una sostanziale "parità delle armi".
Cass. civ. n. 10905/2020
Integra il delitto di ingiuria aggravata dalla presenza di più persone, depenalizzato ai sensi dell'art. 1, comma 1, lett. c), d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, e non il delitto di diffamazione la condotta di chi pronunzi espressioni offensive mediante comunicazioni telematiche dirette alla persona offesa attraverso una video "chat", alla presenza di altre persone invitate nella "chat", in quanto l'elemento distintivo tra i due delitti è costituito dal fatto che nell'ingiuria la comunicazione, con qualsiasi mezzo realizzata, è diretta all'offeso, mentre nella diffamazione l'offeso resta estraneo alla comunicazione intercorsa con più persone e non è posto in condizione di interloquire con l'offensore. (Fattispecie in tema di "chat" vocale sulla piattaforma "Google Hangouts").
Cass. civ. n. 10313/2019
L'elemento distintivo tra ingiuria e diffamazione è costituito dal fatto che nell'ingiuria la comunicazione, con qualsiasi mezzo realizzata, è diretta all'offeso, mentre nella diffamazione l'offeso resta estraneo alla comunicazione offensiva intercorsa con più persone e non è posto in condizione di interloquire con l'offensore. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione di merito che aveva qualificato come diffamatorie le espressioni profferite dal ricorrente ad alta voce, in assenza della persona offesa, che tuttavia le aveva udite, perché impegnata in una conversazione telefonica con uno dei soggetti presenti nella stanza in cui le parole offensive erano state pronunciate).
Cass. civ. n. 38592/2014
Integra il reato di ingiuria qualunque espressione o comportamento idoneo a ledere l'onorabilità della persona offesa o il sentimento del proprio valore che ogni individuo nutre per sé. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto offensiva per il minore, l'insinuazione sulla reale paternità, in quanto idonea a suscitare nel destinatario un sentimento di frustrazione e ad incidere negativamente sull'autostima).
Cass. civ. n. 30518/2014
In tema di tutela penale dell'onore, riveste carattere ingiurioso l'espressione "disonesto" rivolta ad un professionista esercente una pubblica funzione (nella specie, un medico di base nello svolgimento della sua attività), in quanto la stessa, facendo riferimento alla adozione di scelte ed iniziative in violazione di regole comuni, si presta ad essere recepita come indicativa di comportamenti illeciti.
Cass. civ. n. 42825/2014
Riveste carattere ingiurioso l'espressione "maniaco" rivolta ad un soggetto condannato per violenza sessuale in quanto anche i condannati per gravi reati hanno diritto al rispetto dell'onore e della reputazione che, siccome beni personali, cedono solo davanti ad altri valori parimenti rilevanti come il diritto all'informazione, di cronaca ovvero di difesa. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza impugnata che aveva affermato la sussistenza del fatto di ingiuria in riferimento a vicenda nella quale l'epiteto offensivo era stato pronunciato dall'ex coniuge davanti ad una scuola mentre la persona offesa stava intrattenendosi con altri genitori).
Cass. civ. n. 32907/2011
In tema di tutela penale dell'onore, la valenza offensiva di una determinata espressione, per essere esclusa o comunque scriminata con il riconoscimento di una causa di non punibilità, deve essere riferita al contesto nel quale è stata pronunciata. (Nella fattispecie, la Corte ha escluso la configurabilità del reato di ingiuria nel caso in cui l'imputato aveva detto ad agenti della polizia di Stato che non erano in grado di fare il loro mestiere e non erano riusciti a rimediare al disagio segnalato poichè tali espressioni andavano inserite in un contesto nel quale il soggetto agente lamentava di non essere tutelato dalle istituzioni).
Cass. civ. n. 12674/2011
La percossa (nella specie schiaffo), per poter presentare il carattere dell'ingiuria deve essere espressione di una violenza simbolica, costituita da leggero contatto fisico e diretta, in modo palese, a manifestare disprezzo evitando una sia pur minima sofferenza fisica.
Cass. civ. n. 32738/2010
Nel reato di ingiuria, la valenza offensiva delle espressioni usate non viene meno in ragione del rapporto di vicinato tra le parti imponendo anzi, quest'ultimo, pena l'impossibilità di convivenza, un maggiore reciproco rispetto necessitato dalla quotidiana relazione tra di esse.
Cass. civ. n. 22570/2010
Integra gli estremi dell'aggravante della finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso (art. 3 D.L. n. 122 del 1993, conv. in legge n. 205 del 1993), l'espressione 'sporco negro', in quanto idonea a coinvolgere un giudizio di disvalore sulla razza della persona offesa.
Cass. civ. n. 11590/2010
La circostanza aggravante della "finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso è integrato quando - anche in base alla Convenzione di New York del 7 marzo 1966, resa esecutiva in Italia con la legge n. 654 del 1975 - l'azione si manifesti come consapevole esteriorizzazione, immediatamente percepibile, nel contesto in cui è maturata, avuto anche riguardo al comune sentire, di un sentimento di avversione o di discriminazione fondato sulla razza, l'origine etnica o il colore e cioè di un sentimento immediatamente percepibile come connaturato alla esclusione di condizioni di parità. (In applicazione del principio di cui in massima, la S.C. ha ritenuto corretta l'esclusione dell'aggravante nei confronti dell'imputato - il quale aveva proferito l'espressione 'italiano di m ..." - affermando che il riferimento all'italiano, nel comune sentire, non possa essere correlato ad una situazione di inferiorità suscettibile di essere discriminata e dare, quindi, luogo ad un pregiudizio corrente di inferiorità, bensì riguardi la persona singola verso la quale si abbia disistima).
Cass. civ. n. 19544/2010
Integra il reato di ingiuria (art. 594 c.p.) - e non quello di diffamazione (art. 595 c.p.) - la condotta di colui che collochi un cartello contenente la dicitura 'siete dei ladri' sulla porta del garage di proprietà della persona offesa, trattandosi - per il tenore dello scritto e le modalità della sua collocazione - di una forma di comunicazione direttamente rivolta a quest'ultima.
Cass. civ. n. 23979/2010
Integra il delitto di ingiuria l'utilizzo di espressioni lesive dell'autorevolezza nell'espletamento del ruolo genitoriale. (Fattispecie relativa ad un rimprovero di scarsa attenzione nell'esercizio delle responsabilità genitoriali, rivolto attraverso l'utilizzo di frasi che facevano riferimento allo stato di tossicodipendenza del figlio della persona offesa e al conseguente sequestro dell'autovettura di sua proprietà).
Cass. civ. n. 49694/2009
L'aggravante della finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso (art. 3 D.L. n. 122 del 1993, conv. in legge n. 205 del 1993), è configurabile quando essa si rapporti, nell'accezione corrente, ad un pregiudizio manifesto di inferiorità di una sola razza; mentre non ha rilievo la mozione soggettiva dell'agente, né è necessario che la condotta incriminata sia destinata o, quanto meno, potenzialmente idonea a rendere percepibile all'esterno ed a suscitare il riprovevole sentimento o, comunque, il pericolo di comportamenti discriminatori o di atti emulatori, giacché ciò varrebbe ad escludere l'aggravante in questione in tutti i casi in cui l'azione lesiva si svolga in assenza di terze persone. (Nella specie la S.C. ha censurato, la decisione con cui il giudice di merito, attribuendo 'una valenza impropria ai motivi dell'agire, ha escluso l'aggravante in questione nei confronti di imputati per i reati di ingiurie, minacce e lesioni personali aggravati dalla finalità di odio razziale, i quali avevano aggredito fisicamente e verbalmente, all'interno di un autobus e successivamente di un bar, una studentessa di colore, e alludendo alla stessa avevano detto: 'adesso gli dai una gomma negra come lei').
Cass. civ. n. 37105/2009
Non integra il reato di ingiuria l'espressione "pedofilo" usata in senso scherzoso (in quanto riferita, nel caso di specie, all'atteggiamento mantenuto dal destinatario nei confronti di altra persona più giovane, ma comunque adulta) e pronunciata, nel corso di un programma televisivo (cd. "reality show") caratterizzato dalla sollecitazione del contrasto verbale tra i partecipanti, dovendosi aver riguardo al contesto spazio-temporale nel quale è stata pronunciata.
Cass. civ. n. 14056/2008
È integrata l'esimente del diritto di critica qualora, con lettera, si revochi l'incarico al professionista (nella specie avvocato), attribuendogli l'incapacità del proprio studio di seguire con la dovuta diligenza e la necessaria professionalità le pratiche affidategli, considerato che tali espressioni rientrano nel diritto dell'assistito di spiegare le ragioni del venir meno del rapporto fiduciario, e che tale critica, ancorché aspra, non comporta uno sconfinamento dai limiti della continenza.
Cass. civ. n. 13570/2008
In tema di ingiuria, al fine dell'operatività della causa di non punibilità della provocazione (art. 599, comma secondo, c.p. ), l'illegittimità intrinseca che deve connotare il «fatto ingiusto » altrui, non può essere individuata sulla base dei criteri che presiedono al riconoscimento della illegittimità di un atto amministrativo, ma trova la sua realizzazione solo in comportamenti i quali, ictu oculi non possano, neppure astrattamente, trovare giustificazione alcuna in una qualche disposizione normativa ovvero nelle regole comunemente accettate della civile convivenza.
Cass. civ. n. 11632/2008
In tema di tutela dell'onore, ancorché in generale, al fine di accertare se sia stato leso il bene protetto dall'art. 594 c.p., sia necessario fare riferimento ad un criterio di media convenzionale in rapporto alla personalità dell'offeso e dell'offensore ed al contesto nel quale la frase ingiuriosa sia stata pronunciata, esistono, tuttavia, limiti invalicabili, posti dall'art. 2 Cost., a tutela della dignità umana, di guisa che alcune modalità espressive sono oggettivamente (e dunque per l'intrinseca carica di disprezzo e dileggio che esse manifestano e/o per la riconoscibile volontà di umiliare il destinatario) da considerarsi offensive e, quindi, inaccettabili in qualsiasi contesto pronunciate, tranne che siano riconoscibilmente utilizzate « ioci causa» (In applicazione di questo principio la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di appello ha ritenuto integrato il delitto di cui all'art. 594 c.p. nelle espressioni usate da un legale nei confronti di un collega, al quale si era rivolto, in occasione di un'udienza civile, dicendogli 'vai a ..: Dio li fa e poi li accoppia, riferendosi anche al cliente dell'avvocato avversario).
Cass. civ. n. 4129/2008
Non può escludersi la sussistenza della scriminante dell'esercizio di critica politica nel caso in cui un cittadino, nel corso di una pubblica assemblea avente ad oggetto temi dibattuti di interesse amministrativo locale, si sia rivolto al sindaco (al quale, nel medesimo contesto, era stato rivolto l'invito a dimettersi), con le espressioni ingiuriose «buffone» e «ridicolo», quando non risulti con assoluta certezza che l'autore del fatto abbia inteso riferirsi alla persona in sè e non al suo comportamento come uomo pubblico che dispone direttamente degl'interessi della comunità di cui fa parte.
Cass. civ. n. 3126/2008
Non può ritenersi scriminata dall'esercizio del diritto di critica politica l'ingiuria riconoscibile nella qualificazione di «persona compromessa e invischiata» attribuita, nel corso di una seduta della giunta di una comunità montana, da un componente di tale organo al segretario generale, quando l'autore del fatto, richiesto, nel medesimo contesto, di indicare le ragioni del suddetto giudizio (espresso, tra l'altro, nei confronti di soggetto investito di funzioni amministrative, prive di particolari connotazioni di natura politica), abbia rifiutato di farlo.
Cass. civ. n. 10420/2008
Non integra gli estremi del reato di ingiuria, la condotta di colui che, in qualità di condomino, rivolga all'amministratore nel corso di un'assemblea condominiale, la seguente espressione: «Lei è un bugiardo, dice il falso e mente» considerato che, al fine di apprezzare la lesività di detta espressione, è necessario contestualizzarla e cioè rapportarle al contesto spazio-temporale nel quale è stata pronunciata, avuto riguardo allo standard di sensibilità sociale del tempo. (Fattispecie nella quale la Corte ha osservato che se l'espressione con la quale si attribuisca la patente di bugiardo e mentitore, può in astratto assumere rilievo denigratorio e lesivo di una persona, essa perde gran parte della sua valenza offensiva, ove venga inserita nel particolare contesto in cui è stata proferita e cioè in un'assemblea condominiale — pertanto, in un ambito non di rado caratterizzato da vivace vis polemica o da atteggiamenti sopra le righe — da un condomino nell'ambito di un'accesa critica all'operato dell'amministratore, organo esecutivo obbligato a rendere conto all'assemblea).
Cass. civ. n. 16425/2008
Integra il reato di ingiuria l'invio a soggetti diversi della persona offesa di una mail contenente espressioni offensive con la consapevolezza che essa sarebbe stata comunicata al soggetto offeso.
Cass. civ. n. 31613/2008
Integra il delitto di ingiuria l'affissione, sotto l'abitazione della persona offesa, di manifesti contenenti il testo di una sentenza di condanna nei confronti di quest'ultima, in quanto l'attribuzione ad un soggetto di un fatto di rilevanza penale costituisce attività idonea a lederne l'onore ed a tal fine nessuna efficacia scriminante riveste il fatto che lo scritto offensivo sia costituito da una sentenza, posto che, ai fini della configurabilità del delitto di cui all'art. 594 c.p. non è riconosciuta efficacia scriminante alla verità del fatto offensivo e che, d'altro canto, anche l'efficacia esimente riconosciuta, ex art. 596 c.p., alla sopravvenienza della sentenza di condanna della persona offesa in ordine al fatto offensivo attribuitole, è subordinata alla constatazione, demandata al giudice di merito, che i modi usati non rendano per sé stessi applicabili le disposizioni di cui all'art. 594 c.p. (In applicazione di questo principio la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione del giudice di merito che ha ritenuto integrato il delitto di cui all'art. 594 c.p., considerati i modi della condotta concretatasi nella affissione della sentenza avvenuta nello stesso ambiente, pubblico o aperto al pubblico, nel quale si era verificato l'episodio incriminato, per giunta in danno di chi aveva beneficiato della non menzione ).
Cass. civ. n. 31624/2008
Non integra la fattispecie del delitto di ingiuria la condotta del superiore gerarchico che invii due lettere ad un dipendente con le quali contesti la violazione degli obblighi di diligenza e l'assenza di professionalità e di competenza nell'esercizio del proprio ruolo, qualora tali contestazioni non censurino la persona in sé e per sé considerata ma la condotta professionale del dipendente di cui si accertino gravi inadempienze che si risolvano nella mancanza della professionalità e della competenza necessarie allo svolgimento del proprio ruolo.
Cass. civ. n. 43856/2007
In tema di ingiuria, costituisce legittima espressione del diritto di critica, tale da escludere la punibilità del fatto, il rivolgere, da parte di un insegnante ad un collega, in occasione di un consiglio di classe, l'addebito di non aver fatto progredire l'alunno «handicappato» che gli era stato affidato ma di averlo, anzi, fatto regredire.
Cass. civ. n. 29413/2007
Non integra il delitto di ingiuria la condotta di colui che comunica — nella specie a mezzo fax, raccomandata r.r. e telegramma — al proprio avvocato la volontà di recedere dal rapporto fiduciario attribuendogli la responsabilità di un grave e reiterato inadempimento professionale e di indebita percezione del corrispettivo contrattuale, considerato che si tratta di addebiti inerenti lo svolgimento del rapporto contrattuale che, quand'anche non rispondenti al vero, esulano perciò stesso dall'ingiuria, la quale, per contro, si può ravvisare nell'attribuzione di fatti connotati da disvalore extracontrattuale e cioè di comportamenti di per sé riprovevoli assunti a pretesto di recesso, giacché solo in tal caso il mandante agisce uti civis e al fine di essere esentato da responsabilità penale deve eccepire la verità del fatto attribuito al professionista.
Cass. civ. n. 3233/2007
Costituisce ingiuria l'espressione «lei si crede un padreterno» rivolta ad un pubblico ufficiale con riferimento a comportamenti da lui posti in essere in tale sua qualità, atteso che detta espressione vale ad attribuire al pubblico ufficiale, tenuto, come tale, al costante rispetto delle norme che regolano l'adempimento delle sue funzioni, una condotta prevaricatrice e, pertanto, riprovevole.
Cass. civ. n. 9381/2006
Integra gli estremi dell'aggravante della finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso (art.3 D.L. n. 122 del 1993, conv. in legge n. 205 del 1993), l'espressione ingiuriosa «va via di qua, sporca negra» rivolta a persona di pelle scura, in quanto essa si rapporta nell'accezione corrente ad un pregiudizio manifesto di inferiorità di una sola razza, né a tal riguardo, ha rilievo la mozione soggettiva dell'agente, considerato che l'accertamento sulla idoneità potenziale dell'azione a conseguire lo scopo discriminatorio deve essere parametrato, non già all'idoneità occasionale del fatto a conseguire ulteriore disvalore, ma al dato culturale che lo connota.